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Autore: A Midsummer Night_s Dream    25/01/2015    5 recensioni
Mar dei Caraibi, 1657
Da anni, un pirata freddo e senza scrupoli solca le acque dei sette mari animato dall’odio e della vendetta verso colui che tempo addietro sterminò la sua famiglia.
William Alexander Spencer.
Una donna nobile dalla rara bellezza, incantatrice per l’aspetto angelico, ma astuta come una volpe e per nulla innocente, ignara si dirige tra le fauci di un destino che cambierà per sempre la sua vita.
Lady Helena Elisabeth Hughes.
Cosa fareste se la donna che più desiderate fosse la stessa che più odiate?
Cosa fareste se l’unico uomo in grado di salvarvi la vita fosse lo stesso che potrebbe uccidervi?
Odio. Amore. Tormento. Passione. Chi vincerà?
«Odio e amo. Per quale motivo io lo faccia, forse ti chiederai.
Non lo so, ma sento che accade, e mi tormento.»
Genere: Avventura, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Sorpresi, vero? Incredibile ma vero, stavolta non ho aspettato quasi due anni per aggiornare nuovamente!
In effetti, neanch'io riesco a crederci...
Spero il capitolo non sia per voi troppo lungo o pesante da leggere, visto che ho deciso di riportare quanti più dettagli e pensieri dei personaggi nelle varie situazioni per permettervi di vedere la storia così come la immagino io. Grazie di cuore a chi ha inserito la storia tra le seguite, preferite e ricordate. Un grazie speciale a chi ha lasciato un commento al capitolo precedente riservandomi un po' del suo tempo!
Nella speranza di sapere i vostri pareri e pensieri vi lascio alla lettura del capitolo! A presto,

A Midsummer Night_s Dream.







S
enza cuore

 





 A quanto pare, la giornata non era iniziata nel migliore dei modi per il capitano della Golden Lady. L'intera ciurma si era accorta del suo volto livido e lo sguardo omicida non appena aveva messo piede sul ponte della nave.

Ma nessuno osò fiatare e chiedere spiegazioni. Nessuno che avesse a cuore la propria vita, comunque.

Poche volte la ciurma lo aveva visto tanto irato e tutti, su quella nave e non, sapevano bene che era meglio starne alla larga in quelle rare occasioni. Diversamente, pena la morte.

La sua voce furibona tagliò l'aria improvvisamente, risvegliando gli uomini dai loro pensieri e tra di loro qualcuno addirittura sobbalzò preso alla sprovvista. "Ognuno vada alla propria postazione! Spellerò vivo personalmente ogni figlio d'un cane che oserà poltrire sulla mia nave, muovetevi!" E nonostante non avesse dato loro una meta, nessuno protestò.

Solo un uomo ebbe il coraggio di scuotere la testa con espressione divertita e avvicinarsi al capitano incurante.



 

Nel frattempo, dopo aver impartito i propri ordini, Alexander si diresse a passo di carica verso il timone che agguantò con presa ferrea, il volto ancora incupito e lo sguardo truce puntato sulla distesa azzurra dinanzi a lui.

Prese un enorme boccata d'ossigeno, riempiendo così i polmoni con l'aria salmastra attorno a lui e riuscendo in quel modo a ritrovare un po' della calma e lucidità persa poco prima. Solo il mare aveva quell'effetto su di lui.

L'immagine della donna bianca e abbandonata sotto di lui tornò ancora una volta a tormentarlo. La sua presa attorno al timone si fece ancor più salda, le nocche sbiancarono e una bestemmia uscì dalle sue labbra.

L'aveva quasi ammazzata e non riusciva a darsi pace per questo...
In trent'anni di vita non aveva mai picchiato una donna, ma con Helena non si era spinto soltanto a quello, no. Era quasi stato sul punto di ucciderla se il suo volto non gli avesse ricordato quello di un'altra donna facendolo allontanare come scottato e appena in tempo.

Dannata donna, era tutta colpa sua se aveva perso la testa!

La sua insolenza all'inizio l'aveva divertito a tratti un po' irritato, ma poi si era spinta oltre. Troppo. Come un fulmine a ciel sereno era arrivato lo schiaffo e ogni taccia di divertimento era sparita in lui, sostituita da una furia cieca. Nessuno aveva osato colpirlo fino a quel momento, nessuno!

Di quel passo, quella donna sarebbe stata la sua rovina!

"Piccola vipera..." sbottò in collera, portando una mano sul volto stanco e troppo immerso nei propri pensieri, Alexander non si accorse dell'uomo che lentamente si era avvicinato a lui, fino a portarsi alla sua destra.

"Poche ore e quella donna è già riuscita a far uscire il peggio di te, vero Alex?"

Quella domanda detta in tono tanto canzonatorio non fece che irritarlo maggiormente. Le dita, come di vita propria, si strinsero a pugno pronto a punire lo stolto che aveva osato rivolgersi a lui in quel modo. Lasciò velocemente il timone, il braccio destro tirato all'indietro e pronto a caricare ma fu costretto a fermarsi con la mano a mezz'aria quando voltandosi riconobbe in quella figura il volto del suo ufficiale in seconda nonché migliore amico.

Gli occhi verde smeraldo di Gabriel brillarono divertiti mentre lo osservava con una chiara espressione beffarda sul volto e falsamente impaurita. "Volete davvero colpirmi, capitano?"

"Fanculo, Harvey! La nostra amicizia non mi impedisce di gettarti in pasto ai pescicani se solo lo volessi!"

"Oggi il nostro capitano è estremamente suscettibile!"

Alexander osservo l'amico scoppiare in una fragorosa risata e infastidito, con nessuna voglia di scherzare, lo ammonì con lo sguardo, in una tacita promessa di mettere in atto la sua minaccia se solo avesse continuato.

L'idiota sembrò percepire il suo umore nero e ogni traccia di ilarità sparì dal suo volto. Aveva capito che qualcosa lo turbava.

"
Non hai fatto niente di avventato di sotto, vero?" domandò con espressione seria e leggermente preoccupata, intuendo la fonte del suo turbamento.


"No. O forse si. Chiedi ad Henry di andare dalla donna e assicurarsi delle sue condizioni" rispose evasivo, alzando gli occhi in alto, ad osservare il cielo azzurro e sereno, per poi sussurare poche parole che lasciarono l'amico sgomentato. "Sempre che sia ancora viva..."




Se di sopra l'aria era piena di urla, bestemmie e risate sguaiate, sotto coperta regnava un silenzio quasi spettrale.

La gola bruciava maledettamente. Anche respirare era diventato ormai doloroso. Ad ogni singola boccata d'aria sembrava che qualcuno le infilasse un ferro rovente in gola.

Una lacrima traditrice scivolò  lungo la sua guancia destra ed Helena la scacciò via immediatamente, stizzita e in collera con se stessa per quella debolezza.

Fortunatamente in quel momento era sola e nessuno avrebbe così visto la sua fragilità. Si rannicchiò su se stessa, portando le gambe al petto e cingendole con le braccia nella vana speranza di trovare un po' di calore, ma soprattutto un conforto di cui aveva disperatamente bisogno.

Gli occhi le si riempirono nuovamente di lacrime quando ripensò all'intera situazione, alle proprie condizioni fisiche apprese poco prima, ma le ricacciò prontamente indietro caparbia e fin troppo orgogliosa.

Si era appena svegliata, il corpo paralizzato a causa del dolore e la gola in fiamme quando un uomo abbastanza alto e corpulento era entrato senza bussare nella cabina, fermandosi per un breve istante sulla soglia a guardarla stupito per poi avanzare a grandi falcate.

Helena aveva provato a ribellarsi, sgomentata e terrorizzata, quando l'uomo si era accovacciato sui talloni, al suo fianco, e l'aveva scrutata con attenzione prima di poggiare le sue dita, in un tocco caldo e leggero, all'altezza della gola procurandole così una fitta di dolore che le aveva strappato un gemito dalle labbra.

"Stai ferma. Muovendoti come un'anguilla non farai che accrescere il dolore" l'aveva ammonita aspramente lo sconosciuto, mentre prendeva da una borsa di pelle scura, che prima non aveva notato, delle garze e una piccola ampolla verde scuro. "Il mio nome è Henry e sono il medico di bordo" aggiunse poco dopo guardandola di sfuggita.

Il dolore si era fatto davvero lancinante, la percorreva da capo a piedi, e poi -dovette ammettere a se stessa- stranamente quell'uomo all'apparenza burbero le infondeva un senso di fiducia.

Non rispose, ma immobile e guardigna l'aveva osservato attentamente mentre svolgeva quello che era il suo lavoro su quella nave. Fiducia o no, quell'uomo rimaneva sempre un corsaro.

La sua età doveva essere compresa tra i quaranta e i cinquant'anni, aveva deciso alla fine.

I capelli neri e screziati di grigio sulle tempie arrivavano appena a sfiorargli il collo, il volto era lievemente bruciato dal sole, segnato dalle intemperie del tempo e cicatrici di vecchie battaglie. Gli occhi grandi, castani e stranamenti pacifici -che poco si addicevano ad un pirata- con sua grande irritazione, si erano velati di compassione quando aveva riconsciuto in quei lividi la forma di alcune dita.

"Devi averlo fatto arrabbiare davvero tanto per scatenare una reazione simile da parte sua..." mormorò sovrappensiero il medico rivolto più a se stesso che a lei.

Nessun'altra parola era stata poi pronunciata. Con attenzione le aveva applicato un unguento sul collo per poi fasciarlo con alcune garze, fatto ciò le aveva versato alcune goccie bluastre in un bicchiere d'acqua raccomandandosi di assumerle tre volte al giorno così da alleviare il dolore. Dopodichè era andato via cosi com'era arrivato, osservandola silenzioso per un lungo momento immerso in chissà quali pensieri prima di salutarla con un movimento brusco del capo. Che uomo strano...

Un tonfo improvviso sulle assi di legno sopra la sua testa la fece sobbalzare, riportandola bruscamente alla realtà.

Per l'ennesima volta si domandò come fosse finita in quella tremenda situazione. Era partita per andare incontro ad una nuova vita, un matrtimonio non voluto ma combinato dal padre che era stata costretta ad accettare ed eccola lì, su un vascello pirata circondata da un branco di animali!

Ma ciò che fece rabbrividire impaurita Helena al solo ricordo fu il volto del capitano, distorto in un espressione grottesca. Quasi inumana.

Si portò una mano attorno al collo tremante, deglutendo rumorosamente. L'aveva quasi uccisa...

Il suo schiaffo era stato un gesto avventato, alcuni lo avrebbero definito sciocco se non addirittura suicida, di questo ne era consapevole, eppure il suo orgoglio le impediva di provare rimorso.

Fin da bambina aveva dimostrato di possedere un carattere ribelle, poco ligio al dovere e alle regole e che solo il padre grazie ad un'educazione severa e molte punizioni era riuscito a tenere a freno. A domare, forse, ma non ad estirpare completamente e questa ne era stata l'ennesima prova.

Ma diamine! Quel diavolo aveva osato spogliarla mentre lei era incosciente, aveva posato lo sguardo sul suo corpo indifeso così come mai nessun uomo aveva fatto prima e si era pure preso gioco di lei per quello! Oltre il danno pure la beffa!

"Bastardo..." sibilò furiosa e umiliata, gemendo poi a causa del dolore alla gola.

All'improvviso, Helena si ritrovò a sobbalzare colta di sorpresa quando sentì la porta della cabina spalancarsi e una figura possente entrare senza un suo esplicito invito.

Eppure non ebbe modo di protestare dinanzi a quella mancanza. Il cuore iniziò a batterle furiosamente nel petto e il suo corpo fu scosso da un brivido di paura quando riconobbe in quella figura il suo aguzzino.

Il terrore gelò ogni suo singolo muscolo. Il respiro le si bloccò in gola mentre lo osservava avanzare silenziosamente, fino a fermarsi a pochi passi dal suo giaciglio.

Nessuna emozione particolare segnava il suo volto, sembrava impassibile se non addirittura scocciato nel rivederla di nuovo, eppure nel suo sguardo riconobbe lo scintillio pericoloso di un predatore che studiava la propria preda prima di avventarsi su di lei.

La studiò silenziosamente per un lasso di tempo che le sembrò interminabile. L'aria carica di tensione e che fu lui il primo a spezzare con poche parole che la ferirono come un fendente in pieno petto.

"Henry diceva il vero, dunque... Sei ancora viva" Il tono di voce incolore mentre parlava come se nulla fosse, come se non stesse parlando della vita di un essere umano, della sua vita.

Poche parole le sue, ma che ebbero il potere di farla fremere e stavolta non per la paura.

Quasi la sua vita fosse cosa di poco conto! Anzi, sembrava davvero infastidito di vederla ancora viva!

"Si, per vostra sfortuna!" rispose inviperita, ma fu costretta a pentirsene subito quando sentì la gola bruciare e la tosse toglierle il respiro.

Che voi siate maledetto, per l'ennesima volta!

Portò le mani attorno al collo e sospirò di sollievo quando sentì le proprie dita gelide darle un po' di sollievo.

Una risata divertita prorruppe dalle labbra dell'uomo. Sorpresa alzò di scatto lo sguardo incontrando quello ilare del demonio.

"Credo proprio d'essermi sbagliato! Tra le braccia non ho avuto una gattina..." disse con un ghigno malizioso. "Ma una vera e propria tigre!"

Helena sentì il sangue fluire velocemente sul viso, le guance scottare nell'udire le sue parole ardite e furiosa aprì le labbra per rispondere a tono, ma il respiro le si mozzò nuovamente quando vide il capitano avvicinarsi lentamente a lei, ancora divertito. Gli occhi le si riempirano involontariamente di lacrime. Il coraggio sembrò abbandonarla.

"State lontano da me..." mormorò tremante e, ignorando il dolore dei muscoli che si ribellavano, si liberò velocemente dalle lenzuola, alzandosi e portandosi nella parte opposta della cabina. Lontana da lui. "Non avvicinatevi!"

Alexander ancora una volta si trovò stupito ad ammirare il coraggio della giovane donna e il suo spirito battagliero. Piccola, fragile eppure così fiera nonostante si fosse trovata poco prima faccia a faccia con la morte continuava a combatterlo minuta in quella camicia da uomo bianca, troppo grande per lei e che poco celava al suo sguardo.

"Dovresti stare a letto, sei molto debole" disse distrattamente, perso nei suoi pensieri voluttuosi, senza distogliere un solo attimo gli occhi avidi da quel magnifico corpicino.

Una risata di scherno lo portò rudemente alla realtà. "Non posso crederci! Vi state, per caso, preoccupando della mia salute, capitano?" sputò l'ultima parola quasi fosse un insulto, mentre senza rendersene conto si avvicinava a lui, gli occhi resi brillanti dalla furia. "Siete un maledetto bastardo!"

Alexander non avrebbe mai immaginato una reazione simile da parte sua. La ragazza si lanciò su di lui con un grido pieno di dolore, le dita piegate a formare degli artigli mentre cercava in tutti i modi di arrivare al suo volto e graffiarlo, morderlo pur di ferirlo.

Senza fatica bloccò le braccia di Helena a mezz'aria, la guardò stupito mentre si dimenava come una matta, in preda ad una crisi isterica, scalciando, urlando i peggiori insulti e che una donna del suo rango non avrebbe dovuto conoscere.

"Calmati, Helena, ti farai del male così!"

"Dopo avermi quasi uccisa vi preoccupate di me?! Maledetto, continuate a prendervi gioco di me! Bastardo! Che la vostra anima marcisca all'infern-"

"Ho detto di calmarti!" urlò Alexander furioso, stanco dei suoi insulti. Deciso nel farsi rispettare le immobilizzò il volto con una mano, in una presa ferrea e dolorosa considerato il gemito che uscì dalle labbra della donna. Ma non gli importò, visto che neanche la gentilezza aveva funzionato con lei era costretto a ricorrere ai soliti metodi.

Con la mano libera la agguantò per la vita, facendola cozzare contro il suo petto, costringendola a guardarlo negli occhi. "Fossi in te non giocherei ancora col fuoco, bambina." alitò minaccioso a pochi centimetri dalle sue labbra, gli occhi cristallini di lei adesso spalancati dal terrore. "Perchè la prossima volta che le mie mani si poseranno su di te posso giurarti sulla mia anima dannata che non sopravviverai!"

Di fronte a quella chiara minaccia di morte, Alexander si sarebbe aspettato sottomissione dalla donna tra le sue braccia.

Ma nuovamente, in quei pochi minuti, Helena lo stupì per la seconda volta.

"Mi avete quasi uccisa, maledetto corsaro!" urlò disperata in un ultimo tentativo di ribellione, per poi aggrappandosi senza forze alla sua blusa mentre le lacrime copiose rigavano il suo bellissimo volto e i singhiozzi le scuotevano il petto. "M-mi avet-te quasi u-uccisa..." Sentì il suo corpo afflosciarsi tra le proprie braccia e fu institivo per lui stringerla ancora più forte al petto, sostenendola e piantando lo sguardo scioccato e preoccupato in quello disperato di lei. "Voi non avete un cuore..."

Pronunciate quelle ultime parole, Helena sentì il pavimento mancarle sotto i piedi e attese che il dolore della caduta arrivasse.

Ma questo non avvenne, a differenza sentì due forti braccia sostenerla e sollevarla. Il calore di lui la avvolse e involontariamente si aggrappò all'unica cosa che sembrava reale in quel momento di disperazione e follia.

"Mi è stato strappato dal petto tanto tempo fa insieme a ciò che più amavo, piccola..." fu un sussuro così lieve e vibrante di dolore che Helena si convinse d'averlo solo immaginato mentre l'oblio la reclamava di nuovo a sè.

Un unico pensiero a tormentarla: il diavolo avrebbe presto preteso anche la sua anima.





   
 
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