Anime & Manga > Capitan Harlock
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Autore: lovespace    26/01/2015    10 recensioni
- Dopo un duro combattimento Harlock si ritrova a dover portare sull’Arcadia un ufficiale medico. Una donna alla quale si sente misteriosamente legato. Perchè? Tra colpi di scena ed avventure il tempo svelerà la sua verità. - Come le onde del mare nel loro immutabile fluttuare a volte rendono ciò che hanno sottratto alla terra, in egual maniera le onde del destino, nel loro divenire dal passato al presente, talora restituiscono quello che un tempo ci hanno portato via. –
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harlock, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Come le onde del mare nel loro immutabile fluttuare a volte rendono ciò che hanno sottratto alla Terra, in egual maniera le onde del destino nel loro divenire dal passato al presente, talora restituiscono quello che un tempo ci hanno portato via.

 

21

 

 

TENEBRE

 

Nello stesso istante in cui l’allarme eruppe violento, dall’ultima cella schizzò fuori Yattaran.

“Ma che diamine! Ce ne avete messo di tempo per venire a riprenderci!” fece lui strizzando Helèn che non poté che sorridere di quell’affettuoso abbraccio.

“Siamo nei guai Yattaran, ci hanno scoperti ed inoltre la manovra diversiva che avrebbe dovuto attuare il capitano dall’Arcadia, di far saltare parte del penitenziario, è irrealizzabile ci sono civili in visita”.

Yattaran recuperato un fucile da una delle guardie a terra, la guardò e sorridendo sornione le disse “It’s party time baby” quindi la superò correndo verso la fine del corridoio, gli altri lo seguirono. Helèn comprese, sorrise ammirata e lo seguì anche lei. C’era un motivo se Harlock ne aveva fatto il suo primo ufficiale.

Si imbatterono subito in un contingente di soldati armati fino ai denti. Lo scontro fu immediato. In pochi istanti si scatenò l’inferno. Kei era una furia, con due mitragliette sparava da ogni lato, ruotando su se stessa, mentre i soldati continuavano a sopraggiungere da ogni parte.

Yattaran usava il fucile come fosse un martello, tramortendo chiunque gli passasse a tiro. Tutti i pirati lottavano come se non vi fosse un domani, lottavano per il bene più prezioso di tutti, la loro libertà.

Helèn faceva del suo meglio ma non era incisiva come gli altri erano abituati a vederla. Le parole di Kei continuavano a riecheggiarle nella mente. Harlock si era consegnato a quei luridi bastardi che lo avevano massacrato riducendolo in fin di vita, per lei, per riaverla, per impedire che la consegnassero alla Gaia Saction. L’immagine di lui ridotto in fin di vita, appeso a quelle catene la tormentava       prepotente.

Un soldato le stava sparando addosso una raffica di colpi. Per sfuggire fece un salto, superando una specie di sbarramento. Ma atterrò male, sentì una fortissima fitta alla gamba, all’altezza della ferita che credeva rimarginata. Ci mise la mano sopra. Sangue. In quello stesso istante, approfittando della sua disattenzione, un altro  sodato le piantò il fucile a pochi centimetri dal viso. Helèn vide la canna dell'arma ed il suo dito premere piano sul grilletto. Chiuse gli occhi.

Fu un istante.

L’onda d’urto dell’esplosione la travolse, sentì il colpo passarle incredibilmente vicino al volto, deviato all’ultimo istante.

Le orecchie le fischiavano. Aprì gli occhi. Il soldato davanti a lei la guardava come pietrificato, sbarrati gli occhi cadde di colpo privo di vita. Yattaran comparve dietro di lui. Gli aveva lanciato un grosso coltello tra le scapole. La tirò su di peso “Helèn stai bene? che hai? Forza piccola. Non è da te”. Poi notò il sangue poco sotto il ginocchio. “E’ una sciocchezza” disse piegandosi e legandole un fazzoletto strettissimo. Helèn gli sorrise grata.

In quell’istante in maniera del tutto inspiegabile calò il silenzio.

Sembrò assurdo.

Helèn e Yattaran si guardarono interrogativi come gli altri. Poi compresero il motivo della calma irreale che improvvisamente era calata.

Harlock dall’altra parte del corridoio camminava lento, risoluto, inesorabile. Il grande mantello si apriva ondeggiando accompagnando la camminata sicura e fiera. La sua figura sembrava colmare ogni spazio, mentre avanzava determinato, il mento lievemente sollevato, lo sguardo attento veloce si spostava rapido. Un passo dopo l’altro, la spada nella mano destra, avanzava senza paura verso i suoi uomini.

La maggior parte dei soldati indietreggiava barcollando al sol vederlo, increduli che fosse lui. Poi da quegli stessi uomini con cui i pirati si stavano battendo venne dato l’ordine di far fuoco compatti verso di lui.

Moltissimi colpi partirono nello stesso istante nella sua direzione.

Yattaran e Kei si riebbero per primi iniziando nuovamente a lottare. Helèn colpiva coma una forsennata a casaccio chi sparava contro Harlock, poi gli uni dopo gli altri i pirati ripresero a combattere tutti con più forza di prima rianimati dalla presenza del loro capitano.

I soldati della Gaia continuavano a sopraggiungere, più che una fortezza quel luogo sembrava essere un formicaio. Uno dei proiettili colpì la spada di Harlock che a causa del contraccolpo gli saltò di mano volando lontano.

Noncurante del pericolo, spostato con eleganza il mantello con la mano sinistra estrasse la cosmo gun, sparò un paio di colpi in direzione del fuoco nemico, due soldati caddero a terra, quindi si diresse con la solita calma verso il gravity saber che giaceva a terra. Alzò un istante lo sguardo, sorrise beffardo alla morte che lo guardava sussurrandole ‘non ora’. Con un colpo del piede fece roteare in aria la spada prendendola al volo e colpendo uno dei soldati a terra, che in quel momento raccolte le forze cercava di sparargli.

Helèn aveva seguito tutta la scena rapita. La calma e la sicurezza di Harlock denotavano una tale padronanza di sé e dei propri mezzi che la turbarono. I loro sguardi si incrociarono per un istante e fu come una carezza reciproca. Un ritrovarsi anche se solo dopo una breve separazione un ‘ci sono’ che loro solo compresero.

Raggiunti i suoi uomini Harlock lottò con loro e per loro, con tutto se stesso. Erano numericamente inferiori e vennero spinti verso il cortile interno della fortezza credendo così di prenderli in trappola.

Uscendo la luce li accecò ma fu solo un attimo.

Un’ombra famigliare li coprì come un caldo e scuro mantello. L’Arcadia era sulle loro teste e li proteggeva. Diverse scalette d’acciaio penzolavano dal boccaporto aperto. Alcuni uomini, i più vicini le presero iniziando a salire.

Helèn con la spada teneva a bada un soldato molto più grande e forte di lei, lottava con tutta se stessa per non essere sopraffatta. La ferita alla gamba le faceva male. Harlock poco distante da lei voltandosi un istante notò la sua difficoltà e scorse il sangue rappreso sul fazzoletto.

 

Ed accadde.

 

Helèn sentì provenire dalla sua destra un urlo atroce e profondo, un grido lacerante che le straziò l’anima. Come al rallentatore si voltò in quella direzione, ciocche di lunghi capelli, seguirono il movimento del viso. Guardò tremando perché sapeva bene di chi era quella voce. Un brivido freddo come una lama d’acciaio la percorse interamente, quando realizzò. No non poteva essere vero.

 

Tutto era perduto.

 

Harlock un ginocchio a terra, si teneva la mano sull’occhio sinistro ed attraverso le dita, copiose gocce di sangue denso e scuro cadevano impregnando la sabbia del grande cortile.

Il tempo rallentò.

Helèn corse più veloce che poté ma le sembrò di non arrivare mai. Il vento sollevava la sabbia scompigliandole i capelli, il sole illuminava una figura scura, curva su se stessa. Fu da lui. “Sono qui! ” gli gridò perche la sentisse. Non poteva credere a quello che suo malgrado la vista le riportava.

 

Harlock era cieco!

 

Raccolse il gravity saber ed incrociò innanzi a sé le lame delle due spade, la sua e quella di Harlock affinché i soldati che correvano minacciosi verso di loro per approfittare della situazione, le vedessero chiaramente.

Si sistemò davanti a lui piegandosi lievemente in avanti, come un felino che sta per spiccare un salto. E come un felino si guardava intorno spostando la testa ora a destra, ora a sinistra. Era come se un istinto animale, primordiale, avesse preso il sopravvento in lei. Era una leonessa che difendeva il proprio uomo. Non avrebbe permesso a nessuno di toccarlo! “Luridi avvoltoi non lo avrete” poi gridò con quando fiato aveva: “il Capitano è a terra!”.

In quell’istante tutti i pirati benché presi dalla lotta, si voltarono increduli, cose se quella frase non avesse alcun senso.

“Yattaran!” sentì Harlock chiamare il suo primo ufficiale. Yattaran tramortito il soldato con cui stava combattendo, si avvicinò ad Harlock rendendosi conto della gravità della situazione.

“Capitano!” disse trafelato.

“Yattaran porta in salvo Helèn e gli uomini presto!”

“Ma capitano…” Yattaran resosi conto delle reali condizioni del suo capitano, chiamò a gran voce Kei.

“Kei pensa ad Helèn, io penso al capitano!”

“Ce la fai Helèn?” chiese Kei angosciata, continuando a sparare in ogni direzione.

Helèn, fece cenno di sì con la testa. Teneva Harlock per le spalle guidandone i passi “Sono qui, sono qui” continuava ripetergli.

Intanto era sopraggiunta Meeme “Harlock” disse con voce che tradiva una forte emozione.

“Meeme sali per prima attiva il motore a Dark Metter, Kei” ordinò Harlock voltandosi nella direzione in cui aveva sentito la voce delle due donne, continuando a tenersi la mano sull’occhio “Non partire prima che tutti siano a bordo, mi hai capito? Tutti!”

“Si capitano” rispose la ragazza scambiando una angustiata occhiata con Helèn. Yattaran e Kei li condussero rapidi alle funi retrattili, che veloci li issarono a bordo.

Una granata fumogena esplose lontano attirando l’attenzione mentre i motori dell’Arcadia opportunamente direzionati crearono un vortice di fumo fitto e scuro che consentì agli altri di prendere funi e scalette. Yattaran fu l’ultimo a salire.

Gli ordini del capitano vennero rispettati. Meeme avviò il motore a Dark Matter, e finalmente a piena potenza l’Arcadia si allontanò rapida.

 

Sarebbe dovuto essere un momento di grande gioia, invece nel boccaporto tutti si guardavano senza proferire parola, quello che era accaduto era di una gravità inaudita.

Chi stava meglio aiutò i feriti, per fortuna nessuno era grave. Yattaran e Kei ripresi i loro ruoli cercarono di fare il punto della situazione.

Salita sulla nave Helèn aveva condotto Harlock in infermeria. Lo fece stendere sul lettino. Gli teneva forte la mano destra neppure lei sapeva perché. Fece per allontanarsi ma lui la trattenne “Respira Helèn” le fece calmo.

La donna respirò ma non era facile.

Si lavò le mani mise camice, mascherina e guanti sterili e lentamente con paura scostò la mano di Harlock dall’occhio sinistro. ‘Fa che non sia nulla, fa che sia solo un graffio’ pregava. Il lato sinistro del viso di Harlock era una maschera di sangue non poteva essere solo un graffio. Il sangue non le permetteva di vedere bene. Mise degli speciali occhiali operatori ingrandenti. “Cosa ti ha colpito?” chiese per poter capire.

“Non lo so. Come va la ferita alla gamba?”

“Ma la smetti di preoccuparti per me diamine!”

Helèn prima gli iniettò un anti dolorifico poi con delicatezza estrema pulì con della garza sterile imbevuta, solo il contorno dell’occhio. L’emorragia era terminata. Ma nonostante gli speciali occhiali non riusciva a vedere nulla.

Decise di fare dei raggi. Intanto Meeme era giunta “Harlock” fece vedendolo steso sotto al macchinario per i raggi. Helèn comparve dalla stanza adiacente guardando delle lastre. Le bloccò nel negatoscopio* fissandole con attenzione. Meeme la raggiunse. Helèn le disse stancamente senza neppure guardarla “L’emorragia è cessata non so bene neppure perché”.

“E’ la Dark Metter”.

“Ah già” fece lei meccanicamente senza riflettere era davvero preoccupata.

 Meeme la guardò interrogativa ma lei non aveva una risposta da darle.

Pulì il bulbo oculare ed il viso di Harlock, lo bendò fasciandoli entrambi gli occhi, con un rotolo di garza bianca. Pensò fosse più giusto così. Lo fece mettere seduto aiutandolo a bere.

“Cos’è?” domandò lui.

“Solo un antibiotico, per ora è tutto quello che posso fare” rispose stancamente.

 ”Allora?” chiese lui.

Helèn gli si sedette di fronte. Ispirò prima di parlare, cercando di avere un tono di voce asettico, tanto lui non poteva vedere la sua espressione turbata “Io non sono un’oculista e…”

“Helèn!” la incitò.

“Qualcosa ha danneggiato la cornea e superato la camera anteriore dell’occhio non riesco a capire se ha toccato il cristallino, o se addirittura ha lambito il nervo ottico, il sangue fuoriuscito dai vasi sanguigni lesionatisi non mi permette di vedere. Mi…mi serve un giorno o due per far riassorbire il sangue e magari fare una ‘tac’ solo allora sapremo se…”

“Se ci vedrò ancora?” Harlock si alzò benché cieco la sua figura risultava imponente.

 “Meeme accompagnami nei miei alloggi poi mandami Kei e Yattaran per decidere sul da farsi”. Quindi lasciò l’infermeria.

Helèn restò sola. Sola con i suoi pensieri, le sue paure ed i suoi sensi di colpa.  

Tornò a guardare le lastre cercando risposte che non aveva. L’ansia la dilaniava, si portò una mano alla fronte. Harlock era cieco solo questo riusciva a pensare. Non avrebbe potuto immaginare una pena peggiore per lui. Pesante come un macigno la riassalì la sensazione che aveva avuto prima che andassero a Tokarga, per il suo stesso bene Harlock doveva esser separato da lei. Si riebbe e mandò a chiamare quanti avevano piccole ferite o contusioni da medicare.

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NOTE

 

*Schermo luminoso atto a esaminare per trasparenza i negativi o le diapositive.

Questo capitolo dedicato a Lady Five.

Grazie alla mai paziente e generosa B-Beta.

Grazie a tutti coloro che si fermeranno a leggere, ed a chi vorrà lasciarmi un commento. GRAZIE :-*

  
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