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Autore: ___Page    26/01/2015    2 recensioni
Con estrema delicatezza, estrasse una freccia dalla faretra e caricò l’arma, portando poi l’occhio sul mirino e provando a immaginare che sensazione desse scoccare il colpo.
Respirava impercettibilmente, conscia dell’assurdità della situazione, senza riuscire a spiegarsi perché lo stesse facendo ma senza comunque riuscire a impedirselo.
Si rendeva conto della pericolosità di ciò che stava facendo e se Sabo l’avesse beccata…
-Che stai facendo?!-
La voce sconvolta del biondo riecheggiò nella stanza, facendola voltare di scatto e sobbalzare simultaneamente.
Con sommo orrore, vide la freccia fendere l’aria, scagliandosi dritta contro Sabo, diretta al suo pettorale.
*Fanfiction liberamente ispirata al mito di Amore e Psiche*
*Fanfiction collegata alla One Shot "Sei semi di melograno" ma comprensibile anche senza averla letta*
Genere: Comico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boa, Hancock, Corazòn, Margaret, Trafalgar, Law
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Amazon Lily si trovava nel punto più alto di Raftel.
Era a metà tra un parco botanico e una piccola foresta che si estendeva su una collina, dove la gente amava andare per perdersi nei propri pensieri e rilassarsi in mezzo al verde.
Ma la ragazza con il cappellino rosso che incedeva sicura e determinata con una scatola di legno sotto braccio non aveva l’aria di essere lì per rilassarsi.
I suoi occhi dardeggianti sembravano pronti a incenerire chiunque avesse avuto l’ardire di ostacolare la sua avanzata e per fortuna quel giorno e a quell’ora Amazon Lily era praticamente deserta.
-Koala! Attenta al cofanet… Koala!!!-
Il tizio biondo dietro di lei continuava a chiamarla e a dirle di fare attenzione ogni volta che vedeva la confezione di legno oscillare per un passo marcato con troppa forza, senza rendersi conto che stava rischiando la vita.
Per fortuna Koala era troppo intenta a guardarsi intorno per prestare attenzione agli ammonimenti di Cora.
-Cora-san credo le sia chiaro che deve stare attenta- gli fece notare Monet, parlando con quella sua voce dolce e inquietante al tempo stesso.
Aveva voluto accompagnarli e, dopo l’iniziale sconvolgimento di Koala nel constatare che una volta uscita dall’Inferis le zampe e le ali si erano trasformate in arti umani, i due le avevano raccontato un po’ per uno dei recenti avvenimenti e di cosa si apprestavano a fare.
Con un materno sorriso, Monet osservava la ragazza avanzare sicura in mezzo alla vegetazione rigogliosa, scansando piante e rami, osservando in ogni anfratto alla ricerca di Sabo.
Capì che lo aveva trovato, quando la vide immobilizzarsi e irrigidirsi, trattenendo il fiato.
-Credo che ci siamo- mormorò rivolta a Cora, che schizzò con gli occhi verso Koala appena in tempo per vederla mettersi a correre verso Sabo.
Nonostante le lacrime di felicità che le offuscavano la vista, teneva gli occhi puntati su di lui, seduto sotto un’imponente e nodosa quercia, la schiena appoggiata al tronco e lo sguardo perso nel vuoto.
Sembrava triste, svuotato, l’ombra di se stesso, se ne rese conto, Koala, anche da quella distanza.
Accelerò, impaziente di vederlo sorridere di nuovo, di venire stretta tra le sue braccia, di vedere ancora i suoi occhi guardarla innamorati.
Accelerò sotto lo sguardo felice di Cora e Monet, che si erano fermati ai margini del piccolo spiazzo dove sorgeva la quercia e osservavano Koala correre come due genitori che osservassero il proprio figlio  muovere i primi passi.
Fu un movimento tra la vegetazione, ai margini del loro campo visivo, a farli voltare di scatto mentre trattenevano il fiato.
Non si vedeva nulla e non si sentiva alcun rumore ma bastò l’istinto per capire cosa stava succedendo.
Come se si fossero messi d’accordo, Cora scattò come un fulmine dietro a Koala, mentre Monet si librava in aria nella direzione opposta, per individuarla tra i cespugli.
Il biondo l’aveva quasi raggiunta, pronta a pararsi di fronte a lei e farle da scudo se necessario, quando una maledetta radice che fuoriusciva dal terreno lo fece inciampare e rovinare a terra.
Bocconi, sollevò la testa assistendo come a rallentatore a ciò che avvenne nell’arco di pochissimi istanti.
Un freccia scoccata dal mezzo della boscaglia raggiunse Koala colpendola alla scapola sinistra e trapassandola da parte a parte con precisione millimetrica, senza ucciderla ma facendola bloccare di botto.
Il braccio della ragazza smise di stringere il cofanetto contro il suo costato, lasciandolo precipitare a terra dove rimbalzò un paio di volte prima di aprirsi e, sotto lo sguardo attonito e impotente di Cora e Monet, disperdere nell’aria i ricordi di Sabo, sotto forma di una nuvoletta blu cobalto che si dissolse in un secondo.
Tremante, Cora si puntellò a terra per rimettersi in piedi, mentre Monet lo affiancava, spostandosi a mezz’aria, gli occhi di entrambi puntati su Koala.
La ragazza era ancora immobile a pochi metri da Sabo, confusa e stordita da qualcosa che non sapeva identificare.
Sbatté le palpebre guardandosi intorno, riconoscendo il parco di Amazon Lily, domandandosi cosa ci facesse lì e come ci fosse arrivata.
Poco distante da lei, seduto tra l’erba all’ombra di un quercia, un ragazzo biondo, che non aveva mai visto prima, la osservava con occhi vacui almeno quanto i suoi.
Nell’incrociare quelle iridi blu e opache, Koala avvertì una strana scossa, realizzando empaticamente che entrambi condividevano quella strana sensazione di mancanza, come un vuoto all’altezza del cuore.
E per quanto avrebbe avuto senso fermarsi lì con lui, alla ricerca di un po’ di reciproco sostegno, quel dolore che pulsava al centro del suo petto le fece desiderare di andare subito a casa.
Indifferente il ragazzo distolse lo sguardo da lei, appurato che non la conosceva, mentre lei gli voltava le spalle e si avviava per andarsene.
-Koala!- la chiamò Cora in preda all’agitazione -Ma che fai?! Non puoi andartene, Sabo è lì! Prova a parlarci!-
Ma Koala lo fissava con occhi spenti, corrugando le sopracciglia e scrutandolo.
-Ci… Ci consociamo?- domandò debolmente, facendo sgranare gli occhi al biondo.
Ma cosa…
Sconvolto la guardò allontanarsi, non ricevendo risposta, per poi tornare a focalizzarsi su Monet che, del tutto ignorata da Sabo, si era spostata di qualche passo, chinandosi a raccogliere la freccia che aveva trapassato il petto di Koala.
Sottilissima, flessibile e bianca, sembrava quasi un filo d’erba.
Con sguardo grave la verde si girò verso Cora, che trattenne il fiato, conscio che stavano per arrivare cattive notizie.
-Dardo dell’insensibilità- mormorò con un filo di voce Monet.
-Che… che significa?- chiese il biondo, non certo di volerlo davvero sapere.
-Non è più in grado di ricordare le persone a cui tiene. E più tiene a loro meno possibilità ha di ricordarle. Le ha tolto qualsiasi possibilità di ricordarsi di lui-
Cora prese a tremare leggermente mentre spostava lo sguardo dal dardo, tra le mani di Monet, al cofanetto ormai irrimediabilmente vuoto tra l’erba a Sabo che, distrutto e svuotato, fissava il nulla assoluto, incapace di reagire a qualsivoglia stimolo.
La rabbia gli montò dentro, mentre si girava furente e terribile verso il punto in cui la vegetazione si infittiva.
-Hancock!- mormorò fuori di sé prima di precipitarsi tra i cespugli senza che Monet riuscisse a fermarlo.
 

 
§
 

Aveva quasi raggiunto l’uscita del parco ma non era riuscita ad andarsene.
Quella sensazione come se le avessero strappato qualcosa direttamente dal petto con il dolore che ne conseguiva, quel sentirsi a metà, la stava torturando, provocandole un male anche fisico che le impediva di proseguire.
Lasciò libero sfogo alle lacrime che traballavano sulla punta delle sue ciglia e precipitavano sulle sue guance arrossate e sulle labbra gonfie, mentre si sedeva su una panchina, il corpo scosso da tremiti che cercava inutilmente di contenere abbracciandosi da sola.
Soffriva indicibilmente e non sapeva nemmeno per cosa.
Portò una mano ad asciugare malferma la guancia, mentre tirava su con il naso, maledicendosi per essere uscita senza borsa.
Una mano spuntò dal nulla sotto il suo naso, tendendole un fazzolettino.
Colta alla sprovvista osservò dapprima il pezzo di carta soffice e bianca e poi colei che glielo stava offrendo.
Non si era accorta che su quella panchina ci fosse già seduto qualcuno, nella fattispecie una ragazza più grande di lei ma giovane, con capelli neri e grandi occhi azzurri e materni, che la osservavano dolci e incoraggianti.
Accettò il fazzoletto riuscendo a ringraziarla solo con un cenno del capo, incapace di parlare.
Si soffiò sonoramente il naso, notando che teneva un libro aperto sulle gambe e al collo un ciondolo a forma di civetta.
-È interessante?!- chiese dopo qualche istante, sperando che fare un po’ di conversazione la aiutasse a lenire in parte il dolore.
-Abbastanza- rispose con un etereo sorriso la donna -È un libro sulla memoria-
Koala ebbe un lieve sussulto a quelle parole.
-E cosa…- si fermò per deglutire -… cosa dice?!-
-Dice che le cose davvero importanti non si dimenticano mai- le disse, allungando una mano ad asciugare una nuova lacrima con la dolcezza di una madre -Che c’è sempre un modo per recuperare ciò che conta davvero-
 

 
***
 

Non era una bella scena a cui assistere, quell’uomo grande e grosso che trascinava per un braccio una donna bellissima e urlante.
Eppure nessuno dei passanti pensò nemmeno per un istante che ci fosse una maltrattamento in corso.
L’aspetto di quella donna, il suo abbigliamento, il suo atteggiamento melodrammatico la etichettavano come pazza isterica anche ad occhi estranei e la presenza dell’altra donna, che camminava pacata e serafica dietro di loro era un’ulteriore conferma che niente di allarmante stava effettivamente accadendo.
Così nessuno si soffermò più di tanto su quel piccolo siparietto tragico e nessuno fece caso all’improvviso cessare delle urla una volta che il terzetto ebbe svoltato l’angolo e Hancock fu scaraventata senza troppi complimenti oltre la porta dell’Inferis, seguita a ruota da un’immancabilmente serena Monet, tornata al suo aspetto originario, e da uno spaventoso, tanto era furibondo, Cora.
Il biondo si guardò intorno quasi ringhiando, intimando ai pochi avventori di lasciare subito il bar, ordine che nessuno si fece ripetere, ubbidendo prontamente, eccezion fatta per quelle  tre impiccione e pettegole delle Parche che rimasero ferme nel loro angolino a fare la calza, odorando che c’era puzza di litigio nell’aria.
Rendendosi conto di dove si trovava Hancock si calmò per un istante, al solo scopo di raccogliere tutta la sua rabbia e cambiare il bersaglio su cui scaricarla.
-Law! Vieni fuori!- intimò, autoritaria come sempre.
Uscendo dal retro senza fretta, il dio degli inferi e la sua consorte fecero la loro apparizione, il primo impassibile, la seconda fiera e contrariata da una presenza tanto indesiderata nel proprio locale.
-Ma bene! Eccoli qua! E così la tua dolce mogliettina ha pensato bene di mettersi contro di me e aiutare quella mortale a riprendersi mio figlio! Se riprovi a mettermi i bastoni tra le ruote…- disse tremando di rabbia e caricando di disprezzo la parola “mortale”.
Law si spostò lateralmente in modo da pararsi di fronte a Margaret, guardando truce colei che aveva appena osato minacciare la sua donna.
Poi un ghigno bastardo spuntò sul suo volto.
-Dovresti rilassarti Hancock, così ti vengono le rughe-
La dea della bellezza sgranò gli occhi profondi e blu, oltraggiata da quelle parole e, gettata la testa all’indietro, inarcata la schiena e puntato l’indice contro la coppia, diede il via alla scenetta a cui ormai tutti si erano abituati.
-A me le rughe non verranno mai perché io...-
-Sei bellissima- mormorano atoni e all’unisono tutti i presenti, Parche comprese.
-…sono bellissima!- concluse prima di raddrizzarsi e fronteggiare nuovamente la coppia infernale -E comunque chi ti ha dato il permesso di maneggiare liberamente i ricordi di mio figlio, ragazzina?!-
-Io le ho dato il permesso! Ti ricordo che i ricordi persi con l’acqua di Lete sono sotto la mia giurisdizione e sono libero di farne ciò che voglio- intervenne ancor Law, terribile e quasi indemoniato.
Hancock ammutolì, resistendo all’impulso di gonfiare le guance come una bambina capricciosa, prima di rilassarsi e concedersi un maligno sorriso.
-Oh beh…- cominciò esaminandosi le unghie -…Nessun problema! Tanto sono andati perduti, volatilizzati per sempre!- cantilenò quasi, con un gesto svolazzante della mano.
Alle sue spalle Law sentì Margaret irrigidirsi e trattenere il fiato a quell’affermazione.
-Che è successo?- domandò, cercando Cora con lo sguardo e trovandolo demoralizzato e avvilito su uno degli sgabelli vicini al bancone.
-Ha colpito Koala con un dardo dell’insensibilità e le ha fatto cadere il cofanetto prima che fosse abbastanza vicina a Sabo- spiegò Monet, facendoli voltare verso di sé, scioccati.
Margaret portò una mano alla bocca, più sconvolta che mai.
-Pensavate di potermi fregare vero?! Mi spiace ma avete scommesso contro la divinità sbagliata! Nessuno può osare sfidarmi e sperare di vincere contro di me perché io…- ripeté, mettendosi nuovamente in posa e facendo sospirare e mandare gli occhi al cielo a tutti quanti -… sono… bellis… OUCH!!!-
Senza riuscire a opporsi si ritrovò strattonata all’indietro da Cora, che l’aveva afferrata di capelli, in un moto di ira allo stato puro.
La guardò con occhi lampeggianti, riuscendo a farle perdere almeno un po’ della sua fastidiosa arroganza.
-Tu pensi che sia tutto un gioco vero?! Lo sai cosa hai fatto oggi?! Hai rovinato per sempre la vita di quei due ragazzi! Li hai condannati all’infelicità!!! Tu non sei una dea, sei un… un mostro, un’arpia!!!-
-Ehi!!!- protestò Monet, incrociando le ali sotto il seno.
-Senza offesa per te ovviamente, Monet!- aggiunse il biondo, facendola sorridere -Tuo figlio è diventato l’ombra di se stesso nel caso tu non te ne fossi accorta! E per causa tua ora non potrà mai più tornare quello di un tempo!!!- concluse, fuori di sé.
Hancock aprì la bocca per ribattere ma il suono del campanello la interruppe.
Serio e terribile, il volto parzialmente coperto da un tatuaggio e gli occhi fiammeggianti, il padre degli dei fece il suo ingresso, facendo trattenere il fiato a tutti qualche istante.
-Dragon-san- lo chiamò Margaret, con una nuova speranza negli occhi mentre avanzava nel locale senza una parola, guardandosi intorno e soffermandosi su Cora e Hancock.
-Robin mi ha raccontato cos’è successo- mormorò, fissando intensamente la donna -Hai passato il segno Hancock-
La donna sgranò gli occhi indignata.
Come si permetteva?!
-È di mio figlio che stiamo parlan…-
-Hai colpito una mortale. Sei venuta meno a una delle regole più importanti per vivere in mezzo a loro-
-A me non è mai importato di vivere in mezzo alla plebaglia!-
-Il che è un problema perché ho dato l’ordine di lasciare Skypeia proprio oggi- affermò, facendo corrugare le sopracciglia e Law e Cora -È ridicolo continuare con questa farsa. Noi a questo mondo non serviamo più. A partire da oggi saremo liberi di scegliere una vita mortale oppure l’immortalità ma comunque sia questo luogo diventerà la nostra casa. Non provare a ribattere!- bloccò sul nascere la protesta di Hancock -Sono più di sei mesi che tuo figlio non assolve ai suoi doveri. Pensi forse che la gente abbia smesso di innamorarsi per questo? Non è così. Ripeto, noi a questo mondo non serviamo più. Ho preso la mia decisione ormai. E ora dammi l’arco- concluse, tendendo il braccio verso la mora che lo guardò incredula e boccheggiando.
-Cos… che…-
-Devo prendere provvedimenti. Dammi l’arco- ripeté con un tono che non ammetteva repliche.
Riluttante e furibonda Hancock consegnò la propria arma nelle mani di Dragon, incrociando poi le braccia al petto, imbronciata.
-Non so cosa ti aspetti che io faccia per passare il tempo-
Dragon ghignò sghembo e sadico.
-Puoi sempre imparare a lavorare a maglia- le disse facendola indignare ancora di più e salutando poi con un cenno del capo qualcuno oltre la spalla della donna, che si girò per intercettare le tre Parche che agitavano le mani nella loro direzione, sghignazzando a più non posso.
-Dragon-san!- agitato e fremente, Cora si avvicinò al moro -I ricordi di Sabo e Koala…- cominciò ma l’espressione di Dragon gli fece morire le parole in gola.
-Mi dispiace, per quello ormai è tardi. Non posso fare nulla per loro. I loro ricordi sono perduti per sempre-
 

 
§
 

Era tutto inutile!
Non riusciva a dormire!
Camminando meccanicamente era giunta lì, ai piedi di quel condominio in quel quartiere esclusivo dove era impossibile che vivesse eppure il portiere l’aveva salutata e, sebbene perplesso, aveva risposto alla sua richiesta di indicarle il piano del proprio appartamento con una parola che aveva fatto sbigottire ancora di più lei.
Com’era possibile che vivesse nell’attico di quel palazzo?!
Ma era così esausta che, appurato che le chiavi che aveva in tasca aprivano effettivamente la porta di quel super appartamento, aveva smesso di farsi domande o stupirsi.
Accettando di buon grado quell’assurda situazione aveva constatato che viveva lì da sola dalla presenza dei suoi soli vestiti nell’armadio, non aveva cenato e, infilatasi la sua sottoveste lilla, era andata a dormire, bisognosa di riposo, finché non si era svegliata nel cuore della notte senza più riuscire a prendere sonno.
E ora non era più tanto il bisogno di dormire quanto il fatto che solo nel sonno quel dolore e quella sensazione di vuoto sembravano lasciarla in pace.
Rigirandosi un’ultima volta tra le lenzuola e tirandosi su a sedere, si passò una mano sul volto e si guardò intorno, sconsolata.
Si bloccò a metà panoramica, tornando rapidamente su un dettaglio che, per qualche ragione, l’aveva colpita.
L’anta di estrema destra dell’armadio che occupava l’intera parete era socchiusa e, assottigliando  lo sguardo e scrutando nella penombra, notò che qualcosa spuntava dalla fessura.
Sembravano delle piume nere.
Incuriosita, si alzò e avvicinò al vano del mobile, aprendo l’anta con cautela.
Sgranò gli occhi nel riconoscere una faretra e una balestra, tutto nero, frecce comprese, mentre una strana sensazione si impadroniva di lei.
Allungò una mano a sfiorare l’arma, con la netta sensazione di stare rivivendo qualcosa di già vissuto, e, non appena i polpastrelli entrarono in contatto con la fibra di carbonio di cui era fatta, un formicolio le percorse il braccio.
Come guidata da una forza superiore imbracciò la balestra, estrasse un dardo dalla faretra, facendo scorrere le dita sulle piume morbide e scure, e lo incoccò, portando poi il mirino all’altezza dell’occhio.
Si girò di un quarto alla ricerca di una maggiore visuale, ritrovandosi a fissare la porta del bagno.
Improvvisamente, un’immagine prese forma nella sua testa e con l’occhio della mente vide la freccia librarsi nell’aria e dirigersi verso il petto di un ragazzo biondo che riusciva a visualizzare quasi fosse stato lì, vero e concreto di fronte a lei.
Trattenne il fiato quando si rese conto che si trattava del ragazzo biondo che aveva visto quel pomeriggio ad Amazon Lily.
Un capogiro la colse, obbligandola ad abbassare l’arma e a cercare sostengo contro l’armadio.
Cosa le stava succedendo?!
Posò gli occhi sul letto e in un attimo, un mare di ricordi che mai aveva saputo di possedere le invase la testa.
Si vide seduta su quel letto a scuotere quello stesso ragazzo per svegliarlo e poi si vide sdraiata sotto di lui, persa in lui, mentre facevano l’amore.
A occhi sgranati, sentì che la voragine al centro del petto si stava lentamente richiudendo.
Abbandonata la balestra a terra, di diresse scalza nel salotto, alla ricerca di nuovi stimoli per aiutare i ricordi.
Si vide discutere con lui, in piedi davanti alla finestre e poi si vide di spalle a guardare fuori, abbandonata tra le sue braccia che la cingevano da dietro.
Si vide cucinare ai fornelli della cucina a vista e poi si vide seduta alla penisola con lui, che ridevano e scherzavano, dividendosi una pizza.
Attimi di vita.
Pezzi mancanti del puzzle.
Chiuse gli occhi rischiando di perdere l’equilibrio, mentre i ricordi vorticavano nella sua testa, ognuno alla ricerca del proprio alloggio, abbandonandosi completamente.
In un attimo tutto fu chiaro e spalancò gli occhi sconvolta, una sola parola sulle sue labbra.
-Sabo-
Lo disse in un sussurro quasi impercettibile, parlando con il buio che la circondava.
Sabo aveva perso la memoria.
Doveva trovarlo, doveva parlare con lui, subito, immediatamente.
Senza perdere tempo infilò al volo un paio di stivali al ginocchio e la sua giacca di pelle, precipitandosi poi verso la porta.
La spalancò decisa ma quello che vide la fece immobilizzare dopo un lieve sussulto.
Sgranò gli occhi non riuscendo a credere a ciò che vedeva e sbatté le palpebre un paio di volte per accertarsi che non fosse frutto della sua immaginazione.
E un indicibile sollievo prese a scorrerle nelle vene quando comprese che non era un miraggio, che Sabo era veramente lì, di fronte a lei, il braccio piegato ad angolo retto e la mano chiusa a pugno pronto a bussare, il respiro affannato tanto quanto lei.
-Koala-
Non la stava chiamando, era evidente che stesse solo pronunciando il suo nome per il piacere di farlo e il suo cuore perse svariati battiti ma riprese subito a pompare al doppio della velocità quando, senza esitazione, Sabo le circondò il viso con le mani, baciandola con disperazione e chiudendosi la porta alle spalle con un calcio.
Si aggrappò a lui, persa e abbandonata, lasciandosi portare in camera, inebriandosi del suo odore e del suo sapore, mentre tutti i ricordi andavano al proprio posto e una nuova consapevolezza si faceva strada in lei.
“C’è sempre un modo per recuperare ciò che conta davvero. Le cose davvero importanti non si dimenticano mai”
Si rese conto in quel momento che il fatto di essersi punti con i dardi aveva solo velocizzato qualcosa che era comunque destinato a succedere.
Perché si sentiva troppo completa e giusta tra le sue braccia, erano destinati a trovarsi, si sarebbero innamorati comunque prima o poi.
Erano anime gemelle, il dio e la mortale.
Solo per questo erano riusciti a ricordarsi l’uno dell’altra nonostante tutto.
Quando la depositò sul letto, sovrastandola, la maggior parte degli indumenti erano già disseminati per la stanza.
Solo i boxer di Sabo e la sottoveste di Koala persistevano addosso ai loro proprietari e i due si stavano già adoperando per porre rimedio a quella situazione che l’attenzione di Sabo fu attratta dalla balestra abbandonata a terra.
Un pensiero lo colpì mentre Koala lo baciava sul mento e, seppur con una certa riluttanza, si staccò da lei.
-Dammi solo un secondo- le sussurrò, prendendola in contropiede.
Lo guardò uscire dalla stanza e rientrarvi poco dopo con un capiente secchio e un accendino.
Sotto lo sguardo attento della castana, Sabo recuperò balestra e faretra, depositandole nel secchio per poi aprire la finestra e piazzare il tutto sul terrazzo prima di dare fuoco alle piume che ornavano il retro dei dardi.
Non stette a guardare la sua vecchia arma prendere fuoco ma rientrò subito, deciso a occuparsi della propria donna, mentre da fuori i riflessi rossastri e aranciati dell’improvvisato falò davano alla stanza un’atmosfera surreale.
Salì sul letto e le posò una mano a palmo pieno sulla guancia, guardandola intensamente negli occhi.
-Non pensare mai che io ti ami perché quella freccia mi ha colpito- disse sicuro e sensuale come non mai.
Koala sorrise, al colmo dell’emozione, prima di avventarsi sulle sue labbra e trascinarlo giù, sopra di sé.
Mentre le loro labbra danzavano in perfetto sincronia e le loro mani si esploravano come se fosse la loro prima volta, Koala si rese conto che non lo aveva mai pensato.
Si rese conto che non stavano semplicemente facendo l’amore.
Si rese conto che, su quel letto, lei e Sabo erano due perfette metà che tornavano finalmente a formare un solo intero.



Angolo dei ringraziamenti:
E siamo giunti alla fine anche di questa storia! 
Spero vi sia piaciuta e vi abbia fatto sorridere ed emozionare almeno un po'. 
Ringrazio tutti coloro che l'hanno letta e soprattutto Pandiva, Luna, Ilaria D Piece, Emy e Cat
Emy, grazie davvero per il tuo costante sostegno. 
Cat, non sai quanto mi hai fatta felice con la tua ultima recensione e il fatto che "Sei semi di melograno" ti sia rimasta così impressa. 
Grazie di cuore a tutti! Alla prossima! 
Piper. 

 
  
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