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Autore: barb_s91    24/01/2015    0 recensioni
A volte ritornano.. Ma sarà davvero sempre così? Gli amori, quelli veri, sono destinati a ritornare o è solo un'illusione?
Beatrice ritorna a New York dopo tre anni, in vista del matrimonio di sua cugina. Sapeva in cuor suo che avrebbe dovuto rivivere il suo passato, o quantomeno doveva farne i conti.
Cosa succederà quando si troverà di fronte al suo passato? riuscirà a lottare per il vero amore, o scapperà come è abituata a fare?
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Tutti abbiamo dei segreti,non c’è niente di male.Ma tutti abbiamo bisogno di un confidente,un amico con cui condividere i segreti.In un certo modo,il condividere i nostri segreti con qualcuno ci fa capire chi sono i veri amici.Loro sono le persone di cui ci fidiamo di più.”

-Forever

 

 

Era ormai passato un mese dal nostro NON appuntamento, un mese e mezzo da quando ero a New York, e l’amicizia tra me e Harry procedeva alla grande. Elis e Niall non potevano essere più felici e innamorati e ci ritrovavamo ogni giorno a casa nostra. Eravamo davvero un gruppo affiatato, ridendo e scherzando tutto il tempo, mentre io acquistavo giorno per giorno fiducia in loro. 

Mi sentivo davvero bene. 

Il lavoro procedeva alla grande, Theo era fiero del mio impegno e gli affari andavano davvero bene. Ero finalmente fiera di me stessa, perché mi sentivo utile a qualcosa. Ero appagata, anche se non stavo svolgendo la vita che sognavo, mi sentivo serena e tranquilla. Ma come dicono in molti la felicità non dura per sempre.

Ero in pausa pranzo con Harry, Niall ed Elis quando il mio cellulare prese a squillare Era un numero che non conoscevo, ma il prefisso internazionale era inconfondibilmente quello italiano.

«Pronto, chi parla?» dissi risoluta.

«Ciao dolcezza. Quando torni da me?». 

Raggelai. Avrei riconosciuto quella fastidiosa voce ovunque. 

Cosa voleva ancora da me? Perché mi stava cercando?

«Enrico» sussurrai, senza riuscire a dire altro.

«Esatto, piccola. Perché te ne sei andata? Pensavo mi amassi. So che ti ho ferito, ma tu hai fatto la difficile. Sono un uomo, la carne è debole e ho ceduto, ma ora sono tutto tuo, torna da me».

Non riuscivo a dire niente, non riuscivo nemmeno a muovermi. Vedevo solo che Harry mi fissava preoccupato, ma non riuscivo proprio a muovere alcun muscolo facciale per tentare di rassicurarlo. Mi alzai dal tavolo dove stavamo mangiando tutti e quattro e vidi che Harry mi stava seguendo, ma non volevo piangere davanti a lui, non volevo farmi vedere debole, ma nel contempo non riuscivo a scacciarlo, avevo inconsapevolmente bisogno di lui.

«Mi devi lasciare stare. Hai capito» dissi alzando la voce, ma la mia voce risultò stridula e debole.

«Oh, piccola. Io sarò la tua ossessione! Mi manchi e se..». 

Non sentii come concluse il suo discorso, perché Harry mi prese dalle mani il telefono. 

«Lasciala stare, lei sta bene qui. Non ti azzardare più a richiamare, brutto coglione. Lei sta con me ora, quindi vatti a cercare qualche sgualdrina che ti soddisfi a dovere. Ciao» disse in perfetto italiano, mettendo poi fine alla chiamata.

In quel momento tutte le forze mi mancarono, la tensione e l’adrenalina che avevo accumulato per cercare di formulare qualche parola sensata, erano scomparse e mi dovetti appoggiare a Harry per non cadere.

«Ora ti porto a casa, babe – sussurrò al mio orecchio – Elis, porto Bea a casa mia. Non mi sembra il caso che faccia il turno pomeridiano. Dì a Theo che è stata poco bene» disse rivolgendosi a mia cugina.

«Se vuoi resto io con lei» si propose Elis.

«No Elis – aggiunsi io, con le poche energie che mi restavano – Theo non ce la farebbe da solo oggi. E’ sabato e ci sarà il pienone alla gelateria. Ci sarà Harry con me». 

E così dicendo ci avviammo in macchina, verso casa di Harry. 

Durante tutto il tragitto in macchina non spiccicai parola, i miei sensi erano completamente andati. Me ne stavo lì, seduta, a guardare il traffico scorrermi accanto. 

Ero paralizzata dalla paura.

Possibile che il ragazzo dolce che avevo conosciuto e con cui ero stata per un anno si fosse trasformato in un mostro senza cuore? Perché si era comportato così? 

Non aveva ottenuto quello che cercava da me e si era consolato con un’altra. 

Questo ero riuscita ad accettarlo, ma perché insistere con me? Ero diventata una sorta di sfida? 

Di una cosa però ero assolutamente sicura, non potevo più farmi mettere i piedi in testa da una persona così. 

A distogliermi dai miei pensieri oscuri fu la mano di Harry che si posò delicatamente sulla mia.

«Ei! Siamo arrivati» disse dolcemente. 

Gli rivolsi un debole sorriso e scesi dalla macchina.

Non ero mai stata a casa sua e, per quanto ne sapevo, poche persone c’erano state. Non amava far entrare gli altri nella sua realtà. Improvvisamente il pensiero che non si fosse fatto alcun problema a portarmi lì mi fece sentire meglio, infondo avevo lui, potevo contare su di lui. Lui si fidava di me, e io avevo appena avuto un’ulteriore conferma che di lui potevo assolutamente fidarmi.

Ci trovavamo a Brooklyn.

Davanti a me si ergeva una palazzina di circa dieci piani in mattoni rossi, che dava un’atmosfera molto londinese. Harry, ancora taciturno e con lo sguardo preoccupato, mi prese per mano e mi condusse al terzo piano. Tra di noi continuava a regnare il silenzio, ma le occhiate che Harry mi lanciava erano abbastanza eloquenti: era dispiaciuto e afflitto, forse dovuto al fatto che non riuscivo a mascherare il dolore e la vergogna, in sua presenza. Entrammo in quello che doveva essere il suo appartamento.

Era piccolo, ma allo stesso tempo confortevole e invitante.

L’ingresso consisteva in un salottino arredato con ornamenti abbastanza moderni ed era molto ordinato, cosa alquanto rara nel mondo maschile. La cucina era abitabile, con un piano cottura a L e un bancone al centro della stanza, che presumibilmente fungeva da tavolo da pranzo, entrambi laccati bianchi. La camera da letto, invece, era molto minimal, ma faceva trapelare tutta la sua passione per la cultura e la letteratura, infatti, la grande libreria che si trovava accanto a una piccola finestra era stracolma di libri di ogni genere: letteratura, storia, medicina.

«Vuoi un thè?» mi chiese. 

Annuii.

«Puoi sederti sul divano, arrivo tra poco» continuò. 

Feci ciò che mi aveva detto, mentre lui, dopo essere andato ad accendere il bollitore in cucina, si dirigeva in camera. Inconsapevolmente mi ritrovai a sporgermi con lo sguardo verso la sua camera per scrutarlo. Riuscii appena in tempo a vedere la sua schiena nuda, mentre era intento ad infilarsi una maglia. Era proprio una bella visione: i suoi muscoli erano scolpiti, ma per niente eccessivi. Dopo un paio di minuti tornò in salotto con due tazze fumanti di thè. Mi porse quella con la stampa di Spongebob, facendomi spuntare un sorriso in volto, per la prima volta dopo la telefonata inaspettata.

«E’ di mia sorella, quando viene qui vuole sempre questa tazza. Adora questo cartone» disse con il suo solito sorriso, quello che ti fa perdere il fiato.

«Anche a me piace. Un giorno di questi me la devi fare conoscere» dissi.

«Sarà fatto. Di sicuro s’innamorerà di te e non ti lascerà più andare» scherzò lui.

«Penso di poter correre questo rischio» risposi sarcastica.

Accese la piccola televisione e si mise accanto a me, facendomi sentire finalmente al sicuro, protetta, perché erano queste le sensazioni che predominavano in me quando mi era vicino.

«Ti va di parlarne?» ruppe il silenzio.

«Non ne ho parlato mai con nessuno, al di fuori di mia madre ed Elis».

«Allora quando ti sentirai pronta, sappi che io sono qui» confessò, poggiando la sua mano sulla mia.

In quel preciso momento capii che ero pronta, che potevo davvero fidarmi ciecamente di quel ragazzo. Non mi aveva mai messo fretta, era stato sempre gentile e galante, mi aveva protetta e consolata. Si era preso cura di me, proprio come Elis aveva detto che non avrebbe fatto.

«Sono pronta per parlarne con te!» dissi di getto. 

Lui rimase per un momento sbigottito dalla mia affermazione, ma poi il suo viso si rilasso e fece cenno di continuare. 

Gli raccontai tutto, mentre lui stava seduto accanto a me a tenermi la mano. Gli raccontai per filo e per segno l’abbandono di mio padre e dello stato in cui aveva ridotto mia madre; gli raccontai della scuola e dell’università, dove conobbi Enrico, della nostra storia e di come mi aveva trattato. Gli raccontai della mia prima volta e del motivo per cui non ce ne fu mai una seconda. 

Con le gambe al petto e singhiozzante gli raccontai di come avevo trovato lui e la mia coinquilina fare sesso sul nostro divano. Gli parlai del periodo successivo e di come mi fossi chiusa a riccio e pensassi solamente allo studio; di come non fossi più riuscita a fidarmi di nessuno, e che lui era il primo da allora.

Finito il mio estenuante viaggio nel passato, ero esausta e continuavo a piangere sul suo petto, senza riuscire a fermarmi. Non ero riuscita mai a piangere realmente dopo quello che mi era accaduto, la mia sofferenza superava la fase del pianto. Mi sentivo debole e fragile davanti a lui in quel momento, ma allo stesso tempo forte e al sicuro. Lui continuava ad accarezzarmi la schiena e i capelli con la sua mano grande e forte, ma molto delicata, e continuava a sussurrarmi all’orecchio parole di conforto.

«Ti prego, non abbandonarmi, non tradirmi. Non riuscirei a sopportarlo» singhiozzai.

«Non lo farò – sibilò – non lo farei mai, te lo prometto». 

E dopo la sua dolce confessione, fu tutto buio.

 

 >>>>>

 

Mi svegliai di soprassalto, sentivo caldo, tremendamente caldo, ma la cosa che più mi straniva era la mia impossibilità di movimento. Cercai di focalizzare dove mi trovassi, ma l’ultima cosa che ricordavo del giorno precedente era la promessa di Harry. 

Strabuzzai gli occhi quando mi resi conto di non essere a casa e, mettendo a fuoco l’ambiente attorno a me, capii di trovarmi nella camera di Harry. Infatti, ad impedire i miei movimenti era la cosa più inaspettata, ma anche più piacevole, che potessi immaginare: il braccio tatuato di Harry mi cingeva da dietro e le nostre mani erano intrecciate l’un l’altra. Restai qualche minuto a fissare la sua mano, lunga e affusolata, che stringeva con dolcezza la mia. 

Non avevo mai dormito con un uomo nella mia vita, nemmeno con Enrico, e avevo appena scoperto che era una cosa inaspettatamente piacevole e appagante. 

Sentii il mio stomaco brontolare, così decisi che era arrivata l’ora di alzarmi, cercando di non svegliarlo. Quando, con difficoltà immane, riuscii a mettermi seduta notai che non indossavo gli stessi abiti della sera precedente, anzi, si poteva dire che non indossavo abiti. Avevo indosso solo una maglietta di Harry, che per me era più simile ad un vestitino, senza niente sotto, a parte l’intimo. Diventai di mille colori immaginando che fosse stato lui a svestirmi e d’istinto mi voltai verso la sua figura.

Dormiva a pancia in giù, con una mano sotto il cuscino e l’altra, che prima era occupata a stringermi, vicino alla testa. Era davvero bello vederlo così sereno, così se stesso, senza alcuna inibizione. Nonostante la mia mise, mi diressi verso la cucina con l’Ipod alle orecchie e iniziai a preparare la colazione per entrambi.

Adoravo poter avere una mia indipendenza, mi sarebbe piaciuto vivere da sola, avere un mio appartamento, ma mia madre aveva necessariamente bisogno di me, non potevo abbandonarla anche io, anche se l’avevo appena fatto, in realtà. In ogni modo, adoravo restare sola a casa quando mamma partiva per i suoi viaggi di lavoro, perché adoravo gestirmi da sola e prendermi cura della nostra casa. 

E in quel momento, anche se non ero in una casa mia, ma di Harry, mi sentivo libera e disinibita.

Preparai la colazione muovendomi in cucina a suon di musica e canticchiando le mie canzoni preferite, ma mi bloccai quando qualcosa si posò sul mio fianco. Mi girai di scatto e avevo davanti a me la visione più dolce e celestiale che potesse esistere. 

Harry appena sveglio era, se possibile, più bello del solito. Indossava solo i pantaloni della tuta, e questo mi permetteva di poter ammirare i molteplici tatuaggi sul suo corpo, di cui bramavo scoprire ogni piccolo significato. 

Era visibilmente divertito, presumibilmente aveva assistito ad una delle mie performance.

Solite figuracce. 

«Buongiorno» dissi tra l’imbarazzo e lo stupore, mentre mi sfilavo le cuffie.

«Buongiorno a te, cantante» disse sorridendo. 

Si, aveva assistito.

«Ho preparato i pancake – sorrisi- spero ti piacciano».

«Li adoro» rispose dolcemente.

«Perfetto allora – feci una pausa – dov’è la marmellata?» chiesi.

«Nel pensile sopra di te».

Mi alzai sulle punte per arrivare al pensile, ma, vista la mia limitata altezza, dovetti sporgermi più del dovuto, causando l’innalzamento della maglia, lasciando a suo ben vedere parte del mio corpo.

«Ok, aspetta! – urlò – faccio io che è meglio» affermò imbarazzato, alzandosi dalla sedia.

«Ti ho per caso messo in difficoltà?» dissi con tono ammiccante.

«Beh, sono sempre un uomo, Bea – disse sorridendo maliziosamente – quindi è meglio per te se la prendo io».

«Ok» dissi, mentre ridacchiando mi mettevo seduta sul bancone, avevo una strana voglia di provocarlo. 

Ora che mi ero liberata dei miei “mostri”, ero più disinibita e provocante con lui, ero più me stessa, e non più quella ragazza chiusa e insicura che ero diventata col tempo.

«Come mai ho dormito qui?» lo incalzai.

«Ieri sera ti sei addormentata, piangendo sul mio petto. Eri così carina, e non ho avuto il coraggio di svegliarti, così ho chiamato Elis e le ho detto che saresti rimasta qua. Era anche felice, visto che è potuta rimanere a dormire da Niall» sorrise ammiccante.

«Oh mamma! Toglimi questa visione che è comparsa nella mia mente, ti prego! E’ mia cugina! Non la immagino in certe situazioni – scattò a ridere – Harry ti prego, cambia argomento! Parla di qualcosa, dai!» ma lui continuava a ridere, sempre con maggior intensità. 

Mi misi in posizione indiana sul bancone, con le braccia conserte, mentre lo fulminavo con gli occhi.

«Scommetto che appena ti dirò questa cosa smetterai di ridere – dissi divertita – come e quando hai avuto la geniale idea di togliermi i vestiti?».

Si raggelò all’istante e la tonalità del suo viso si fece più bianca, mentre nella sua espressione  comparve terrore. 

Era sicuramente preoccupato di una mia possibile reazione, non immaginando che non me la fossi presa per niente. Era sempre dolce e premuroso con me, come avrei potuto prendermela con lui? 

Sicuramente l’aveva fatto per un motivo ben preciso, e non perché fosse un maniaco. Nonostante ciò gliela volevo fare pagare, perciò la mia espressione restò seria, aspettano una sua risposta.

«Beh, vedi – balbettò – avevi ancora la divisa da lavoro e – fece una pausa, sicuramente per trovare i modi più carini per dirlo – e ho pensato che non fosse igienico metterti a letto in quel modo. Così ti ho spogliato, ma l’ho fatto al buio, e non ti ho toccata, te lo giuro! Mi dispiace se..».

In quel momento non ce la feci più a resistere, scattai a ridere, aveva una faccia troppo buffa, e non sarei riuscita a trattenermi un secondo di più. 

Lui cambiò nuovamente espressione, era furioso con me per averlo preso in giro.

«Scusami – dissi fra le risa – ma la tua faccia era troppo buffa».

«Ah, si?» disse, con sguardo di sfida.

D’un tratto capii le sue intenzioni, perciò scesi velocemente dal bancone, iniziando a correre in torno a questo, mentre Harry mi rincorreva. Le sue falcate, però, erano più lunghe delle mie e dopo nemmeno due giri del bancone ero sottomessa a lui, che iniziò a farmi il solletico. Dopo una lotta estenuante, dove dovetti pregarlo per farlo smettere, ci sedemmo a fare colazione. 

Parlammo serenamente tutto il tempo, ridendo e scherzando. In un attimo di silenzio mi misi a pensare al giorno precedente, ma senza quella tristezza che credevo di poter provare. Pensai che se non fosse accaduto ora non sarei stata qui, non gli avrei confessato tutto e non mi sarei sentita così leggera. 

Ad un tratto mi si formulò in testa una domanda.

«Riguardo ieri – feci una pausa – non sapevo che parlassi l’italiano».

«Sai che voglio diventare architetto – annuii – beh, adoro l’architettura italiana, tutta la sua cultura a dire il vero, per questo motivo ho frequentato molti corsi di italiano al college». 

Il suo sguardo era fiero ed orgoglioso.

«Complimenti, sei davvero bravo!».

«Grazie» disse, guardandomi a suo modo, ovvero nel profondo dell’anima. 

Il suo sguardo era intenso e penetrante, uno sguardo che mette a disagio. Nonostante oggi avessi fatto di tutto per stuzzicarlo, quello sguardo mi mise talmente a disagio da costringermi ad interrompere la nostra connessione e, per evitare che si potesse fare strane idee, trovai un altro argomento di cui parlare, per interrompere quell’imbarazzante silenzio.

«Comunque – dissi sorridendo – non sapevo fossi fidanzata». 

Alla mia affermazione un piccolo sorriso gli si formò in volto insieme alle sue dolcissime fossette.

«Beh, dovevo togliertelo di torno in qualche modo – annuii, mentre lui si passava una mano tra i capelli setosi – e poi, ammettilo, non ti è finita tanto male».

«No, direi proprio di no» sorrisi timidamente, evitando accuratamente il suo sguardo.

Con lui sorridere mi veniva naturale, con lui tornavo la me di tanti anni prima, spensierata, gioviale, estroversa. Tornavo l’adolescente che ero stata, senza il peso dei miei problemi addosso. Ero tornata a ridere, ma soprattutto mi sentivo finalmente parte del mondo, e tutto grazie al mio nuovo amico, il mio migliore amico. La sua mano che accarezzava la mia mi distolse dai miei pensieri e, per la prima volta, la realtà era meglio della fantasia, dei pensieri.

Mi voltai sorridendo e lui era in piedi, accanto a me, che mi guardava con adorazione.

«Sai – iniziò, accarezzandomi la guancia – è la prima volta che dormo con una donna – fece una pausa – soprattutto senza aver concluso niente – sorridemmo entrambi alla sua affermazione – non immaginavo fosse così piacevole».

«C’è sempre una prima volta nella vita. E anche per me era la prima volta, ed è stato molto piacevole» dissi, perdendomi nel suo sguardo.

«Sono felice che sia successo con te. Tu sei speciale, Bea».

«Anche io sono felice, Harry. Ed è solo grazie a te se mi sento così, grazie».

«Dovere» disse dolcemente. 

Fu come se in quell’unica parola ci fosse il mondo dietro, tutto da scoprire.

L’atmosfera era visibilmente cambiata, era come se fossimo chiusi in una bolla tutta nostra. Ero sicura che se ci fossero state mille persone attorno a noi, non ce ne saremmo nemmeno accorti. D’un tratto sentii invadermi un senso di paura e tensione, era come se non riuscissi a muovermi, come se il nostro rapporto stesse inevitabilmente cambiando, contro il nostro volere. 

Era palpabile la chimica tra noi, ma entrambi non volevamo impelagarci in una storia, ma allora perché tutto ci spingeva a stare vicini?

Non riuscii a muovermi nemmeno quando capii che lui si stesse avvicinando pericolosamente al mio viso, mi stava per baciare e i miei sensi erano totalmente andati. Una parte di me mi diceva di spostarmi, ma non ci riuscivo, ero come immobilizzata, forse perché una parte di me voleva farlo. 

Quando le nostre labbra stavano per sfiorarsi, un rumore assordante e fastidioso ruppe la bolla.

Era il mio cellulare.

«Scusa – mi scostai, accarezzandogli il viso – sarà Elis e se non rispondo mi uccide».

Mi diressi velocemente verso l’ingresso, dove avevo poggiato la borsa la sera prima e presi il cellulare appena in tempo. 

Era Elis.

«Tempismo perfetto, cara cugina, dimmi tutto!» dissi sarcastica, anche se in fondo mi aveva salvato in calcio d’angolo.

«Bea – disse con voce stridula – ho urgente bisogno di parlarti, è successa una cosa meravigliosa e ho bisogno di raccontartela subito. E poi è quasi ora di pranzo, quando torni?».

«Immagino cosa sia, purtroppo – rabbrividii al sol pensiero – comunque mi sto facendo accompagnare» dissi, voltandomi verso Harry, che non staccava gli occhi dai miei.

«Ok, a dopo!» ribadì Elis, interrompendo la chiamata.

Camminai a passi lenti verso di lui, che continuava a fissarmi, mentre io, presa dall’imbarazzo, abbassai lo sguardo a terra. 

«Era Elis – dissi piano – dovrei tornare a casa».

«Ok, andiamo» disse, con sorriso amaro. 

Ormai capivo quando non gli andava bene una cosa, o n’era dispiaciuto; e quel sorriso sul suo volto trapelava amarezza, forse rimpianto.

Il viaggio in auto fu un enorme disastro, fu terribile. Nessuno dei due riusciva ad aprire un argomento, perciò restammo zitti fino a sotto casa mia, dove ci salutammo a malapena con un gesto di mano e uno ciao, breve e conciso. 

Perché quando si raggiunge un punto di equilibrio le cose devono cambiare sempre? 

Harry e io eravamo amici, avevamo costruito un rapporto d’amicizia basato sulla fiducia, e ora che mi fidavo di lui, le cose sembravano sfuggirmi di mano. Avevamo deciso di comune accordo di mantenere un rapporto d’amicizia, allora perché sembrava che non fossimo più solo amici? 

Io non potevo avere di più, non volevo. 

Nonostante ciò non riuscivo ad allontanarmi da lui quando la situazione si faceva calda, ma non era solo questione di attrazione, entrambi non volevamo una storia, ma allo stesso tempo entrambi non potevamo fare a meno l’uno dell’altra. 

Mille dubbi e domande mi frullavano nella testa, ma nessuna risposta era adatta alla situazione; forse avrei dovuto parlarne con Elis.

Entrai velocemente in casa e vidi mia cugina intenta a pulire casa, con la musica a tutto volume.

«Pulizie settimanali?» le chiesi sorridente.

«Oh, tesoro. Non ti ho sentita entrare, domani arriva mamma e se trova tutto questo casino ci lincia, quindi – disse porgendomi il mocio – comincia a passare il mocio nelle camere; poi a pranzo avremmo di cui parlare».

Dopo un’ora di estenuanti pulizie, eravamo finalmente a tavola, a mangiare uno striminzito e insipido toast; questo perché, troppo impegnate con i ragazzi, ci eravamo dimenticate di fare la spesa.

«Bea, di solito non sei un tipo molto loquace, ma in questo momento sei proprio asociale! E’ per quello che è successo ieri?» chiede preoccupata.

«No, affatto. Ieri ho raccontato tutto a Harry, ed è come se mi fossi liberata di un peso – dissi sospirando – sono solo pensierosa».

«Sicura che non hai niente da raccontare?» e alla sua domanda mi sciolsi. 

 

Iniziai a raccontargli della serata e della mattinata passata con Harry e dei suoi comportamenti, dei suoi sguardi e di come mi facessero piacere le sue attenzioni. Le parlai dei miei dubbi e delle mie paure, e di come non fossi minimamente pronta ad una relazione, ma che quando ero con lui, non riuscivo a fermarmi, a smettere.

 

ANGOLO DELL'AUTRICE:

Buona sera a tutti :)

Ecco a voi un nuovo capitolo, a cui sono particolarmente affezionata, come altri nel corso della storia, che ho scritto ormai quasi tutta.

In questo capitolo abbiamo una svolta nel rapporto tra Harry e Bea, in quanto lei si confida con lui e inizia a fidarsi cecamente di lui. Inizia anche a dubitare in un certo senso della loro amicizia, perchè parliamoci chiaro, come fai a resistere davanti ad un Harry Styles???

Vorrei sapere cosa ne pensate della storia, cosa pensate che succederà in seguito.

Lo desidererei tanto.

Anyway, 

continuerò a postare anche se la storia non dovesse avere successo, perchè la amo punto e basta. Questa storia ha accompagnato i momenti più brutti della mia vita, e anche quelli più belli. Ha coronato tutto il mio percorso universitario, quindi credo in lei <3

PS: questo capitolo è dedicato ad una personcina che in questo momento è di fronte a me e ha letto in anteprima il capitolo. TI VOGLIO BENE <3

   
 
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