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Autore: Harryette    23/01/2015    3 recensioni
[...] Ci fu un silenzio imbarazzante, prima che Margareth si decidesse a riprendere e concludere il discorso.
‘’Questa sono io. Sono Margareth, la stessa persona che era affacciata sul balcone di quel ristorante italiano e la stessa persona a cui hai detto che, andandosene, si rinuncia non solo alle cose brutte ma anche a quelle belle. Sono contenta di averti dato ascolto, perché – io – l’ho trovata una cosa bella. E scusami, davvero perdonami, perché io sono innamorata di te e non so neanche perché te lo sto dicendo adesso’’
Dall’altra parte ci fu, ancora una volta, silenzio. Le parve di udire un sospiro, ma non ne era proprio sicura.
‘’Ho finito’’ disse. ‘’Mi dispiace per l'ora, e...''
Stavolta, però, lui la interruppe. ‘’Stai piangendo?’’ le domandò.
''Cambierebbe qualcosa?'' chiese.
''Non piangere'' lo sentì addolcirsi. ''Non piangere, Marge''.
[SPIN-OFF DI ''MORS OMNIA SOLVIT'', DA LEGGERE ANCHE SEPARATAMENTE]
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Gli inarrivabili del Bronx'
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| Capitolo Tredicesimo |
It's all about bravery


‘’Signorina Margareth’’ la voce di George suonò rindondante, mentre usciva fuori da dietro una colonna del salone, prima che Maggie avesse il tempo di salire le scale e raggiungere la sua stanza. Non lo aveva visto, precedentemente, né sentito, anche perché – alle otto di sera – sarebbe già dovuto essere a casa. ‘’Avrei bisogno di parlarle’’
Margareth sobbalzò, portandosi una mano al petto. ‘’Oddio’’ sospirò. ‘’Mi hai fatto prendere un colpo, George’’
Il corpo dell’autista si avvicinò a quello minuti della ragazza, ancora stretto in un completo elegante costituito da giacca e cravatta. Margareth ricordò di quando, da bambina, paragonasse George ad un pinguino. Le sembravano passati secoli da allora, nonostante si trattasse di poco più di otto anni.
Fu quando vide uno strano cipiglio sul volto dell’autista che ricordò ciò che, presa dall’emozione, aveva dimenticato. George era venuto a prenderla e lei non c’era stata. Gli aveva mandato un messaggio troppo tardi, e c’erano buone probabilità che l’avesse vista. Le si gelò il sangue nelle vene, e quello fu l’unico momento in cui fu felice di sapere che i suoi genitori non erano mai a casa, soprattutto in quel periodo dell’anno. Strinse le mani in pugno, mentre continuavano a sudare e mentre le dita erano diventate praticamente gelate. ‘’Dimmi pure’’ suonò cortese, come sempre, ma il suo cuore perse tre battiti. Forse quattro. E George la conosceva bene, forse perfino più di suo padre, quindi aveva sicuramente capito e intuito quanto fosse in ansia. Che l’avesse già detto ai suoi genitori? Suo padre, stavolta, non sarebbe stato tanto clemente.
George si avvicinò ancora di più a lei, cautamente, con le mani legate dietro la schiena e il volto basso. Dall’alto dei suoi sessantacinque anni, l’autista aveva sempre fatto tenerezza a Margareth e lui – a sua volta – l’aveva sempre considerata come fosse una nipote.
Certo, la sua preferita era sempre stata Morgan e non si era mai neanche curato di nascondere questa sua inclinazione, ma a Maggie non aveva mai dato fastidio. In primis perché era quello che accadeva quasi con tutti coloro che le conoscevano abbastanza bene: Morgan Grey aveva senz’altro più carattere, più polso, più sicurezza. Sapeva, ed aveva sempre saputo, che le persone sicure avevano una marcia in più. Tuttavia, dopo la morte di Morgan, le attenzioni di George si erano rivolte solo a lei.
Si sentì quasi di averlo tradito o, peggio, deluso.
‘’Non sono ancora andato a casa perché non potevo aspettare domani’’ le disse, con la solita pacatezza e il solito rispetto che lo contraddistinguevano. Maggie annuì, convinta che la sua ansia crescesse di minuto in minuto. Sapeva cosa stava per sentire, e la percorse un brivido.
‘’Chi era quel ragazzo?’’
Ed ecco la bomba, sganciata dalla persona che per ultima si sarebbe aspettata che sganciasse. Margareth, incapace di sostenere il suo sguardo, prese a consumare il pavimento.
‘’E’…’’ come avrebbe dovuto definirlo? Cosa avrebbe dovuto dire? ‘’Un mio amico’’
‘’Sa che dovrei dirlo a suo padre?’’
E quella era la seconda domanda che si sarebbe spettata facesse. In realtà, non poteva neanche essere considerata una domanda a tutto tondo perché – infondo – sapeva che lo avrebbe fatto. Nonostante le volesse bene, Margareth dubitava fortemente che sarebbe stato capace di metterla al di sopra del suo lavoro. Alzò il capo e riprese a guardarlo, cercando di non dimostrarsi troppo colpevole. ‘’Lo faresti?’’ domandò, decisa a provarle tutte per salvare lo straccio di rapporto che era rimasto fra lei e i suoi genitori.
George, quella volta e inaspettatamente, sembrò pensieroso. Sin da quando aveva poco più di sette anni, a Maggie era sempre parso la persona più pacata, saggia, e sicura del mondo. Non c’era stato un momento in cui l’avesse visto insicuro o titubante, in cui l’avesse visto preso dal panico o preoccupato. Pareva che sapesse sempre cosa fare e quando farlo, cosa dire e che parole usare. Quella, unica quanto irripetibile, volta non fu così.
‘’Se lo facessi’’ domandò, tentennando. ‘’Cosa succederebbe?’’
Margareth sapeva cosa sarebbe successo se la voce fosse arrivata alle orecchie di Dan Grey, così come era sicura lo sapesse anche lui. Tuttavia, per qualche motivo, voleva sentirlo dire da lei e così decise di accontentarlo.
‘’Succederebbe che non potrei più vederlo’’ scrollò le spalle, fingendosi indifferente ma fallendo miseramente perfino ai suoi stessi occhi. ‘’E litigheremmo’’
George sembrò rimuovere la seconda parte della risposta, e si concentrò solamente sulla prima. ‘’E lei ci tiene a vederlo?’’ chiese. Non era una domanda invadente o impicciona, e questo la ragazza lo sapeva più che bene. Tuttavia si sentì a disagio, e le mani presero a sudare ancora di più.
‘’Sì’’ rispose, secca. Optò per una risposta netta e senza ulteriori giri di parole, e – siccome conosceva George – era sicuro che non le avrebbe chiesto nient’altro.
‘’Se suo padre scoprisse che non glielo ho detto mi licenzierebbe, signorina’’ e c’era insicurezza nella voce dell’uomo più sicuro del mondo. Margareth non si sentì di dire niente, perché non voleva metterlo nella condizione di scegliere come non voleva metterlo in difficoltà. George non era sposato né aveva figli, il lavoro era sempre stato tutta la sua vita ed aveva sempre assorbito gran parte del suo tempo.  Non poteva chiedergli, neanche indirettamente, di rinunciarvi.
‘’La conosco da diciassette anni’’ iniziò, prendendo a guardarla in modo differente. ‘’L’ho vista praticamente nascere e crescere. L’ho accompagnata all’asilo per tre anni, alle elementari per cinque e alle scuole medie per altri tre. Questo è il quinto anno che l’accompagno alle superiori e non l’ho mai vista sorridere come ha sorriso oggi quando l’ha visto’’
A Margareth venne da piangere, ma non perché quel che le aveva detto George fosse vero o meno, ma perché non credeva che se ne fosse accorto. I suoi occhi si inumidirono palesemente, mentre si alzava i capelli in una coda confusa.
‘’Le piace?’’ quella domanda, da parte di George, non se la sarebbe mai aspettata. L’aveva sempre visto come un tipo silenzioso e sulle sue, che si imbarazzava anche solo a parlare di amicizia e affetto. Ma la sua voce era impregnata di così tanto interesse che Margareth rispose con altrettanta sincerità.
‘’Sì’’ rispose.
‘’Non glielo dirò’’ affermò, dopo due minuti di silenzio imbarazzante. ‘’Buonanotte, signorina’’ poi scomparve.
 
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La stazione di polizia di New York era la più grande che Laurine avesse mai visto. Cam aveva avuto, sfortunatamente, modo di vederla precedentemente ma si sorprese anche quella volta.
Non appena misero piede all’interno di essa, un uomo brizzolato ed in divisa li raggiunse, serio. ‘’Ditemi tutto’’ affermò.
‘’Dobbiamo fare una denuncia’’
Ovviamente fu Cameron a parlare perché, anche volendo, Laurine non avrebbe mai avuto il coraggio di aprire bocca né di parlare. Automaticamente lui le prese la mano, intrecciando le loro dita, e facendo una leggera pressione.
Laurine sospirò e si fece coraggio, tentando di trattenere le lacrime.
Nonostante si fosse autoconvinta del contrario, erano bastate poche parole di Cam per convincerla a fare quel passo che tanto aveva negato per amore di sua madre. Laurine aveva, infine, capito che – nonostante desiderasse la felicità di sua madre più di qualunque altra cosa – non sarebbe stato giusto star male per questo. E che, sopra ogni cosa, - e come le aveva detto anche Cameron -, che sua mamma meritava molto di più che Thomas.
Trovando una forza innata, e stringendo ancor di più – se possibile – la mano dell’unica persona che in quel momento voleva accanto, guardò il poliziotto dinanzi a se e quasi sorrise, liberata finalmente di un peso che le opprimeva il petto.
‘’Sono stata violentata’’
 
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Sotto strati e strati di nebbia, Holland camminava per le strade di New York senza una direzione. Aveva la vista annebbiata più del paesaggio nella quale camminava, le mani più fredde del ghiaccio e il cuore ancora peggio. Il cappuccio della felpa, che gli copriva perfino gli occhi, non era capace di dargli il calore necessario e di cui aveva bisogno.
Non gli importava.
Le parole di Cam, dette il giorno prima, continuavano a vorticargli nella testa velocemente.
‘’Mi dispiace che Morgan sia morta, e mi dispiace che Carl si sia interessato a sua sorella’’
La verità era che a lui non dispiaceva. A lui faceva male e basta, gli scavava una voragine nel petto, lo faceva ricredere perché ogni singola volta che pensava di aver toccato il fondo, di aver sofferto il massimo possibile e consentito, si rendeva conto che il baratro era ancora tanto profondo. E gli veniva da piangere, anche se non lo faceva quasi mai e cercava di resistere il più a lungo possibile. La possibilità che Carl potesse davvero provare qualcosa per Margareth lo spaventava, perché sapeva di cosa erano capaci le sorelle Grey. Ma, ancor di più, lo spaventava l’idea che non avrebbe rivisto Morgan mai più. Che non l’avrebbe più sentita ridere, che non avrebbe più sentito il suo profumo e che non avrebbe più sentito le sue mani calde sfiorare delicatamente ma con sicurezza il suo petto.
Morgan non l’avrebbe più chiamato Land, nonostante lui odiasse quel soprannome che aveva inventato ma che era finito sulla bocca di tutti i suoi amici.
E per tutto il tempo, non faceva altro che domandarsi perché. Perché non gli avesse detto che era malata e che gli restavano pochi anni di vita, perché non gli avesse detto in che misura soffrisse ogni singolo secondo, perché non l’avesse reso partecipe di quella stessa sofferenza che provava. Perché non si fosse fidata abbastanza di lui da mettere nelle sue mani la nuda e cruda verità, quella che la avvolgeva quasi fosse una cappa.
Morgan Grey era sempre stata un’enorme incognita per lui. Un’incognita a cui non aveva mai affidato un valore, che non era mai riuscito a decifrare.
E non avrebbe avuto modo per poterlo fare ancora.
E mentre guardava il cielo plumbeo di quel giorno, probabilmente sperando che Morgan lo stesse – in qualche modo – guardando come accadeva nei film romantici, la maledisse.
La maledisse perché lo faceva soffrire quando era in vita, quando gli attaccava il telefono in faccia e gli teneva il muso per giorni, quando lo evitava e quando gli mentiva. Quando si chiudeva in bagno, spalle contro legno, perché ‘’non mi vuoi abbastanza’’
E perché continuava a farlo soffrire anche da morta, anche ora che non parlava più, che non gli attaccava più il telefono in faccia e che non poteva materialmente chiudersi in bagno.
La maledisse perché, nonostante tutto ciò che lei aveva detto e che lui aveva pensato, alla fine era stata lei che non aveva voluto abbastanza lui.
‘’Forse un giorno ti lascerò andare’’ pensò, rabbioso quasi fino all’inverosimile. ‘’Forse un giorno ti raggiungo e ti sbatto io qualche porta in faccia. Perché ti amo ma tu non mi hai mai capito’’
 
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‘’Ci hai litigato?’’ domandò, passandosi distrattamente una mano fra i capelli chiari. Margareth camminò per il cammino acciottolato, scalciando di tanto in tanto qualche pietra, con le braccia incrociate al petto.
Faceva freddo, e la sua felpa era un po’ troppo leggera.
‘’No, non glielo ha detto’’ la voce di Maggie suonò parecchio sollevata. Ancora non poteva credere a ciò che era successo: tutto si sarebbe aspettata, meno che la complicità di George. Il passo di Carl divenne più lento, fino a fermarsi del tutto, mentre si posizionava dinanzi a lei.
‘’Mi stai dicendo che piaccio al tuo autista?’’ ironizzò, visibilmente sorpreso.
Maggie non potè fare a meno di sorridere e alzare gli occhi al cielo. Nonostante l’aria fredda di quel sabato pomeriggio, sentì il suo corpo scaldarsi un pochino.
‘’No’’ sorrise. ‘’Ti sto dicendo che mio padre non ti sbatterà fuori dal continente…Per adesso’’
Carl sogghignò, ma era uno di quei sogghigni che a Maggie piacevano tanto. Sembrava addirittura più leggero del solito, quando non aveva quel cipiglio fra le sopracciglia. Riprese a camminare, scuotendo leggermente la testa. Erano nello stesso identico parco che Margareth aveva riconosciuto essere quello in cui erano andati una delle prime volte. Le sembravano passati anni da quel momento, nonostante si parlasse solo di qualche mese. E, con immenso piacere, sentiva di conoscere il bellissimo ragazzo che si ritrovava di fronte molto meglio.
Carl si voltò a guardarla, sorprendendola mentre lo fissava, e in quel momento fu chiaro che stesse cercando di reprimere l’ennesimo sogghigno. Era incredibile come la prima impressione che desse Carl stonasse con chi era veramente, ennesima dimostrazione di quanto i pregiudizi si rivelassero errati la maggior parte delle volte.
‘’A che pensi?’’ le domandò poco dopo, avendo intuito che lei stava pensando a qualcosa di preciso. Margareth, come si aspettava fosse successo, andò in panico. Non tanto perché Carl le pareva quasi compiaciuto, quanto per il fatto che non poteva dirgli assolutamente a cosa stava pensando. Ed era negata a mentire, glielo si leggeva praticamente in faccia.
Così, non avendo altre strade da percorrere possibile, prese un respiro e si diede una calmata. ‘’Niente’’ tentò, ma risuonò poco convincente perfino alle sue orecchie. Carl, perso il suo sogghigno, aggrottò le sopracciglia e riprese a guardare davanti.
Maggie, a quel punto, si era aspettata che cadesse il silenzio perché – paradossalmente – era quello che succedeva ogni volta che diceva qualcosa che scatenava nella testa del ragazzo pensieri a cui lei non riusciva ad arrivare. Fu Carl a rompere il silenzio, per l’ennesima volta, senza guardarla. La sua voce, però, non uscì fuori arrabbiata o urtata. Quasi…dispiaciuta?
‘’Non voglio metterti nei casini con la tua famiglia’’ disse, con quanta più sincerità potesse. E Margareth se ne accorse, ed apprezzò quel singolo gesto forse più del consentito. Stavolta fu lei a fermarsi, costringendolo a fare lo stesso e a fissarla interrogativo.
Maggie incrociò le braccia al petto, stringendosi nel suo parka, mentre scuoteva la testa quasi divertita. Era davvero quello a cui pensava Carl? La faceva realmente una persona che compiaceva così tanto i suoi genitori?
E soprattutto, le importava così tanto di lei?
‘’Non mi interessa’’ fu l’unica frase sensata che riuscì a dire, colta da un brivido di emozione improvviso, mentre lo guardava senza distogliere lo sguardo. Gli occhi di Carl si sgranarono leggermente, prima di ritornare inespressivi come al solito. Stavolta, però, sogghignò davvero e non si preoccupò di nasconderlo neanche per sbaglio.
‘’Sei seria?’’ le chiese, di nuovo serio ma visibilmente compiaciuto.
A Margareth venne inevitabilmente da sorridere davanti alla, malamente nascosta, insicurezza di quella che credeva una delle persone più inarrivabili del mondo. ‘’Sono serissima’’ rispose, senza esitazione alcuna.
Fu Carl a sorridere, questa volta. Nessun tentativo di nasconderlo, nessun sogghigno simpatico o divertito, e nessuna battutina ironica. Sorrise nel modo più completo e sincero possibile, mentre le si avvicinava di un passo. In quel momento una folata di vento li colpì in pieno volto e una ciocca bionda volò dalla coda che Margareth aveva fatto poco prima. Fu allora che Carl si avvicinò ancora di più, un velo d’aria a separarli, e le portò la ciocca dietro all’orecchio. Nonostante l’avesse sfiorata pochissimo sul collo, nel riportare la mano verso terra, Maggie sentì un brivido non dovuto al freddo e il cuore prendere a batterle all’impazzata nel petto. Non le importava davvero più di nulla, in quel momento. Desiderava solo un contatto con Carl, un qualunque contatto. Non le faceva assolutamente differenza, voleva solamente accarezzare la sua pelle nonostante fosse coperta da un cappotto verde militare. Carl prese a guardarla fin troppo insistentemente, non decidendosi – però – ad annullare del tutto la ridicola distanza che c’era fra di loro. Fu quando Margareth non riuscì più a reggere lo sguardo, ed abbassò i suoi occhi, che sentì il petto di Carl vibrare per una sua evidente risata.
‘’Posso abbracciarti?’’ le domandò, e fu lei a sgranare gli occhi quella volta. Avrebbe voluto semplicemente annuire o abbracciarlo lei stessa, perché la situazione la metteva già abbastanza in imbarazzo, ma le parole uscirono fuori dalle sue labbra prima ancora che potesse rendersene conto.
‘’Puoi fare quello che vuoi’’ rispose, per poi pentirsene un secondo dopo, quando sulle labbra del ragazzo spuntò un ghigno divertito.
‘’Proprio tutto?’’ ironizzò.
Margareth sentì le guance andare a fuoco, perché avrebbe dovuto rendersi conto e cogliere da sola il doppio senso della sua frase. Tuttavia era ormai troppo tardi per ribattere, quindi continuò a tenere lo sguardo basso e simulò una risata tesa.
‘’No’’ rispose. ‘’Proprio tutto no. Ma puoi abbracciarmi, tanto per cominciare’’ sorrise. ‘’Se vuoi’’ si affrettò ad aggiungere, non volendo assolutamente sembrare troppo sicura di se o troppo convinta.
Carl, quella volta, portò un dito sotto il mento della bionda e le alzò il volto. ‘’Continuo a metterti in soggezione, eh?’’ scherzò. ‘’Cosa devo fare per metterti a tuo agio Marge?’’
Le gambe di Maggie divennero improvvisamente molli, non solo perché Carl – dopo un sacco di tempo – l’aveva chiamata Marge, ma anche perché era fin troppo vicino e le aveva praticamente parlato sulle labbra che, tuttavia, si piegarono in un sorriso sincero.
‘’Non sono a disagio’’ rispose, tentando di convincerlo. Era la verità, il problema era che era timida di suo a prescindere.
‘’Sì?’’ si accertò il ragazzo, sempre più vicino.
Margareth, data la scarsa lontananza di Carl, non riuscì più a dire una parola né ad articolare una frase di senso compiuto. Si limitò ad annuire, prima di sentire una mano premerle sulla schiena e spingerla in avanti. In men che non si dica si ritrovò avvolta dalle braccia fredde di Carl e si strinse – in automatico – contro il suo petto, allacciando le braccia sulla vita del moro.
‘’Hai freddo?’’ gli domandò, mentre lui le poggiava il capo sulla testa delicatamente. Era gelido, nonostante Maggie fosse più che sicura che il giubbino che indossava – quella volta, almeno – fosse più che pesante.
Sentì, ancora una volta, il petto del ragazzo vibrare per un sorriso. ‘’No, Marge’’ sussurrò, con una voce roca e bassa che fece accapponare la pelle alla bionda per l’emozione. ‘’Non ho più freddo adesso’’
Margareth non si fermò ad analizzare quella frase, né l’avverbio di tempo che le era subito saltato alle orecchie. Si limitò a stringersi ancora di più a lui, in segno di assenso, mentre gli stringeva la stoffa verde del giubbino. E comunque, nemmeno lei sentiva più freddo.
Questo le bastava, per il momento.
Quando si separarono, dopo un lungo lasso di tempo che – tuttavia – a lei parve troppo breve, lui le regalò probabilmente il sorriso più bello e sereno di sempre. Margareth non l’aveva mai visto sorridere così, nonostante durò poco più di qualche secondo. Era come se, giorno per giorno, conoscesse parti del carattere di Carl Pearson che le erano ancora sconosciute.
Sorrise di rimando, anche se il suo sorriso durò parecchio di più, mentre riprendevano a camminare.
Inizialmente non si levò una parola fra i due, ma il silenzio che era nato non era per niente imbarazzante o pesante, anzi. Probabilmente erano troppo immersi nei loro pensieri per catalogarlo ed etichettarlo, quindi semplicemente si rilassarono.
Quella volta, erano arrivati lì con la macchina di Carl, dal momento che con la moto avrebbero sentito troppo freddo. Carl aveva una Range Rover a cui, da quel che aveva potuto notare Maggie, teneva molto meno della motocicletta. E lo si capiva dal fatto che, tutte le volte che l’aveva vista, la moto era sempre stata lucente e splendida. La macchina nera, invece, - essendo enorme – era semplicemente abbandonata a se stessa. Tuttavia vi era un buon profumo all’interno, buona parte preso da Carl.
Arrivarono all’auto in silenzio e vi salirono nello stesso modo. Quando il ragazzo ingranò la marcia e fece partire il veicolo, Margareth notò un portachiavi appeso allo specchietto che prima non aveva notato. Era una rosa nera, semplice e stilizzata, probabilmente di ferro o metallo. Era piccolissima, forse per questo non aveva avuto modo di vederla precedentemente. Senza paura di risultare invadente o altro, trattandosi solo di un portachiavi, vi avvicinò la mano destra e lo rigirò fra le dita. Gelido come Carl.
Lui, difatti, si voltò a guardarla ma la lasciò fare e non disse nulla.
‘’Che c’è?’’ le domandò infine, quando le sue mani erano ormai ritornate al loro posto. Maggie scosse le spalle e sorrise ancora. Avrebbe rischiato una paralisi facciale se avesse continuato in quel modo.
‘’E’ carino’’ indicò il pendolo con gli occhi. Carl sogghignò per quella che, era sicura, sarebbe stata l’ultima volta. Almeno per quel giorno.
Arrivarono fuori al suo isolato, un po’ distante dalla sua villa per non essere vista, appena qualche minuto più tardi. Lei sospirò, chiaramente non contenta di dover rientrare in quella casa, ma poi si passò una mano fra i capelli distrattamente.
‘’Allora io vado’’ si rivolse a Carl, che aveva ripreso a guardarla ed aveva accostato l’auto. ‘’Grazie mille per il passaggio e la compagnia, ovviamente’’ sorrise, cordiale.
Carl non si mosse, ma annuì leggermente. ‘’Posso farti una domanda?’’ le chiese a bruciapelo, proprio quando lei stava per aprire la portiera. Margareth sembrò confusa, tuttavia non le ci volle molto per balbettare un ‘’certo’’.
‘’Come fai ad essere sempre educata e gentile anche quando sei arrabbiata con il mondo intero?’’
Era la domanda che Maggie si faceva giorno e notte, dandosi sempre la stessa risposta: non conosceva altro modo di comportarsi, e – in larga misura – non aveva e non aveva mai avuto alcuna scelta né alcuna alternativa. Ma quella volta, forse perché fu Carl a porle quella domanda, pensò meglio alla risposta. Parlò anche prima di accorgersi di averlo fatto.
Scrollò le spalle. ‘’Suppongo che sia l’unico modo che io abbia per non sembrare privilegiata’’ sospirò. ‘’Quando sei la figlia del sindaco si aspettano tutti un determinato comportamento da parte tua. E se non lo rispettassi, comunque, passerei per una ragazza ancora più viziata di quanto già non sia’’
Anche se sorrise in modo tirato, Maggie sapeva bene non c’era assolutamente nulla per cui sorridere. Così come sapeva che non era una bella cosa vivere come se si stesse recitando un copione scritto da qualcun altro.
‘’Non sei per niente viziata’’ la voce di Carl era la stessa che aveva usato mentre si stavano abbracciando, bassa e roca. ‘’Credimi, puoi comportarti come vuoi’’
A Margareth il cuore perse tre battiti, perché Carl aveva detto esattamente quello che lei aveva sempre desiderato sentirsi dire. Il suo sorriso, questa volta, fu parecchio più sincero e – automaticamente e senza pensarci – portò la sua mano esile su quella più grande di Carl. Strinse leggermente, mentre lui rimaneva inerme come aveva immaginato.
‘’A me fa piacere essere gentile con te’’ gli disse, nonostante non sapesse se Carl si riferisse proprio a quello con la sua affermazione. Lui sorrise di nuovo, e alzò gli occhi al cielo.
‘’Mi stai dicendo che io non sono gentile con te, per caso?’’ ironizzò, spezzando la cappa di serietà che si era formata poco prima. Maggie alzò le sopracciglia e gli si avvicinò ancora di più. ‘’Al contrario’’ sussurrò, con chissà quale coraggio.
In realtà sapeva benissimo che si era avvicinata troppo, e che – ora e di nuovo – le loro labbra quasi si sfioravano. Tuttavia sembrava quasi attratta da una calamita del polo opposto, per questo non si allontanò.
Vide Carl deglutire, chiaramente sorpreso per la sua reazione di solito opposta. Poi, continuando a guardarla negli occhi, sospirò. ‘’Marge’’ sussurrò, raucamente. ‘’Sei troppo vicina’’
Maggie capì perfettamente il senso velato di quella frase, e perciò non si mosse. Forse Carl non aveva previsto di baciarla quella sera, per non metterla in imbarazzo o affrettare ulteriormente le cose, e lei non gli stava rendendo il compito facile.
Si avvicinò alle labbra di lui ancora di qualche millimetro piccolissimo, prima di fermarsi quando – ormai – bastava mezzo centimetro per baciarsi. ‘’Scusami allora’’ ironizzò lei, per la prima volta durante tutto il tempo, allontanandosi di soppiatto. Mise per la seconda volta la mano sulla portiera per scendere, con un sogghigno presente sulle sue labbra, ma fu bloccata. Sentì la mano fredda di Carl afferrarle il polso e, fermandola dall’andare via, farla voltare con una velocità tale da sembrare quasi violenta.
Si ritrovò, in pochi secondi, alla stessa distanza di poco prima. Solo che quella volta fu colmata subito dallo stesso Carl, che la baciò immediatamente. Dopo pochissimo tempo, Maggie gli lasciò libero accesso alle sue labbra – mentre lui le accarezzava con la lingua il labbro inferiore – sorridendo soddisfatta. ‘’Rettifico’’ sussurrò Carl, fra un bacio e l’altro. ‘’Non sei per niente gentile’’
Quando Margareth, di malavoglia, si separò dal ragazzo lui sospirò. Prima di lasciarla andare, però, Maggie sentì che gli mise qualcosa di freddo fra le mani.
La rosa nera.
 ‘’Tienila tu’’ disse, accendendo di nuovo l’auto. ‘’Buonanotte Marge’’.

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Partiamo dal presupposto che NON avrei dovuto aggiornare ancora,
ma siete state così dolci e così gentili nelle recensioni del capitolo precedente ((e il cd di Marco Mengoni mi ha anche
addolcita, diciamocelo)) che non ho POTUTO resistere!!!
Questo capitolo mi piace molto di più di quello precedente, anche perchè comincia ad emergere di più il personaggio di George
che è realmente ispirato ad una persona che conosco ahahah
Spero sia piaciuto anche a voi! E c'è stata la famosissima ''riappacificazione'' di Cam e Laurine, anche se
non hanno mai smesso di stare insieme per davvero. Su Holland preferisco non dire niente...
E la parte finale la lascio commentare a voi, stelline :)
Un bacione e grazie per TUTTO xx
H.
Ps: QUI c'è il mio facebook e QUI il mio ask, per qualunque cosa. In basso una foto di Holland e una delle sorelle Grey ((marge è quella stesa)) xx
land


marge e morgan


 
  
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