Ciao a tutte!!!
Allora… sono andata a
vedere Twilight…
Beh… ho riso dall’inizio alla fine!!!
Mamma mia, potevano cercare di fare qualcosina di meglio!
Lei è brava, lui insomma, all’inizio non sapeva
recitare ma
migliora con il film (forseè un effetto voluto? Boh XD)
Quando lui le dice: “Sono fatto per uccidere” io ho
esclamato: “No, tu sei fatto e basta!!!!” al che
siamo scoppiati tutti a ridere
XD
E insomma, per tutto il film non ho fatto altro che ridere. Se
non sapessi a memoria il libro, credo che non avrei capito un
benemerito XXXXX
(autocensura XD)
Comunque, alla fine, non è stato tanto male. mi riservo di
vederlo un’altra volta prima di esprimermi...
Passando ad altro…
Stavo per scrivere che la scuola mi sta uccidendo a furia di compiti ma poi mi sono immediatamente vergognata di questo pensiero…
Dicono
che di scuola non è mai morto nessuno.
Credo che queste persone dovrebbero ricredersi.
Volevo solo esprimere il mio dolore per il ragazzo di
Torino, morto per l’incuria di alcuni,
l’indifferenza di molti.
Morire a 17 anni, per dei lavori di ristrutturazione fatti
male poi è troppo, troppo ingiusto.
Questo fatto mi ha colpito molto. Oggi,
a Milano, c’era una
manifestazione in suo ricordo. Per molti motivi (fra cui alcuni
scolastici) non
sono potuta andare ma ci tenevo a ricordare Vito (che si chiamava come
il mio
papà) almeno su queste pagine che sono specchio dei miei
sentimenti…
Con la speranza che la morte di questo ragazzo sia l’ultima
di una lunga serie, ho sentito il bisogno di scrivere queste due righe
come
memento a me stessa della fortuna che ho ad andare a scuola in un
edificio
sicuro (la scuola di Milano allagata 4 anni fa. Ristrutturata
completamente per
una spesa folle. Era inagibile a causa della stupidità di
alcuni ragazzini
viziati, non abituati a sentirsi rimproverare…)
Perché
il dolore della perdita di una persona amata è
atroce, lacerante…
…Ti annulla, ti annichilisce, ti sfianca, ti distrugge, ti
fa perdere concezione del tempo, della realtà, della vita
stessa…
…Ti toglie il respiro, ti toglie
l’anima…
Il dolore della perdita è troppo, troppo
insopportabile…
Perché
la morte è atroce, crudele…
Perché
è vero, la morte esiste ma è tanto, tanto
ingiusta…
soprattutto quando si porta via un ragazzo che non aveva avuto neanche
il tempo
di assaporare nient’altro che un assaggio di tutto
ciò che è il mondo.
E tutto questo per colpa dell’incuria,
dell’indifferenza e
della superficialità di chi dovrebbe accertarsi che noi,
ragazze e ragazzi che
ogni giorno passano a scuola gran parte della giornata, siamo al sicuro.
Ed invece Vito è morto e un altro ragazzo forse
resterà
paralizzato.
I compagni di classe feriti…
Non credo che una cosa simile sia accettabile, da nessuna
parte.
Men che meno qui, in Italia, dove ci reputiamo uno stato
civile…
Scusate
se questi miei pensieri non riguardano minimamente
la mia storia, ma non potevo proprio trattenermi, facendo finta di
niente
riguardo un fatto così grave e così atroce.
Con un abbraccio rivolto a Vito e alla sua famiglia, nonché
a
tutti gli altri ragazzi rimasti coinvolti in quello che a stento riesco
chiamare incidente, vi lascio a questo capitolo, limitandomi ad un
pensiero di
vicinanza alla famiglia.
Erika
Per quanto riguarda questo capitolo,
spero che vi piaccia…
Un bacio a tutte quante, corro a studiare che ho talmente
tante verifiche che non so proprio come farò…
PS: grazie a tutte per i vostri commenti!!!
Bella’s POV
< No. >
< Elizabeth, non fare così. >
< No. >
< Lascia la gamba di tua madre. >
< No. >
< Dai Edward, non fare così. Siamo in larghissimo
anticipo. Restiamo qui ancora un po’. >
< Bella, preferisco arrivare in anticipo piuttosto
che in ritardo. >
< Uffa, che noioso. Liz, lasciami andare altrimenti
papà si arrabbia. >
< No. >
Dato che si era aggrappata alla mia gamba non mi
permetteva di muovermi. Gentilmente cercai di sciogliere la sua presa
ferrea ma
questo fece sì che lei si stringesse di più al
mio ginocchio.
Edward si mise in ginocchio davanti a lei e le carezzò
una guancia.
< Per favore piccola, lascia andare la mamma. >
< No. >
< Ti prego… più tardi partiamo,
più tardi torniamo
a casa. Se ci lasci andare adesso, torniamo prima. >
Elizabeth represse le lacrime e
tirò su con il naso.
< Non andare, mamma. >
Mi chinai per rassicurarla ma lei
mi buttò le braccia
al collo e cominciò a piangere. Nella foga del momento mi
tirò i capelli e la
parrucca si spostò, lasciando intravede la retina che mi
nascondeva i capelli
veri. Edward sospirò ed Alice sbuffò. Ci aveva
messo venti minuti a sistemarmi
in modo che sembrassero i miei capelli naturali. Mi rimise la parrucca
a posto
e poi cercò di prendere Elizabeth. Io baciai mia figlia
sulla fronte e gliela
passai ma lei pianse ancora più forte. Il volto rosso e gli
occhi gonfi.
Tendeva le mani verso di me senza riuscire neanche a parlare.
Edward le baciò la guancia, poi mi prese la mano e mi
accompagnò fuori. Carlisle ci aspettava in macchina insieme
ad Esme. Sarebbero
venuti con noi. Non volevano correre il rischio che rimanessi sola
neanche un
minuto. E ad essere sincera, neanche io.
Arrivati davanti alla macchina
inspirai profondamente.
Edward mi strinse a sé e mi sussurrò: <
Tranquilla. Non succederà niente.
Non avere paura. >
< Non ho paura… solo, è così
strano. > Era la
prima volta che lasciavo la casa per andare in un luogo dove
c’erano altre
persone. Era la prima volta che tornavo nel mondo reale e questo mi
spaventava.
Da tre anni e tre mesi vivevo nella casa nel bosco, lontano da tutto e
da
tutti. Protetta dal mondo esterno.
Mi accorsi di tremare leggermente.
< Sta tranquilla. Ti proteggerò io. Nessuno ti
…
farà del male. >
All’ultimo cambiò la frase. Inizialmente voleva
dire:
“nessuno ti porterà via.”
Il ricordo dell’ultima
volta che ero salita su una
macchina per svolgere una commissione era troppo vivido in me. Edward
strinse
le mie mani tra le sue e fermò il tremore.
Anestetizzò i miei sentimenti
con un bacio a fior di labbra e poi mi aiutò
ad entrare in auto. Mi sedetti vicino ad Esme, ed Edward si sedette al
mio
fianco. Il seggiolino di Elizabeth era stato sistemato davanti. Eravamo
andati
al fiume o a fare dei giri nei dintorni ultimamente ed Edward lo aveva
comprato
per evitare che Liz si facesse male. Questo perché quando
eravamo andati a fare
la prima “gita” faceva freddo. Edward mi teneva
sulla schiena mentre Elizabeth
era tra le sue braccia. Aveva corso nel vento come una scheggia. Noi
però ci
eravamo prese entrambe un raffreddore ed io ed Edward, sebbene
Elizabeth
volesse correre ancora, avevamo quindi optato per la macchina. Carlisle
fece
per mettere in moto ma si fermò prima di aver ruotato la
chiave nella quadrante.
< Scusa Edward ma davvero non riesco a tenerla con
me. È troppo agitata. Non si è mai allontanata da
Bella, tranne quella volta. E
quella volta non ha fatto altro che piangere. Ho visto che questa volta
sarà
peggio! Ci ho provato ma non credo che io e Jasper riusciremmo a
calmarla. E
stare senza di lei e di te le fa paura. >
< Va bene, va bene. Visto qualcosa di interessante,
nel momento in cui hai deciso di non fare la baby-sitter? >
< Solo che andrà tutto bene. > Disse con un
sorriso a cui Edward rispose in egual modo.
< Allora, piccola frignona viziata? Contenta? >
Chiese lui ad Elizabeth prima di farla scivolare sulle mie ginocchia.
La
bambina si aggrappò al mio collo. Smise di piangere e
guardò suo padre.
Edward le sorrise rassegnato ed io
ridacchiai.
< Liz, guarda che però andiamo in un posto nuovo,
dove c’è tanta gente… >
< Come nei film? >
< Sì… esatto. > le risposi facendo
finta di
essere tranquilla. A quel punto però si intromise Edward che
le sussurrò: <
Amore, mi raccomando, non dire cose strane. Le altre persone non
capirebbero.
Non dire dove abitiamo e tutte le cose che succedono a casa
nostra… >
Lei annuì decisa
asciugandosi gli occhi con il dorso
della mano.
< Dai, piagnona, vieni qui.
> e la prese tra le braccia,
stringendola a sé. Poi la passò a Carlisle che la
sistemò sul seggiolino. Lei
si voltò e tese le manine verso di me. Socchiuse le labbra
ma Edward le impedì
di parlare. < Zitta. Non ci provare neanche. Tu stai
lì e dovresti
ringraziare che ti portiamo con noi. >
Lei chiuse immediatamente la bocca e mi guardò
colpita dal tono.
Mi sporsi verso di lei e le sistemai i capelli rossi
dietro l’orecchio. < Su, non fare così,
Edward. In fondo, siamo una
famiglia. Dobbiamo essere uniti. E tu, Liz, ascolta il papà.
> Lei si rimise
seduta educata e Carlisle le sistemò le cinture, assicurando
il seggiolino al
sedile.
Finalmente, partimmo. Poco dopo
Liz, cullata dal
movimento continuo e regolare del motore e dalla musica dolce che
Carlisle aveva
fatto partire poco prima, si addormentò.
Io passai tutto il viaggio a massaggiarmi la pancia,
accarezzata da Edward che cercava di tranquillizzarmi. Arrivata al
quarto mese,
Edward aveva insistito perché andassi a fare
l’ecografia.
Se con Elizabeth, per vari motivi, non ne avevo fatte,
questa volta era necessario. Alice non vedeva niente e Carlisle da
delle visite
ginecologiche non poteva sapere più di tanto.
Ultimamente, aveva cominciato a lavorare nell’ospedale
di Gibson. Mi aveva prelevato del sangue e fatto gli esami. Tutto
andava bene.
Per l’ecografia però dovevo per forza spostarmi.
Arrivati a destinazione, Esme prese
Elizabeth in
braccio e Carlisle ci fece strada nell’ospedale.
Ovviamente eravamo in anticipo. La guida di Carlisle
era stata morbida ma la velocità sempre sostenuta.
Passando davanti ad uno specchio mi sistemai i
capelli. Temevo che potessero riconoscermi.
< Non preoccuparti, sei perfetta. E nessuno
potrebbe ricollegarti a Bella Swan. >
Sulla carta
d’identità falsa c’era scritto:
“Isabel
Masen”
Anche Carlisle mi rassicurò e poi mi fece accomodare.
Parlò con la ginecologa
che mi invitò ad entrare nello studio. Elizabeth dormiva
ancora tra le braccia
di Esme.
Sdraiata sul lettino, attesi. Edward era ancora più
teso di me.
La dottoressa, gentile e simpatica, mi visitò
accuratamente insieme a Carlisle. Quando mi passò il gel
freddo sulla pancia mi
fece il solletico. Trattenni il fiato aspettando che si formasse
l’immagine
sullo schermo.
E poi vidi quella macchia scura che si muoveva dentro di me.
Sorrisi stringendo la mano di
Edward che fissava lo schermo, attonito.
Alzò lentamente lo sguardo per
incontrare quello di Carlisle. si scambiarono
un’occhiata di intesa e Carlisle sillabò:
“te lo avevo detto”
Si fissarono per alcuni istanti mentre la dottoressa
cercava di interpretare l’immagine.
Mi si gelò il sangue nelle vene.
< Edward? > Sussurrai in un filo di voce. Lui si
voltò di scatto e mi sorrise, accarezzandomi la fronte.
La dottoressa guardò
Carlisle che le annuì e che si
rivolse a me: < Beh, Bella… congratulazioni. >
Lo fissai senza capire
bene a cosa mirasse ma poi Edward, con voce emozionata, aggiunse:
< Aspetti
due gemelli. >
La dottoressa gli sorrise e disse:
< Tuo fratello
deve essere fiero di te. Sono certa che sarai un bravo dottore proprio
come
Carlisle. I tuoi professori saranno molto contenti. Uno sguardo e hai
capito
subito. >
Ah già… la versione ufficiale adesso prevedeva
che
Edward, che avrebbe dovuto studiare medicina
all’università, fosse il
“fratellino” di Carlisle e che io fossi la sua
fidanzata.
Mi portai le mani alla bocca nel momento in cui le
parole di mio marito assunsero significato.
Due gemelli!
La giovane donna si rivolse a me e
mi disse gentile:
< Non piangere, cara, non preoccuparti. >
Stavo piangendo?
Oddio, ero talmente frastornata che non riuscivo
neanche a capire cosa stessi facendo.
Cercai Edward e lo trovai. Mi
asciugò la pancia e mi
aiutò a rimettermi seduta, dopodichè mi
abbracciò stretta.
< Ehi… non fare così. > Mi
sussurrò mentre mi
cullava.
< Scusa, sono così sorpresa! Due gemellini! >
< O Gemelline… >
Lo guardai male.
< Edward, non dirm… >
< O magari un maschietto e una femminuccia… Non ho
guardato. Contenta? >
Sorpresa, esclamai: < Oh, ma se tu vuoi saperlo, a
me non da fastidio. Cioè, l’importante
è che tu non me lo dica. >
< Sono molto paziente. Pensavo lo sapessi.
Aspetteremo insieme. > E poi mi ammiccò complice e
poi mi risistemò la
maglietta.
La dottoressa e Carlisle parlarono per un po’ dopo che
io ed Edward ci fummo congedati.
Mi sedetti nella sala
d’aspetto e poggiai le mani sul
grembo.
< Edward! Due bambini!
> Esclamai
ad un certo punto, rompendo il
silenzio. Lui mi abbracciava e le sue mani gelate erano posate
delicatamente
sulle mie.
Mi fissò e sorrise.
Stavo cominciando ad elaborare il
piacevole shock.
Ero intontita dalla notizia, felicissima.
Solo adesso stavo cominciando a rendermi conto di cosa
significasse.
< Due… e tu che dicevi che eri incapace…
>
Edward rise ed Esme, che teneva la
bambina
addormentata in braccio chiese: < Due gemellini? >
Io ed Edward annuimmo in
contemporanea e lei rimase in
silenzio per qualche istante, interdetta. Poi il suo volto si
aprì in un ampio
sorriso e disse: < Congratulazioni! Sarete felicissimi. Sono
così felice per
voi! Non sono cose che capitano tutti i giorni! Due bambini…
Allora era vero! È
fantastico! Ma dovremo preparare un’altra stanza. Che dici
Edward? Secondo te
riusciamo a spostare la biblioteca in una delle stanze degli ospiti e
fare lì
la cameretta dell’altro bambino? È la
più vicina al vecchio camerino di Alice,
praticamente di fronte a camera vostra. >
< Esme, non preoccuparti. Finché saranno piccoli,
potranno stare insieme nella cameretta che state preparando…
ci penseremo più
avanti. >
< Come sarebbe a dire “era vero?” >
Esclamai
sorpresa. Cosa cavolo avevano tramato alle mie spalle?
< Io e Carlisle, avevamo sentito un’eco nel battito
del feto. Non eravamo certi che fossero due ma era probabile. Prima di
dirtelo
però. volevamo esserne sicuri… poteva essere una
malformazione… >
< Come al solito sapete tutto prima della
sottoscritta. Dovrebbe essere il contrario! > Esclamai fingendo
di essere
offesa. Edward intuì facilmente le mie vere emozioni e si
sporse per baciarmi. Le
sue mani fisse sulla pancia, a pochi centimetri dalle mie.
Elizabeth, svegliata dal nostro
parlare, alzò la testa
dalla spalla di Esme e ci guardò. Si stropicciò
gli occhi e scese dalle
ginocchia della nonna per venire verso di noi. Edward la prese in
braccio e poi
le disse: < Ti va qualcosa da mangiare? > < Shiii
> Sbadigliò lei.
< Chiediamo alla mamma se viene con noi? > < Shi!
> Lui si voltò e
rise del mio sguardo indispettito.
Mi chiese ironico: < Bella, vieni al bar con noi?
>
< Mah… non saprei… > Feci io
ridendo ed
alzandomi. < Esme, resti ad aspettare Carlisle? >
< Sì, vi raggiungiamo
al bar. > < Va bene. >
Salutai mia suocera con un bacio sulla guancia e un
suo forte abbraccio. Poi, per mano con Edward, che teneva Elizabeth su
un
braccio, andai a mangiare.
Io e la bambina ci prendemmo una cioccolata calda con
la panna. Elizabeth fece un gran casino sporcando dappertutto. Era
intensissima
ad osservare le persone che passavano, tanto da ignorare o quasi la
cioccolata
che di solito adorava.
Quando la cameriera le chiese se volesse della torta, lei
arrossì furiosamente e si nascose in braccio a suo padre.
La signorina lo chiese a noi, divertita dal
comportamento della bambina.
< Sì grazie… > Le disse Edward,
incantandola con
il suo sorriso.
Quando finimmo di fare colazione,
dopo che ci ebbero
raggiunto Esme e Carlsile, tornammo all’auto. Dopo tanto
tempo lontano dal
mondo, tutto mi pareva nuovo, diverso.
Mi piaceva, nonostante mi facesse un po’ paura.
stretta ad Edward, proposi: < Esme, non è che tu e
Carlisle portereste la
bambina al parco o da qualche parte? Così magari io ed
Edward facciamo un giro…
>
< Ma certo. > Fece lei,
consapevole di quanto la libertà mi fosse mancata.
Convincere Elizabeth a separarsi da noi
non fu così difficile come temevo. Era attratta dalle
insegne e dalle vetrine
dei negozi. Incantata dalle persone che passavano.
Ci salutammo dandoci appuntamento
all’auto, tre ore più tardi.
Io ed Edward facemmo dei giretti senza
una meta precisa.
Ad un certo punto, mentre eravamo seduti
su una panchina, sul lungomare, mi porse il cellulare.
< Allora, lo diciamo a mamma
e papà?
>
< Oddio… e come
faccio a dirglielo?
>
< Mh, vediamo… potresti iniziare con
un saluto, breve però… e poi arrivare subito al
dunque, qualcosa tipo: Ciao
mamma, come stai? Ah, volevo dirti una cosa: sai che dopo innumerevoli
tentativi e dopo aver sedotto quell’incapace di mio marito
per non so quante
volte in due anni, alla fine sono riuscita a rimanere incinta? Sono due
gemellini! Non è magnifico? > Fece lui imitando il
mio tono di voce per
prendermi in giro. Voleva farmi arrabbiare.
Diceva che ero bellissima e molto, molto
attraente quando mi arrabbiavo con lui.
Eccitante.
Solo, non era il luogo adatto. Mi
ripromisi di infuriarmi con lui dopo… a casa.
Allora cercai di rispondere in un modo
sensato, nonostante le sue labbra sul mio collo facessero di tutto per
mandare
in tilt il mio cervello.
< See, come no. Così le viene un
infarto sul momento… >
Lui rise e mi baciò sulla guancia. <
A parte gli scherzi, dovrai dirglielo. >
< Mh… quando è prevista la loro
prossima visita? >
< Beh, fra tre mesi. Vuoi che ti
vedano al settimo mese senza neanche averli avvisati? >
< No, hai ragione… dai, dammi il
telefono. > Dissi rassegnata. Mi faceva paura l’idea
di dirlo a mia madre. Alla
fine però fu tutto molto più semplice di quanto
pensassi. Mia madre fu entusiasta
della notizia, soprattutto dopo aver saputo che il futuro prevedeva non
una, ma
due culle, ed insistette per anticipare la sua visita. Alla fine
però Edward
riuscì a convincerla che era meglio attenersi al piano
originale. Si fece però
promettere che avrei fatto una foto al pancione almeno una volta alla
settimana, per documentare la crescita della pancia. E che ovviamente
poi
gliele avrei spedite…
Dirlo a Charlie fu più
difficile. Disse
di essere felicissimo ma, lo conoscevo bene, sapevo che la cosa non lo
entusiasmava. Secondo lui ero troppo giovane. Ebbe però il
buon gusto di non
dirmelo. Non volle rovinare la mia gioia e cercò di
mostrarsi felice.
< Bells, so che lo
desideravi tanto…
certo che due gemelli sono un bella responsabilità.
C’è già Liz che sicuramente
vi impegna molto. Sicura di riuscire a farcela? > <
Papà… certo che ce la
faremo. E poi, tutti ci daranno una mano. > < beh, so che
è quello che
vuoi… ed è giusto che tu sia felice…
> Mi disse prima che ci salutassimo,
entrambi con molto affetto. Gli mancavo almeno, e forse di
più, quanto non mi
mancava lui. Comunque lo avrei risentito presto. Questa era stata una
chiamata
imprevista. Avrei comunque dovuto telefonargli sabato. Erano i
patti… chiusi la
conversazione e notai la scritta sul display.
Era stata una chiamata di 15 minuti.
Breve, rispetto a quella con mia madre.
37 minuti.
Edward aveva cominciato a dire che
i
cellulari fanno male se usati troppo ed io a ribattere che era stato
lui ad insistere sul telefonare ai miei, quando l’occhio mi
cadde su un negozio di
intimo.
< Edward, mi presti dei soldi? >
< Ehi, mi stavi ascoltando?E poi, io
non ti devo prestare proprio niente. I miei soldi sono tuoi…
>
E mi passò una carta di credito
luccicante.
Lo trascinai dentro il negozio e lui, impacciato,
si bloccò a metà strada. < Su, non fare il
bambino. Sei grande e vaccinato.
Mi aiuti a scegliere qualcosa per Rose… qualcosa che faccia
imbarazzare Emmett
ma che a lei piaccia? >
Sospirò tranquillizzato e mi accompagnò
in cerca di qualcosa di adatto. Una vendetta piena di gratitudine per
il mio
fratellone impiccione.
Io volevo comprare il frustino in
pelle
e un completo molto… erotico, ma alla fine Edward mi
costrinse a prendere
qualcosa di meno drastico.
Sciocco moralista della prima guerra mondiale…
E pensare che, checché
ne dicesse
Emmett, Edward era un tipo molto fantasioso in certe
attività…
Per noi, anzi per me, comprammo
cose
semplici ma, soprattutto, adatte ad una donna incinta. A partire da
reggiseni
nuovi col la clip davanti (nonostante avessi ancora quelli che avevo
usato per
allattare Elizabeth) per arrivare a pigiami e camice da notte nuove, un
completino da notte dolcissimo per Liz e per me ( erano camice da notte
e
pigiama con lo stesso disegno) e naturalmente abiti larghi, adatti al
pancione
di una donna che aspetta due bambini. Pagai e mi venne la nausea quando
vidi il
costo. Edward sbuffò e mi sibilò: < Soldi
miei. >
< Avevi detto che erano anche miei.
> ribattei io ritirando la carta.
< Sì, ma se c’è una cosa di cui
non
devi preoccuparti, è questa. Non finiremo sul lastrico per
colpa della brasiliana
che ti sei comprata cercando di non farmela vedere. Ah, tra
l’altro, non vedo
l’ora di vedertela addosso. Starebbe benissimo con quella
canottierina di seta
tutta svolazzi… o magari quel corpetto… anche se
è meglio che tu non stringa il
ventre. > Gli tirai un calcio sullo stinco ma fui
l’unica a farsi male… che
mondo ingiusto.
Alla fine naturalmente portò tutti i
pacchi lui.
Arrivati alla macchina, trovammo
Elizabeth ad aspettarci, intenta a giocare con un pupazzo nuovo.
Regalo, di
certo, dei nonni.
< Pappà!!! Mammi!
Vi piasce? L’ho
celto io!!! > E ce lo mostrò.
Esme si strinse nelle spalle mentre
Carlisle nascose la risata in un colpo di tosse.
Tra le mani, Liz teneva un pupazzo altro
circa
Era troppo simpatico. Sull’etichetta
c’era scritto: “Ho voglia di te.” E poi
il nome della collana di Peluches, nonché
la marca e le indicazioni per lavarlo. Edward la staccò e se
la infilò in
tasca. Mi sussurrò: < Questa la conservo. La
appendiamo in camera… >
Elizabeth, che non poteva capire, ci
guardò curiosa e sorrise radiosa.
Inginocchiata davanti a lei le
sussurrai:
< Ma è bellissimo! > E le baciai
l’orecchio. Lei rise andò a nascondersi
tra le gambe di suo padre che prese il pupazzo tra le mani per
esaminarlo.
< E posso sapere come vuoi chiamarlo?
>
< Emmett! > Rispose lei decisa,
scatenando l’ilarità di tutti.
La presi in braccio e le diedi un
bacetto sulla guancia prima di metterla sul seggiolino.
In auto, cullata da Edward mi
addormentai.
Nella mia mente fluttuavano delle
immagini nuove. Due neonati, due culle…
centinaia di pannolini…
Fortuna che a
Rose e ad Esme piaceva fare la mamma. Erano sempre felicissime di darmi
una
mano.
E con due neonati, avrei avuto
bisogno
di molto aiuto…