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Autore: Ameliasvk    25/01/2015    6 recensioni
"In principio ci furono le fiamme."
Londra, 1882. Amelie von Kleemt è una giovane di buona famiglia, ed ha tutto ciò che una ragazza della sua età possa desiderare: un nome altisonante, una casa lussuosa, innumerevoli vestiti, gioielli e... un fidanzato che non ha nemmeno mai visto in volto. Accade però che durante la festa di fidanzamento, la ragazza viene a conoscenza della più orrenda delle verità. Chi sono le creature che popolano i suoi incubi? Cosa vogliono da lei... ma soprattutto, sono reali? Ma è proprio quando tutte le sue speranze crollarono in mille pezzi, che Amelie viene salvata da un misterioso ragazzo, il quale, subito dopo…
Genere: Dark, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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E.
 
_ Miguel_

L'ennesimo, immenso fragore fece tremare ancora una volta le pareti.
Ma per quanto tempo avrebbe retto la struttura della casa?
Non facevo altro che chiedermelo.
Il pensiero che tutto crollasse da un momento all'altro, seppellendoci sotto un'enorme montagna di macerie fumanti, mi preoccupava non poco... anzi, era il fulcro esatto dei miei timori. In fin dei conti, era passato davvero troppo tempo dalla prima esplosione... e per quanto la residenza dei von Kleemt fosse grande, solida e ben costruita, l'incendio non faceva altro che propagarsi velocemente, fagocitando con ingordigia qualunque cosa gli si parasse davanti.
Il conte sbuffò affranto, dopodiché si lasciò cingere le spalle, accettando con sollievo il saldo appoggio fornitogli dalle mie braccia.
Immediatamente si voltò a guardarmi negli occhi, il volto smagrito,  sudato, intento a mostrarmi un'espressione di muta gratitudine. Gli risposi accennando un lieve sorriso, dopodiché cominciai a guardarmi intorno.
Non avrei saputo dire con esattezza dov'era ubicato lo stretto corridoio che stavamo percorrendo, ma il padre di Amelie sembrava avere tutto sotto controllo.
"Conosco ogni angolo, ogni porta e ogni passaggio segreto di questa casa!" aveva ammesso con un certo orgoglio qualche minuto prima, "Vedrai, ragazzo mio! Grazie a questo cunicolo, giungeremo nei sotterranei in men che non si dica!"
Fin ora l'avevo assecondato senza batter ciglio, continuando a seguire l'oscuro sentiero scavato nella roccia, ma più scendevamo nelle viscere della terra, più ero scettico riguardo al suo piano.
Cosa si aspettava di trovare?
L'idea che la contessa fosse già morta, era da prendere in seria considerazione, e molto probabilmente, né io né lui eravamo in grado di fare qualcosa.
Eppure, l'ostinata speranza che animava il cuore di quell'uomo non accennava a spegnersi.
Da una parte lo trovavo ammirevole; la forza sprigionata dai suoi sentimenti nei confronti della moglie era irriducibile, e quasi mi commuoveva.
Insomma, quanti uomini erano disposti a sacrificare la loro vita, per amore di un altro individuo? Beh, di sicuro ben pochi.
Purtroppo l'essere umano era di per sé un animale egoista, volto unicamente a soddisfare i propri bisogni e i propri desideri, nulla aveva più importanza dell'autoconservazione personale.
Si trattava di puro e semplice istinto di sopravvivenza. Charles Darwin non ci avrebbe trovato niente di strano e sinceramente, nemmeno io.
Ma quando entrava in gioco l'amore, le carte in tavola venivano completamente rimescolate e cambiava tutto.
Era a causa di questo sublime, bizzarro e quanto mai inesplicabile sentimento, che l'uomo metteva da parte il suo innato egoismo per la vita di un'altra persona, interponendo il bene di quest'ultima al proprio.
Quindi al diavolo la ragione, al diavolo il buon senso!
Ogni cosa passava in secondo piano quando c'era di mezzo l'amore.
Ed io, giorno dopo giorno, non facevo altro che provarlo sulla mia pelle. Amelie invadeva ogni mio pensiero. E nonostante fossi in serio pericolo, col rischio di morire da un momento all'altro, non riuscivo a liberarmi la mente dalla sua immagine persistente.
Oh, il mio Piccolo Tarlo. Nel saperla al sicuro, mi lasciai scappare un sospiro di sollievo.
Poteva accadermi di tutto, non m'interessava cosa... l'importante era che lei fosse sana e salva.
<< Perchè mi stai aiutando? >> mi chiese d'un tratto suo padre, rompendo il silenzio che ci avvolgeva.
Sentivo le costole del conte premere attraverso la stoffa, come se la sua pelle non fosse stata altro che un ulteriore strato di seta sottilissima.
<< Perchè non dovrei farlo?>> risposi assumendo un'aria beffarda, << Non sono forse il vostro umile servitore?>>
Nel sentire le mie parole, un afflusso di risa spasmodiche fece vibrare con forza il suo petto scarno.
 << Tu, un servo? Suvvia, ragazzo mio... sai meglio di me che non lo sei mai stato. Conosco molto bene la natura del patto che hai stipulato con mia moglie, ma la verità è che niente ti obbliga a fare questo per me... per noi. Vedi, non capisco quale sia ora il tuo tornaconto.>> ammise.
Abbracciai con lo sguardo tutto l'ambiente ricoperto da un denso spessore d'ombra, poi tornai ad osservare il signor James, scoccandogli un'occhiata più che eloquente.
<< Si tratta di Ravaléc...>> spiegai, << Tutto questo è opera sua e non voglio che la passi liscia... voglio ucciderlo con le mie mani. Sapete, l'innumerevole orda di mostri che mi ha lanciato contro sia ora che in passato, non si è creata da sola. Per essa sono state sacrificate centinaia di vite umane... vite innocenti, che hanno avuto la sfortuna di capitare sulla sua strada. Dove si è procurato così tanti corpi, e come è venuto a conoscenza di tali informazioni? Ci sono molte cose da chiarire a riguardo... e per quanto le sue ricerche possano essere considerate geniali ed avanzate... un uomo, un misero essere umano, e per di più da solo, non riuscirebbe mai a creare e governare creature pericolose e sanguinarie come i Ghuldrash. È impossibile. Il ché mi fa pensare che ci sia qualcosa di strano, sotto. Qualcosa che non torna... ed io devo assolutamente scoprire che cosa.>>
<< Che intendi dire, ragazzo? Che George non sia da solo?>>
Annuii con la testa.
<< È esattamente ciò che penso. Il buon vecchio dottore, il caro George Ravaléc... non è mai stato da solo, in questa vicenda.  Qualcuno o qualcosa lo sta aiutando nell'ombra, tirando le fila come un bravo marionettista.>>
Un brivido di terrore fece accapponare la pelle del conte, il quale si girò a guardarmi con occhi increduli, spaventati.
Mosse le labbra senza emettere alcun suono, poi ritentò, ma quello che ne venne fuori fu un flebile mormorio.
<< Non dirmi che potrebbe essere...>>
Alzai un sopracciglio, sorridendo divertito a quell'idea.
Il solo pensiero mi faceva ribollire il sangue nelle vene.
<< Oh, Non lo so.>> ammisi, << Ma, sul serio... non vedo l'ora di scoprirlo.>>
James mi guardò per alcuni secondi come se non avesse compreso le mie parole, poi s'ammutolì di colpo, abbassando gli occhi sulla brutta ferita alla caviglia che, purtroppo per lui, non aveva cessato un momento di sanguinare.
Era infetta... e fermare il cammino dell'infezione, nella più rosea delle ipotesi, gli avrebbe costato l'amputazione netta dell'arto.
<< Prego Dio che non sia così!>> dichiarò tutto d'un fiato, << Non può trattarsi di...>>
Proprio in quel momento, il cunicolo s'interruppe dinnanzi alla porta secondaria che apriva il laboratorio di Ravaléc.
L'aria era irrespirabile, sapeva di fumo, sangue e morte.
Avanzai d'un passo, lentamente, trascinandomi dietro il corpo dolorante del conte.
<< Cos'è questo?>> sussurrai impercettibilmente.
Un odore strano, m'incendiò istantaneamente le narici e la Mimesis prese d'un tratto a bruciare contro la mia pelle.
Avevo i sensi in subbuglio: i miei occhi s'accesero di sangue, le gengive cominciarono a pulsare e la gola prese fuoco.
Poi, una moltitudine di grida mostruose si levò dalle ombre, finché una nuova razza di Ghuldrash uscì allo scoperto.
Aguzzai lo sguardo.
Sulla loro fronte marchiata a fuoco c'era un simbolo; un sottile segno ricurvo, fatto di rovi intrecciati e voluminose volute ridondanti.
 << Pregate Dio quanto volete, signor conte. >> sussurrai estroflettendo i canini, << Perché nel caso non dovessimo farcela... dubito che ci ritroveremo entrambi al suo cospetto!>>

L'urlo della bestia riecheggiò tre volte nel buio dei sotterranei, aspro e furioso come il ruggito di una tempesta.
Poi giunse il preludio del silenzio.
Le grida si smorzarono di colpo, i muscoli si rilassarono e le fauci spalancate del Ghuldrash divennero il pallido riflesso di una fornace vuota.
Senza perder tempo, attorcigliai le falangi attorno ai suoi visceri, strappandoli via con una tale potenza da far paura persino a me stesso. Vidi quel sangue nero sgorgarmi dalle mani, i suoi occhi di brace rigirarsi all'indietro e il suo corpo afflosciarsi pesantemente a terra, privo di vita.
<< S-sono morti?!>> si fece avanti il conte, la voce tremante per lo spavento.
Deglutii a fatica, sentendo un fastidioso groppo in gola. 
<< Si.>> dichiarai, << Non dovrete più preoccuparvi per loro, signore. Sono morti.>>
Mi guardai schifato le mani lorde di sangue, dopodiché girai i tacchi, dirigendomi verso la porta del laboratorio.
Ma non feci in tempo ad avanzare di un solo passo, che dalle mie spalle, giunsero degli strani gorgoglii.
Ci fu un tonfo, poi un altro, e il crepitio delle ossa spezzate riempì l'ambiente, facendomi dubitare seriamente della mia sanità mentale.
<< Cosa...?>> sibilò terrorizzato il conte, << Non erano morti?>>
Mi voltai in direzione dei corpi.
Possibile che fosse tutto vero?
Le numerose ferite che gli avevo appena inferto si stavano cicatrizzando velocemente, rimarginandosi del tutto sotto i miei occhi increduli. Rimasi senza fiato.
Com'era possibile una cosa del genere?
Intimai al conte James ti tenersi indietro, ed infine mi lancia all'attacco. Ma quei fottuti bastardi erano tornati in vita ancora più potenti e veloci di prima.
Senza che potessi evitarlo, mi ritrovai passivamente ad incassare i loro colpi.
Erano forti, maledizione!
Tremendamente forti.
Sentii il mio respiro bloccarsi e le mie ginocchia cedere, facendomi crollare a terra come un corpo privo di ossa.
Ed erano solo in cinque contro uno!
Normalmente questa lieve disparità numerica non sarebbe stata affatto un problema, anzi. Ma io ero stanco, stremato e loro... beh, loro erano così diversi. Forse fin troppo.
Non appena riuscii a tenermi in piedi senza barcollare, cacciai in fuori gli artigli.
Eh, no... stavolta non avrebbero avuto scampo.
Per ogni colpo infertomi, li avrei ripagati il doppio.
Mi gettai nella mischia urlando, la mano destra conficcata nel petto rigonfio di uno, la sinistra nello stomaco di un altro. I due corpi ricaddero a terra, mentre con una giravolta schivavo gli attacchi da parte degli altri tre.
Poi gli regalai il più raggiante dei miei sorrisi, accarezzandomi il labbro inferiore con la lingua.
<< Pronti a morire per sempre?>> gli intimai, sfilandomi dal collo la Mimesis.
Spinsi la pietra all'interno e dopo pochi secondi, il sangue zampillò da ogni dove, ricadendomi addosso come una fitta pioggerellina estiva. Mi lasciai ricoprire completamente da quelle gocce nerastre, respirando a pieni polmoni l'odore della vittoria.
Ma non c'era tempo da perdere!
Non potevo rischiare che si risvegliassero!
Così senza ulteriori indugi, mi accanii ancora una volta contro quei corpi martoriati, fino a ridurli in poltiglia. La violenza della scena era tale, che il conte fu costretto a distogliere inorridito lo sguardo.
<< Ora basta... ragazzo mio!>> supplicò lui, venendomi incontro.
Gli occhi che indugiavano disgustati su quel macabro scenario.
<< Dobbiamo fermare George e salvare mia moglie!>>
<< Se fossi in voi, non canterei vittoria troppo in fretta!>>
Sia io che il conte ci voltammo sorpresi in direzione della voce, trovando alle nostre spalle il tirapiedi numero uno del dottor Ravaléc: Ryan Blackwood.
" Niente male..." pensai, fissandolo negli occhi.
Come sempre riusciva a celarmi con maestria la sua presenza. Un'abilità che pochi all'Ailthium potevano vantare.
Lo guardai avvicinarsi al conte James e tendergli la mano, ma l'uomo la rifiutò sdegnosamente.
<< Che ci fai tu qui? Razza di Giuda!>> gli gridò contro.
Ryan non gli rispose subito, quindi si limitò a ritirare la mano e abbassare il capo in segno di saluto.
<< Mio caro signor conte! È bello vedervi ancora... ehm, vivo.>>
Vidi James tremare di rabbia, ma con un notevole sforzò evitò di prenderlo a pugni in faccia. Cosa che avrei fatto io stesso... e con infinito piacere, se non avessi trovato nella presenza del mio commilitone qualcosa di strano.
Poi notai ad uno sguardo più attento, quanto il suo aspetto non fosse dei migliori. Aveva gli abiti spiegazzati, gli occhiali rotti, il viso accaldato e incredibilmente sporco. Purtroppo, niente di  tutto questo aveva contribuito a cancellargli quell'irritante sorrisetto sornione dalla faccia.
<< Vuoi forse far compagnia a questi mostri?>> lo minacciai, sollevando gli artigli a mo' di avvertimento.
Lui scosse con vigore la testa riccioluta.
<< Non fraintendetemi, amico mio... sono qui per aiutarvi!>>
Sentii la collera del conte ribollirgli nel petto.
<< Aiutarci!>> sputò sprezzante, << Come hai aiutato mia moglie?! Mi avevi promesso che l'avresti portata in salvo!>>
Guardai entrambi con rinnovata curiosità.
I due si conoscevano... e non solo superficialmente. Ma a fondo.
E come non poteva esser altrimenti?
Sia Ryan che il conte erano legati alla figura di Ravaléc, il che spiegava molte cose... prima fra tutte, la libertà d'azione di cui godeva l'uomo più giovane.
<< Ho tentato...>> rispose Ryan, avanzando d'un passo verso il James, la mano destra sul cuore.
<< Hai tentato?>> ripeté il conte.
<< Certo! Ma non potevo lasciare che il dottore dubitasse di me! Non in quel momento!>>
<< E con questo cosa vuoi dire?>> lo interruppi.
Gli occhi chiari di Ryan si posarono sorpresi sul mio viso, poi su qualcosa al di là della mia spalla.
Senza pensarci seguii la traiettoria del suo sguardo, ritrovandomi di fronte a qualcosa di disgustoso. Brulicanti come milioni d'insetti, lembi di carne e pelle si ricucivano attorno alle ossa di quelle creature, che secondo dopo secondo, riacquistavano le loro fattezze originali. Sentii un brivido corrermi lungo la schiena e una vertigine improvvisa farmi girare la testa.
Com'era possibile che quei mostri fossero di nuovo in piedi?
Ma soprattutto... cosa diavolo erano?
Quei "cosi" potevano esser considerati tutto... fuorché Ghuldrash!
I Ghuldrash, i veri Ghuldrash, se venivano uccisi, morivano.
Le loro cellule erano in costante decomposizione ed una volta fatti a pezzi restavano tali. Ma questi no. Questi potevano essere uccisi anche mille volte, senza mai morire del tutto. Riuscivano sempre a sopravvivere, a rigenerarsi... persino dopo esser stati ridotti a brandelli.
Il conte indietreggiò, Ryan si fece avanti, intrecciando le dita affusolate attorno al manico di un pugnale.
<< Che intenzioni hai?>> gli chiesi, stringendo la Mimesis con i polpastrelli.
Lui mi sorrise, gli occhi che baluginavano di eccitazione.
Puntò il pugnale verso di me, piegò leggermente le ginocchia e con un lancio formidabile lo conficcò in gola a uno di quei mostri, che si stava avvicinando troppo al conte.
<< Te l'ho già detto, Miguel! Non ho secondi fini questa volta... voglio solo aiutarvi!>>
Detto questo, fece un balzo in avanti, recuperando l'arma con maestria.
Un altro Ghuldrash gli si fece addosso, ma venne prontamente sgozzato dalla sua lama.
La stessa identica cosa accadde a me, e nel giro di pochi secondi ci ritrovammo a batterci spalla a spalla... proprio come ai vecchi tempi all'interno dell'Ailthium.
E come non poteva esser altrimenti?
Entrambi conoscevamo alla perfezione il metodo di combattimento dell'altro; riuscivamo a sincronizzarci, a muoverci di volta in volta come un solo essere, con un solo corpo e una sola mente.
Ma per quante volte riuscivamo a farli fuori, quei mostri tornavano comunque in vita.
Improvvisamente, uno di loro si staccò dal resto del gruppo per gettarsi sul corpo del povero conte.
Con un salto gli fui subito addosso, mozzandogli il capo con gli artigli.
Poi ci fu un grido, un lento singulto e il corpo della creatura si polverizzò sotto il mio sguardo incredulo.
Di lui non era rimasto altro che un mucchietto sparpagliato di polvere.
<< La testa!>> urlò il James, stringendo un pezzo di vetro sanguinante con entrambe le mani.
<< Distruggete il simbolo sulla loro testa!>>
Stremati, io e Ryan ci guardammo in faccia, poi rivolgemmo gli occhi al segno rosso che si stagliava come un marchio di fabbrica sulla loro fronte.
Com'era possibile che non ci avessimo pensato prima?

Quando finalmente riuscimmo ad aprire la porta del laboratorio, fummo accolti da un benvenuto assai silenzioso.
Non c'erano altri mostruosi Ghuldrash ad attenderci, né tantomeno il loro folle creatore.
Il locale era esattamente come lo ricordavo: immenso, freddo e buio.
Per quanto riguardava Ryan... beh, per una volta stava tornando utile e mi seguiva mestamente, con il conte caricato sulle spalle.
<< Qualche traccia di mia moglie? E George?>> fece preoccupato quest'ultimo, sforzandosi di respirare.
<< Un attimo...>> gli risposi, chiudendo gli occhi per concentrarmi meglio.
Poi, eccolo!
Un respiro, dei polmoni gonfi d'aria e il lieve rumore di un cuore pulsante, che recalcitrava con forza contro una cassa toracica. 
<< Dietro quella tenda!>> dissi, indicando il luogo che mi aveva ospitato per più di tre giorni.
Con passo felpato, ci dirigemmo verso il pesante tendaggio nero, spostandolo di lato.
<< Lamia! Lamia! Amore mio!>> gridò il conte, dimenandosi come un pazzo per scendere dalla schiena di Ryan.
<< Amore mio!>> continuò a ripetere.
Ryan non potendo fare altrimenti lo lasciò andare, e zoppicando alla bell'e meglio, James von Kleemt raggiunse finalmente la sua adorata consorte.
Lei era pallida come un cencio, priva di sensi e legata saldamente al tavolino chirurgico. La vestaglia leggermente sbottonata sul petto. Mentre Ryan e il marito si davano da fare per liberarla, io lasciai che i miei occhi vagassero da soli per la sala, posandosi su quante più cose potessero.
C'erano vari tipi di medicine e pozioni lasciate aperte sul tavolino, mentre numerose siringhe e fiale di sangue se ne stavano sparse un po' ovunque. Alcune erano cadute a terra, altre se ne stavano ancora sigillate in uno scompartimento apposito... ma tutto, sembrava esser stato abbandonato da poco. E in gran fretta.
<< Dove può essersi cacciato?>> domandò il conte, abbracciando con forza la moglie incosciente.
Era così emozionato che oltre alla voce, gli tremavano anche le mani.
<< Non lo so>> risposi, << Ma dovunque sia in questo momento... non ci è andato di sua volontà.>>
Ryan annuii.
<< Dobbiamo trovarlo.>> disse.
Ci fu uno strano tremolio, poi un lieve boato. Il rumore smorzato dalla distanza.
<< Dobbiamo andarcene!>> urlai, << Prendiamo la contessa e filiamo via! Tra poco qui crollerà tutto! >>
Il signor James si staccò mal volentieri da sua moglie e con passo claudicante si diresse tra due scaffali addossati al muro.
<< Da questa parte, presto!>> bisbigliò circospetto, spingendo un libro verso l'interno della mensola in legno.
Non appena quest'ultimo toccò il fondo della parete, oltre il muro si sentì un debole rumore metallico, e gli enormi scaffali si spostarono da soli, dando vita ad una sorta di passaggio segreto.
<< E di grazia, dove ci condurrà.. questo?>> intervenne Ryan riluttante, prendendo la contessa in braccio.
Il volto del conte James s'illuminò d'astuzia, lasciando che fossero gli occhi verdi a parlare in sua vece.
<< In un luogo sicuro.>> affermai, leggendo la sua espressione.
L'uomo si lasciò caricare sulle mie spalle, e con passo deciso, mi diressi nelle oscure profondità di quel cunicolo stretto ed angusto, che sembrava non avere una fine.
Ryan e la contessa ci seguivano a pochi centimetri di distanza.
<< In un luogo sicuro...>> confermò il conte poco dopo. << Ma non solo.>>
<< Cosa volete dire?>> gli domandai.
Lui si sporse in avanti, fino a solleticarmi l'orecchio sinistro con i baffi.
<< Questo tunnel è l'unico che porta all'esterno. Sfocia nelle scuderie.>> poi senza farsi sentire da Ryan, aggiunse: << Vuol dire che la caccia all'uomo è aperta. Seguendo il tunnel... troveremo George!>>

_ Amelie_

La prima cosa che percepii non appena sveglia, fu l'assenza di fumo.
Non mi sembrava vero, ma finalmente le mie narici erano libere di respirare. Sentivo l'aria fredda accarezzarmi la pelle, il vento scuotermi i capelli e l'odore del fieno riempirmi i polmoni.
Come ridestata da un sogno ad occhi aperti, portai il busto in avanti, mettendomi faticosamente a sedere. Avevo un gran mal di testa e non osavo aprire gli occhi per paura di trovarmi nuovamente circondata dalle fiamme.
Il solo ricordo mi fece tremare come una foglia.
Poi, d'un tratto, qualcosa sul mio grembo si mosse.
Terrorizzata, spalancai gli occhi fino a sentirli uscire fuori dalle orbite.
Ma cosa ci faceva Sophie con me?!
All'interno delle stalle, per giunta!
Guardai la bambina placidamente addormentata, con la testolina bionda posata sulle mie gambe, finché non fui certa di essere del tutto sveglia.
O stavo ancora dormendo?
Col cuore in gola lasciai vagare lo sguardo da una parte all'altra della scuderia, ma oltre a noi due e ai cavalli irrequieti, non sembrava esserci nessun altro.
Cos'era successo?
Perché ci trovavamo lì?
Ma soprattutto... che ne era stato dell'incendio?
<< Sophie!>> la chiamai, scuotendola delicatamente per svegliarla.
<< Sophie, apri gli occhi!>>
La bimba mugolò insensatamente qualcosa, poi si voltò dall'altra parte, stringendo a sé le mie coscie a mo' di cuscino.
<< Devi svegliarti!>> le intimai alzando la voce.
Lei aprì prima l'occhio azzurro, poi quello castano e con fare assonnato si stropicciò il faccino paffuto.
<< S-sei  proprio tu?>> domandai d'un fiato, << Sei Sophie?!>>
Lei mi guardò stralunata, facendo leva sulle piccole braccia per mettersi seduta.
<< Sono io...>> mormorò, << Perchè me lo chiedi, Amelie?>>
La esaminai con aria circospetta, cercando di intravedere sul suo viso eventuali anormalità.
Il fatto era che non sembrava esserci alcun problema... nessun luccichio violaceo all'interno dei suoi occhi, nessuna venatura rossastra sul palmo delle mani.
Lei era lei, ed io sempre più confusa e sull'orlo di una crisi di nervi.
 << Dove siamo?>> chiese poco dopo, guardandosi intorno come avevo fatto io poco prima.
<< Nelle scuderie...>> replicai, cercando di alzarmi in piedi.
<< E cosa ci facciamo qui...?>>
La guardai seriamente preoccupata.
Forse tutto quello che ricordavo era stato un incubo... uno tanti che mi ossessionavano da qualche tempo a questa parte.
Forse io e Sophie non eravamo mai entrate in quella strana biblioteca, che bruciava senza pender fuoco, ed io non avevo mai visto due bambine completamente identiche, con lo stesso volto di Sophie.
Magari sì, era stato tutto un enorme e lunghissimo sogno e la mia casa non aveva mai preso fuoco... Josephine era ancora in vita e Miguel nella sua stanza, intento a sorseggiare un calice di vino.
<< Tu non ricordi niente?>> la sollecitai d'un tratto, << Niente di niente?>>
La piccola scosse il capo, facendo oscillare i boccoli d'oro che le incorniciavano il volto. 
<< Ricordo che sono andata a dormire con Todd.>> disse stringendosi al petto l'animaletto di pezza.
Non mi ero minimamente resa conto che ci fosse anche lui.
Poi il cielo che si intravedeva dalle grandi finestre si tinse per un istante di rosso, come se un lampo lanciato da Zeus avesse squarciato il drappo nero che ricopriva la volta celeste.
Dopo la luce venne il boato.
La terra tremò scossa da mille singulti, mentre i cavalli già spaventati impazzirono del tutto. Sembravano diavoli dell'inferno, e proprio come quelle mostruose creature cominciarono a nitrire e scalciate oltre i parapetti in legno.
Strinsi Sophie al petto, dopodiché me la caricai in braccio ed insieme ci accostammo alla finestra per vedere cosa stava accadendo.
Nel frattempo erano arrivati i pompieri, ma le loro grosse tubature e le pompe dell'acqua erano servite a ben poco.
Le fiamme avevano vinto.
Lo scheletro che reggeva saldamente la struttura della casa era crollato, ed insieme a lui un cumolo di macerie annerite dal fuoco.
Un numeroso gruppetto di gente si era riunito davanti a quel triste spettacolo, e sebbene una parte del mio cuore fosse morta e sepolta sotto le rovine fumanti di quella casa, l'altra parte si rallegrava nel vedere così tanti sopravvissuti.
Senza che potessi in alcun modo impedirlo, i miei occhi si riempirono di lacrime che scivolarono giù lentamente, amare come la vista di cui erano intrise.
Feci scendere Sophie dalle mie braccia, la quale andò a rifugiarsi chissà dove.
Oh, davvero, ormai non aveva importanza.
Niente aveva importanza.
Straziata dal dolore mi accasciai a terra, piangendo e singhiozzando fino a sentire gli occhi bruciare e l'aria venirmi meno.
Mi sentivo responsabile; era come se tutte quelle persone fossero morte a causa mia, per colpa della mia vile inettitudine!
Josephine si era sacrificata per me, aveva dato la vita per salvarmi, ed io non ero stata in grado di fare niente!
Assolutamente nulla!
E Lamia? E il mio Miguel?
Che fine aveva fatto Miguel?!
Perchè mi aveva lasciato sola?
Avevo così tanto bisogno di lui, di saperlo vivo, al sicuro... accanto a me!
E non riuscivo a controllarmi.
Ero inconsolabile.
Non oso immaginare per quanto tempo restai in quello stato pietoso, a crogiolarmi passivamente nel dolore... ma alla fine trovai la forza di alzarmi in piedi ed asciugare le lacrime.
A che sarebbe servito piangere?
Le persone che avevano perduto la vita nell'incendio, sarebbero forse tornate indietro?
Scossi la testa a quel pensiero tanto assurdo, e con rinnovato coraggio mi misi alla ricerca di Sophie.
Come prima cosa, dovevamo trovare Miguel.
Lui era vivo! Lo sapevo. 
Era una certezza assoluta che mi veniva da dentro, come se il mio corpo fosse cosciente del suo respiro e del sangue che gli scorreva nelle vene. Prima o poi sarebbe tornato da me.
Lo sentivo nelle ossa... all'interno del mio sangue. 
Improvvisamente, una folata di vento gelido mi colpì in pieno volto, facendomi rabbrividire dalla testa ai piedi.
Sembrava che il vento avesse trascinato con sé delle voci e che qualcuno mi stesse chiamando.
<< Sophie? Sei tu?>> domandai al buio della stalla.
Silenzio.
<< Sophie... esci fuori!>> continuai.
Ma niente.
<< Ehi... non è questo il momento di giocare, Sophie! Non è proprio il caso! Non ora!>> gridai, la voce sempre più stridula.
Mi pareva di avere un macigno al posto del cuore, che con un crescente senso d'ansia mi schiacciava il petto sempre di più, fino a farmi sprofondare nel terreno.
Anche stavolta la bambina non rispose.
Cominciai così a vagare nella stalla alla sua ricerca, fino a che il nitrito di un cavallo non tradì la sua presenza.
<< Oh, finalmente ti ho trovata piccola pest...>>
Non feci in tempo a terminare la frase che un urlo nero come la morte s'impossessò delle mie corde vocali.
Incapace di restare in piedi, crollai a terra sulle ginocchia, a pochi centimetri da quell'orrore.
<> esordì tutta eccitata la bambina, << Sono usciti da quella botola laggiù! Dietro quelle balle di fieno!>>
Oh, no!
Non potevo permetterle di posare gli occhi su quello che avevo appena visto io.
Ricacciando indietro le lacrime, mi voltai a guardarla, trovandomi di fronte all'impossibile.
La manina di Sophie era avvolta attorno a quella di Miguel, che a sua volta sorreggeva mio padre, e dietro di loro c'era Ryan Blackwood con in braccio mia madre priva di sensi.
Erano tutti salvi... sporchi fuliggine e sangue, ma fortunatamente salvi.
Peccato solo che non avessi il tempo per gioirne.
<< Cosa c'è lì...? Cosa nascondi?>> fece curiosa la piccola, sporgendosi per guardare.
Cercai di impedirglielo ma fu tutto inutile.
<< C-cos'è successo al dottore?>> chiese nell'ingenuità dei suoi cinque anni.
Come poteva capirlo?
I suoi occhi non erano in grado di rielaborare quello che avevano di fronte.
Guardai lei, poi tutti loro, ed infine quella cosa.
Che avrei dovuto fare?
Cosa significava?
Miguel adagiò mio padre a terra, dopodiché si frappose fra me e la piccola, coprendole la visuale.
<< Adesso è tutto finito.>> disse James, incapace di guardare la scena.
<< È tutto finito?>> gli feci eco.
Potevo davvero crederlo?
Miguel guardò a terra, poi posò l'azzurro glaciale dei suoi occhi nei miei, raggelandomi all'istante.
Non c'era amore nel suo sguardo, solo un'interminabile distesa di gelo, una collera muta, fredda, bollente come il ghiaccio.
<< Oh, no... non è finito niente.>> sibilò a denti stretti, << È appena cominciato!>>

Ed intanto, il cadavere di George Ravaléc giaceva supino su un letto di fango e paglia.
Il corpo orribilmente deturpato, la gola sbranata da fauci animalesche e il volto congelato in un'espressione ripugnante, a metà tra il piacere e la sorpresa.
I suoi occhi erano fissi nel vuoto, spalancati, come anche la bocca da cui fuoriusciva lateralmente la lingua.
Con mano esitante, gli abbassai le palpebre. Il contatto con la sua pelle gelida, mi diede i brividi.
Poi abbassi lo sguardo sul suo petto, portandomi le mani alla bocca per fermare i numerosi conati di vomito.
Ma chi aveva potuto fare un simile scempio?
Più osservavo la scena, più non riuscivo a capacitarmene.
La sua camicia ed il panciotto erano stati strappati sul davanti, così da lasciare scoperto il petto e mostrare cosa ci fosse scritto sopra.
Toccai le ferite, ma ritirai subito la mano. Ero confusa.
Le lettere erano state accuratamente incise e scavate nella carne con una bella calligrafia, elegante, sofisticata, leggermente inclinata di lato.
La pelle umana usata alla stregua della carta,  ed il sangue come inchiostro vermiglio.
 

"Finalmente ti ho trovata.
Tuo per sempre

E."


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Angolo dell'autrice! 
Salve a tutti! In primo luogo, come sempre, vi ringrazio profondamente per esser riusciti a giungere fin qui, e se state leggendo queste note, è perchè siete riusciti a finire il capitolo! Ahahaha XD 
Che dire? 
Stavolta ho fatto passare solo una settimana, quindi posso considerare di essser stata brava... vero? VERO??? XD  (assecondatemi, vi prego!) 
Ma adesso passiamo oltre! Aaaaallora! In questo capitolo, confesso di essermi lasciata un pò prendere la mano per alcune cose e anche non volendo, ne è uscito fuori qualcosa di chilometrico <.< Penso che sia il più lungo capitolo che abbia scritto fin ora, e spero che la cosa non vi abbia annoiato! Davvero T.T 
Però succedono un sacco di cose... prima fra tutte, la comparsa di questo nuovo tipo di Ghuldrash! Ehehehe! Devo dire che mi piace il rapporto che si sta crando tra James e Miguel... e non mi dispiace nemmeno questa nuova "conversione" di Ryan (spero che non mi ucciderete per questo) che almeno per una volta torna utile all'umanità e aiuta Miguel a sconfiggere quelle creature tanto abominevoli! 
Poi c'è la parte di Amelie e Sophie... e, TADAAAAAN! 
Il colpo di scena finale! Con il ritrovamento del dottore da parte di Ame e l'entrata in scena di questo nuovo misterioso personaggio, che evidentemente ha usato Ravaléc come post-it umano XD 
Eh, si! Anche oggi mi sono macchiata di un omicidio >.< ma sono contenta perchè finalmente sono riuscita a far entrare in gioco "E." 
Ma ora passiamo ai ringraziamenti! Dunque... 

Ringrazio tutti coloro che perdono tempo davanti a questa storia, chi legge silenziosamente e chi ha aggiunto questo delirio alle proprie liste:
Klau_123, nora1991, gelidovendto, Darkparadise e forever_angel. 
Poi ringrazio anche le fantastiche ragazze che hanno rcensito l'ultimo capitolo: PinkyRosie FiveStars, Delia_Blue, Muffin_90, Angelmary90, LizzieMC111, BlackGirl_Chan e WhiteGirl_Chan! 
Grazie mille *-*
Quindi niente, spero che il capitolo non vi abbia disgustato troppo e che continerete a seguirmi anche nelle prossime puntate! 
Un bacione
Rob <3


 
   
 
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