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Autore: CassandraLeben    27/11/2008    13 recensioni
Questa storia è ambientata dopo Eclipse ed è stata elaborata prima dell’uscita di BD.
HO AGGIORNATO!!!!!!!
In breve: un racconto alternativo, avventuroso e romantico, nonché triste, di ciò che avevo immaginato potesse accadere dopo il fatidico “Sì” tra Edward e Bella.
Il ritorno dei Volturi, di Jack, Alec e Jane sconvolgeranno la vita dei novelli sposi
ATTENZIONE, PUò CREARE ASSUEFAZIONE E PROBLEMI CARDIACI! XD
< Isabella. > Una voce familiare risuonò nella camera. Sobbalzai. Non mi ero accorta della presenza di qualcuno nella stanza.
< Bella! Quanto tempo, desideravo con ansia rivederti. > Aro mi si avvicinò e mi prese la mano. Con gentilezza, me la baciò. Notai i suoi occhi guizzare sulla mia fede e poi incontrare i miei. Mi sorrise tranquillo e mi fece accomodare sul divano.
< Prego cara, siediti. Non avere paura. Non devi preoccuparti. > Sapevo che non potevo rifiutare. Tanto valeva stare al gioco. Magari sarei riuscita a sopravvivere un po’ più a lungo.
Genere: Romantico, Dark, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutte!!!

Allora… sono andata a vedere Twilight…
Beh… ho riso dall’inizio alla fine!!!
Mamma mia, potevano cercare di fare qualcosina di meglio!
Lei è brava, lui insomma, all’inizio non sapeva recitare ma migliora con il film (forseè un effetto voluto? Boh XD)
Quando lui le dice: “Sono fatto per uccidere” io ho esclamato: “No, tu sei fatto e basta!!!!” al che siamo scoppiati tutti a ridere XD
E insomma, per tutto il film non ho fatto altro che ridere. Se non sapessi a memoria il libro, credo che non avrei capito un benemerito XXXXX (autocensura XD)
Comunque, alla fine, non è stato tanto male. mi riservo di vederlo un’altra volta prima di esprimermi...
 

Passando ad altro…

Stavo per scrivere che la scuola mi sta uccidendo a furia di compiti ma poi mi sono immediatamente vergognata di questo pensiero…

Dicono che di scuola non è mai morto nessuno.
Credo che queste persone dovrebbero ricredersi.
Volevo solo esprimere il mio dolore per il ragazzo di Torino, morto per l’incuria di alcuni, l’indifferenza di molti.
Morire a 17 anni, per dei lavori di ristrutturazione fatti male poi è troppo, troppo ingiusto.

Questo fatto mi ha colpito molto. Oggi, a Milano, c’era una manifestazione in suo ricordo. Per molti motivi (fra cui alcuni scolastici) non sono potuta andare ma ci tenevo a ricordare Vito (che si chiamava come il mio papà) almeno su queste pagine che sono specchio dei miei sentimenti…
Con la speranza che la morte di questo ragazzo sia l’ultima di una lunga serie, ho sentito il bisogno di scrivere queste due righe come memento a me stessa della fortuna che ho ad andare a scuola in un edificio sicuro (la scuola di Milano allagata 4 anni fa. Ristrutturata completamente per una spesa folle. Era inagibile a causa della stupidità di alcuni ragazzini viziati, non abituati a sentirsi rimproverare…)

Perché il dolore della perdita di una persona amata è atroce, lacerante…
…Ti annulla, ti annichilisce, ti sfianca, ti distrugge, ti fa perdere concezione del tempo, della realtà, della vita stessa…
…Ti toglie il respiro, ti toglie l’anima…
Il dolore della perdita è troppo, troppo insopportabile…

Perché la morte è atroce, crudele…

Perché è vero, la morte esiste ma è tanto, tanto ingiusta… soprattutto quando si porta via un ragazzo che non aveva avuto neanche il tempo di assaporare nient’altro che un assaggio di tutto ciò che è il mondo.
E tutto questo per colpa dell’incuria, dell’indifferenza e della superficialità di chi dovrebbe accertarsi che noi, ragazze e ragazzi che ogni giorno passano a scuola gran parte della giornata, siamo al sicuro.
Ed invece Vito è morto e un altro ragazzo forse resterà paralizzato.
I compagni di classe feriti…
Non credo che una cosa simile sia accettabile, da nessuna parte.
Men che meno qui, in Italia, dove ci reputiamo uno stato civile…
 

Scusate se questi miei pensieri non riguardano minimamente la mia storia, ma non potevo proprio trattenermi, facendo finta di niente riguardo un fatto così grave e così atroce.
Con un abbraccio rivolto a Vito e alla sua famiglia, nonché a tutti gli altri ragazzi rimasti coinvolti in quello che a stento riesco chiamare incidente, vi lascio a questo capitolo, limitandomi ad un pensiero di vicinanza alla famiglia.

 
Erika

             

Per quanto riguarda questo capitolo, spero che vi piaccia…
Un bacio a tutte quante, corro a studiare che ho talmente tante verifiche che non so proprio come farò…
PS: grazie a tutte per i vostri commenti!!!
 

Bella’s POV

< Elizabeth… >
< No. >
< Elizabeth, non fare così. >
< No. >
< Lascia la gamba di tua madre. >
< No. >
< Dai Edward, non fare così. Siamo in larghissimo anticipo. Restiamo qui ancora un po’. >
< Bella, preferisco arrivare in anticipo piuttosto che in ritardo. >
< Uffa, che noioso. Liz, lasciami andare altrimenti papà si arrabbia. >
< No. >
Dato che si era aggrappata alla mia gamba non mi permetteva di muovermi. Gentilmente cercai di sciogliere la sua presa ferrea ma questo fece sì che lei si stringesse di più al mio ginocchio.
Edward si mise in ginocchio davanti a lei e le carezzò una guancia.
< Per favore piccola, lascia andare la mamma. >
< No. >
< Ti prego… più tardi partiamo, più tardi torniamo a casa. Se ci lasci andare adesso, torniamo prima. >

Elizabeth represse le lacrime e tirò su con il naso. < Non andare, mamma. >

Mi chinai per rassicurarla ma lei mi buttò le braccia al collo e cominciò a piangere. Nella foga del momento mi tirò i capelli e la parrucca si spostò, lasciando intravede la retina che mi nascondeva i capelli veri. Edward sospirò ed Alice sbuffò. Ci aveva messo venti minuti a sistemarmi in modo che sembrassero i miei capelli naturali. Mi rimise la parrucca a posto e poi cercò di prendere Elizabeth. Io baciai mia figlia sulla fronte e gliela passai ma lei pianse ancora più forte. Il volto rosso e gli occhi gonfi. Tendeva le mani verso di me senza riuscire neanche a parlare.
Edward le baciò la guancia, poi mi prese la mano e mi accompagnò fuori. Carlisle ci aspettava in macchina insieme ad Esme. Sarebbero venuti con noi. Non volevano correre il rischio che rimanessi sola neanche un minuto. E ad essere sincera, neanche io.

Arrivati davanti alla macchina inspirai profondamente. Edward mi strinse a sé e mi sussurrò: < Tranquilla. Non succederà niente. Non avere paura. >
< Non ho paura… solo, è così strano. > Era la prima volta che lasciavo la casa per andare in un luogo dove c’erano altre persone. Era la prima volta che tornavo nel mondo reale e questo mi spaventava. Da tre anni e tre mesi vivevo nella casa nel bosco, lontano da tutto e da tutti. Protetta dal mondo esterno.
Mi accorsi di tremare leggermente.
< Sta tranquilla. Ti proteggerò io. Nessuno ti … farà del male. >
All’ultimo cambiò la frase. Inizialmente voleva dire: “nessuno ti porterà via.”

Il ricordo dell’ultima volta che ero salita su una macchina per svolgere una commissione era troppo vivido in me. Edward strinse le mie mani tra le sue e fermò il tremore. Anestetizzò i miei sentimenti  con un bacio a fior di labbra e poi mi aiutò ad entrare in auto. Mi sedetti vicino ad Esme, ed Edward si sedette al mio fianco. Il seggiolino di Elizabeth era stato sistemato davanti. Eravamo andati al fiume o a fare dei giri nei dintorni ultimamente ed Edward lo aveva comprato per evitare che Liz si facesse male. Questo perché quando eravamo andati a fare la prima “gita” faceva freddo. Edward mi teneva sulla schiena mentre Elizabeth era tra le sue braccia. Aveva corso nel vento come una scheggia. Noi però ci eravamo prese entrambe un raffreddore ed io ed Edward, sebbene Elizabeth volesse correre ancora, avevamo quindi optato per la macchina. Carlisle fece per mettere in moto ma si fermò prima di aver ruotato la chiave nella quadrante.

sibilò Edward. Lo guardai curiosa e lui aprì la portiera prendendo Elizabeth tra le braccia.
< Scusa Edward ma davvero non riesco a tenerla con me. È troppo agitata. Non si è mai allontanata da Bella, tranne quella volta. E quella volta non ha fatto altro che piangere. Ho visto che questa volta sarà peggio! Ci ho provato ma non credo che io e Jasper riusciremmo a calmarla. E stare senza di lei e di te le fa paura. >
< Va bene, va bene. Visto qualcosa di interessante, nel momento in cui hai deciso di non fare la baby-sitter? >
< Solo che andrà tutto bene. > Disse con un sorriso a cui Edward rispose in egual modo.
< Allora, piccola frignona viziata? Contenta? > Chiese lui ad Elizabeth prima di farla scivolare sulle mie ginocchia. La bambina si aggrappò al mio collo. Smise di piangere e guardò suo padre.

Edward le sorrise rassegnato ed io ridacchiai.  
< Liz, guarda che però andiamo in un posto nuovo, dove c’è tanta gente… >
< Come nei film? >
< Sì… esatto. > le risposi facendo finta di essere tranquilla. A quel punto però si intromise Edward che le sussurrò: < Amore, mi raccomando, non dire cose strane. Le altre persone non capirebbero. Non dire dove abitiamo e tutte le cose che succedono a casa nostra… >

Lei annuì decisa asciugandosi gli occhi con il dorso della mano.

< Dai, piagnona, vieni qui. > e la prese tra le braccia, stringendola a sé. Poi la passò a Carlisle che la sistemò sul seggiolino. Lei si voltò e tese le manine verso di me. Socchiuse le labbra ma Edward le impedì di parlare. < Zitta. Non ci provare neanche. Tu stai lì e dovresti ringraziare che ti portiamo con noi. >
Lei chiuse immediatamente la bocca e mi guardò colpita dal tono.
Mi sporsi verso di lei e le sistemai i capelli rossi dietro l’orecchio. < Su, non fare così, Edward. In fondo, siamo una famiglia. Dobbiamo essere uniti. E tu, Liz, ascolta il papà. > Lei si rimise seduta educata e Carlisle le sistemò le cinture, assicurando il seggiolino al sedile.

Finalmente, partimmo. Poco dopo Liz, cullata dal movimento continuo e regolare del motore e dalla musica dolce che Carlisle aveva fatto partire poco prima, si addormentò.
Io passai tutto il viaggio a massaggiarmi la pancia, accarezzata da Edward che cercava di tranquillizzarmi. Arrivata al quarto mese, Edward aveva insistito perché andassi a fare l’ecografia.
Se con Elizabeth, per vari motivi, non ne avevo fatte, questa volta era necessario. Alice non vedeva niente e Carlisle da delle visite ginecologiche non poteva sapere più di tanto.
Ultimamente, aveva cominciato a lavorare nell’ospedale di Gibson. Mi aveva prelevato del sangue e fatto gli esami. Tutto andava bene. Per l’ecografia però dovevo per forza spostarmi.

Arrivati a destinazione, Esme prese Elizabeth in braccio e Carlisle ci fece strada nell’ospedale.
Ovviamente eravamo in anticipo. La guida di Carlisle era stata morbida ma la velocità sempre sostenuta.
Passando davanti ad uno specchio mi sistemai i capelli. Temevo che potessero riconoscermi.
< Non preoccuparti, sei perfetta. E nessuno potrebbe ricollegarti a Bella Swan. >

Sulla carta d’identità falsa c’era scritto: “Isabel Masen”
Anche Carlisle mi rassicurò e poi mi fece accomodare. Parlò con la ginecologa che mi invitò ad entrare nello studio. Elizabeth dormiva ancora tra le braccia di Esme.
Sdraiata sul lettino, attesi. Edward era ancora più teso di me.
La dottoressa, gentile e simpatica, mi visitò accuratamente insieme a Carlisle. Quando mi passò il gel freddo sulla pancia mi fece il solletico. Trattenni il fiato aspettando che si formasse l’immagine sullo schermo.

E poi vidi quella macchia scura che si muoveva dentro di me. 

Sorrisi stringendo la mano di Edward che fissava lo schermo, attonito. Alzò lentamente lo sguardo per
incontrare quello di Carlisle. si scambiarono un’occhiata di intesa e Carlisle sillabò: “te lo avevo detto”
Si fissarono per alcuni istanti mentre la dottoressa cercava di interpretare l’immagine.
Mi si gelò il sangue nelle vene.
< Edward? > Sussurrai in un filo di voce. Lui si voltò di scatto e mi sorrise, accarezzandomi la fronte.

La dottoressa guardò Carlisle che le annuì e che si rivolse a me: < Beh, Bella… congratulazioni. > Lo fissai senza capire bene a cosa mirasse ma poi Edward, con voce emozionata, aggiunse: < Aspetti due gemelli. >

La dottoressa gli sorrise e disse: < Tuo fratello deve essere fiero di te. Sono certa che sarai un bravo dottore proprio come Carlisle. I tuoi professori saranno molto contenti. Uno sguardo e hai capito subito. >
Ah già… la versione ufficiale adesso prevedeva che Edward, che avrebbe dovuto studiare medicina all’università, fosse il “fratellino” di Carlisle e che io fossi la sua fidanzata.
Mi portai le mani alla bocca nel momento in cui le parole di mio marito assunsero significato.

Due gemelli!

La giovane donna si rivolse a me e mi disse gentile: < Non piangere, cara, non preoccuparti. >
Stavo piangendo?
Oddio, ero talmente frastornata che non riuscivo neanche a capire cosa stessi facendo.

Cercai Edward e lo trovai. Mi asciugò la pancia e mi aiutò a rimettermi seduta, dopodichè mi abbracciò stretta.
< Ehi… non fare così. > Mi sussurrò mentre mi cullava.
< Scusa, sono così sorpresa! Due gemellini! >
< O Gemelline… >
Lo guardai male.
< Edward, non dirm… >
< O magari un maschietto e una femminuccia… Non ho guardato. Contenta? >
Sorpresa, esclamai: < Oh, ma se tu vuoi saperlo, a me non da fastidio. Cioè, l’importante è che tu non me lo dica. >
< Sono molto paziente. Pensavo lo sapessi. Aspetteremo insieme. > E poi mi ammiccò complice e poi mi risistemò la maglietta.
La dottoressa e Carlisle parlarono per un po’ dopo che io ed Edward ci fummo congedati.

Mi sedetti nella sala d’aspetto e poggiai le mani sul grembo.

< Edward! Due bambini! >  Esclamai ad un certo punto, rompendo il silenzio. Lui mi abbracciava e le sue mani gelate erano posate delicatamente sulle mie.

Mi fissò e sorrise. Stavo cominciando ad elaborare il piacevole shock.
Ero intontita dalla notizia, felicissima.
Solo adesso stavo cominciando a rendermi conto di cosa significasse.
< Due… e tu che dicevi che eri incapace… >

Edward rise ed Esme, che teneva la bambina addormentata in braccio chiese: < Due gemellini? >

Io ed Edward annuimmo in contemporanea e lei rimase in silenzio per qualche istante, interdetta. Poi il suo volto si aprì in un ampio sorriso e disse: < Congratulazioni! Sarete felicissimi. Sono così felice per voi! Non sono cose che capitano tutti i giorni! Due bambini… Allora era vero! È fantastico! Ma dovremo preparare un’altra stanza. Che dici Edward? Secondo te riusciamo a spostare la biblioteca in una delle stanze degli ospiti e fare lì la cameretta dell’altro bambino? È la più vicina al vecchio camerino di Alice, praticamente di fronte a camera vostra. >
< Esme, non preoccuparti. Finché saranno piccoli, potranno stare insieme nella cameretta che state preparando… ci penseremo più avanti. >
< Come sarebbe a dire “era vero?” > Esclamai sorpresa. Cosa cavolo avevano tramato alle mie spalle?
< Io e Carlisle, avevamo sentito un’eco nel battito del feto. Non eravamo certi che fossero due ma era probabile. Prima di dirtelo però. volevamo esserne sicuri… poteva essere una malformazione… >
< Come al solito sapete tutto prima della sottoscritta. Dovrebbe essere il contrario! > Esclamai fingendo di essere offesa. Edward intuì facilmente le mie vere emozioni e si sporse per baciarmi. Le sue mani fisse sulla pancia, a pochi centimetri dalle mie.

Elizabeth, svegliata dal nostro parlare, alzò la testa dalla spalla di Esme e ci guardò. Si stropicciò gli occhi e scese dalle ginocchia della nonna per venire verso di noi. Edward la prese in braccio e poi le disse: < Ti va qualcosa da mangiare? > < Shiii > Sbadigliò lei. < Chiediamo alla mamma se viene con noi? > < Shi! > Lui si voltò e rise del mio sguardo indispettito.
Mi chiese ironico: < Bella, vieni al bar con noi? >
< Mah… non saprei… > Feci io ridendo ed alzandomi. < Esme, resti ad aspettare Carlisle? > < Sì, vi raggiungiamo al bar. > < Va bene. >
Salutai mia suocera con un bacio sulla guancia e un suo forte abbraccio. Poi, per mano con Edward, che teneva Elizabeth su un braccio, andai a mangiare.
Io e la bambina ci prendemmo una cioccolata calda con la panna. Elizabeth fece un gran casino sporcando dappertutto. Era intensissima ad osservare le persone che passavano, tanto da ignorare o quasi la cioccolata che di solito adorava.
Quando la cameriera le chiese se volesse della torta, lei arrossì furiosamente e si nascose in braccio a suo padre.
La signorina lo chiese a noi, divertita dal comportamento della bambina.
< Sì grazie… > Le disse Edward, incantandola con il suo sorriso.

Quando finimmo di fare colazione, dopo che ci ebbero raggiunto Esme e Carlsile, tornammo all’auto. Dopo tanto tempo lontano dal mondo, tutto mi pareva nuovo, diverso.
Mi piaceva, nonostante mi facesse un po’ paura. stretta ad Edward, proposi: < Esme, non è che tu e Carlisle portereste la bambina al parco o da qualche parte? Così magari io ed Edward facciamo un giro… >
< Ma certo. > Fece lei, consapevole di quanto la libertà mi fosse mancata.
Convincere Elizabeth a separarsi da noi non fu così difficile come temevo. Era attratta dalle insegne e dalle vetrine dei negozi. Incantata dalle persone che passavano.
Ci salutammo dandoci appuntamento all’auto, tre ore più tardi.
Io ed Edward facemmo dei giretti senza una meta precisa.
Ad un certo punto, mentre eravamo seduti su una panchina, sul lungomare, mi porse il cellulare.

< Allora, lo diciamo a mamma e papà? >

< Oddio… e come faccio a dirglielo? >
< Mh, vediamo… potresti iniziare con un saluto, breve però… e poi arrivare subito al dunque, qualcosa tipo: Ciao mamma, come stai? Ah, volevo dirti una cosa: sai che dopo innumerevoli tentativi e dopo aver sedotto quell’incapace di mio marito per non so quante volte in due anni, alla fine sono riuscita a rimanere incinta? Sono due gemellini! Non è magnifico? > Fece lui imitando il mio tono di voce per prendermi in giro. Voleva farmi arrabbiare.
Diceva che ero bellissima e molto, molto attraente quando mi arrabbiavo con lui.

Eccitante.

Solo, non era il luogo adatto. Mi ripromisi di infuriarmi con lui dopo… a casa.
Allora cercai di rispondere in un modo sensato, nonostante le sue labbra sul mio collo facessero di tutto per mandare in tilt il mio cervello.
< See, come no. Così le viene un infarto sul momento… >
Lui rise e mi baciò sulla guancia. < A parte gli scherzi, dovrai dirglielo. >
< Mh… quando è prevista la loro prossima visita? >
< Beh, fra tre mesi. Vuoi che ti vedano al settimo mese senza neanche averli avvisati? >
< No, hai ragione… dai, dammi il telefono. > Dissi rassegnata. Mi faceva paura l’idea di dirlo a mia madre. Alla fine però fu tutto molto più semplice di quanto pensassi. Mia madre fu entusiasta della notizia, soprattutto dopo aver saputo che il futuro prevedeva non una, ma due culle, ed insistette per anticipare la sua visita. Alla fine però Edward riuscì a convincerla che era meglio attenersi al piano originale. Si fece però promettere che avrei fatto una foto al pancione almeno una volta alla settimana, per documentare la crescita della pancia. E che ovviamente poi gliele avrei spedite…

Dirlo a Charlie fu più difficile. Disse di essere felicissimo ma, lo conoscevo bene, sapevo che la cosa non lo entusiasmava. Secondo lui ero troppo giovane. Ebbe però il buon gusto di non dirmelo. Non volle rovinare la mia gioia e cercò di mostrarsi felice.

< Bells, so che lo desideravi tanto… certo che due gemelli sono un bella responsabilità. C’è già Liz che sicuramente vi impegna molto. Sicura di riuscire a farcela? > < Papà… certo che ce la faremo. E poi, tutti ci daranno una mano. > < beh, so che è quello che vuoi… ed è giusto che tu sia felice… > Mi disse prima che ci salutassimo, entrambi con molto affetto. Gli mancavo almeno, e forse di più, quanto non mi mancava lui. Comunque lo avrei risentito presto. Questa era stata una chiamata imprevista. Avrei comunque dovuto telefonargli sabato. Erano i patti… chiusi la conversazione e notai la scritta sul display.
Era stata una chiamata di 15 minuti.
Breve, rispetto a quella con mia madre.
37 minuti.

Edward aveva cominciato a dire che i cellulari fanno male se usati troppo ed io a ribattere che era stato lui ad insistere sul telefonare ai miei, quando l’occhio mi cadde su un negozio di intimo.
< Edward, mi presti dei soldi? >
< Ehi, mi stavi ascoltando?E poi, io non ti devo prestare proprio niente. I miei soldi sono tuoi… >
E mi passò una carta di credito luccicante.
Lo trascinai dentro il negozio e lui, impacciato, si bloccò a metà strada. < Su, non fare il bambino. Sei grande e vaccinato. Mi aiuti a scegliere qualcosa per Rose… qualcosa che faccia imbarazzare Emmett ma che a lei piaccia? >
Sospirò tranquillizzato e mi accompagnò in cerca di qualcosa di adatto. Una vendetta piena di gratitudine per il mio fratellone impiccione.

Io volevo comprare il frustino in pelle e un completo molto… erotico, ma alla fine Edward mi costrinse a prendere qualcosa di meno drastico. 
Sciocco moralista della prima guerra mondiale…

E pensare che, checché ne dicesse Emmett, Edward era un tipo molto fantasioso in certe attività…

Per noi, anzi per me, comprammo cose semplici ma, soprattutto, adatte ad una donna incinta. A partire da reggiseni nuovi col la clip davanti (nonostante avessi ancora quelli che avevo usato per allattare Elizabeth) per arrivare a pigiami e camice da notte nuove, un completino da notte dolcissimo per Liz e per me ( erano camice da notte e pigiama con lo stesso disegno) e naturalmente abiti larghi, adatti al pancione di una donna che aspetta due bambini. Pagai e mi venne la nausea quando vidi il costo. Edward sbuffò e mi sibilò: < Soldi miei. >
< Avevi detto che erano anche miei. > ribattei io ritirando la carta.
< Sì, ma se c’è una cosa di cui non devi preoccuparti, è questa. Non finiremo sul lastrico per colpa della brasiliana che ti sei comprata cercando di non farmela vedere. Ah, tra l’altro, non vedo l’ora di vedertela addosso. Starebbe benissimo con quella canottierina di seta tutta svolazzi… o magari quel corpetto… anche se è meglio che tu non stringa il ventre. > Gli tirai un calcio sullo stinco ma fui l’unica a farsi male… che mondo ingiusto.
Alla fine naturalmente portò tutti i pacchi lui.
Arrivati alla macchina, trovammo Elizabeth ad aspettarci, intenta a giocare con un pupazzo nuovo. Regalo, di certo, dei nonni.

< Pappà!!! Mammi! Vi piasce? L’ho celto io!!! > E ce lo mostrò.

Esme si strinse nelle spalle mentre Carlisle nascose la risata in un colpo di tosse.
Tra le mani, Liz teneva un pupazzo altro circa 20 cm rappresentante un vampirotto con i canini appuntiti e un sorriso simpatico. Il mantello con il colletto era morbido e liscio, proprio come il resto del Peluche. Sembrava la parodia di Dracula.
Era troppo simpatico. Sull’etichetta c’era scritto: “Ho voglia di te.” E poi il nome della collana di Peluches, nonché la marca e le indicazioni per lavarlo. Edward la staccò e se la infilò in tasca. Mi sussurrò: < Questa la conservo. La appendiamo in camera… >
Elizabeth, che non poteva capire, ci guardò curiosa e sorrise radiosa.

Inginocchiata davanti a lei le sussurrai: < Ma è bellissimo! > E le baciai l’orecchio. Lei rise andò a nascondersi tra le gambe di suo padre che prese il pupazzo tra le mani per esaminarlo.
< E posso sapere come vuoi chiamarlo? >
< Emmett! > Rispose lei decisa, scatenando l’ilarità di tutti.
La presi in braccio e le diedi un bacetto sulla guancia prima di metterla sul seggiolino.
In auto, cullata da Edward mi addormentai.
Nella mia mente fluttuavano delle immagini nuove. Due neonati, due culle…
centinaia di pannolini…
Fortuna che  a Rose e ad Esme piaceva fare la mamma. Erano sempre felicissime di darmi una mano.

E con due neonati, avrei avuto bisogno di molto aiuto…

  
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