Malfoy
l'aveva invitata a cena e lei, sgomentando se stessa, aveva
accettato. In realtà si era solo limitata ad annuire
distogliendo lo
sguardo imbarazzata, mentre le guance si facevano purpuree.
Era
stato così facile rispondere di sì, ma soltanto
ora la donna si
rendeva pienamente conto di ciò che stava per fare.
Si
sentiva in colpa, benché continuasse a ripetersi - mentre si
applicava maldestramente il mascara con risultati deludenti - che
sarebbe stata una innocente cena. Anche se, quando si trattava di
lui, niente poteva essere davvero scevro di malizia: insomma, c'era
continua tensione fra di loro e... l'ultima volta che avevano
trascorso una serata insieme avevano concepito una figlia!
A
proposito di figli: Hermione si sentiva terribilmente in colpa nei
confronti dei suoi bambini.
Hugo era in compagnia del padre e
della famiglia Weasley; Harry era venuto a recuperarlo, scuro in
volto, rimarcando la necessità di trovare una soluzione alla
loro
incomunicabilità, una opzione che non contemplasse la sua
mediazione.
Rose era ancora all'ospedale, in compagnia delle
materne infermiere che popolavano il reparto, Hermione le aveva
praticamente supplicate di dare una occhiata a Rose mentre lei era
via, assicurandosi che tenessero sotto mano tutti i suoi recapiti
telefonici.
Quindi, non c'era motivo di preoccuparsi per loro.
Sarebbero stati bene.
Lo stesso non si poteva dire di lei: il
cuore le batteva all'impazzata e le mani sudavano freddo.
Si
era infilata uno dei tanti abiti stipati nell'armadio, sperando di
apparire raffinata e desiderabile. Aveva raccolto i capelli in uno
chignon morbido ed aveva persino applicato un rossetto, seguendo alla
lettera le indicazioni riportate sul Settimanale delle
Streghe.
Speranzosa, si era rimirata nello specchio...
Era
un disastro, completamente un disastro.
Il vestito le
ricadeva addosso come un sacco informe: dov'erano finite le
sue
forme? Era troppo dimagrita, constatò amaramente,
sfiorandosi
l'osso sporgente della clavicola.
Ron non ne sarebbe stata
contento. Hermione si pietrificò: non doveva
pensare a lui. Non
ne aveva il diritto, visto che si stava agghindando per uscire con un
altro uomo.
Tornò a concentrarsi sulla sua immagine,
soppesandola con occhio critico: sembrava una bambina che aveva
trascorso il pomeriggio divertendosi nell'armadio della mamma.
Una
ragazzina che si atteggiava a donna.
Si sentiva a disagio,
conciata così. I trampoli da cui stava cercando di non
precipitare
rovinosamente le stavano martoriando i piedi, il mascara aveva
già
incominciato a sciogliersi, formando antiestetiche chiazze nere sulle
palpebre. Lo chignon, che secondo il giornale avrebbe dovuto
regalarle un'aura di eleganza chic, sembrava un nido di quaglia in
precario equilibrio sul suo capo. Per non parlare del rossetto che le
aveva macchiato i denti.
Insomma, quella non era lei. Stava forse
cercando ad assomigliare a qualcuno? Una vocina maligna si
insinuò
dentro la sua coscienza, facendola quasi trasalire.
Si stava
forse mettendo in competizione con ... Lei?
Sarebbe
stato davvero da sciocchi compiere un errore del genere, mostrando a
Draco un'identità che non le apparteneva. Per questo, si
lavò la
faccia. I residui di trucco furono spazzati via dal getto d'acqua del
lavandino, provocando una strana soddisfazione in Hermione. Si tolse
il vestito elegante, optando per un paio di jeans ed un maglione di
lana blu. Slegò con un gesto secco e deciso il nastro tra i
capelli,
scuotendo leggermente la testa. Il sollievo maggiore lo ebbe
lanciando in fondo alla stanza le scarpe con il tacco, prima di
calzare un paio di comodissimi stivali.
Si guardò nuovamente nel
vetro, questa volta decisamente contenta e sicura di se stessa.
Si
concesse un unico vezzo: gli orecchini a forma di fiore che aveva
sfoggiato tanti anni prima al Ballo del Ceppo del quarto anno, ai
quali era particolarmente affezionata.
Quella era Hermione, si
disse, sorridendo alla sua immagine riflessa. L'altra era solo una
pallida e ridicola imitazione di una donna di cui non avrebbe mai
potuto vestire i panni.
Si sentiva bene. Si sentiva bella.
Si
era preparato sotto lo sguardo indagatore di Astoria; la sua consorte
quella sera lo aveva degnato della sua presenza. Non che a lui
importasse, comunque.
"Dove vai?"
Draco ignorò
la domanda, che rimase sospesa tra di loro, mentre Astoria gli si
avvicinava maggiormente. L'ampia veste da camera in cui era avvolta
la faceva vagamente assomigliare ad un pallido fantasma.
"Esci
con la Granger?"
A differenza di quanto si sarebbe
mai aspettato Draco, Astoria non stava parlando in tono recriminante
o, grazie al cielo, piagnucoloso.
Sembrava calma, anche i
suoi gesti ed i suoi movimenti lasciavano trasparire
tranquillità. O
forse era pacata rassegnazione?
"Non sono affari tuoi,
Astoria"
La voce tagliente di Draco sferzò il cuore già
malandato della donna.
Astoria gli poggiò una mano sulla spalla,
si protese verso di lui e gli sussurrò soavemente: "Te
la
farò pagare, Draco" .
Poi, lasciò la stanza con fare altero, lasciando dietro di
sè una scia del suo costoso
profumo.
Draco rise tra sè e sè, un'espressione di
incredulità dipinta sul volto affilato.
Quella minaccia non lo
aveva per niente impressionato : Astoria era temibile tanto quanto un
gattino, sebbene si atteggiasse a tigre.
E come avrebbe potuto
fargliela pagare?
Avrebbe chiesto il divorzio? Facesse pure,
sapevano entrambi che il contratto prematrimoniale era vantaggioso
soprattutto per lui. Avrebbe chiesto l'affidamento di Scorpius?
Andiamo, non glielo avrebbero mai concesso. Prima di tutto
perché
Malfoy era potente: era amico di praticamente tutti gli esponenti
più
illustri del Tribunale. Inoltre, fuori dal Manor, Astoria non
possedeva nulla. La sua famiglia poteva vantare solo un altisonante
titolo nobiliare, con il quale però non avrebbero potuto
sopravvivere. Per questo, il magnanimo Draco provvedeva tutti i mesi
a rimpinguare le casse piangenti dei Greengrass.
Non avrebbe
potuto far niente contro di lui. Niente di niente,
si
rassicurò ancora una volta Draco prima di smaterializzarsi.
La
cena si sarebbe tenuta in un romantico ristorantino londinese, nei
pressi del Tower Bridge. Per evitare di essere riconosciuti, Draco
aveva scelto (praticamente costringendosi) un locale gestito da
babbani. Aveva superato i suoi pregiudizi, o almeno così
amava
ripetere amabilmente a chiunque avesse piacere di ascoltarlo.
Si
era seduto al tavolo, mordicchiandosi nervosamente il labbro,
attendendo.
La vide giocare con l'anello che portava
all'anulare, mentre si guardava distrattamente intorno, alla sua
ricerca.
Quel movimento apparentemente casuale in realtà era
piuttosto indicativo: l'indecisione stava rodendo Hermione. Draco
poteva quasi vedere gli ingranaggi del suo formidabile cervellino
muoversi senza sosta, alla ricerca di una giustificazione logica e
razionale per ciò che stava provando.
Gli venne da sorridere:
cara Granger, non tutto può essere
controllato...
Per
questo, avvicinandosi, le prese la mano e le tolse la fede, sotto lo
sguardo sbalordito di Hermione. Poi, fece lo stesso con la
propria, facendole scivolare entrambe in tasca.
"Questa
sera siamo solo io e te Hermione. Gli ospiti indesiderati non sono
ben accetti" e facendole l'occhiolino, la scortò
educatamente al loro posto.
Eccoci qui con un nuovo capitolo.
Non ne sono pienamente soddisfatta, ma sono nel pieno della sessione esami e questo è il massimo che riesco a fare =)
Fatemi sapere cosa ne pensate della storia... storia che non esisterebbe senza di voi! Quindi grazie mille! A prestissimo.