Capitolo II - Risveglio
Sulle
gelide vette dei Monti Kataart imperversava una violenta tempesta. La
neve cadeva fitta, ma prima di toccar terra veniva spazzata via dal
vento che flaggellava la valle desolata.
Scolpito
in un unico blocco di ghiaccio, il solitario castello dell'ultimo
Dark Lord si ergeva sulla più alta parete rocciosa di quella
sterminata distesa di nulla.
I
fulmini squarciavano il cielo, illuminando per pochi attimi le alte
guglie, le torri circolari e l'imponente mastio centrale, mentre il
fragore rieccheggiava all'interno delle stanze vuote.
Nel
grande salone, seduto sul massiccio trono trasparente, c'era Dynast
Graushella.
Il
Re dei Ghiacci aveva ben poco di cui gioire da quando la Barriera era
stata distrutta.
Il
dominio dei demoni si stava avviando verso un rapido declino, ben
presto l'uomo avrebbe smesso di temere gli esseri immortali, di
adorarli e offrire loro sacrifici.
E,
dunque, che fine avrebbero fatto i demoni?
Il
mare del Caos li avrebbe inghiottiti e di loro non sarebbe rimasto
neppure un ricordo.
Gli
umani sembravano intenzionati ad abbandonare i territori della
Penisola per sfuggire alle Tenebre, ma lui non lo avrebbe permesso.
O così aveva creduto.
Amareggiato
all'idea di una sconfitta così netta, di un destino
più che
ineluttabile, solo un anno prima Dynast aveva preso una decisione: se
l'oblio era il futuro che lo attendeva, se ne sarebbe andato alle
proprie condizioni, portando con sé quegli inutili esseri di
carne
ed ossa.
In
poco più di un mese i monti Kataart e gran parte dei
territori
circostanti erano stati ricoperti da centinaia di metri di neve,
sotto cui erano stati sepolti sogni e speranze di migliaia di
persone.
Tuttavia
lo sforzo necessario al mantenimento della gigantesca perturbazione
era gravoso persino per il Lord, tanto che il più piccolo
spostamento sul piano astrale sarebbe equivalso a giorni di tregua
per gli umani; non aveva potuto far altro che rimanere immobile come
una statua, gli occhi aperti ma la mente altrove, a scandagliare e
cibarsi del dolore degl'esseri materiali,
incurante della brina candida che avvolgeva quella che un tempo era
la sua armatura più scintillante.
Già dopo pochi mesi il piano aveva cominciato a mostrare le prime falle.
L'impegno
profuso dal Dark Lord non bastava mai, così che quella che
minacciava di essere la prima glaciazione globale non riuscì
a
superare i territori a sud del regno di Dils o del ducato di
Kalmaart.
Quando
prese coscienza del fallimento era ormai troppo stanco, non solo di
agire ma anche di pensare. Aveva perso la voglia di lottare e niente
lo interessava più.
Giaceva
da allora nella stessa posizione, con la mente assopita, incurante
persino del proprio destino.
In una folata di vento e cristalli di neve, Sherra si materializzò ai piedi della lunga scalinata che portava al trono.
«Mio signore» disse esibendosi in un profondo inchino, ma l'eco della sua voce fu l'unica risposta che ottenne.
«Le
porto notizie dalla Wolf Pack Island.»
continuò imperterrita, come se lui potesse vederla e
sentirla.
Sherra
sollevò lo sguardo dal pavimento, davanti a sé
c'era la lunga
scalinata che portava al trono.
Ricordava
ancora il tempo in cui il trono era posto in un'altra sala,
più
piccola e decorata, ricordava le sculture di marmo e i bassorilievi
delle pareti, il soffitto a cassoni di ghiaccio incastonati di gemme
preziose e racchiusi in gabbie d'argento.
La
nuova sala era grande, immensa, il risultato di una grossa esplosione
che aveva distrutto il centro del castello, ed era spoglia di
qualsiasi orpello potesse distrarre l'attenzione dall'attrazione
principale.
Più
di mille anni prima, in piena guerra, su quelle montagne demoni e
draghi ancestrali si erano affrontati in una dura battaglia. Il lord
comandante della legione dei draghi era riuscito a penetrare nella
dimora di Dynast, schiantandosi in picchiata dall'alto, e lì
era
morto, ucciso dal Demone della Guerra.
Quel
corpo ingombrante era diventato il suo più grande trofeo e
Dynast
aveva scelto di porre su di esso il proprio trono.
Sherra
guardò ancora una volta gli occhi viola che sembravano
scrutarla
attraverso il ghiaccio e poi, con un sospiro, salì i gradini
lisci e
lucidi e si inginocchio davanti al proprio creatore,
poggiando
la testa sulle sue gambe. Un tempo le avrebbe carezzato i capelli e
infuso un po' della sua energia vitale, ma quella mano imprigionata
dall'armatura ricadeva morta sul bracciolo. La prese tra le sue,
sfilò il guanto e ne baciò il palmo.
«Mio signore, ti supplico, svegliati.» sussurrò «qualcosa si sta muovendo e le dark lady si stanno preparando ad accogliere il nuovo fermento, ma hanno bisogno della tua guida e della tua forza.»
Lo
guardò amareggiata: piccole stalattiti luccicanti si erano
formate
sul suo viso e tutto il corpo era ricoperto da sottile polvere
ghiacciata.
Doveva
agire, perché il suo Lord non fosse semplice spettatore
degli
avvenimenti che si profilavano all'orizzonte.
«Regni,
imperi e ducati, tutti gli stati della penisola stanno stringendo
nuove alleanze e molto presto faranno causa comune. La minaccia viene
da Est, dai territori oltre la ex Barriera... vuole davvero
permettere a loro di prendere il suo
posto?» gli sibilò
all'orecchio.
Rimase
in attesa.
L'elmo,
blu notte come il resto dell'armatura, ricordava le fauci spalancate
di una bestia feroce, con i denti aguzzi ad incorniciare il viso
etereo, mentre un vistoso e morbido pennacchio scuro ricadeva di
lato.
Occhi
d'argento si mossero, catturando come diamanti la fioca luce dei
lampi, e la brina tra le ciglia cadde in gocce sulle guance diafane.
La testa scattò nella sua direzione.
«Chi?» disse con voce roca, ma Sherra era troppo sconvolta per poter rispondere. Indietreggiò di qualche passo mentre Dynast, non ancora nel pieno delle sue facoltà, la seguiva con lo sguardo.
«Chi osa!?» l'urlo rabbioso eccheggiò potente e quasi la fece cadere.
Il Signore della guerra era tornato.
Si
mise in piedi imperioso, mentre il ghiaccio che si era accumulato
nelle pieghe dell'armatura si spaccava scricchiolando sinistro.
Si
guardò intorno, come se si trovasse in quel luogo per la
prima
volta, aprì e richiuse più volte le mani
rimirandole stupito.
«Mio Lord,» Sherra chinò la testa, riprendendo il controllo di sé «sono lieta di accogliere la sua decisione di...» provò a dire, ma il demone superiore non sembrava aver voglia di ascoltare.
«Sherra! Sono debole e vulnerabile. Dammi la tua energia.» tuonò stendendo le braccia davanti a sé.
«Sì, mio signore.» Sherra si prostrò ai suoi piedi.
Dynast tolse anche l'altro guanto e posò le mani bianche e fredde su quelle della propria sottoposta. Assorbì quel tanto che bastava a non ucciderla, poi la richiamò sull'attenti.
«Chi sono loro?» chiese autoritario.
«Shalarith, signore. Sono elfi e abitano una delle regioni più remote dei territori ad Est del deserto...»
«Conosco gli Sharalith!» la interruppe «Ma come possono essere un mio problema quei dannati mangia-bacche di montagna?»
«Dieci anni fa hanno iniziato una guerra di conquista su due fronti, soggiogando gli altri regni senza troppe difficoltà.»
«Da quel che ricordo erano un pacifico popolo nomade dei Monti Shyril, senza grandi poteri, diviso in tribù» disse pensieroso, scrollandosi la brina dal viso «Cos'altro hai scoperto durante la mia assenza?» il suo tono e i suoi movimenti risultavano ancora meccanici e privi di vita, come quelli di un manichino controllato dall'alto.
«Non molto. Non posso allontanarmi troppo dalla Penisola, mentre le informazioni fornite dagli umani sono spesso confuse o irrilevanti. Tuttavia...» il generale si morse le labbra per impedirsi di continuare.
«Cosa?» l'eco di quella domanda si confuse nel ruggito dei tuoni.
«Solo mie teorie, nulla di import...» provò a giustificarsi, ma lui le afferrò il viso con una mano, stringendo tra l'indice e il pollice le guance pallide.
«Non ci devono essere segreti tra di noi, Sherra. Ogni tuo pensiero mi appartiene.» una scintilla di folle possessività illuminò lo sguardo del Lord.
«Bene, ora parla.» disse compiaciuto, ma Sherra lo fissò risentita.
«Non era una gentile richiesta.» aggiunse tagliente. L'orgoglio era un lusso non concesso al generale.
«Perché espandersi verso Est?» disse dopo attimi di esitazione «Ci pensi. Tutti sanno che Utror è una landa desolata e, da quanto ho avuto modo di scoprire, si crede lo sia tutt'ora.»
«Avranno voluto mettere alla prova il loro esercito affrontando le deboli tribù utrorie.»
«Sì,
forse...» incrociò le braccia al petto
«Ma c'è dell'altro.»
guardò inquieta al di là della grande vetrata,
verso le cime dei
monti avvolte nell'oscurità.
Dynast
tolse l'elmo, liberando i corti capelli corvini, e riprese posto sul
trono di ghiaccio: Sherra aveva tutta la sua attenzione.
«Da più di un secolo non è possibile valicarne i confini, gli Shalarith lo hanno proibito. La scusa ufficiale è che quelle terre siano divenute troppo pericolose e, in effetti, gli umani raccontano storie terribili a riguardo.»
«Dunque, se ho ben capito, ad Utror si troverebbe la fonte del miracoloso potere shaliriano?» la guardò poco convinto.
«Questo è ciò che penso, mio signore.» si inchinò di nuovo.
«Sono rimasto seduto qui, perché stanco di questo mondo, sicuro che un giorno sarebbe stato dissolto nel nulla anche senza il mio apporto. Cosa dovrebbe convincermi a riprendere la guerra?» la guardò di traverso «Rispondimi, Sherra!»
«S-signore» la sua sicurezza vacillò «non credo di poter rispondere a questa domanda. Ma posso dirle che gli esseri umani migliorano ogni giorno che passa. Sono vittime della loro cupidigia, desiderosi di accaparrare quante più ricchezze possibili. Hanno vita breve e nulla imparano dall'esperienza.»
«Hai ragione... ma non basta!» alzò il tono di voce «sei venuta qui a disturbare il mio sonno, ad implorarmi di tornare, controvertendo un mio preciso ordine!» con un balzo le fu davanti e le afferrò la lunga treccia cerulea, strattonandola con forza verso il basso.
«Cosa
ti ha spinto?» le sussurrò a pochi centimetri dal
viso «chi
ti ha spinto?»
Negli
occhi impauriti della sua sottoposta non c'era traccia di
comprensione, non aveva le risposte che lui stava cercando.
«Signore, le sono fedele, lo sarò sempre!» il suo sguardò lampeggiò di convinzione.
«Non si tratta di fedeltà...» lasciò la presa e si allontanò, iniziando un cammino circolare e senza posa.
Entità
incorporee cui la pietà era sconosciuta, disperazione e odio
come
unica fonte di sostentamento e una totale abnegazione nei confronti
dei loro creatori, ecco cosa erano i demoni.
Prima
di Sherra altri generali e altri monaci avevano servito con dedizione
il dark lord del Nord, ma dopo la Guerra dell'Avvento Demoniaco lei
era l'unico generale rimasto al servizio di Dynast.
Il
loro legame si era drammaticamente rinforzato e la morte o il
tradimento di Sherra sarebbero equivalsi alla disfatta del demone del
ghiaccio.
«Dove sei stata fin'ora?» la scrutò astioso.
«Al servizio della Greater Beast.»
«Bene.»
riprese a camminare «torna alla Wolf Pack Island. Di' a Zelas
che
voglio indire una riunione. E che avverta quella sconsiderata di
Dolphin, voglio anche lei qui.» disse con voce neutra.
Sherra
non riusciva più a decifrare i cambi di umore del suo Lord,
perciò
si limitò ad annuire e poi svanire in un vortice di
cristalli.
*
La
Wolf Pack Island, la dimora di Zelas Metallium, era un isolotto di
origine vulcanica situato al largo del Mare dei Demoni, proprio di
fronte al Deserto della Distruzione.
Sherra
giunse sulle coste di sabbia nera mentre l'alba illuminava con i suoi
raggi bluastri le calde acque fangose, da cui si innalzavano fumi
spettrali.
Un
potente maleficio le impediva di materializzarsi al di là
della
linea su cui le onde si infrangevano, così si
fece strada tra gli affilati scogli di ossidiana e proseguì
oltre, superando una fitta di rete di mangrovie e
inoltrandosi
all'interno della foresta.
Il
calore asfissiante la avviluppò nelle sue spire, mentre
l'insopportabile ronzio di milioni di insetti le riempiva la testa.
Non c'era traccia di sentieri praticabili, la densa vegetazione
tropicale inghiottiva tutto rapidamente, e lei era costretta a creare
una nuova via ogni volta come fosse stata la prima.
Pochi
deboli sprazzi di luce filtravano dalla cupola di rami intrecciati,
rischiarando i profili degli arbusti sottostanti: felci, ibiscus,
orchidee e centinaia di altre piante, nutrite dal ricco terreno
vulcanico e dal potere oscuro della dark lady. Ogni cosa,
dal
tronco degli alberi ai più piccoli insetti, era pregno di
veleno.
Nessun essere umano ne sarebbe uscito vivo.
Con
colpi secchi di spada strappò via il muro di foglie e fiori.
Aveva
percorso parecchi metri, quando si rese conto di non essere
più
sola. Si fermò, ripose Dulgofa nel fodero e restò
in attesa.
Il
punto della foresta in cui si trovava era immerso nella penombra e fu
tra alcune foglie di felce che vide due punti rossi e luminescenti.
Le foglie si mosserò e qualche rametto si spezzò.
Un
sospiro assordante si propagò nell'aria assieme a nebbia
densa e
bianca. Un altro sospiro e la nebbia prese a vorticare davanti e
intorno a Sherra, plasmata da un vento inesistente fino a
trasformarsi in un maestoso pavone bianco.
Jarlath,
il Custode dell'isola, un demone inferiore capace di assumere diverse
forme animali e che Zelas usava per tenere lontani i visitatori
indesiderati e indicare la via agli ospiti attesi.
«Sono Sherra, primo generale del Demone della Guerra. Esprimo il desiderio di raggiungere la dimora di Lady Zelas Metallium.» disse con voce solenne mostrando i palmi aperti.
Jarlath piegò la testa e il soffice ciuffo emise un suono simile a quello di tanti piccoli campanelli, poi sollevò la ruota di piume candide, che risplendettero di luce propria nella semioscurità, e si appiattì al terreno in un profondo inchino.
"Ti stavo aspettando." sentì il sussurro entrarle in testa delicato come una carezza.
Il
Custode le diede le spalle e si avviò nel cuore della
foresta e lei
lo seguì. La vegetazione si ritraeva al passaggio del pavone
e
nessun animale ebbe il coraggio di intralciare il suo cammino... ma
non quello di Sherra.
Avrebbe
volentieri scagliato una palla di fuoco, ma neanche quello era
consentito. Afferrò ancora la spada con stizza e
iniziò a devastare
la vegetazione di fronte a sé. Strappò foglie,
interi rami,
rimanendo di tanto in tanto incastrata tra le liane o inciampando
sulle radici sporgenti di qualche albero secolare. Sentiva la rabbia
montare dentro di sé.
Dopo mesi al suo servizio, mi tratta ancora come un'intrusa qualunque!
Odiava
muoversi come una semplice mortale e riteneva un affronto non poter
raggiungere agevolmente la Greater Beast, una mancanza di fiducia
inaccettabile, persino per un demone.
Jarlath
la accompagnò per tutto il tragitto fino a quando non si
dissolse in
fumo come acqua che evapora al sole.
Sherra
si guardò intorno alla ricerca del palazzo, ma non c'era
proprio
nulla, solo altra vegetazione. Le vie di accesso erano tante e ben
nascoste e raramente capitava di usare la stessa per due volte di
fila.
In
un moto di rabbia divelse un esile tamarindo, scagliandolo contro
delle palme poco distanti, e proprio lì, tra i tronchi
frastagliati,
intravide ciò che cercava.
Era
una piccola radura, coperta
da un grosso strato di foglie putrefatte, al cui centro si ergeva
solitaria una millenaria magnolia. I rami si innalzavano al cielo in
una ragnatela carica di fiori bianchi e profumati.
Si
avvicinò con calma, rimettendo l'arma nel fodero. I piedi
affondavano nello strato di fogliame marcescente come fosse
marmellata, mentre miriadi di insetti si muovevano frenetici
tutt'intorno.
L'odore
acre la disgustò, ma nonostante tutto lei doveva avanzare.
Poggiò
una mano sulla liscia corteccia, in alto, nel punto in cui due pieghe
si intersecavano in un complesso disegno, raffigurante il volto di un
lupo circondato da ali piumate, e recitò una preghiera
nell'arcaica
lingua demoniaca.
Il
marchio di Zelas brillò di una luce rossastra, che si
allargò lenta
al resto dell'albero come sangue che sgorga da una ferita. Quando
raggiunse il terreno il portale potè dirsi aperto e, senza
indugiare
oltre, Sherra lo varcò con passo sicuro.
La
via per raggiungere il palazzo era uno stretto cunicolo sotterraneo,
privo di qualsiasi fonte di luce e attraversato dalle radici della
vegetazione sovrastante.
Si
aspettava una temperatura più bassa vista la
profondità, ma
sembrava che quell'isola ribollisse senza tregua come immersa in un
calderone.
Uscita
dal tunnel era di nuovo all'aria aperta, ma al posto di alberi e
piante dai fiori variopinti, si ritrovò di fronte alla
dimora della
Greater Beast.
Il
palazzo era stato scolpito in un'unica grande colata di ossidiana e
rifulgeva sinistro alla luce del sole di metà mattina.
Ai
lati dell'entrata, due enormi statue di basalto scuro raffiguranti
lupi in posizione d'attacco, con le fauci spalancate e le zampe
anteriori protese in avanti. Il portone, alto almeno tre metri, era
di ebano scurissimo e i pezzi di ossidiana, che si affiancavano alla
chiodatura, lucidi come pupille infernali. Sherra invocò di
nuovo il
nome di Zelas e quello si aprì cigolando sui cardini.
L'interno,
nonostante le numerose finestre, risultava lugubre e inquietante come
una caverna.
A
decorare le pareti, armi, tra cui archi, faretre piene di frecce,
spade e pugnali racchiusi in teche di vetro, maschere contorte da
smorfie di dolore, arazzi e dipinti raffiguranti scene di caccia,
miti sulla creazione dell'universo e lei, Zelas, in ogni sua forma.
Niente a che vedere con l'austerità del castello del Nord.
Percorse
diversi corridoi, come in un labirinto che ormai conosceva bene,
finché non si ritrovò di fronte ad un portale
alto e rettangolare,
due lastre di oro prive di ornamento, piatte come uno specchio,
appena separate da una sottile linea centrale.
Con
un'unghia affilata incise una runa demoniaca sulla mano sinistra e
quando la pose sul metallo freddo, questo s'increspò e
sciolse come
fosse liquido, tornando alla propria forma dopo che lo ebbe
attraversato.
Al
di là di esso Sherra trovò un atrio circolare,
spoglio e privo di
aperture. Dal soffitto pendeva un grande lampadario fatto di
cristalli bianchi e trasparenti, in netto contrasto con il resto
dell'ambiente. Emanava un'intensa luce dorata che si rifletteva sulle
superfici traslucide delle pareti e del pavimento, dando
l'impressione di essere dentro un cilindro di vetro colorato.
Uniche
vie d'uscita da quella sala a tinte gialle erano due porte, poste
alla fine di due diverse rampe di scale.
Sherra
sapeva già che entrambe conducevano ovunque Zelas volesse:
nelle
celle sotterranee, tra le fauci di un lesser demon, nel suo letto,
difficile stabilirlo con certezza.
Con
la speranza di essere ricevuta, sospinse l'ennesima porta... e
trattenne un sospiro di sollievo.
Stesa
di traverso sul suo trono fatto di ossa annerite, arricchito da un
numero impressionante di piume colorate di diverse razze di uccelli,
c'era Zelas Metallium.
L'abito
chiaro si adagiava elegante sulla pelle ambrata, mettendo in risalto
il corpo flessuoso e la bionda chioma ribelle, tenuta a bada da
monili e trecce sparse.
In
un tintinnio di braccialetti e cavigliere, la Greater Beast si mise
seduta, mentre un ghigno le deformava il volto.
«Sherra, mia cara!» aprì le braccia ad accoglierla. «Avverto qualcosa di nuovo in te. Di sicuro porti buone notizie» allargò il ghigno in un sorriso cattivo.
«Lord Dynast si è risvegliato» rispose con voce piatta. Non si inchinò, perché era un gesto che riservava al suo unico signore, ma Zelas non parve gradire e un bagliore rossastro le accese lo sguardo.
«Sapevo che avresti sciolto quel ghiacciolo!»
Sherra ignorò l'insulto «Sono qui per invitarla a presenziare...»
«Non mi dire!» esclamò interrompendola «L'ennesima riunione alla ghiacciaia?»
Ghiacciaia?! Dovette trattenersi dal rispondere a tono.
«Sì, una riunione al castello di Lord Dynast.» disse con tono pungente e, se Zelas lo notò, non lo diede a vedere.
«Fammi indovinare. Discuteremo di strategie militari, creazione di eserciti e bla bla...» lasciò cadere il discorso annoiata. «Non è il mio metodo, dovrebbe saperlo ormai.»
«Con tutto il rispetto, non credo che il suo metodo sia sufficiente questa volta.» si morse la lingua subito dopo averlo detto.
Zelas
strinse i braccioli del trono, fino a spezzare i femori e le tibie di
cui erano costituiti.
I
suoi occhi divennero scarlatti, mentre il sorriso grazioso si
tramutava in un ringhio bestiale.
Balzò
in piedi e due enormi ali ambrate cartilaginee si dispiegarono,
tendendosi al massimo della loro apertura. Com'era finita in quella
situazione? Da messaggera a vittima inerme... se ne fosse uscita viva
la punizione che la attendeva sarebbe stata terribile.
Il pensiero di Sherra corse alla spada, pur sapendo di non avere
possibilità.
Il demone superiore alzò un mano e un vortice
concentrico iniziò a formarsi tra gli artigli.
Sherra
ebbe il tempo di abbassarsi e rotolare a destra; il maleficio
colpì
il pavimento, che si disintegrò in una nube di polvere
nera... ma
non era ancora finita.
Zelas
si sollevò in aria, battendo le ali come un avvoltoio, e
ruggì
fecendo tremare le pareti del palazzo, poi
le si scagliò contro in picchiata, artigliandole le spalle.
La forza
dell'impatto fu tale da scaraventarla a terra e aprire una voragine.
Zelas
era ancora sopra di lei, la bocca aperta, da cui spuntavano tre file
di denti aguzzi, gli occhi rossi privi di pupilla e le ali spalancate
ad oscurarle la visuale. L'armatura da generale non aveva retto bene
come sperava e non aveva impedito che venisse ferita anche sul piano
astrale.
Era pronta a ricevere il colpo di grazia, quando dei passi ticchettarono sull'ossidiana della sala.
Gli occhi di Zelas ritrovarono la propria forma e la lady rivolse uno sguardo stranito al nuovo ospite. Sherra era paralizzata dal dolore alle spalle squarciate, ma riuscì comunque ad avvertire la presenza di Xellos alle sue spalle, che si inginocchiò proprio sull'orlo del cratere e prese a giocare con la treccia cerulea del generale; ne avvolse la ciocca finale tra le dita e poi si sporse in avanti.
«Mia Lady, di questi tempi mettersi gli uni contro gli altri non potrebbe portare alcun vantaggio.»
La voce calda e profonda del demone parve agire come un potente sedativo. Le ali si ritrassero piano fino a scomparire del tutto e, mentre l'ultimo ringhio cupo rimbombava tra le pareti, Zelas riprese la propria avvenente forma. Si rimise in piedi, sovrastandola, e premette un piede nudo sullo sterno del generale.
«Sono desolata, lady Metallium.» si affrettò a dire Sherra.
Xellos aveva davvero ragione e lei era stata una sciocca, ma era certa che Dynast, una volta scoperto il terribile passo falso, non avrebbe lasciato correre. E non era la sola.
«Non la passerai liscia, generale. Non dopo che mio fratello saprà della tua insolenza» spalancò gli occhi con un sorriso trionfante.
«Altre direttive del ghiacciolino?» chiese poi, come se nulla fosse accaduto.
«Avvertire lady Dolphin.» rispose a denti stretti, incapace di alzarsi.
Era certa che i danni subiti non fossero gravi, ma che il demone superiore la tenesse lì inchiodata per personale compiacimento.
«Xellos» lo chiamò con tono imperioso, come se lui non si trovasse lì «va' ad avvertire la piccola sirenetta! Che la smetta di gingillarsi con i marinai mortali, abbiamo cose importanti di cui discutere.» fece una smorfia disgustata, facendogli segno di andare con la mano ingioiellata.
«E quanto a te» si rivolse a Sherra «non ti voglio sulla mia isola, che ci fai ancora qui?»
Un altro gesto di Zelas e si ritrovò sbalzata fuori, letteralmente. Ripercorse a ritroso i corridoi, aprendo tutte le porte con la schiena, incapace di riprendere il controllo di sé persino sul piano astrale.
L'umore
della dark lady si rifletteva sulle condizioni climatiche della Wolf
Pack Island e l'ira che aveva quasi rischiato di ucciderla aveva
scatenato anche un violento nubifragio.
La
pioggia scrosciante aveva trasformato il terreno in fango vischioso,
su cui Sherra atterrò sgraziata. Con un verso iroso si
alzò e si
guardò intorno: era solo uscita dal palazzo.
Provò a
smaterializzarsi, ma non funzionò.
Il
vento la schiaffeggiava e la pioggia bollente e urticante le impediva
quasi di aprire gli occhi. Inoltre quelle temperature la
indebolivano, ma lei non aveva molta scelta, così si
voltò
sconsolata a guardare la foresta e con uno sbuffo si preparò
ad
affrontarne, di nuovo, le insidie.
Note:
1.
Nell'opera originale i mazoku e gli shinzoku rappresentano
rispettivamente male e bene, i primi si battono per il ritorno al
caos primordiale, i secondi per impedire che questo accada.
Io ho
dato un'interpretazione diversa del conflitto e avrete modo di
scoprirla leggendo ;)
2.
Probabilmente questo capitolo e tutti gli altri che
pubblicherò
saranno ulteriormente revisionati. Al momento sono impaziente di
farvi conoscere la storia che mi frulla in testa!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, se vi va lasciate una recensione e fatemi sapere cosa ne pensate ^^