Prologo
-
C’è qualcosa che non va. –
Katherine
alzò lo sguardo verso le nubi scure che coprivano il cielo e
annunciavano un imminente temporale.
-
È solo brutto tempo, niente di grave, Jace –
disse, tornando a menare
fendenti contro il fantoccio al centro dell’arena.
-
Non è solo questo. È in arrivo una tempesta, una
di quelle grosse –
replicò il ragazzo, accigliato.
Come
figlio di Zeus sapeva bene di cosa stava parlando e quello non era uno
dei tanti temporali estivi che inondavano saltuariamente il campo
Zodiaco.
-
Oh, andiamo, solo perché tuo padre è di pessimo
umore questo non
significa che ci sia in arrivo una catastrofe o chissà che.
Sono passati …
quanti, vent’anni dall’ultima grande impresa?
–
Jace
scosse la testa, abbandonando la sua postazione d’allenamento
e
voltandosi verso l’istruttore che supervisionava il loro
addestramento.
-
Ehy, Jackson, tu che ne dici? –
Percy,
distogliendo l’attenzione dal gruppo di figli di Apollo che
centravano ripetutamente i bersagli con le loro frecce, si
voltò verso di lui.
-
Se stesse accadendo qualcosa Chirone lo saprebbe – si
limitò a replicare,
stringendosi nelle spalle e tornando al lavoro.
Katherine
sorrise con l’aria di chi la sapeva lunga.
-
Che ti dicevo, fulminato, sei solo tu che come al
solito sei
disfattista. –
Il
figlio di Zeus annuì, per nulla convinto, tornando a
giocherellare
distrattamente con l’elsa della spada.
Gli
sarebbe piaciuto parlare di questa sua sensazione con Jason Grace,
l’ultimo dei suoi fratellastri ancora in circolazione, se si
escludeva Talia,
ma era in viaggio con sua moglie, Piper, e nessuno sapeva con certezza
se e
quando sarebbero tornati al Campo.
Magari
era davvero solo paranoico, provò a convincersi,
però c’era quella
fastidiosa sensazione che ci fosse qualcosa che non andava che non
voleva
saperne di lasciarlo perdere.
Quando
si trovò puntata contro la lama della spada di Katherine, si
riscosse dai suoi pensieri.
-
Sei distratto, Jace – sospirò l’amica,
riponendo l’arma nel fodero e
prendendolo per mano. Lo trascinò dietro di sé
come se non pesasse nulla.
-
Che stai facendo? –
-
Ti porto da Chirone, così finalmente ti convincerai che
è tutto okay –
sbuffò.
Percorsero
la strada che separava l’arena dall’ufficio
centrale del
direttore del Campo, tagliando per le Case.
La
Casa Nove, quella del Sagittario dove alloggiavano i figli di Zeus, era
la prima che incontrarono.
I
battenti erano chiusi e il marmo che ne decorava l’accesso,
solitamente
candido con screziature dorate, sembrava essersi scurito
improvvisamente come
se un fulmine l’avesse colpito in pieno.
Jace
si arrestò di botto, scambiando un’occhiata
significativa con l’amica.
-
Ok, questo è strano – ammise
lei.
-
Do un’occhiata. –
Si
fece avanti, osservando le venature nerastre, e nel momento stesso in
cui mise la mano sul battente un’onda d’urto lo
respinse. Rotolò giù dal patio,
tremante per la scossa appena ricevuta, ed esaminò con aria
critica il palmo
della mano. I figli di Zeus solitamente erano immuni dalla scossa,
così come
quelli di Poseidone potevano respirare sott’acqua e quelli di
Ade non correvano
il rischio di soffocare sottoterra.
-
Ti ha elettrizzato? – chiese Kat, raggiungendolo e aiutandolo
ad alzarsi.
-
Sei ancora sicura che non ci sia nulla che non va? –
domandò per tutta
risposta.
La
figlia di Ares arricciò appena il labbro inferiore,
imbronciata,
scostando una ciocca corvina da davanti agli occhi color ghiaccio.
– D’accordo,
è evidente che mi stavo sbagliando. Chirone saprà
dirci di che si tratta. –
Poi,
come se avesse visto un fantasma, sbiancò.
-
Kat? – chiese, interrogativo.
Lo
fissava come se ci fosse qualcosa di strano e inquietante in lui, ma
non
riusciva a immaginare di cosa potesse trattarsi.
-
I tuoi occhi … -
-
I miei occhi, cosa? –
-
Sono diversi … dello stesso giallo pallido dei fulmini
– concluse.
Gialli?
Era impossibile. Jace sapeva bene che sotto le ciocche color
dell’oro puro le sue iridi brillavano di un bel blu e che
l’unica anomalia
erano delle sottili screziature che dal grigio delle nubi sfumavano in
azzurro
e in qualche sporadico accenno d’oro.
Sbattè
le palpebre, avvertendo una fastidiosa sensazione di bruciore che lo
fece lacrimare. Gli sembrava di avere centinaia di piccoli aghi
conficcati
nelle pupille.
-
Stanno tornando alla normalità … lentamente, ma
il blu sta cominciando a
rivedersi – gli annunciò, - Avanti, dobbiamo
andare. –
-
Andare dove, ragazzi? –
La
voce pacata del centauro li colse di sorpresa, facendoli sobbalzare.
-
Proprio da te, Chirone. Jace voleva dirti che … -
cominciò Katherine, ma
l’amico la interruppe, - Che c’è
qualcosa che non va. –
Chirone
fece scorrere i grandi e profondi occhi equini dal volto del
ragazzo all’ingresso della Casa e sospirò.
– Sapevo che prima o poi sarebbe
successo, ma non immaginavo che fosse così presto.
–
-
Di che si tratta? –
-
Jace, tuo padre … lui si sta spegnendo – disse,
con pacata gentilezza.
-
Il Divino Zeus sta morendo? – ripetè Katherine,
incredula, - Ma è
immortale, come può essere? –
-
È uno scherzo. –
Doveva
essere uno scherzo, non poteva essere altrimenti. Suo padre era il
Re degli Dei, la divinità più forte che
esistesse, ed era immortale come
giustamente aveva fatto notare Katherine.
-
Vorrei che lo fosse, Jace, e so che per te deve essere un duro colpo
dopo
quello che è successo a tua madre. –
-
Tu non sa proprio un bel niente – lo
bloccò, aspramente.
Non
voleva sentirsi ripetere quanto tragica fosse stata la dipartita di sua
madre, una delle migliori semidee che Chirone avesse mai avuto il
privilegio
d’incontrare, né nient’altro che
riguardasse lui o la sua infanzia di merda.
-
Come è successo? – intervenne Katherine, posando
una mano sulla spalla
dell’amico. Solitamente bastava questo a riportare in riga il
figlio di Zeus,
ma quel giorno la rabbia era troppa e dovette stringere con forza per
indurlo a
chiudere il becco.
-
Riteniamo che sia stato avvelenato da una qualche sostanza che poco a
poco sta dissolvendo il guscio d’immortalità che
lo protegge. Gli Dei sono
tutti al suo capezzale, Asclepio e Apollo stanno cercando in tutti i
modi di
trovare un modo per ritardare l’azione del veleno.
–
-
E non c’è un antidoto? –
Lo
sguardo del Centauro si fece immediatamente cupo. –
C’è, ma al mondo
esiste solo una pianta di mandragola ed è sorvegliata da
Tifone. Gli Dei non
osano correre il rischio di risvegliarlo, perché solo i
fulmini di Zeus sono in
grado di sconfiggerlo. –
-
In altre parole sono troppo codardi per rischiare la loro pellaccia
–
concluse Jace.
Chirone
annuì appena, incapace di negare l’evidenza dei
fatti.
-
Partirò io. Riesco a controllare i fulmini, posso affrontare
Tifone. –
-
Neppure tuo padre riuscì a sconfiggerlo da solo, ma ebbe
bisogno del
sostegno delle altre divinità. È una cosa troppo
grande perché tu la possa
affrontare da solo, Jace. –
-
Quindi stai dicendo che dovrei semplicemente fare finta che tutto vada
bene e aspettare che mio padre muoia? – lo aggredì.
Katherine
trasalì, investita dalla carica
d’elettricità che crepitava dalla
pelle del semidio. Resosi conto di ciò che era successo, le
rivolse uno di
quegli sguardi che solo lei era in grado di decifrare. Era mortificato
per averla
ferita, ma la rabbia che lo divorava non gli permetteva di lasciar
cadere la
questione. E poteva capirlo. Probabilmente anche lei avrebbe reagito in
quel
modo se l’unico membro rimasto della sua famiglia fosse stato
sul punto di
morire.
-
Sto dicendo -, replicò con una calma invidiabile, - Che per
questa
missione andrà organizzata una vera e propria squadra
d’eroi. Chiunque abbia
avvelenato Zeus avrà previsto che qualcuno sarebbe andato
alla ricerca della
mandragola e avrà sicuramente creato delle difese. Sentiamo
cosa ne pensa il
nostro Oracolo e reagiremo di conseguenza. –
-
Non lasceremo morire tuo padre, Jace – assicurò
Katherine.
-
Quanto tempo abbiamo? – chiese, improvvisamente
più tranquillo. L’idea
che si potesse organizzare una vera e propria squadra di soccorso
l’aveva in
parte rasserenato.
-
Difficile dirlo, tre o forse quattro settimane. Potrebbe essere anche
un
po’ di più, ma non ci giurerei. –
Un
mese scarso.
Avevano
meno di trenta giorni per salvarlo.
Spazio
autrice:
Salve
gente! Questa storia a OC è un
prodotto delle menti malate della sottoscritta e di Fiamma Erin Gaunt.
Speriamo
che il prologo vi sia piaciuto e che vi abbia interessato, spingendovi
a
partecipare. Come potrete notare c’è qualche
modifica rispetto al classico
Campo Mezzosangue. Questo perché nel nostro What if il Campo
è stato distrutto
e ne è stato costruito uno sulla costa della California che
si chiama Campo
Zodiaco. Qui sotto trovate la corrispondenza tra Case e
Divinità. Accettiamo
due personaggi per Casa (quindi per genitore divino), ma i ragazzi e le
ragazze
devono essere in numero proporzionato. Il motivo dello Zodiaco
verrà spiegato
nei prossimi capitoli … non vi anticipiamo niente per
evitare spoiler. Come
sempre vige la regola del chi prima si prenota meglio alloggia, quindi
vi
invitiamo a dare un’occhiata alle recensioni prima della
vostra per sapere
quali genitori divini sono già stati occupati e quali no.
Ah, dimenticavamo, le
schede vanno esclusivamente inviate via messaggio privato, quelle
lasciate in
recensione non verranno prese in considerazione, entro e non oltre due
giorni
dalla richiesta del posto OC perché così possiamo
organizzarci per aggiornare
il prima possibile. Potete prendere massimo due OC a testa. Non
accettiamo
altri figli/figlie di Zeus.
Posti
disponibili:
Casa
1 – Ariete: Efesto (un
posto per un ragazzo disponibile)
Casa
2 – Toro: Dioniso (un
posto per un ragazzo disponibile)
Per
un totale di 10 ragazze e 10 ragazzi.
La
scheda è la seguente e vi preghiamo di seguirla. I campi con
l’asterisco
sono opzionali.
Nome:
Secondo
nome*:
Cognome:
Sesso:
Età:
Orientamento
sessuale:
Genitore
divino e rapporti con
lui/lei:
Aspetto
fisico:
Carattere:
Famiglia
non divina e rapporto con
essa (giusto due righe)*:
Storia
personale:
Arma
(e nome se ce l’ha):
Poteri
(ci raccomandiamo di non
esagerare in questo campo):
Amicizie
e/o relazioni con altri OC:
Fobie
e/o paure:
Prestavolto*:
Curiosità*:
Vi
aspettiamo numerosi.
Baci,
Eris&
Fiamma