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Autore: Lady Stark    28/01/2015    2 recensioni
"Il mondo è un luogo così crudele"
Nel profondo ventre della terra, il ruggito di un drago risveglia la notte diffondendo in essa oscuri presagi.
Il sangue della vestale macchia gli affilati artigli della bestia, le catene che trattenevano la sua furia si sono ormai spezzate.
La sacerdotessa inneggia la sua preghiera alla ricerca di una giovane donna che rimpiazzi quello sfortunato destino fatto di violenza e dolore.
La musica di un sorriso che non ha mai conosciuto, condurrà Len in un lungo viaggio alla ricerca della sorella scomparsa tanto tempo fa, quando lui era solo un bambino.
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaito Shion, Len Kagamine, Meiko Sakine, Miku Hatsune, Rin Kagamine | Coppie: Kaito/Meiko, Len/Rin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il canto del fuoco ~ Chapter XVII

Seppellirono il piccolo Alain in una radura inondata perennemente dal tocco delicato del sole; una miriade di boccioli color crema ondeggiavano le loro corolle al vento, quasi a salutare con rispetto il lutto del gruppo.

-Addio, Alain. Il tuo sorriso rimarrà inciso nei nostri ricordi per la sua spensieratezza. Riposa in pace, compagno.- sussurrò Gakupo inginocchiandosi al fianco dell'involucro di terra smossa per poi accarezzarla in un ultimo saluto al gusto di lacrime nascoste.

-Malgrado la sua giovane età, il ragazzo ha saputo dimostrare un portentoso valore. Senza di lui saremmo probabilmente morti in questo momento. Onore a te, Alain.- mormorò lo stregone, portandosi un pugno al cuore. Meiko affondò in silenzio la punta della sua spada nella terra ai piedi della tomba, glorificando così la memoria del ragazzino che per così poco aveva marciato con loro.

Len toccò con istintiva titubanza il ciondolo ben nascosto sotto la tunica; le sue pulsazioni si diffusero con ritmo cadenzato e leggero sui suoi polpastrelli.

Per quanto cercasse di convincersi del fatto che il bambino non era morto per colpa sua, il rimorso continuava a masticare implacabile la sua carne.

In fin dei conti era stato proprio Len a trascinare i compagni in quella spirale di assurda vendetta e violenza; aveva stravolto senza alcun diritto le vite di Gakupo, Meiko e Kaito.

Alain era morto a causa della sua folle decisione d'aggiungersi alla loro combriccola di anarchici.

Un sospiro vibrò sulle sue labbra dolorosamente tirate.

Nel piccolo paese in cui Len era cresciuto, la più alta forma di onorificenza funebre era il canto. Leggende antiche come il respiro del mondo, dicevano che la musica avrebbe allietato il duro passaggio dello spirito nel regno dei morti.

L'ultima volta che il ragazzo aveva cantato era stato al funerale di sua nonna; giorno che sarebbe sempre rimasto impresso a lettere di fuoco nella sua mente.

Da quel momento straziante, le sue corde vocali sembravano essersi pietrificate.

La voce del giovane vibrò timidamente sull'umida superficie della lingua, plasmandosi in parole struggenti ed al tempo stesso, dolci come miele.

I suoi compagni di viaggio si voltarono stupiti quando la melodia incise il silenzio, attirando l'attenzione di tutti gli abitanti nella foresta. Gli uccellini sembrarono cristallizzarsi, le piante si immobilizzarono ed ogni minimo respiro cessò di disturbare la quiete.

Il canto del ragazzo interruppe il flusso del tempo, imprigionando in una bolla l'ambiente circostante.

Tutti erano in ascolto; la Natura stessa chinò il capo per commemorare quel così intimo e commovente dolore. Le labbra di Len si seccarono ma il ragazzo non smise mai di cantare, lasciando che il suo cuore rinascesse in quelle vibranti note sgorganti dalla sua gola.

-Questo non è un addio, mio caro amico.- cantò abbassando progressivamente la voce; un commosso sorriso arricciò gli angoli delle sue labbra decretando così la fine dell'ode funebre.

-E' soltanto un arrivederci.-

Il cammino dei quattro riprese tristemente qualche minuto più tardi nel totale silenzio. Ognuno era chiuso nei propri ermetici pensieri, dimentico di qualsiasi cosa che non fosse il proprio essere.

Il vento continuava a sussurrare tra le fronte degli alberi in una poesia di dolce conforto; Gakupo sollevò il capo verso le foglie che danzavano nel cielo, intrecciandosi in una serie di vitali mulinelli.

Allora non ci hai abbandonato, piccolo.” pensò commosso il mentore, allungando una mano verso il vuoto, quasi immaginandosi di accarezzare con le dita quei riccioli ribelli.

 

Quando il sole cominciò lentamente a discendere sulla foresta, tingendo le foglie di una bellissima sfumatura arancione, i ragazzi decisero di fermarsi per riposare e mettere qualcosa sotto i denti. Len sbadigliò tanto pesantemente che una lacrimuccia si agglomerò ai lati dei suoi occhi. Sembravano passati secoli dall'ultima volta che aveva avuto il piacere di dormire su un morbido materasso; la sua schiena si era tramutata in un campo minato di contratture ed infimi dolori.

-Sapete, ragazzi..- disse sovrappensiero il mago dai capelli cobalto incrociando le dita dietro al capo; il suo corpo si tese sul manto erboso della radura, agile e elastico come quello di un gatto.

-A volte credo che quest'avventura si sia trasformata in qualcosa di più.-

-Che intendi dire?-

Kaito si massaggiò distrattamente la nuca mantenendo ostinatamente lo sguardo fisso sulle nuvole che scivolavano nel cielo sempre più scuro. Len curiosò con particolare attenzione nelle iridi del collega, alla ricerca di quelle misteriose risposte che lui probabilmente leggeva in quei movimenti fiacchi.

-Inizialmente ho intrapreso questo viaggio per semplice tornaconto ed interesse personale, se così la vogliamo mettere. Trovare un altro pazzo suicida che desiderava insinuarsi nel covo della Vipera Reale mi era davvero sembrato un colpo di fortuna..- la sua voce si spense, nascondendosi vergognosamente tra le piaghe spesse dell'imbarazzo.

Il giovane rimase in silenzio; conscio del fatto che, come il mago, anche lui era stato colto dagli stessi utilitaristici pensieri.

-Adesso ho avuto però modo di ricredermi..- Il mago si coprì gli occhi con un mezzo sorriso divertito ad arricciargli le labbra secche per la marcia forzata e la mancanza d'acqua.

-Per la prima volta nella mia vita ho avuto modo di affezionarmi a qualcuno; ho avuto la possibilità di combattere al loro fianco e di fidarmi.-. L'uomo rimase dunque in silenzio, forse a corto di parole o semplicemente desideroso che qualcuno lo liberasse da quel fardello imarazzante.

-Ti vogliamo bene anche noi, Kaito. Se è questo che stavi cercando di dirci.- ridacchiò Len colpendolo con la punta dello stivale, di modo che questi tornasse a scoprirsi gli occhi.

Meiko smise per un secondo di dedicarsi al piccolo fuoco da campo, rivolgendo un'occhiata intenerita al compagno ancora steso sulla schiena.

-Dato che siamo in vena di confidenze, vi devo confessare che la prima volta che tu e Len vi siete presentati nella sala del trono, ho pensato che fosse tutto uno scherzo.- la voce della donna assunse una sfumatura ironica mentre le sue mani tornavano a sistemare con millimetrica precisione le fronde e le foglie secche che avevano velocemente trovato nei pressi della radura.

-Pensai che voi due foste la coppia anarchica peggio assortita del reame. Come poteva Luka essere minacciata da un ragazzino a malapena in grado di reggere una spada in mano ed un buffone dai capelli blu? Mi sembrava davvero impossibile.-

-Un buffone dai capelli blu?- gemette Kaito rivoltandosi sulla schiena per squadrare la compagna che, suo malgrado, non la smetteva di sorridere divertita dalla piega che la conversazione aveva inaspettatamente preso.

-Eravamo nemici, come pretendevi che ti chiamassi?- disse lei facendogli la linguaccia.

-Buffone dai capelli blu..- Kaito sembrava sinceramente sconsolato da quell'indelicata affermazione, quasi come se ciò avesse appena turbato il suo intimo orgoglio virile.

Len cercò al meglio di soffocare un'ilare risata, focalizzando lo sguardo sul silenzioso mentore che controllava le rimanenti scorte nelle bisacce pericolosamente sgonfie.

-Tu, Gakupo, cosa hai pensato quando ci hai incontrato per la prima volta?-

Gli occhi violetti dell'uomo si sollevarono lenti, forse infastiditi da quella domanda così superficiale.

-Concordo con il 'buffone dai capelli blu'..- commentò sollevando un angolo della bocca severa prima di ritornare al proprio lavoro. Kaito distese un braccio a terra, sollevando appena l'unghia del suo indice destro per raccogliere sul polpastrello un refolo di magia; il sibilo del vento si disperse nell'aria troppo velocemente affinché il mentore potesse sfuggire allo scherzetto infantile dell'altro.

I capelli dell'uomo vennero tutti proiettati sul suo viso concentrato, mentre la borsa spiccava magicamente il volo nell'aria, lontano dalla sua portata.

-A volte mi sorprendo della mia capacità divinatoria. Non so cosa mi abbia permesso di comprendere la precisa età della tua mente infantile.- commentò acidamente guardando la sacca di iuta che disegnava ghirigori di fronte al naso dritto del mentore.

-Ragazzi, mi dispiace..-

Le risatine irriverenti del mago, mescolate ai borbottii scocciati del mentore e alla conciliante voce della guerriera si interruppero di improvviso quando il sussurro di Len rimbombò tra le sue labbra appena socchiuse.

-Mi dispiace d'avervi trascinato in questa follia. Se non fosse stato per me, probabilmente tutti voi ora sareste in un luogo caldo, con un tetto a ripararvi il capo ed un pasto caldo di fronte al viso.- Le dita callose del giovane si chiusero di riflesso attorno al ciondolo di metallo che ora pendeva inerte dal suo collo reclinato colpevolmente in avanti. Inconsapevole d'aver compiuto lo stesso gesto al funerale di Alain, ricercò nel tiepido oggetto quel coraggio sufficiente per terminare il discorso.

-La mia ricerca vi ha egoisticamente coinvolto nella caccia della donna serpente. Se solo..- il convinto timbro vocale si spense miseramente, oppresso dall'ammasso di parole accalcatesi sulla sua lingua. Non sapeva bene da dove cominciare, tutto nella sua testa sembrava ora un amalgamo di concetti ed emozioni assolutamente privi di senso logico.

-Tutto quello che posso fare è ringraziarvi, anche se credo che queste mie mere parole saranno di poco conforto alle ferite che vi solcano la pelle..-

Kaito dondolò avanti ed indietro per alzarsi, un sorriso birichino gli arricciò le labbra nel momento in cui saltò addosso al giovane compagno.

I due rotolarono in un intreccio di gambe e braccia sull'erba morbida, sotto lo sguardo perplesso e rallegrato degli altri due accompagnatori.

Len sputacchiò qualche filo color smeraldo; tirando fuori la lingua, disgustato dal sapore di terra che gli permeò le papille gustative.

-Ma che ti prende?!-

-Non dire mai più un'idiozia tanto grande, Len.- gli occhi cobalto dell'uomo brillarono, rispecchiando l'eco di un'anima che per troppo tempo era rimasta sorda al richiamo della fiducia.

-Il mago, per quanto mi duole ammetterlo, ha ragione.- commentò Gakupo terminando la sua attività di controllo; con un gesto deciso tirò le stringhe ruvide ai lati del sacchetto chiudendone l'estremità floscia.

-Siamo tutti coinvolti, ormai. Ma non è colpa tua, ragazzo; non fare quella smorfia affranta.- cercò di consolarlo il mentore, accostandosi al crepitare invitante del fuoco a cui la donna aveva dato vita in un cerchio di ruvide pietre grige.

La fiamma guizzò su un ramoscello secco, divorando brutalmente la corteccia coperta di muschio e le piccole foglie che vi stavano crescendo.

-Tutto lo schifo che nascondeva sarebbe venuto fuori, in un modo o nell'altro.- sputò Meiko, reclinando le gambe sotto il corpo scattante.

-C'è qualcosa di grosso che bolle in pentola ed io desidero ardentemente conoscere di quale deliziosa pietanza si tratti.- confermò Gakupo, colpendo con un legnetto il corpo centrale in cui la fiamma danzava nelle sue eleganti spire.

Il vestito evanescente dell'elemento strusciò sul terreno ruvido per poi sollevarsi in uno sbuffo di stoffa dai caleidoscopici colori.

-Allora, miei cari compagni,- Len si sollevò in piedi, scoprendo i denti in un sorriso carico di una grinta che non credeva più di possedere.

-Distruggiamo questa dannata pazzia, qualsiasi cosa essa rappresenti.- decretò sporgendo in avanti un pugno che subito venne affiancato da quello degli altri suoi compagni di viaggio. Il giovane osservò con soddisfazione ed un pizzico di divertimento quei visi che così casualmente si erano uniti alla sua avventura.

Ora erano una squadra, un gruppo di condottieri mal assortiti, ma desiderosi di sgominare le crudeltà di una regnante che nel suo armadio nascondeva sin troppi scheletri senza testa.

La fiducia tornò a ruggire nel petto del ragazzo, iniettandogli un fiotto di adrenalina nel cuore.

Ti prego Rin, resisti ancora un po'.”

 

Furono giorni di marcia forzata, determinati a raggiungere il misterioso luogo indicato dalle pulsazioni del ciondolo sul petto del giovane. I piedi avvolti dagli stivali di pelle erano ormai diventati un tutt'uno con il territorio sconnesso, in un ventaglio di bolle acquose e lacerazioni.

Il cibo finì dopo il secondo giorno di cammino, costringendoli così a procacciarsi un po' di selvaggina nei momenti in cui la volubile ruota della fortuna soffiava in loro direzione. Lo stesso discorso purtroppo coinvolse anche le risorse di acqua potabile, cosa decisamente più problematica.

La foresta spesso sembrava asciutta, dimentica di qualsiasi ruscello in cui riempire le borracce flosce. Marciarono per un giorno intero senza poter idratare le loro labbra stanche e spaccate dalla calura che martellava i loro capi. Il bosco andava sempre più perpetuamente diradandosi, lasciando spazio ad un accidentato territorio fatto di pietre scabrose.

Il paesaggio cambiò radicalmente, tramutandosi in un alternarsi ruvido di colline sempre più ripide e terrose. Nessun essere vivente sembrava aver osato mettere piede in quel luogo dimenticato dalla fiorente nascita di vegetazione.

Mano a mano che si inoltravano in quella valle di colline e massi spezzati, i ragazzi si convincevano del fatto che mai avrebbero trovato un villaggio in cui fermarsi per riposare e fare un minimo di rifornimento.

Tre giorni dopo aver abbandonato la macchia boscosa, i viaggiatori si ritrovarono di fronte ad un vero e proprio miracolo. Dall'alto di una collina, scuri tetti di ardesia spuntarono come piccoli funghi nella brulla distesa di erba e di terriccio; al centro del villaggio c'era una sorta di piccolo lago, creato da uno stanco affluente proveniente da una delle tante montagne sullo sfondo.

I quattro esplosero in un grido di giubilo, desiderosi di riposare in un letto coperto da soffici lenzuola profumate di lavanda e di affondare i denti in qualcosa di caldo e saporito.

Sfortunatamente però, questi loro sogni vennero brutalmente distrutti dal martello della verità, il quale cozzò contro i loro sorrisi nello stesso momento in cui le suole delle scarpe sfiorarono l'ingresso del villaggio. La puzza di cenere fu la prima cosa che il vento portò sui visi speranzosi dei forestieri, già pronti ad estrarre dalla cintola le sacche d'acqua vuote. Mano a meno che si avvicinavano, i quattro si accorsero che il biancore delle pareti era imbrattato da oblunghe dita di nero carbone.

I cespugli che costellavano il basso profilo delle mura si erano trasformati in tanti scheletri dimentichi di quella vita che li aveva animati.

C'era puzza di morte in quel luogo.

Un gemito corse alle labbra di Meiko quando vide, appesi davanti alla porta di ingresso, ricordi di quelli che un tempo erano stati uomini.

Corvi dalle lucide piume nere si erano appollaiati sulle spalle scarnificate dei poveri condannati; i loro becchi colpivano ad intermittenza ciò che era rimasto sulle ossa sbiancate. Nugoli di grosse mosche gialle danzavano attorno ai visi bluastri delle carcasse, adagiandosi con le zampette sporche sulla loro pelle grigia.

Kaito divenne pallido come un lenzuolo mentre Gakupo, correva a coprirsi la bocca per sopprimere un conato di vomito. Gocce di sudore freddo si srotolarono sulle schiene inarcate, appesantite dal dolore che permeava ogni singolo centimetro cubo d'aria.

-Chi può essere stato?- domandò la guerriera arretrando, toccata da tanta barbara crudeltà. Len la sostenne, appoggiando le mani sulle spalle tremanti.

-Io lo so..- Il giovane indicò con un cenno del mento una delle pareti che formavano il muro di cinta del villaggio devastato. Qualcuno si era macabramente divertito a disegnare con cenere e carbone un serpente dalle fauci pericolosamente spalancate su un futuro che mai avrebbe visto la luce dell'alba novella.

-Non ci posso credere..- singhiozzò la guerriera crollando in ginocchio, il peso dell'armatura le divorò il cuore. Kaito si accucciò al suo fianco, carezzandole con premura le spalle. Le sue sopracciglia corrugate silenziosamente comunicavano una rabbia tanto intensa da superare persino il limite espressivo delle parole.

Improvvisamente, un gruppetto di persone armate di arrugginiti forconi, uscì dalla carcassa di uno spazioso edificio, facendosi lentamente avanti verso la porta in cui i ragazzi erano in angosciosa attesa.

-Chi siete?- chiese un signore anziano digrignando i denti come un cane affetto da rabbia; una goccia schiumosa di saliva gocciolò sul suo mento, segnato da un'orrenda ustione.

-Non siamo nemici..- Gakupo alzò i palmi delle mani facendo così un passo avanti per porsi di fronte agli amici, ancora chiusi nel loro mondo di tristezza e disgusto.

Il vecchio sputò a terra nello stesso istante in cui un bambino gridò stridulo, stringendo tra le braccia la sorellina più piccola, dolcemente addormentata.

-Non farli avvicinare! Non farli avvicinare per nessuna ragione al mondo!-

Il suo visino era coperto di cenere grigia, le guance presentavano invece due nastri rosei nel punto in cui la disperazione aveva frantumato la sua felicità.

La ragazzina che stringeva tra le braccia era pallidissima, parte del viso era letteralmente stato mangiato dalle fiamme ed ora la pelle cadeva molle attorno all'orecchio, come se si stesse liquefacendo.

Gakupo, mosso da un impeto di altruismo, fece un ulteriore passo avanti nella speranza di far ragionare quelle persone spaventate.

-Io posso aiutarvi. Permettetemi di curare le vostre ferite.. io..-

Il forcone si piantò precisamente di fronte ai suoi piedi, minaccioso nel suo abbraccio di scura ruggine.

-Andatevene!- tuonò di nuovo l'anziano, sventolando in aria le mani ossute.

Gakupo arretrò senza mai distogliere lo sguardo dalla pelle malamente bruciata della bimba che, senza accurati interventi, sarebbe morta.

-Vi prego.. quella bambina..-

-Togli i tuoi occhi impuri da mia sorella, mostro!- gridò di rimando il giovanissimo, stringendosi al petto la creatura ferita.

La mano di Len si chiuse attorno al braccio del mentore in un perentorio ordine silenzioso.

-Non possiamo fare niente per loro. Andiamocene.-

Gakupo inghiottì difficilmente il nodo di rabbia, angoscia e tristezza che lo soffocava per poi voltare le spalle al villaggio ed agli sfortunati sopravvissuti.

Per la prima volta nel corso della sua vita, il medico abbandonò consapevolmente degli uomini nelle scheletriche braccia della morte.

Il volto sfigurato della ragazzina lo perseguitò come un'evanescente fantasma anche quando le mura del villaggio vennero inghiottite dall'oblio. 

   
 
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