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Autore: Smaugslayer    26/01/2015    1 recensioni
[seguito di Quidditch con delitto, http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2540840&i=1]
I (doppi)giochi sono aperti, e questa volta condurranno Sherlock Holmes e John Watson dal 221B di Baker Street al numero 12 di Grimmauld Place, Londra.
Se a Hogwarts i due eroi erano al centro delle vicende, ora saranno trasportati dalla storia del Ragazzo Sopravvissuto fino al cuore della Seconda Guerra Magica. E per tenere fede alle proprie convinzioni dovranno tradirle...
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Allora, ricorda” disse John prima di gettare la polvere verde della Metropolvere nel camino di Mycroft. “Vado io, le spiego come stanno le cose, e dopo dieci minuti arrivi tu. La gente pensa ancora che tu sia morto, non voglio che le venga un infarto.”
 
Clarisse Weasley aveva inviato subito una risposta, assicurando John che sarebbe stato il benvenuto in qualsiasi momento e qualsiasi fosse la condizione in cui si trovava. Circa una settimana più tardi –verso fine giugno- John e Sherlock si erano dichiarati pronti a tornare a Londra. La bacchetta nuova di John non era ancora arrivata, ma Mycroft aveva promesso di fargliela avere non appena fosse stata disponibile.
 
“Lo so” sbuffò Sherlock con impazienza. “Dai, muoviti.” Era molto irrequieto, in quei giorni. Moriva dal desiderio di tornare nella capitale, nel cuore della battaglia contro il Signore Oscuro, ma Mycroft non gli aveva permesso di partire finché la sua spalla non fosse stata perfettamente guarita.
 
“Allora a presto, Mycroft” disse John.
 
Il fratello maggiore di Sherlock si congedò da lui con un cenno del capo, e lui lanciò la polvere nel camino, recitò l’indirizzo e partì.
 
Un attimo dopo stava sputacchiando cenere in un altro focolare, disteso bocconi; due mani lo aiutarono ad emergere dal condotto e rialzarsi.
 
“Grazie, Clarisse.”
 
“John!” esclamò Clarisse Weasley, stritolandolo fino a fargli perdere il fiato mentre lui le dava qualche pacca sulla schiena, imbarazzato. Finalmente lei lo lasciò andare e gli afferrò le spalle per scrutarlo in volto. Non si vedevano da mesi, ma lei era sempre uguale: capelli rosso fiamma, naso lungo e dritto e limpidi occhi azzurri. Indossava un cardigan color tortora sopra ad una canottiera delle Holyhead Arpies. “John ti trovo benissimo!” disse lei con un enorme sorriso, un po’ sorpresa. “Che hai fatto? Devi raccontarmi tutto, nella lettera che mi hai inviato hai scritto che i Mangiamorte vi stavano dando la caccia! Ma non hai detto che c’era anche un’altra persona, con te?”
 
“Sì, ecco…” John tossicchiò. “Prima che arrivi, devo…”
 
In quel momento il camino si accese di fiamme verdi e Sherlock Holmes ne emerse nel suo splendore. Clarisse sbiancò e si portò una mano alla bocca.
 
“Sherlock!” sbottò John. “Ti avevo detto di aspettare!”
 
“Mi annoiavo” si giustificò lui con una scrollata di spalle, poi sollevò una mano: “Clarisse.”
 
“No, no!” proruppe lei, indietreggiando. “Tu sei morto! Sei morto anni fa!” I suoi occhi erano spalancati, la sua mano tremava. John sospirò: quella era esattamente la reazione che sperava di evitare.
 
“Uhm, no” borbottò Sherlock, spostando il peso da un piede all’altro.
 
“John, lui è morto. Ok? Lui è morto.” Clarisse afferrò un braccio dell’amico e lo scrollò. “Non può essere qui, è morto.” La poveretta sembrava sull’orlo di una crisi isterica: continuava a stringergli l’avambraccio con forza, come se avesse bisogno di aggrapparsi a qualcosa di concreto per non svenire.
 
“Uhm, no” ripeté John. “Sai che nella mia lettera ti ho detto che io e il mio amico avevamo bisogno di un posto dove nasconderci da Voldemort? Bene. E hai… hai presente Simon Church?”
Lei fece una smorfia. “Quel tuo amico Mangiamorte? Che c’entra con… con lui?”
 
“Sì, be’… è lui.”
 
Lei spalancò ancora di più la bocca. “Aspetta, lui è… John, non ci capisco più niente. Quest’uomo” e così dicendo puntò gli occhi su Sherlock con aria accusatoria, “dovrebbe essere morto anni fa. Come può essere nel mio salotto?”
 
Ugh, troppo complicato da raccontare” disse Sherlock, e lei trasalì nell’udirlo parlare con quella voce profonda che mai avrebbe creduto di sentire ancora. “Ti basti sapere che sono sopravvissuto, ho modificato i ricordi di quelli che lo sapevano per evitare che si scoprisse in giro, e me ne sono andato a… fare quello che dovevo fare.”
 
La ragazza lo fissò per un paio di secondi. E poi si gettò tra le sue braccia con trasporto, stritolando anche lui con commozione. “Lo sapevo che eri troppo intelligente per morire!” esclamò.
 
“John, ripetimi quello che hai detto su Simon Church” disse poi, dopo essersi staccata dall’abbraccio. “Come poteva essere lui se… oh, giusto, è un metamorfomagus, può assumere qualsiasi aspetto! Ok, ho capito: Simon Church era proprio lui. E stava solo fingendo di essere un idiota?”
 
“No, lui è sempre un idiota” replicò John in tono secco; Sherlock gli rivolse un mezzo sorriso. “Stava solo fingendo di essere un Mangiamorte.”
 
“Certo che… cavoli, John, sapevo che eri un bravo attore, ma sembravi preso davvero malissimo dopo la sua morte… cioè, falsa morte, a questo punto.”
 
John tossicchiò un’altra volta. “Non sapevo che era falsa.”
 
“Oh.” Clarisse spostò lo sguardo dall’uno all’altro, improvvisamente molto imbarazzata. “Be’, comunque… qui c’è un sacco di spazio, quindi potete restare quanto vi pare. Ci lasciano in pace molto più di altri perché io sono famosa anche fuori dall’Inghilterra” la ragazza fece una pausa per sorridere con orgoglio “quindi finché non fate rumore e non vi mostrate troppo in giro, va bene. Io ho gli allenamenti dalle undici alle sette, mentre Abs… voglio dire, mio marito Abernathy, lui lavora al Ministero dalle otto di mattina alle otto di sera; ha tre ore di pausa pranzo e a volte torna a casa, ma di solito di ferma a mangiare fuori con i colleghi perché tanto io non ci sono.”
 
“Grazie davvero” disse John, a disagio. “Non è che sia proprio sicuro ospitare due latitanti…”
 
“No, state tranquilli. Non vi accadrà nulla, finché resterete qui. Davvero, John, so che sei preoccupato, ma non ce n’è bisogno, sono contenta di aiutare. E ora venite, vi mostro le vostre stanze.”
 
Quella sera, mentre John chiacchierava in salotto con il vecchio compagno di squadra, Clarisse chiese a Sherlock di aiutarla a sparecchiare la tavola come scusa per parlargli in privato. Chiuse la porta della cucina in modo che gli altri due non sentissero e si sedette sul bancone, invitandolo a prendere posto su una sedia.
 
Quindi, Sherlock. Non sei morto” disse come prima cosa, per chiarire una volta per tutte la questione.
 
“Direi di no.” Sherlock accavallò le gambe e si appoggiò allo schienale della sedia, completamente a proprio agio.
 
“E da quanto sei tornato? Perché te ne sei andato e hai lasciato John in quello stato?” chiese lei, contrita. “John ha sempre saputo che Simon eri tu? È coinvolto anche lui nel tuo gioco con i Mangiamorte, suppongo?” Sparava queste domande a raffica, una dopo l’altra, senza lasciargli nemmeno il tempo di aprire bocca; ricordava troppo bene lo stato pietoso in cui si era ritrovato John dopo la morte del migliore amico, e non era disposta a lasciarlo andare senza prima avergli fatto un terzo grado ed essersi assicurata che non ci avrebbe provato mai più.
 
“È coinvolto da ora.” Sherlock decise di rispondere solo alla domanda meno complicata. “Prima non lo era, sarebbe stato troppo pericoloso visto il giro in cui si trovava sua moglie…”
 
“A questo proposito… dove avete lasciato Mary?”
 
“È morta, a quanto pare.”
 
Clarisse proruppe in uno strillo soffocato. “Cosa? Quando? Perché John non mi ha detto nulla? Siete stati in casa mia per tutto il giorno e non mi avete detto che è morta? Quando pensavate di farlo, esattamente?”
 
“L’abbiamo saputo una settimana fa. E due giorni prima avevamo scoperto che era diventata una Mangiamorte, suppongo che sia per questo che John non te ne ha parlato” disse lui con una scrollata di spalle. “Hai sentito della festa organizzata dai Fawley? È successo lì.”
 
Lei ci rifletté per qualche secondo. “Non mi è mai piaciuta, lo ammetto” sospirò. “Ma credevo che almeno lei cercasse di restare lontana da quelle cose. Per Godric, mi dispiace, davvero. Soprattutto per John. Però devo dire… che non sembra neanche lontanamente distrutto quanto lo era quando eri morto tu.” Fu chiaro solo allora che il suo obiettivo era sempre stato quel particolare argomento.
Sherlock agitò un po’ le braccia a caso, non sapendo bene come replicare. “È cresciuto, nel frattempo.”
 
“Scusa se te lo chiedo…” proseguì lei. “Ma va tutto bene tra voi due? Sembrate più a disagio del solito, e tutti e due continuate a fissarvi, ma non incrociate mai gli sguardi, e trasalite ogni volta che vi sfiorate. Be’”, la ragazza aggrottò la fronte, “non che prima non lo faceste, ma… non lo so, mi sembrate diversi. Allora, ho davvero un sesto senso femminile o mi sono immaginata tutto?”
 
Sherlock la guardò con attenzione prima di rispondere. Sapeva di potersi fidare di lei, ovviamente: era carismatica, estroversa e un po’ troppo schietta, ma non lo avrebbe tradito per tutto l’oro del mondo: era una Weasley e una Grifondoro, e già questi due elementi sarebbero bastati per fare affidamento su di lei. Era piuttosto intelligente, rispetto alla media, ed era tremendamente innamorata del marito marito; non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno e non tollerava che le si nascondesse qualcosa, e oltretutto era un’impicciona di prim’ordine: se lui non le avesse rivelato la verità lei l’avrebbe comunque scoperta, questo era chiaro come il sole. E in realtà, non gli importava più di tanto di nascondere la situazione: non capiva con precisione perché John fosse innamorato di lui, ma nulla lo aveva mai reso più felice e soddisfatto… e non vedeva l’ora di godersi la reazione di lei.
 
“Te lo dico perché tanto lo verresti a sapere comunque” premise. “Dopo aver scoperto che Mary era dalla parte dei cattivi e prima di sapere che era morta, John… lui… l’ha tradita.”
 
“Tradita? John?” Clarisse scoppiò a ridere. “Scherzi, vero? John è la persona più leale che…”
 
“L’ha tradita con me.” Sherlock sostenne lo sguardo di lei senza vacillare.
 
Clarisse rimase in silenzio, pensierosa. “Questo spiega molte cose.” disse infine. “E, se posso permettermi di dirlo, avete una pessima tempistica, ma era ora. Quindi adesso state insieme o cosa?”
 
Sherlock sembrava stupito. “Non lo so.”
 
“Come sarebbe a dire?” chiese lei, confusa.
 
“Be’, ha appena scoperto che la moglie è morta, non mi sembra il caso di discutere della nostra relazione” spiegò lui in tono pratico.
 
Clarisse scosse la testa con incredulità. “Fammi capire: voi avete… fatto… le vostre cose… e poi è venuta fuori questa storia di Mary, e… e…?”
 
“Be’, sì.”
 
“Avete sempre avuto dei problemi di comunicazione, voi due” sbuffò lei. “Be’, fate quello che vi pare, non sarò di certo io a giudicarvi. Solo una cosa: lascialo di nuovo e mi premurerò personalmente di calpestare il tuo cadavere. John non merita di essere trattato come un giocattolo, e qualsiasi fossero le tue ragioni la prima volta che l’hai abbandonato, non verranno accettate una seconda.”
 
“Una minaccia da manuale” disse lui, per nulla impressionato. “Non serve che ti preoccupi, non ho alcuna intenzione di allontanarmi da lui.”
 
 
 
Restarono nell’appartamento di Clarisse per più di un mese. Non potendo uscire alla luce del sole, passavano la maggior parte della giornata a dormire; di notte, invece, si univano all’Ordine della Fenice per la solita routine. Sherlock si era rimesso in contatto con Molly Hooper e Greg Lestrade e i nuovi leader dell’Ordine Remus Lupin, Kingsley Shakebolt e il suo vecchio amico Alastor Moody.
 
Dopo qualche settimana, Abernathy decise di unirsi a loro nella lotta contro i Mangiamorte, e divenne così uno dei tanti maghi londinesi con una doppia vita: di giorno impiegato Ministeriale, di notte paladino della giustizia, come lo definiva poeticamente la moglie con la sua solita ironia.
 
Sherlock rimase molto scosso nell’apprendere che Malocchio Moody era morto durante l’operazione “dei sette Potter”. Aveva collaborato più di una volta con il vecchio Auror, e non aveva mai fatto segreto della propria simpatia per lui. Tuttavia, non espresse una singola volta il proprio dispiacere a parole.
 
Pochi giorni dopo i Mangiamorte presero il controllo del Ministero della Magia. Era un duro colpo per l’Ordine della Fenice, che aveva combattuto fino all’ultimo per evitare che Voldemort si impossessasse degli organismi governativi. Proteggere i Babbani e salvare i Mezzosangue sarebbe stato più difficile ora che non potevano contare sull’appoggio di nessuno, e il rischio era aumentato di molto. Inoltre, dopo Silente Moody era stato il membro più autorevole ed esperto del gruppo, e ora erano rimasti anche senza la sua guida. Ma in ogni caso –come ricordarono Lupin e Shakebolt- l’Ordine doveva andare avanti come sempre.
 
Una sera Abernathy non tornò a casa.
 
Avrebbe dovuto rincasare per le otto, ma alle nove meno un quarto, quando squillò il campanello, non si era ancora fatto vedere; Clarisse vagava per la cucina come un’anima in pena, mentre Sherlock e John sedevano preoccupati in salotto. Sentendo il campanello Clarisse corse alla porta, aggrappandosi al citofono e premendo ripetutamente sul pulsante d’apertura.
 
Sherlock e John sospirarono di sollievo sentendo i passi sulle scale, e scattarono in piedi con orrore quando Clarisse si lasciò sfuggire un gemito. La raggiunsero in ingresso, trovandola aggrappata a un uomo dai capelli rossi e dalla calvizie incipiente.
 
Lo sconosciuto si staccò dall’abbraccio e scrutò John e Sherlock da dietro gli occhiali cerchiati di corno, assumendo la tipica espressione concentrata di chi cerca di ricordare qualcosa che gli è sfuggito.
 
“Sherlock Holmes” si presentò Sherlock, tendendogli la mano. “Forse le è venuto in mente che dovrei essere morto. Non sono morto.”
 
“Oh. Bene” borbottò lui, spiazzato. “Arthur Weasley, piacere.”
 
“E questo è il mio…” Sherlock si bloccò e guardò verso John, che aprì la bocca e dopo un attimo di esitazione completò la frase:
 
“…amico. John Watson.”
 
Arthur Weasley annuì, gli strinse rapidamente la mano e si concentrò di nuovo sulla nipote; “Sono venuto il prima possibile” spiegò. “Mi dispiace, Clarisse, hanno preso tuo marito questa mattina.”
 
Clarisse si coprì la bocca con un pugno, sconvolta.
 
“Non so cosa ne abbiano fatto” le disse lo zio, addolorato. “Credo che vogliano interrogarlo, non possono averlo ucciso, non tuo marito.”
 
“È probabile che l’abbiano portato ad Azkaban, allora” si intromise Sherlock.
 
“Sì, in effetti è probabile: ora che i Mangiamorte controllano il Ministero, i Dissennatori sono tornati a guardia della prigione.”
 
Clarisse si stava tormentando le mani, terrorizzata. “Ma lo lasceranno lì a marcire finché non impazzirà, e poi gli succhieranno via l’anima, lo uccideranno, me lo porteranno via per sempre…”
 
“Non se noi lo liberiamo” disse Sherlock, scambiando una rapida occhiata con John.
 
“Voi cosa?”
 
“Io e John andiamo ad Azkaban e lo liberiamo.”
 
“Non sono in vena di prese in giro” disse lei bruscamente.
 
“Non ti stiamo prendendo in giro” replicò Sherlock con calma.
 
“Ha ragione” lo supportò John. “Abernathy è nostro amico, e se c’è qualcosa che possiamo fare per salvarlo lo faremo.”
 
 
 
 
 
 
 
Smaug’s cave
“Sorry that took so long!” –Cit. Mary Elizabeth Morstan…
Ero andata in isolamento da tutto per guardare Broadchurch, ma ora sono di nuovo qui e la prossima volta aggiornerò con puntualità. Tra parentesi, se cercate qualcosa da guardare GUARDATE BROADCHURCH perché è fantastico. E vi assicuro che non è solo il mio debole per David Tennant a parlare… comunque, qui siamo sulla sezione di Sherlock e devo parlare di Sherlock. Sì, dunque… Azkaban! Sono molto esaltata per il prossimo capitolo perché Azkaban non viene mai propriamente descritta, quindi mi sono sbizzarrita. Non sono sicura che i Dissennatori fossero effettivamente tornati a guardia della prigione, ma mi sono permessa un po’ di licenza poetica… perdonatemi. Be’, è tutto. Ci risentiamo sabato!
  
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