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Autore: koopafreak    22/01/2015    3 recensioni
Una stagione è trascorsa senza un solo sequestro di fanciulla ed il Re Koopa sembra essere sulla buona strada per non ricadere nei vecchi vizi. I legami tra vicini iniziano a consolidarsi, la vita nel Regno dei Funghi evolve per il meglio e grandi rivelazioni emergono in questo periodo di pace che minaccia di reggere assai più a lungo delle previsioni. Eppure un singolare sortilegio nascosto in un dono innocente è tutto ciò che occorre per riportare finalmente una sana dose di caos ed unire la volontà di due sovrani opposti nell'ardua ricerca della soluzione di quello scherzo del destino, fino a dover saldare i conti con un passato lontano.
Nel frattempo dovranno abituarsi alle loro nuove sembianze, con relativi pro e contro. E non saranno da soli.
[Seguito de “L'ultimo rapimento”] Come sempre, rischio di eventuale BowserxPeach.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bowser, Bowserotti, Peach
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Confronti e scontri

« Come, scusa? »

« Fatti sotto » ripeté Bowser con lo sguardo di un tanguero pronto ad aprire le danze.

« No, grazie. »

« No, grazie? Pensi di liquidare così chi ti si parerà davanti a darti battaglia? Lo disarmerai con uno dei tuoi “no grazie” più sferzanti e lo sgriderai con disdegno? »

« Quando verrà il momento allora saprò difendermi. » Peach si girò e fece per andarsene a riporre i viveri nelle dispense, ma la voce provocatrice del re la richiamò implacabile.

« Suvvia. Non ti metterai mica a fare la donnicciuola con me, vero? » Marcò ben bene quel termine dal suono ancora più irritante.

« Bowser, vedi di darci un taglio con questo atteggiamento. Non ho proprio voglia di iniziare a discutere con te_Eh! » la voce della principessa si impennò a causa di un contatto improvviso sul fianco. Si girò di scatto incredula, in tempo per beccarlo fare un passo indietro con la mano ancora tesa.

L'uomo sogghignò nel distinguere quel dolcissimo broncio fare finalmente ritorno davanti a lui, solo più in alto del solito. Anche nei tratti di una koopa era sempre lo stesso.

« Sei proprio una persona immatura » fu la sentenza.

« Per Giove, sogno o son desto? Un affondo morale vibrato dall'inflessibile Principessa Peach! Sento l'amaro pentimento soffocarmi. »

La suddetta trasse un lungo respiro distendendo le spalle sinuose. Era esattamente come ai tempi dei soliti rapimenti, quando si divertiva a punzecchiarla per vedere fin quanto avrebbe abbozzato prima di sbottare. « Bowser, non voglio ripetermi. Ho altro da fare adesso che mettermi a gioca_Ah! » si interruppe stizzita arretrando nell'attimo in cui il compagno di viaggio tentò di pizzicarle nuovamente la zona più morbida sopra la vita. Si mise sulla difensiva abbracciandosi i fianchi. « Smettila! »

« E perché non mi fermi, invece di lamentarti? »

« Non essere ridicolo. E non ci riprovare! » lo ammonì cogliendo un altro movimento furtivo della mano.

« Non fare questo, non fare quello. Quand'è che comincerai veramente ad importi, oh savia e pacifica Peachy? » Il re la squadrò scettico a braccia conserte.

« Quando lo dico io. Allenati da solo se proprio ci tieni. »

« Tu hai bisogno di allenarti più di tutti su questa nave se vuoi imparare a controllare la tua forza di koopa. E chi meglio di me può farti da maestro? »

Di fronte a quel tono ostentatamente presuntuoso Peach finì per indispettirsi. Bowser non aveva torto, ma ciò non lo autorizzava a comportarsi da esimio rompiscatole. « Va bene. Domattina comincerai a darmi lezioni. Adesso ho la cena da preparare, a meno che la tua saccenteria non contempli anche altri modi di cucinare oltre all'arrosto. » Afferrò il carro con una mano sola e lo trainò senza sforzo sino alla porta della cambusa. Dai movimenti scattanti della coda era chiaro quanto fosse riuscito ad innervosirla in due semplici mosse.

Bowser la guardò marciar via con grande disappunto ed il vago sentore di aver sbagliato qualcosa. « Vuoi una mano? » si sentì in dovere di chiedere.

« No! »

Restò un attimo perplesso osservandola piantarlo in asso e si voltò verso quella che era divenuta la zona del silenzio, paradossalmente occupata dalla sua numerosa figliolanza che non aveva emesso un verso durante il breve colloquio. Ricevette ben otto occhiatacce di rimprovero.

Okay, magari ho esagerato un po'.

« Con permesso, padre » Ludwig si congedò senza aggiungere altro e seguì Peach per aiutarla a scaricare la spesa.

Wendy convinse Morton con le cattive a portare tutti i vestiti nuovi in camera per riprovarseli uno per uno e, visto che l'unico specchio disponibile era affisso sopra il lavandino del bagno, avrebbe dovuto confermarle lui quanto le donavano e quali dettagli le mettevano in risalto. Roy se ne tornò nella propria a riporre la cassa col suo preziosissimo gel mentre tutti gli altri, non avendo nulla di elettrizzante da fare, si unirono al maggiore declinando passivamente la generosa offerta della sorella nel fare da giuria.


Peach era così stizzita che rischiò di far esplodere i sacchi di farina che stringeva tra le grinfie, innevando così cucina e bowserotti testimoni. Fortunatamente riuscì a controllare l'impulso morboso di serrare la presa fino a stritolarli e li ripose nelle credenze in basso. Riconobbe la sua tendenza ad alterarsi con molta più facilità ultimamente, per cui avrebbe fatto meglio a tenersi alla larga per quanto le era possibile da qualsiasi minaccia per i suoi nervi. Sospirò seccata accorgendosi del sottile tracciato bianco che aveva lasciato per terra, favore reso da uno dei suoi artigli che aveva accidentalmente bucato la tela di cotone greggio.

Farei davvero meglio a limarli, diamine.

In teoria sarebbe stato notevolmente presto per mettersi ai fornelli, ma il tempo in più che si era ritagliata le era necessario non solo per riacquistare la naturale manualità che la metamorfosi le aveva compromesso. Questa volta non avrebbe cucinato soltanto un dolce per ringraziare qualcuno o per il puro piacere di farlo, ma avrebbe dovuto preparare un pasto completo per ben nove persone. Non una cosa da niente, considerato che fosse la prima volta che si sobbarcava della responsabilità di sfamare con le sue mani qualcun altro.

Junior gettò uno sguardo colmo di interesse su quelle forme di vita misteriose che si erano addentrate con prepotenza nella lista del loro fabbisogno. « Mama Peach, cosa sono questi? »

« Kiwi. »

« E questi? »

« Pannocchie di mais. »

« E questi? »

« Patate dolci. »

« E questi? »

« Fiori di zucca. »

« E questi? »

« Ravanelli bianchi. »

« Ti somigliano! » ridacchiò Lemmy sventolandone uno sotto il naso di Iggy. Il buffo ciuffetto verde condivideva effettivamente una certa similarità con la chioma del fratellino che tuttavia non parve così fiero del proprio “mini sé” vegetale. Tale linea di pensiero venne messa in chiaro quando cercò di farglielo mangiare con tutte le foglie.

« Voi due, andate ad impicciare altrove » li redarguì Ludwig mentre disponeva con un cenno del suo scettro tre casse di ciliegie che volarono sopra le teste dei litiganti, costringendoli ad interrompere la loro manifestazione di affetto reciproco per abbassarsi. L'altra mano era impegnata a reggere la mela che aveva sgraffignato dal mucchio e che il bowserotto era intento a mangiucchiare con discrezione tra una faccenda e l'altra.

« Jawohl! » Lemmy scimmiottò un saluto militare sbattendo i tacchi e si fiondò su per le scale trascinandosi dietro il fratello agganciato per i capelli ed ignorandone le sputacchianti proteste.

« Cosa cucinerai di buono per cena? » chiese Larry adocchiando sospettosamente le verdure su cui la principessa stava spargendo una dose della polvere antideterioramento fornita da Kamek, affinché le scorte fresche si fossero conservate più a lungo senza guastarsi.

« Sarà una sorpresa. » E infatti nemmeno lei ne aveva la minima idea. Individuò Junior seguire l'esempio di Ludwig e tentare la sua fortuna con un'arancia. « Quella va sbucciata prima di morderla » avvertì un po' in ritardo.

Non poteva sperare di tirar fuori dal cilindro una cena pronta e allo stesso tempo tenere d'occhio i cuccioli che, pervasi dalla curiosità, si muovevano ignari in un ambiente dove invece andavano strettamente controllati. Avvertì i brividi serpeggiare sotto le squame alla vista di Larry passeggiare tranquillo accanto al ripiano dove stavano disposti in fila tutti i coltelli da carne, compresa la mannaia conficcata nel tagliere che per un istante parve ammiccarle con un luccichio sinistro. Finalmente Peach comprese come si sentiva Mastro Toad nei suoi riguardi.

« Perché voi non tornate di sopra a giocare intanto? » propose porgendo ai bowserotti più piccoli gli spicchi della frutta che aveva pulito per loro grazie agli artigli affilati che una volta tanto le erano tornati utili.

Quando la lasciarono sola, un po' ricalcitranti e con le guance piene, seguiti dal maggiore che li sospingeva dolcemente verso l'uscita, si guardò intorno cercando di riordinare le idee e cominciare a darsi da fare. Gli ingredienti che aveva accumulato non erano stati scelti a caso e ora non le restava altro da fare che affidarsi alla memoria, rammentando tutte le sue scappatelle clandestine nelle cucine da bambina per scroccare qualche leccornia o soltanto per passare il tempo coi cuochi suoi amici in quel mondo di odori e sapori che tanto l'affascinava. Saper ascoltare era sempre stata una delle sue doti migliori e gli chef amavano soddisfare qualsiasi dubbio della bimba e condividere con lei i trucchetti del mestiere, dal riutilizzare i ciuffi delle carote anziché scartarli a come preparare dei dolcetti coi petali di rosa canditi, mentre trasformavano sotto i suoi occhi degli alimenti appena raccolti dalla terra in pietanze meravigliose.

Tuttavia c'era stata pure una distanza tra lei ed i fornelli che non le era mai stato permesso di ridurre, nel timore che avesse potuto farsi del male coi fuochi, l'olio rovente o gli utensili affilati. Insomma Peach non era completamente disarmata per far fronte alla sfida della cena, semplicemente le mancava la pratica. Preparare dessert fondamentalmente non la esponeva a grossi “rischi”, per cui le sue abilità culinarie si erano focalizzate su quel settore; poi crescendo i doveri pressanti legati al suo ruolo l'avevano allontanata dalle cucine ed aveva inoltre commesso l'errore di aver sottovalutato questo aspetto della propria formazione personale quando vi erano sempre stati altri ad occuparsene al suo posto.

È giunto il momento di rimediare, stabilì sfilandosi i lunghi guanti per sciacquarsi le mani. Un intimo senso di importanza mai provato prima si spanse in lei: avrebbe fatto del suo meglio per offrire ai cuccioli una cena perlomeno decente per alleviarli dalla preoccupazione della fame e mandarli a letto contenti e soddisfatti. E avrebbe cercato anche di controllare la tenue seppur persistente tentazione di sovradosare col peperoncino sulle porzioni di Bowser.


Wendy rifece il giro della stanza ancheggiando con le mani ai fianchi alla maniera di una modella sul catwalk. « Come ti sembra? » domandò di nuovo terminando la sua camminata trionfale con un giro su se stessa per far danzare la gonna a balze del suo vestitino intorno alle gambe.

Morton stava seduto il più scompostamente possibile sulla sponda del suo letto, coi lineamenti sul viso pienotto che non potevano riflettere maggior indifferenza per la faccenda. « Rosso » sospirò con entusiasmo comatoso.

« Scarlatto, per la precisione. » Una delle sopracciglia perfettamente pinzettate si alzò. « Tutto qui? Non hai proprio altro da dire quando il resto del giorno non so come farti stare zitto? Cosa mette di più in risalto, per esempio? »

« Il fatto che siamo diventati umani. »

« Non ricominciare » tagliò corto la sorella ripescando dal mucchio di capi nel suo armadio. « E questo foulard? » domandò avvolgendoselo al collo per studiarne l'effetto contro la stoffa dell'abito.

« Grigio. »

« Grigio canna di fucile » puntualizzò ignorando poi il basso borbottio sulla delusione di non disporne di uno al momento. Non si interessò per chi dei due, in caso. « Ti urterebbe troppo mostrarti appena un po' più utile? »

« Sì. »

« Sei tale e quale a Roy. Perché non cominci anche tu ad atteggiarti da antisociale e disseminare zizzania per la nave, già che ci sei? »

« Almeno io non faccio finta di niente e gioco alla sfilata di moda sotto le stelle come se l'umanità mi calzasse a pennello » sbottò Morton a braccia conserte.

« Anch'io rivoglio il mio vero aspetto, come tutti quanti qui. Ma scusami tanto se mi sforzo di adattarmi come meglio posso finché non spunta questo Jones e non mi lagno ogni santo minuto, stressando chiunque a portata d'orecchio! » replicò la sorella ringhiandogli a scarsi centimetri dal muso con la fascia di seta stretta nel pugno. « Ora o mi dici come mi sta oppure che sapore ha. »

In realtà Wendy, come aveva scoperto poco dopo la metamorfosi, non aveva bisogno delle squame e degli artigli per sentirsi completa, tuttavia non sarebbe stata talmente avventata da ammetterlo ai suoi fratelli che non avrebbero mai potuto arrivare a comprenderla. Non era soltanto per la questione dei capelli per cui aveva sofferto dentro di sé più di quanto avrebbe dovuto: molto probabilmente un lascito della sua madre biologica poiché non costituivano una caratteristica comune di tutti i koopa, persino per le femmine. Si sentiva bella, ed era convinta che in qualsiasi forma fosse stata trasmutata tale sua condizione sarebbe comunque rimasta inalterabile, plasmandosi insieme a lei. Aveva familiarità coi canoni umani dell'estetica ed era altresì consapevole di potersi definire senza dubbio graziosa, con la pelle intatta dalle tracce del sole e gli occhi cristallini e magnetici: uno dei tratti migliori di sé, a parer suo, che il maleficio fortunatamente non le aveva deturpato.

E, inutile negarlo, avere anche quella chioma fluente tanto ambita era stato un desiderio segreto divenuto realtà. Un chiodo fisso nella testolina della bowserotta le imponeva come una legge universale che tutte le nobili fanciulle dovevano avere i capelli, un dettaglio inalienabile nella descrizione della loro fulgida bellezza in ogni singola fiaba che aveva letto e riletto sin da piccola: biondi come il miele dei prati primaverili, rossi come i tramonti mediorientali, neri come il duro legno dell'ebano, bruni come il colore prediletto dalla Madre Terra... E invece per lei, Principessa Wendy O. Koopa della Terra Oscura, il destino aveva scelto altrimenti. Lei, come amava chiamarla Roy durante le loro frequenti litigate, era una “zucca pelata” su cui poteva tenere attaccato il suo fiocco soltanto grazie ad un incantesimo oppure a una ventosa (sempre a detta del fratello).

Indubbiamente una tale ossessione per la propria immagine era eccessiva per una ragazzina che non aveva nemmeno compiuto tredici anni, ma il suo interesse nella cura dell'apparenza era infine tornato provvidenziale per attendere alle nuove necessità.

Per Morton la bowserotta aveva diretto le sue scelte solo in base alla comodità, privilegiando uno stile hip hop con vestiti più larghi e pratici; che il fratellino non se la cavasse poi tanto male a fare beatbox era stata una fortuita coincidenza. Per coprire invece quel cespuglio impenetrabile di capelli al quale si ostinava a non dare un senso (o permettere almeno che ci pensasse lei), la sorella gli aveva rimediato un berretto floscio di cotone sul quale Morton aveva disegnato sopra una stella con le tempere di Junior e che non sempre acconsentiva ad indossarlo, asserendo che dopo un po' si ritrovava la testa umida come se ci avesse piovigginato dentro. Fu poi Peach a spiegargli che si trattava di un umano fenomeno di sudorazione e che il cappello non fosse stregato.

Anche per Ludwig era stato semplice trovare gli abiti giusti e il bowserotto più anziano aveva assecondato le preferenze della sorella, le quali non divergevano poi dalle sue sul modo di vestire che lui stesso avrebbe adottato, consapevole di quanto fosse importante per Wendy che desiderava ardentemente rendersi utile alla sua famiglia. Ludwig era stato l'unico ad essersi ricordato di ringraziarla.

Roy degnava la moda umana del suo più completo disinteresse ed era stato il solo tra i fratelli a non aver voluto saperne invece dei consigli della sorellina, avendo scelto il suo nuovo guardaroba secondo altri principi: il primo tra tutti era nascondere quanta più pelle possibile, creando in tal modo una sorta di barriera dietro cui segregarsi col proprio livore dal resto del mondo ora che il bowserotto ne avvertiva lo sguardo carico di scherno costantemente addosso. Dei pantaloni sportivi da moto, dal tessuto resistente e con protezioni su ginocchia e fianchi, abbinati a degli stivaletti sullo stesso genere, robusti ma flessibili, erano i capi da cui l'insofferente terzogenito pareva deciso a non separarsi; forse per i medesimi motivi che avevano spinto Bowser a farsi forgiare la sua lorica anatomica, insieme al fascino per il cross estremo. Sopra invece si era accontentato di vesti meno elaborate e confortevoli da indossare, prediligendo felpe ampie con tasche e cappuccio.

Per il resto della fratellanza, Wendy si era concentrata su uno stile più giovanile con jeans, bermuda e sneakers. Tuttavia nel cervello super avanzato di Iggy pareva proprio non esserci spazio in memoria per la preoccupazione di tenersi le scarpe allacciate e la camicia abbottonata e dentro i pantaloni. Lemmy dal canto suo aveva recentemente aggiunto nella propria lista di stranezze la curiosa mania di appropriarsi di maglie più grandi della sua misura, scartate oppure lasciate incustodite per un fatale attimo da qualche ignaro possessore, emulando comicamente l'atteggiamento di un paguro alla perenne ricerca della conchiglia perfetta. Per il momento lo stravagante bowserotto si era fissato su un maglione in particolare, regalatogli da Iggy, di un allegro color mandarino che il fratello quattrocchi aveva immediatamente bandito a vita dal suo armadio. Larry e Junior erano troppo piccoli per saper abbinare da soli i propri vestiti e dovevano essere seguiti da qualcuno più responsabile per restare in ordine, un ruolo in principio occupato dalla sorella e poi silenziosamente passato a Peach da cui i koopolotti più giovani preferivano lasciarsi accudire. Wendy, da sempre l'unica della comitiva che più si avvicinava ad una figura materna, comprendeva le loro ragioni e non se la prese.

Per loro padre la principessina ci aveva dovuto riflettere più a lungo, ma alla fine aveva optato per una linea militareggiante ostracizzando fin da subito qualsiasi modello di salopette dall'ampio ventaglio di opzioni. L'unica funzione che i vestiti avevano per Bowser era coprirlo e al contempo impicciargli il meno possibile, del fine estetico non gliene poteva importare un fungo secco, per cui Wendy aveva provveduto a rifornirlo di una scorta di capi utili allo scopo come pantaloni con ginocchiere incorporate, maglie elasticizzate, giacche e gilet che favorivano la libertà di movimento (il tutto confezionato con la stessa stoffa resistente della tenuta dei fratelli Mario), e stivali rinforzati su cui vi aveva fatto aggiungere altre borchie su gambale e punta, tanto per gradire. Sebbene ora il temibile Re Koopa fosse costretto a girare sotto spoglie umane, aveva comunque tutto l'aspetto di quel tipo di persona che si desiderava non contrariare se si era così fortunati da imbattercisi.

Inoltre, nonostante il fattore della bella presenza fosse stato ingiustamente relegato tra gli ultimi posti nella lista delle priorità, Wendy aveva comunque saputo muoversi nella selezione degli abiti con meticolosa attenzione anche per valorizzare la nuova immagine di suo padre. Erano diventati umani, certo, ma mica erano morti, e l'occhio voleva sempre la sua parte; specialmente l'occhio di una fanciulla-koopa che ogni tanto la bowserotta aveva pizzicato in flagrante a rivolgergli di soppiatto sguardi curiosi, come intenta a studiarlo.

« Se trovassi il modo di trascinarlo dentro il primo Emporio Armani sulla rotta, riuscirei nel giro di una sera dove loro hanno fallito per anni » sospirò tra sé mentre Morton la scrutava interrogativo a debita distanza.


« Bene, visto che Peach è impegnata al momento, approfitteremo del tempo di attesa per la cena per sgranchirci un po' » stabilì Bowser sfilandosi i pesanti stivali, la lorica e le fasce borchiate per metterli da parte dove non avrebbero intralciato. Con la sola eccezione di Wendy, nessuno dei Koopa aveva ancora instaurato abbastanza familiarità con le scarpe e in genere preferivano restarsene coi piedi scalzi sulle assi della nave.

Roy, riemerso dalla sua stanza a vagabondare sovraccoperta, sbuffò seccato tanto per fare scena ma non si oppose ed imitò il padre svestendosi dalla vita in su, seguito da Ludwig che nemmeno lui pareva raggiante all'idea: il fratello non mancava mai una sola occasione per provocarlo e probabilmente le cose non erano cambiate pure da umani, a giudicare dalle occhiate ostili che Roy gli lanciava di sfuggita dietro le lenti scure. Era chiaro che il terzogenito smaniasse per un confronto diretto, sia per il piacere di sfogare la frustrazione coi pugni sia per capire quanto era cambiato tra loro due in tali circostanze, ed il padre gli aveva inconsapevolmente servito la sua chance su un piatto d'argento. Un brivido gli risalì la spina dorsale fino a fargli rizzare i capelli sulla nuca mentre eseguiva qualche esercizio di stretching, mostrando sotto la stoffa della canottiera sottile quello che per i draghi tartaruga era il lato più vulnerabile di sé, l'unico punto dove le squame erano troppo morbide per riparare sangue e muscoli dagli assalti esterni, perciò la natura si era accertata che avessero ognuno il proprio carapace con cui proteggerle. Di norma questi restavano col guscio sul dorso per la grandissima parte del tempo, separandosene unicamente nei momenti della cura personale o di intimità. Aggirarsi senza tale rassicurante presenza che li aveva accompagnati sin dalla nascita era dunque ciò che pressappoco l'intera la famiglia Koopa al completo trovava particolarmente disturbante di tutta la stramba faccenda.

I bowserotti restanti erano troppo distratti dalla grande novità del carro ora utilizzabile e si erano ammucchiati a bordo, schiamazzando allegramente mentre Lemmy con l'ausilio del suo scettro lo conduceva in una corsa all'impazzata per il ponte. Bowser li osservò per un secondo e stabilì che non fosse il caso di coinvolgerli e guastar loro il divertimento, dando stavolta la precedenza ai figli maggiormente predisposti allo scontro fisico in caso di necessità.

Si accorse che la testa ingellata di Roy rifletteva bene la luce e, in secondo luogo, che il suo tono muscolare si fosse notevolmente ridotto (come quello di tutti d'altronde, eccezion fatta per la principessa che invece ci aveva guadagnato). Eppure soprattutto su di lui l'effetto era disorientante: aveva sì l'aspetto di un adolescente perfettamente sano e più che in forma, ma della sua costituzione di koopa guerriero non era rimasta neanche l'ombra; della furia contenuta nei muscoli già prominenti sotto le squame spesse, rimpiazzate da debole pelle che sembrava non aver mai incontrato il tocco del sole, vi era forse un vago richiamo nella virilità del fisico che doveva ancora sbocciare e, sebbene il peso del carapace fosse ormai assente sul dorso, la sua postura era rimasta leggermente ingobbita alla maniera di un felino in costante allerta. Odiava con ogni singola fibra del suo essere tale aspetto e non poteva esprimerlo con maggior chiarezza persino senza il bisogno di vocalizzarlo.

Con Ludwig invece era come cercare di vedere attraverso un muro. Il più maturo dei suoi figli non dava segni di dispiacersi della nuova condizione, né tanto meno che gli andasse a genio: semplicemente preferiva mantenersi in uno stato di passiva tolleranza. Notare ancora una volta che fosse diventato, seppur di poco, il più alto tra tutti i bowserotti, persino di Morton e Roy (un ulteriore dettaglio che quest'ultimo non pareva aver mandato giù a cuor leggero), gli ricordò la distanza che correva tra lo sviluppo fisico di un koopa e quello di un umano. Per i koopa infatti era possibile desumere già dalla prima adolescenza quale stazza avrebbero raggiunto nella fase adulta, mentre per gli umani i tempi della crescita fisica erano più lunghi e la metamorfosi, a rigor di logica, li aveva riadattati tutti quanti alle rispettive età secondo i nuovi parametri.

E non gli era sfuggita la tensione che si era creata già da un po' tra i due, ma trovava che del sano spirito di competizione fosse un buon carburante per spingerli a migliorarsi. Non era sorpreso che Roy avesse scelto il fratello più grande come modello di paragone, un comportamento naturale da parte dei membri più giovani della famiglia che osservavano quelli con più esperienza, specie tra fratelli. Ludwig aveva il massimo del rendimento in tutte le materie, la mente agile di un bravo generale e senza dubbio si sarebbe dimostrato anche un sovrano capace e degno di portare il peso della corona. Roy, dal canto suo, non riservava invece grande impegno allo studio e aveva convogliato le sue energie nell'attività fisica dove i risultati erano stati altrettanto eccellenti: i coach se lo contendevano come fidanzatine gelose, tutti i giocatori lo volevano al loro fianco (anche perché giocare contro di lui richiedeva una dose non indifferente di coraggio e tolleranza del dolore) e Bowser aveva già ricevuto proposte da college per studenti-atleti smaniosi di avviare la sua carriera agonistica sotto la propria ala o da privati già interessati ad accorpare Roy nella loro squadra, ma il re era stato tassativo riguardo la priorità indiscussa del figlio di pensare prima al suo percorso scolastico e poi sarebbe stato libero di fare di testa propria. Allo stesso modo in cui Ludwig aveva dunque consolidato la sua fama di allievo brillante Roy non aveva avuto problemi invece a primeggiare nelle discipline sportive, con una denotabile predilezione verso il football.

Il suddetto assunse la posa da combattimento, flettendo le ginocchia e alzando i pugni, mentre il maggiore rimase con le braccia lungo i fianchi in attesa, imperturbabile, attento.

Bowser diede infine il comando: « Lud, prima tu ». Non fece in tempo a concludere la frase che il figlio già gli fu addosso. Prese nota del suo notevole aumento di rapidità nell'attimo in cui i riflessi addestrati gli permisero di parare con l'avambraccio, seppur per un soffio, il pugno diretto alla guancia destra. Persino Roy non riuscì ad occultare il proprio stupore ad un balzo tanto repentino che il Ludwig koopa non sarebbe mai stato capace di spiccare.

« Errore mio, avrei dovuto avvertire. Non sono ancora capace di destreggiarmi con questo corpo » si scusò il fratello con quella sua flemma che urtò infinitamente i nervi del minore.

Non può essere diventato così veloce... Roy serrò la mandibola. Se non vi leggesse benissimo anche una certa approvazione, forse avrebbe potuto trovare divertente la faccia sbalordita del padre che aveva appena rischiato di sfigurare in veste di allenatore.

« Un buono scatto, Lud » concesse Bowser riprendendo posizione con un po' di cautela in più rispetto all'inizio. « Però stavolta avvisami prima. »

Quando i colpi sferrati raggiunsero un ritmo costante, segno che il figlio aveva capito come misurare la propria forza, fu il turno di Roy che si accanì contro il padre con una foga quasi rabbiosa. Bowser si schermava dagli attacchi senza far trapelare il minimo cenno di stanchezza, temprato da anni di allenamenti e battaglie, riconoscendo il caratteristico stile dei lotta dei due giovani koopa: Roy era una fiamma che divampava furente nello scontro con l'unico obiettivo di sgretolare il nemico sotto le sue nocche, ormai privato del sollievo di canalizzarla nel respiro e costretto a tenerla chiusa in sé a fargli ribollire il sangue; Ludwig invece non si concedeva alcun dispendio infruttuoso di energie, ogni suo gesto era calcolato e lui aspettava soltanto il momento esatto per agire, spesso inducendo l'opponente ad eseguire una mossa che aveva già previsto e a cui era pronto a rispondere.

« Roy, in queste condizioni devi ponderare meglio i tuoi colpi. E tenere sempre alta la guardia » ammonì il figlio dopo un contrattacco che sarebbe andato a segno se Bowser non avesse fermato il braccio all'ultima frazione di secondo. « Adesso fate un po' tra voi due » proferì dunque l'ordine che Ludwig sperava gli sarebbe stato risparmiato e che Roy non vedeva l'ora di udire dall'inizio.

Il bowserotto più entusiasta a quella che aveva preso come una sfida personale si girò verso il prossimo avversario e accennò un ghigno sotto i baffi. Ludwig non tradì alcun disappunto nei lineamenti, né si sarebbe tirato indietro perché così facendo il fratello avrebbe trovato il modo di rendere la convivenza nella stessa stanza ancor meno sopportabile. Stabilì che si sarebbe limitato ad assecondare il minore per il tempo necessario.

Dopo qualche secondo di fatidica attesa, girando in tondo e studiandosi a vicenda, prevedibilmente fu Roy ad attaccare per primo e quello che doveva essere un banale incontro amichevole raggiunse in breve la frenesia di una danza. Persino gli altri bowserotti avevano interrotto il proprio svago per fermarsi ad osservare l'allenamento mentre il re vigilava e faceva sentire la sua voce di tanto in tanto correggendo l'uno o l'altro.

A Junior vennero i brividi di fronte alla brutalità di Roy che stava letteralmente tempestando il fratello con una gragnuola di pugni e calci, neanche avesse avuto davanti Mario in persona, e nessuno dei quali andava mai a segno. Probabilmente fu proprio per tale ragione che quella testa calda di bowserotto si era lasciato trascinare dalla sua foga e si era ritrovato a dar fondo a tutte le energie nell'irritazione suprema di vedersi Ludwig sfuggirgli dalle mani come una saponetta dispettosa. Il suo sorriso arrogante si era già trasformato in una smorfia di collera che il fratello maggiore poteva ammirare da vicino.

« Roy, non esagerare » lo ammonì Bowser che ormai non poteva più restare impassibile davanti a quell'aggressività, ma il bowserotto non parve nemmeno averlo sentito. Se Ludwig non fosse stato sufficientemente abile da schivare e parare senza sforzo ogni colpo li avrebbe già fermati da un pezzo. « Roy! »

Prima che il re avesse potuto intromettersi e dividerli, Lemmy vide le labbra di Roy muoversi e bisbigliare qualcosa a Ludwig che si rabbuiò in volto. All'improvviso il maggiore abbandonò la semplice difesa passiva e, in preda ad un impeto di rabbia, reagì fulmineo nell'attimo in cui Roy fece un altro passo avanti e sferrò l'ultimo pugno a vuoto abbassando nuovamente la guardia.

La mossa del fratellone fece sovvenire al bowserotto con le maniche penzolanti di un vecchio documentario rimastogli particolarmente impresso nella memoria, quando era ancora in fissa coi programmi televisivi del bizzarro mondo di provenienza dei Mario. Ricordava in maniera nitida una scena precisa dove una volpe aveva tratto in inganno un corvo fino a farlo volontariamente avvicinare a sé per poi assestare il morso letale, innocua, immobile nella simulazione di una finta morte (tanatosi aveva scoperto si definiva), aspettando l'attimo esatto per scattare e ristabilire la gerarchia dei cacciatori. Ludwig era proprio come quella volpe e raramente mostrava le zanne all'origine di uno scontro, tranne quando c'era un idraulico o due da debellare.

Dopo averlo afferrato e tirato a sé per il polso ed approfittato di quel breve istante in cui Roy aveva perso l'equilibrio, Ludwig teneva bloccato il fratello in una presa di sottomissione coi gomiti sotto le ascelle e le dita serrate dietro la nuca dell'altro, costringendolo in una posa dolorosa e quasi ridicola con le braccia sospese in aria come un fantoccio ed il volto puntato verso il basso.

Il terzogenito ringhiò in un misto d'ira e oltraggio e la sua faccia si fece rossa (o purpurea, secondo il parere esperto di Wendy), agitandosi con gli occhi strabuzzati dietro le lenti scure e sbuffando come un toro imbizzarrito.

Iggy sapeva bene che Roy avrebbe potuto liberarsi facilmente da quella presa elementare, sciogliendo la morsa dietro il capo con le sue mani, ma quando il fratello era arrabbiato smetteva di ragionare e si affidava unicamente ai muscoli che da soli in questo caso non avrebbero risolto nulla. A Ludwig bastò applicare ulteriore pressione cervicale per vanificare ogni tentativo di essere scrollato di dosso, rendendo chiara la sua intenzione di mollare solo quando Roy si fosse rimangiato le sue insinuazioni.

« Basta così! » Il padre li separò e si frappose squadrandoli alterato. « Cos'era quello spettacolo indecente? » Spostò lo sguardo severo sul più giovane che si rialzò in piedi massaggiandosi il collo indolenzito e col viso ancora paonazzo. « Doveva essere un'opportunità di allenamento reciproco, non una scusa per fare baruffa. »

« Amor senza baruffa fa la muffa » rimò Larry sottovoce per sdrammatizzare procurando un sorrisetto agli altri bowserotti sul carro, ma in realtà erano tutti in pena per l'atteggiamento scostante del fratello e non soltanto nei confronti di Ludwig.

« E tu ormai dovresti essere grande abbastanza per capire da solo quando devi controllarti, invece di menare l'aria senza usare il cervello. » Bowser si rivolse a Roy schiacciandolo sotto il peso della sua ombra. Eppure quelle parole suonarono vuote persino a lui dopo averle pronunciate, osservando di nuovo quanto piccolo sembrasse il terzogenito adesso, esposto in tutta la fragilità di un quattordicenne che si sforzava di soffocare la parte fanciullesca di sé sotto la scorza da gradasso.

Roy rispose con un silenzio astioso, lo stesso che il padre non era riuscito a rompere quando il bowserotto si era chiuso nella sua camera al castello. Abbandonò lì la sua roba e voltò i tacchi per andarsene sottocoperta, ignorando ancora una volta il richiamo di Bowser che non sapeva più come raccapezzarsi per ristabilire un rapporto sereno col figlio in evidente difficoltà, ma che rifiutava costantemente di avere un dialogo con lui.

Ludwig, già pentito della sua reazione, fissò taciturno la testa lucente del fratellino sparire dalla visuale con lo sbattere della porta.

Istintivamente Junior si appoggiò contro il fianco di Lemmy, nell'inconscia ricerca di contatto per ricevere sicurezza mentre la tensione era tornata a farsi sentire nell'aria. Da quando l'impresa dell'umanità aveva avuto inizio per tutti loro e l'armonia familiare accusava dei vacillamenti, i bowserotti più giovani tendevano ad essere molto più appiccicosi del solito e ritrovavano la quotidianità che amavano nei giochi coi fratelloni o nelle coccole del papà o, ancora meglio, di Peach.

« Ehi, cosa gli ha detto Roy? » domandò Iggy, anch'egli accortosi del messaggio velato tra i due. Junior e Larry si volsero incuriositi verso il fratello con la mohawk colorata, l'unico che aveva l'occhio abbastanza attento da saper leggere il labiale.

Questi fece spallucce. « Che quel taglio di capelli è da racchie » mentì. Tutti quanti erano ben consapevoli di quanto il maggiore fosse diventato suscettibile sull'argomento dopo aver visto in televisione una commedia della prosperosa Madame Spirù, per cui non misero in dubbio la risposta sapendo che persino lui ogni tanto poteva cedere alle provocazioni se aveva la luna storta. Non era difficile credere che come loro fosse più nervoso del solito, considerata l'attuale situazione.

Lemmy non parlava molto, per questo veniva ritenuto un bravo ascoltatore e non di rado gli capitava di custodire qualche segreto confidatogli dai fratelli nelle occasioni in cui avevano bisogno di conforto semplicemente con la sua presenza. E solo a lui Ludwig aveva rivelato che non gli piaceva affatto combattere e che già da qualche tempo era segretamente propenso a declinare i suoi doveri di successione, non avendo tuttavia il coraggio di disattendere le grandi aspettative del re loro padre. Lo stupì che Roy fosse riuscito a subodorare tale disagio, nonostante l'accortezza nel non lasciar trapelare il più impercettibile degli indizi. D'altronde ogni bowserotto era bravo in qualcosa, e il terzogenito era un autentico portento nello scovare le debolezze altrui e non farsi il minimo scrupolo a rinfacciarle o sfruttarle quando gli conveniva.


Nota d'autrice:

Siccome questo capitolo si sta rivelando assai più consistente del previsto, sotto saggio consiglio di un'utente ho deciso che fosse il caso di spezzarlo per non spaventare i lettori già stressati dalla flemma bradiposa con cui ho maltrattato la fanfiction. Tuttavia definirei questa parte una semplice parentesi per fare più luce sul rapporto tra i bowserotti, anziché un capitolo vero e proprio.
Ammetto che finora mi sia capitato di leggere veramente poche storie che non mostrino soltanto la classica Wendy viziata, vanesia e superficiale e che diano spazio anche al resto del suo carattere che credo meriti invece maggior considerazione: la Wendy analitica, sagace, intuitiva, che si fa rispettare dai fratelli, che sa anche quando essere responsabile, che non pensa solo a se stessa e in pratica che non si comporta sempre come una bimbaminkia da scaraventare con gioia fuori da una finestra chiusa. Da piccola non ho mai nutrito alcuna simpatia per il suo personaggio che sul cartone sfoggia veramente il peggio di sé (basti pensare che in un episodio della serie animata pretende che Bowser le regali l'America per il suo compleanno), ma scrivere su di lei mi sta aiutando a vedere oltre la solita detestabile Wendy a cui tutti siamo abituati.
Un altro dettaglio che mi piacerebbe condividere in queste note riguarda l'aspetto umanizzato di Bowsy, per il quale mi sono leggerissimamente ispirata alla sua controparte cinematografica dal film “Super Mario Bros.”, interpretata da Dennis Hopper :]
Chiedo scusa per un risultato così modesto dopo questa lunga pausa, ma l'umore per scrivere va e viene sebbene mi stia impegnando per consegnare quanto prima il seguito della storia.

  
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