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Autore: AleStellaIncantevole    28/01/2015    0 recensioni
Due vecchietti, camminando per le stradine di Londra mano nella mano, iniziano a parlarsi.
Il vecchietto dice alla sua amata:>
Si scambiarono un sorriso e un piccolissimo bacio e ricominciarono a ricordare quel momento in cui i loro sguardi si incontrarono senza staccarsi mai.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Triangolo
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Ale POV
Era arrivato il fatidico giorno. L’inizio della scuola.
Mi sono ripromessa di non insultare nessuno, non attaccare briga, non lamentarmi e non prendere in giro nessuno, come non facevo a Palermo. Ripensandoci ero una vera e propria bulla, l’unica differenza è quella che io non alzavo la testa contro quelli più deboli di me, ma con quelli mi davano fastidio, i più grandi o con quelli che si sentivano migliori degli altri.
Adesso devo cominciare una nuova vita e lasciarmi alle spalle quella che avevo prima. Devo conoscere gente nuova, fare nuove amicizie oppure continuare ad essere come sono sempre stata?
Lascerò fare al mio istinto.
Quella notte non avevo dormito per la troppa agitazione. Non sapevo cosa aspettarmi. La mattina infatti avevo gli occhi come un panda per le troppe occhiaie. Mi vestii in fretta e furia e scesi di sotto, senza nemmeno un filo di trucco. Non perché non lo sappia fare, ma perché odio stare allo specchio per tre ore per fare cose che nemmeno si vedono molto.
Quella non era la casa in cui stesi nel primo periodo che abitai a Londra, anzi era una casa totalmente diversa.
Dato che la scuola era una per ogni continente, dava a ogni suo alunno/artista/scienziato una piccola casetta in affitto per dormire, o gratis se avevi una borsa di studio. La mia era tento carina, mi piaceva molto. Era tutta azzurra fuori, e dentro ogni stanza aveva un colore diverso. L’unica stanza senza colori era quella tutta vuota, spaziosa e con il legno come pavimento. In quella stanza potevi fare quello che volevi e apportare le modifiche che volevi facendo richiesta al dirigente dell’istituto. La mia stanza speciale era ancora tutta vuota. Non sapevo che farci. Non sapevo quale poteva essere il mio talento nascosto, e la cosa non mi preoccupava perché anche se non sarei entrata avrei fatto parte lo stesso della scuola, però di quella più normale. Quindi sarei stata lo stesso con i ragazzi che avevo visto in quei ultimi giorni di vacanza, anche se ancora faticavo a ricordare tutti i nomi.
Uscii di casa, con ancora il cornetto in bocca, come sempre, e con le chiavi in mano. Mi incamminai verso la scuola attraversando tutto il giardino che portava fin là, e arrivai giusto in tempo. Suonò la campana che annunciò l’inizio delle lezioni. Per prima cosa, dovevamo fare conoscenza con tutti i professori nell’anfiteatro. Era il miglior posto in cui ero mai stata, il paradiso sceso in terra. Era abbastanza tradizionale, con i drappeggi rossi come il teatro alla scala, le gradinate e le poltrone rosse come i drappeggi.  Era enorme, pensavo che una scuola come quella avesse un teatro grande, ma non come quello.
Ad interrompere i miei pensieri era una voce grave e un continuo tocco sulla spalla di qualcuno. Era Harry. Anche se eravamo fratelli, non ci vedevamo quasi mai tranne quando dovevamo mangiare tutti insieme.
<> annuii e lo seguii.
C’erano persone di tutti i tipi come mi ero immaginata, ballerine classiche, di balli di gruppo e di hip pop, musicisti -come Ed-, attori con copioni in mano, lettori con montagne di libri in mano, e tanti altri con così tanti colori che facevano male gli occhi solo se si dava una piccola panoramica della situazione.
Appena mi sedetti vicino a Harry, lui mi spiegò brevemente tutti i professori con erano sul palco del teatro aspettando che tutti si sedessero. Mancava solamente la professoressa di teatro.  Lui mi aveva detto che era andata con tutta la sua famiglia (compresi i nipoti che frequentavano la nostra stessa scuola) in una specie di vacanza all’estero.
Quando la preside cominciò a parlare tutti cominciarono a prestarle attenzione e tutto il teatro si calò di un silenzio surreale. Cominciò augurando una buona fortuna a tutti gli studenti e poi cominciò a presentare tutti i professori accanto a lei. C’era il professore di fisica e matematica che sembrava abbastanza ‘normale’ con una camicia azzurrina, una polo verde, un papillon rosso e pantaloni dello stesso colore. Il professore di chimica e biologia invece sopra una maglietta di super-man aveva un paio di jeans e un camice che gli finiva sulle ginocchia. A mano a mano tutte le persone vennero presentate e la direttrice cominciò a prendere delle liste e a leggerle. In quei foglio c’erano scritte tutte quelle persone che non avevano mai varcato la porta d’ingresso prima di allora, compresa io. Appena sentii il mio nome ( che giusto giusto era il primo di tutti , quando si dice la fortuna) mi voltai di scatto e mi alzai, andando verso il palco. Tutti dopo di me dovevano fare così, l’unica cosa diversa che mi successe fu che quando la preside disse il mio nome nessuno si voltò verso di me, ma quando salii sul palco tre quarti delle persone che mi guardavano sembravano scioccate, allibite, e ognuno parlava a bassa voce con le persone intorno. Chissà che dicevano. Comunque dopo essere salita sul palco la direttrice mi porse una busta sigillata con su scritto il mio nome a mano e strinsi le mani a tutti i professori. Qualcuno di loro mi disse pure :’ci aspettiamo grandi cose da te’ ma io non ne capivo il senso. Me ne andai dal teatro attraverso le quinte e aprì subito la busta. Dentro era scritto tutto quello che dovevo avere per le lezioni, compresi libri di testo e vestiti di scena. A quanto sembrava Robin mi aveva fatto l’inscrizione su tutte le materie (compresa chimica e fisica) perché secondo lui io ero una PLUS. Ma io non ne ero così sicura.
Inoltre nella busta c’erano scritte tutte le lezioni. Per quel giorno c’era una specie di ‘cosa’ che si chiamava cogestione. A quanto era spiegato si capiva che ognuno poteva andare in qualunque lezione volesse, per conoscere personalmente i professori o per capire il tipo di metodo di studio che quei professori adottavano.
Cominciai subito alla ricerca dell’aula di matematica, per chi non lo sapesse sono sempre stata brava in questa materia perché semplicemente per me non era complicata per me da capire. Se mi spiegavano una regola io riuscivo subito a metterla in pratica. I miei compagni mi chiamavano genio per questo e io ne andavo fiera, per me ‘genio’ non era un insulto.
Ad ogni modo, il professore di matematica era davanti la sua aula quindi non fu difficile trovarla. Mi sedetti e dopo venti minuti di attesa, nessuno venne in quella lezione.
‘’A quanto pare siamo solo io e te i veri appassionati di matematica in questo posto.’’ – disse il professore e aggiunse ‘’ volevo fare una specie di test per capire le tue potenzialità in questa materia, vuoi farlo? E se finisci prima parliamo un po’ ti va?’’
Annuii, quel professore sembrava un po’ impacciato con i ragazzi, ma era carino nella sua goffaggine. Mi diede un foglio con delle domande abbastanza semplici a risposta multipla, anche se nella mia vecchia scuola nell’ora di matematica facevamo tutt’altro che lezione, io andavo da sola avanti con il programma per il motivo che ho spiegato prima.
Come avevamo previsto sia io che il mio nuovo professore, il compito era così facile per me che finii molto prima della fine della lezione, mi voltai e vidi una cosa che, tanto ero immersa nei numeri e nei calcoli, non avevo né udito, né visto. Un ragazzo era entrato nell’aula e stava facendo il test che stavo facendo anch’io. Si alzò subito dopo di me. A quanto pare anche lui era veloce nei calcoli. Consegnammo i compiti e il professore ci mise, anche lui, pochissimo (erano tutti veloci in quella scuola). Mi ridiede il compito e mi guardò quasi stupito e aggiunse ‘’ non pensavo che una della tua famiglia potesse essere così brava nella mia materia’’. Pensai << e lei come fa a conoscere la mia famiglia e a sapere che non erano bravi in matematica?>> ma appena lo pensai mi resi conto che il mio non era solo un pensiero, ma anzi che GLIELO AVEVO CHIESTO CON LA MIA VOCE. Questo è solo uno dei miei più brutti difetti, essere impulsiva, a che penso una cosa, a che la dico.
Il professore mi guardò con aria stupita e disse ’’hai scelto tu di frequentare questa scuola?’’ scossi la testa. ‘’chi conosci che frequentano questa scuola?’’ elencai i nomi dei ragazzi amici del mio nuovo fratello. ‘’ah, bene. Perché ci sono altri ragazzi che conosci e che non vedi da molto tempo che frequentano questa scuola’’ lo guardai con un’aria molto interrogativa. Poi spiegò ‘’la professoressa di teatro, la signora Maria – e feci una smorfia di dolore, come se scoppiassi a piangere da un momento all’altro – è in vacanza con la sua famiglia, con la TUA famiglia. Loro non sanno che sei qui come tu non sapevi che loro erano qui. A quanto pare, la persona che ti ha inscritto voleva solo che voi vi rappacificaste. Ti deve volere molto bene.’’ La campanella suonò e noi dovevamo tornare a girare per i corridoi, feci per alzarmi ma venni subito interrotta ‘’ comunque, tu sei già la mia preferita della tua famiglia, e sei molto meglio di quella tua cugina smorfiosa.’’
Gli sorrisi e me ne andai. Mi comparirono davanti tutte quelle immagini che mi ricordavano i giochi di quando io e i miei cugini eravamo piccoli, le risate, i canti, i balli, le recite della scuola e i personaggi delle storie che inventavamo. Senza accorgermene mi scese una lacrima. Non pensavo a loro da quando se ne erano andati via dalla mia vita. Ero ancora piccola quando compierono la loro scelta e,a quell’età, non riuscivo a capire a pieno il loro gesto. All’inizio mi fece infuriare ma a poco a poco cominciai a dimenticare, come si fa con un giocattolo vecchio che non usi da molto tempo, perché semplicemente era più facile rispetto a chiedersi continuamente il perché di una cosa che non aveva molto senso.
Tutto in una volta sola mi venne incontro tutto il mio passato ma le domande non si chiarivano anche se erano passati molti anni. Avevo solo 12 anni quando se ne andarono (quasi) definitivamente dalla mia vita.
Improvvisamente mi resi conto che c’era qualcuno che mi chiamava. Era quel ragazzo che era poco prima nell’aula con me. Ma come si chiamava? E che cosa voleva da me?
  
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