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Autore: MelimeJH    23/01/2015    1 recensioni
Michael ha diciotto anni ed è un liceale come tutti,ha degli amici,va bene a scuola, ha una vita tranquilla. Tuttavia,non è sicuro sulla sua sessualità ma non ne parla con nessuno. Cosa succederebbe se il ragazzo più popolare della scuola gli chiedesse un aiuto?Cosa succederebbe se i due si innamorassero?
Questo è come mi sono immaginata l'avvio al debutto di Mika e la storia con il suo compagno. Ci sono dei riferimenti a fatti realmente accaduti,ma molti di questi li ho cambiati secondo la mia immaginazione e li ho adattati alla storia.
Spero che vi piaccia!
Melime
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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“Pronto? Karen ma sei tu?”



Erano le undici di sera passate. Mika era ancora a casa di Mark, aveva chiamato i suoi genitori e aveva detto di non aspettarlo alzati, sarebbe tornato tardi. Purtroppo non poteva farci niente, il tempo passava veloce e rimanere sul letto abbracciato al suo moro sembrava la cosa più bella di sempre. Si decisero a scendere solamente ad ora di cena, quando Margaret li chiamò.
Lei, a dir la verità, si era accorta di tutto già prima, ma non era stato difficile.
I due continuavano a tenersi per mano sotto il tavolo e apparire normali nel mangiare, ma non era proprio comodo farlo dato che avevano una sola mano a disposizione.
Come se non bastasse, i due avevano davanti una cotoletta con le patatine.
“Mark, tesoro, ti sei sporcato il maglione di salsa” sogghignava Margaret.
“Oh, cavolo!” istintivamente, portò entrambe le mani sul maglione lasciando la mano di Michael con un po’ troppa forza attirandolo verso di sé. Il riccioluto, cadde con decisamente poca grazia, sulla sua spalla.
“Beh, ragazzi potevate avvisare, vi lasciavo soli prima” rise più forte Margaret che si alzò per togliere dal tavolo il suo piatto e sparecchiare la sua parte. In realtà Mark non aveva nessuna macchia, voleva solo una conferma alla sua teoria. Sapeva bene che quei due si piacevano e vedere suo figlio così felice non poteva che renderla felice altrettanto.
“Ci vediamo dopo, piccioncini” disse sulla soglia della porta salutandoli, era stata così veloce che nel frattempo Mika era riuscito a stento a ritornare sulla sua sedia, con le guance fumanti.
Rimasero così in silenzio per qualche secondo, finendo di mangiare la cena, questa volta con entrambe le mani. Dopo un po’ Mark iniziò a ridere.
“Certo che se iniziamo a fingere così, siamo rovinati” Michael si gira verso per guardarlo meglio, aveva ancora le guance rosse.
“Io non so se ci riuscirò” aveva un’espressione un po’ triste. Avrebbe preferito parlare di qualsiasi altra cosa in quel momento, purché saltare l’argomento ‘fingere’. Perché proteggere una persona doveva essere così complicato e doloroso?
“Ce la faremo, mi basterà non guardarti negli occhi, come sto facendo ora” i loro sguardi erano incatenati. Nessuna via di scampo.
“E perché?” deglutì.
“Perché ogni volta che li guardo è come se dimenticassi tutto, come se l’unica cosa che realmente conta è scavarci dentro”
“Oh, andiamo smettila” Mika non poteva arrossire più di così. Non riuscì più a sostenere quello sguardo, così tornò alle patatine ormai quasi finite.  
Mark si mise a ridere di rimando, era adorabile quando era imbarazzato.
“Pensiamo delle regole allora, se vuoi davvero proteggermi e sopravvivere” affermò poi il riccioluto, facendo sbuffare l’altro.
“Pensavo che la mia andasse bene”
“Se andasse bene la tua  allora ci ritroveremmo nel bidone dell’immondizia alle otto di mattina di domani!” Mark sbuffa ancora. “Okay, sentiamo”
“Se ci sono io nei paraggi, smettila di fare il finto etero e iniziare a guardare i sederi delle ragazze, non ti riesce bene”
“Oddio, ma quindi tu-”
“Non ti riesce bene” affermò con un’espressione seria.
“Okay, allora a scuola basta con le magliette bianche e aderenti” afferma Mark con la faccia da saputello.
“Cosa?! E perché?”
“Perché altrimenti sono costretto a saltarti addosso, ecco perché!” l’espressione seria con cui Mark lo disse, fece scoppiare a ridere Michael.
“Allora tu smettila con i jeans attillati, cosa vuoi fare? Un omicidio di massa?” anche l’altro iniziò a ridere.
“Vogliamo forse parlare delle tue giacche di pelle? Andiamo!”
“Ma si può sapere come devo venire a scuola? In pigiama?” 
“Saresti sexy anche con quello” afferma lui con voce maliziosa per poi iniziarlo a baciare.
Cavolo, come aveva fatto Mika a perdersi tutto questo?
“Okay, dai seriamente” soffiò il riccioluto sulle sue labbra una volta staccati. Era necessario mettere delle regole per la vita scolastica, non sarebbe stata più la stessa. Adesso nascondere i loro sentimenti sarebbe stato ancora più difficile. Si sarebbero cercati con lo sguardo, ma non si sarebbero potuti trovare. Si sarebbero voluti tenere per mano, ma li avrebbero pestati entrambi. Avrebbero voluto baciarsi, ma erano costretti a sospirare in silenzio.
“Se mi vedi nei paraggi...” iniziò debolmente, “ e tu sei con Jessie io…” si fermò.
“Cambierai strada” finì l’altro al posto suo.
Sì, sarebbe stato decisamente meglio. Era già doloroso vederli insieme e mettere a tacere la voglia di mandare a quel paese quella biondina prima che i due si trovassero. Ma ora che sapeva dei sentimenti di Mark, sarebbe stato ancora peggio.
Si guardarono un’ultima volta per poi baciarsi. Basta con le parole.


“M-Michael...”
“Karen. Dove sei?”
 
Il giorno dopo, Martedì, fu una tortura. Michael continuava a stare con Karen come al solito, ma i due cambiarono strada molto spesso dato Jessie quel giorno stava appendendo i volantini per pubblicizzarsi come reginetta del prossimo ballo. E Mark ovviamente, era costretto a seguirla e a recitare la parte del bravo fidanzato.
Karen non aveva ancora detto nulla al suo migliore amico del college, voleva farlo quando sarebbero tornati a casa insieme quel pomeriggio. Dovevano rispondere agli altri
commenti e cercare di preparare qualcosa per il colloquio con la casa discografica, dopotutto mancavano solamente due giorni. Avrebbe approfittato di un momento felice, non riusciva a dirglielo di mattina, era ancora un po’ scossa.
“Non so se lo sai, ma è piena di cellulite” sussurrò all’amico quando girarono per l’ennesima volta l’angolo per non andare incontro a Jessie. Lui rise, era sempre stata brava a farlo sorridere.
“Chissà come fanno i ragazzi ad andarci dietro” continuò lui dandole corda. Dopotutto spettegolare un po’ non faceva male a nessuno, tanto nessuno lo avrebbe saputo.
“Io credo che le vanno dietro non perché è bella, ma perché è facile, guarda un po’ lì” disse girandosi, indicando la scenetta che si erano lasciati alle spalle.
Jessie indossava la gonna super-corta divisa delle cheerleader e si stava abbassando per prendere altri volantini. Dei giocatori di football ammiravano il panorama dietro di lei, uno di loro faceva dei gesti osceni, senza preoccuparsi di essere sgamato. Dopotutto, Mark non stava guardando.
“Che tristezza” soffiò Michael tornando improvvisamente cupo, tuttavia cercò di nasconderlo. Karen non poté non notarlo.
“Com’è andata ieri? Ero preoccupatissima quando ti ho lasciato” in realtà ne voleva parlare di pomeriggio, ma non poteva più aspettare. Era tutta la mattinata che voleva chiederglielo, ma ogni volta che metteva in mezzo l’argomento o i due dovevano cambiare strada, o lui cambiava discorso.
“Karen” sospirò lui “andiamo a pranzo, ti racconto tutto lì”. Senza volerlo, lo stomaco della ragazza in quel momento brontolò miseramente, facendo ridere ancora il ragazzo.
“Senti, oggi non ho fatto colazione.” fece lei, fingendosi offesa.
La mensa era abbastanza piena, dopotutto la campanella era suonata da appena dieci minuti, per fortuna i due riuscirono ad occupare il loro tavolo per un pelo. Ma era normale dato che le cheerleader avevano organizzato una coreografia con Jessie come guida, per cercare di racimolare più voti.
Erano tutti troppo impegnati a fissare le gonnelline delle ragazze e a chiedersi quando sarebbe partita la musica per sentire la storia che Michael stava raccontando alla sua migliore amica.
“E poi… mi ha baciato” lo disse sottovoce, anche se non c’era bisogno. La ragazza aprì la bocca dalla sorpresa, non riuscì nemmeno a chiedergli altro, aspettò che fu lui a continuare. E così, il suo migliore amico continuò a raccontarle tutto, lasciandola sempre più sconvolta ma contenta, dopotutto lo sapeva che nessuno sarebbe resistito a quello schianto del suo migliore amico.
“Ma come fate con Jessie?” le venne in mente quasi subito alla fine del racconto, quella lì avrebbe rovinato tutto se lo avesse scoperto. Improvvisamente si arrabbiò con lei, era proprio un peccato che non aveva un pomodoro da lanciarle dietro.
“La evito. Solamente quando è con Mark. Per i Venerdì e Sabato sera, credo che lui debba per forza dividersi” fece un’espressione un po’ triste.
“E perché lui non l’ha lasciata?”
“Perché voleva proteggermi” disse calmo, accarezzandosi la spalla ancora fasciata.
Karen spostò la sedia portandola al suo fianco, per poi poggiare la testa sulla spalla non fasciata. Lo abbracciò e rimasero così per un po’ di tempo, fin quando non sentirono una canzone da discoteca partire all’improvviso. Entrambi si spaventarono, ma furono gli unici dato che molti ragazzi esultarono per l’entrata di dieci ragazze avvolte da abitini corti e bianchi, tranne una, il capo.
Jessie aveva un vestito rosso, con una gonnellina che non copriva più dello stretto necessario. Le ragazze ballavano in gruppo seguendo il capo, con movimenti seducenti che attiravano grida di apprezzamento tra i ragazzi. Salivano sui tavoli, andavano vicino ai giocatori di football e si divertivano.
“Che schifo” esordì Karen rivolgendosi a un paio di ragazze che stavano ‘ballando’ sui ragazzi lasciando che loro le toccassero. Da lontano, Michael scorse Mark che guardava la scena disinteressato. Poco dopo, lo vide uscire in silenzio. Non se ne accorse nessuno. Sarebbe voluto andargli incontro, ma con tutta quella folla non sarebbe stato semplice.
“Già, che schifo” ripeté anche lui, pensando all’idea di quei due insieme.
La canzone finì e le ragazze si misero al centro della mensa, aiutando il loro capo a salire su un tavolo.
“Mi raccomando, votate come reginetta Jessie Brown!” urlò con la sua vocina stridula ottenendo altre grida di incoraggiamento. Sorrise a tutti e fece per scendere dal tavolo, ma ulteriori cori incoraggiavano le ragazze a fare un bis. “Mi spiace, ma dobbiamo andare. Se volete un nuovo balletto saremmo felici di mostrarvelo una volta che mi eleggerete reginetta!” urlò un’ultima volta prima di lasciare definitivamente la mensa.


“M-mi dispiace…”
“Ti dispiace? Per cosa?”


Entrarono sfiniti a casa di Karen. Uscire dalla mensa con una mandria di giocatori che ti vengono contro per correre all’allenamento, non è semplice. Così come non era semplice andare a posare i libri e trovare un gruppo di cheerleader che stava provando in corridoio.
A volte sembrava proprio di essere in una scuola di pazzi.
Entrambi i ragazzi si stesero uno affianco all’altra sul letto di Karen, si erano dati cinque minuti di pausa prima di mettere mano ai computer.
“Mika, c’è una cosa che devi sapere” disse poi lei, era il momento più adatto. Il suo amico sembrava essersi ripreso dal loro discorso ed era ritornato bello sorridente, quasi come se si fosse dimenticato tutto. Le dispiaceva dover rompere quel momento, ma non ce la faceva più a tenerselo per sé. Quando lo avevano scoperto i suoi genitori a momenti non le urlavano contro, aveva bisogno di lui.
“Devo preoccuparmi?” esordì lui buttandola sul ridere.
“Direi di sì, è abbastanza brutta come notizia” fece lei girando lo sguardo e puntandolo sulle sue guance diventate improvvisamente interessanti.
“Cosa è successo?” si portò a sedere facendo fare la stessa cosa alla sua amica. Impuntò il suo sguardo nel suo, aspettando.  Aveva un’espressione seria, assomigliava molto a quella assunta quando parlava di Jessie e Mark.
“Io..” iniziò lei balbettando, distogliendo lo sguardo. Lui le accarezzò il braccio in segno di conforto, cercando un’altra volta quel contatto. 
“Andiamo, lo sai che mi puoi dire tutto” sorrise, voleva incoraggiarla.
“Nonsonostataammessalcollege” tirò tutto d’un fiato facendo ridere l’amico.
“Non ho capito e non capirò mai se parli con la velocità di un rapper” lei sorrise, ma appena.
“Non sono stata ammessa al college” affermò allora, seria. Puntò gli occhi in quelli del suo amico causandogli quasi un brivido. Com’era possibile? Lei andava bene a scuola!
“Ma come, la tua media è alta e-”
“Ho mandato la richiesta troppo tardi, non sono riuscita ad entrare” circondò il viso con le mani dalla vergogna ma non pianse. Sapeva che era stata colpa sua e di aver sbagliato, non serviva a nulla piangere. Voleva solo un po’ di conforto, che non le era stato dato dai suoi genitori.
“Ma come non sei stata ammessa? Questo è solo perché non sei riuscita a deciderti in tempo!” “Ma che cosa hai intenzione di fare da grande? Hai diciotto anni e sai solo startene lì a non fare nulla”
Avrebbe voluto urlare contro la porta che era indecisa e che loro non l’avevano aiutata minimamente. L’unico ad essersi mosso per lei era il ragazzo che aveva di fronte e che ora la stava avvolgendo in un caldo abbraccio.
“Non avranno capito quanto vali, Karen” sospirò.
“Che ne dici di accompagnarmi al colloquio? Diremo loro che sei stata tu la regista. Quelle riprese sono fantastiche, le avranno notate di sicuro” Mika la cullava tra le braccia cercando parole di conforto, ancora non ci credeva al fatto che le avevano negato tutto. Avevano fatto un grande sbaglio, solo che se ne sarebbero accorti dopo un po’ di tempo. Lei annuì entusiasta.  
“Che ne dici se ora prendiamo i computer?” fece dopo qualche minuto tirando su col naso. Le era scesa qualche lacrimuccia, ma sapeva nasconderle, solo, non a Michael.


“P-per non averti avvisato”
“Cosa sta succedendo, Karen?”


Era il giorno del colloquio ed era stato piuttosto facile far capire a Mark perché non avrebbe più accompagnato Michael. Lui lo aveva accettato, ma solo ad una condizione.
“Sabato sera usciamo insieme.” Lo aveva detto con una tranquillità tale da far ridere l’altro, come era possibile uscire insieme se a scuola non potevano nemmeno chiacchierare? Mika doveva ammetterlo, quella classifica aveva reso le cose più difficili a tutti. Oramai non passava giorno in cui non si guardava le spalle e si assicurava di non avere giocatori di football intorno. Era un vero e proprio inferno.
Ma Mark era tranquillo, sembrava aver pianificato già tutto. Questa cosa un po’ lo entusiasmava, sarebbe stato il suo primo appuntamento e non poteva fare a meno di immaginarsi i posti più romantici di sempre.
Lo avrebbe portato a vedere le stelle magari, o forse sarebbero andati al cinema a vedere un film, anche se poi del film non se ne sarebbe proprio importato. Sarebbero potuti andare fuori città con la sua macchina, o forse al ristorante…
“Mika! Spostati mi fai male!” la voce squillante della sua migliore amica dovette riportarlo alla realtà. Si era quasi dimenticato di trovarsi in macchina con Karen e i suoi genitori per andare al colloquio, per un minuto l’ansia che si era accumulata sul suo stomaco era scomparsa. Tutto merito dei dolci pensieri sul Sabato sera che avrebbe passato con Mark.
Peccato che poi, Mika dovette ritornare con i piedi per terra.
“Ma come faccio se occupi praticamente tutto lo spazio!” obbiettò lui.
“Mi sai dicendo che sono grassa?”
“Ti sto dicendo che non devi stenderti così, furbona!”
“Hey, occupo solo i miei spazi”
“Allora credo che dovremmo mettere in discussione i tuoi ‘spazi’”
“Voi due lì dietro che ne dite di dormire e basta?” La voce del padre di Mika mise a tacere entrambi e finalmente, si addormentarono.
Erano le quattro del pomeriggio, ma i genitori di Michael erano consapevoli del fatto che ai due mancavano parecchie ore di sonno. Avevano passato tutta la nottata precedente insieme, a fare prove su prove per il colloquio e a parlare di argomenti che riguardavano il futuro. O meglio, Michael lo faceva. Karen lo ascoltava solamente.
A vederli erano proprio carini, lei con la testa poggiata sulla spalla del suo migliore amico e lui che le cingeva le spalle con un braccio. A qualcuno potevano sembrare la coppia più bella del mondo, peccato che la cosa sarebbe durata fino al loro risveglio.
Intanto i due avevano le menti completamente altrove, troppo impegnate a generare sogni, incubi, nel caso di Karen.


Si era ritrovata persa in un palazzo a porte serrate, buio. Correva, c’era qualcuno alle sue spalle che chiamava il suo nome, una voce che non riusciva a riconoscere. Faceva paura, così decise correre e aprire una di quelle porte, magari così sarebbe riuscita a sfuggire a quelle voci, ma erano tutte chiuse. Si sentiva esasperata, da un momento all’altro probabilmente avrebbe urlato. Sentiva le voci farsi sempre più vicine, sentì qualcosa solleticarle l’orecchio e tanto fu lo spavento che si svegliò di soprassalto, sbarrando gli occhi all’improvviso. Dalle sue labbra non trapelò alcun suono, Michael al suo fianco, si era già svegliato e ora la guardava preoccupato.
“Karen tutto okay?”
“Sì, certo, era solo un brutto sogno.”

 


Saaaaaaaaalve!

Lo so, non ci si vede da un po'... vi prego di perdonarmi! Spero tanto che questo capitolo vi piaccia! So che vi state chiedendo cosa siano quelle piccole battute tra un pezzo e l'altro. Beh, non posso anticiparvi nulla! hehe
Come sempre, vi ringrazio sempre. Siete fantastici!
Un grosso abbraccio, 

Melime

 
  
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