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Autore: Thiliol    28/01/2015    1 recensioni
Galmoth non ha più nulla, nè onore, nè titolo, nè ricchezze, nulla se non la sua piccola nave da contrabbandiere e Laer, la figlia del suo migliore amico morto anni prima. Laer è giovane e ha la testardaggine di una ragazzina, ma non ha mai smesso di sognare i sogni di quando era bambina.
E poi c'è Silevril, il figlio di un amore morboso che vorrebbe solo andare per mare e che invece sconvolgerà le vite di entrambi.
Galmoth osservò con sguardo inquisitore l'elfo che gli stava di fronte:era nato e cresciuto a Dol Amroth e lì non era raro imbattersi nei Priminati e conoscerne anche qualcuno, ma quel Silevril aveva qualcosa di diverso, come un fuoco latente in lui. Non era come i Silvani che sempre più spesso salpavano da lì, diretti alle loro terre al di là del mare, riusciva a percepirlo chiaramente: riconosceva un elfo di alto lignaggio, quando lo vedeva.
< Dici che vuoi metterti al mio servizio? >
< Desidero solo il mare e la compagnia degli uomini, inoltre, la tua nave è meravigliosa. >
Galmoth rise, strofinandosi il mento sporco di barba non rasata.
< Sei un elfo ben strano, Silevril. >
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Finrod Felagund, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Narn o Alatariel ar Aeglos'
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Touching you makes me feel alive




Estrasse la lama dal ventre dell'uomo che giaceva ai suoi piedi. Non avrebbe voluto ucciderlo, ma non aveva avuto altra scelta. Due dei suoi soldati stavano legando il secondo uomo che si dibatteva imprecando.

La casa era grande e vuota e non vi era nessun altro oltre quei due, ma Finrod Felagund sapeva bene che quello non era che l'apice, che vi era molto altro da scoprire. Quella casa era solo un gioco di ombre e lui si era fatto trasportare dalla fretta, dal desiderio di fare qualcosa, ma così facendo si era fatto sfuggire l'occasione di andare più a fondo.

Cosa stava succedendo in quella Città?

Scese le scale verso le cantine, formate da un corridoio che dava su tre diverse stanze chiuse da pesanti porte di legno massiccio.

Le aprì cautamente, ma le prime due erano vuote. Si diresse verso l'ultima, in fondo, con la spada sguainata davanti a sé che brillava leggermente nel buio. Era chiusa.

Con un colpo secco dell'elsa frantumò la serratura e diede un calcio al battente, che si aprì di scatto con un cigolio sinistro.

Finrod rimase lì, come immobilizzato, fissando la figura della ragazza rannicchiata sul pavimento, le mani sulle orecchie e gli occhi chiusi. Sembrava trattenere il respiro e quando le si avvicinò lei parve ritrarsi, anche se non si era mossa. La illuminò con la lampada che prese dalla parete.

Era molto giovane, anche se non avrebbe saputo dire quanto esattamente, con lunghi capelli ramati raccolti in una treccia scomposta e la pelle del viso pallida e coperta di efelidi. Era bagnata fradicia e tremava visibilmente.

Si accovacciò di fronte a lei, scostandole le mani dalla testa e la ragazza aprì gli occhi, fissandolo come se non riuscisse a credere a ciò che vedeva.

< Non aver paura, > le disse dolcemente, < sono il Capitano delle Guardie della Cittadella, sei al sicuro con me. >

La ragazza continuava a fissarlo, senza parlare e senza muoversi.

Dietro di lui sentì i passi dei suoi uomini che entravano a loro volta.

< Datemi un mantello > ordinò, e subito uno di loro si fece avanti.

Lo passò intorno alle spalle della ragazza e la strinse, riscaldandola. Le sue braccia sembravano pezzi di ghiaccio e le labbra erano bluastre.

< Come ti chiami? > le chiese.

Lei non rispose, ma dalle sue labbra uscì un lungo sospiro e poggiò la testa contro di lui.

La prese in braccio, leggera come una bambina, e si voltò verso l'uscita.

< Laer > mormorò la ragazza, flebile.

< Laer? >

< Mi chiamo Laer. >

Improvvisamente il suo intero corpo si rilassò e la sua testa gli si abbandonò contro il petto. Non avrebbe saputo dire se fosse svenuta o, semplicemente, caduta addormentata.

Era passato così tanto tempo da quando aveva tenuto qualcuno tra le braccia in quel modo, così tanti secoli di dolore e sofferenza senza mai toccare un altro essere vivente nel modo in cui stava toccando lei.

Non stava uccidendo, non stava combattendo, semplicemente la teneva tra le braccia e lei aveva fiducia e Finrod sentì le lacrime pizzicargli gli occhi.

Si sentì se stesso per la prima volta dopo tanto tempo.






Aveva sognato di baciarla.

Non era un sogno elfico, non era lo stato onirico indotto da Lòrien, ma un vero sogno mortale e la sensazione di realtà che gli aveva provocato era stata quasi dolorosa.

La baciava e Laer era piccola, morbida e abbandonata tra le sue braccia. Era curvo in avanti e la ragazza teneva il viso sollevato, le braccia intorno al suo collo, completamente protesa verso di lui, e lui l'abbracciava stretta e le restituiva quel bacio che non le aveva dato quando era stata lei a fare il primo passo.

Riusciva a sentire la bocca morbida di lei, la sua lingua calda, i capelli chiari che gli solleticavano le guance. Bastava che aprisse gli occhi per poter contare le sue lentiggini.

E improvvisamente non era più Laer che stava baciando, era Rùth, bellissima e fatale. Sentiva il peso leggero della donna su di lui, i suoi seni contro il petto, le unghie che lo graffiavano attraverso la casacca e lui che continuava a baciarla e baciarla con una voracità disarmante. Silevril si sentiva vorace, insaziabile, la costringeva a schiudere le labbra e le insinuava la lingua nella bocca, assaporandola come se lei non fosse altro che vino speziato. Rùth gli slacciava la casacca, le sue mani sembravano roventi contro la pelle nuda della schiena, forti e impossibili da allontanare anche se la sua volontà fosse stata così forte da desiderare che quel tocco cessasse.

Lo avvolgeva nel suo incantesimo, finché non si era sentito sprofondare in un desiderio come non ne aveva mai conosciuti. La voleva come non aveva mai voluto nient'altro nella sua vita.

Si era svegliato di soprassalto, sudato e ansimante, con la sensazione di averla ancora lì e il suo intero corpo in subbuglio. Era buio nella piccola stanza che condivideva con Galmoth e l'uomo era profondamente addormentato nel letto accanto al suo, solo il suo respiro che spezzava il silenzio della notte.

Silevril si passò una mano sugli occhi, tentando di allontanare la sensazione di desiderio insoddisfatto che lo attanagliava. Aveva passato la giornata seduto a un tavolo con Galmoth, bevendo vino e pianificando il da farsi, finché non si era ritrovato a sera confuso dalle decine di nomi della nobiltà gondoriana e pericolosamente vicino all'ubriachezza.

Non sapevano chi avesse il Tesoro di Ulmo, ma avevano ristretto il campo a un uomo di nome Telemnar, membro del consiglio del Re, e un tale Falstaf, rappresentante del Re del Mark a Godor.

Galmoth aveva suggerito di includere nei loro sospetti anche il Capitano delle Guardie, ma Silevril si era opposto con tutto se stesso: mai e poi mai avrebbe creduto Finrod Felagund capace di tradimento.

L'uomo aveva riso. Secondo lui chiunque avrebbe potuto fare qualsiasi cosa per denaro.

Era andato a letto sfinito, nemmeno dopo giorni passati in mare si era mai sentito tanto stanco, ma la sua stanchezza era nello spirito più che nel corpo. Sentiva la mancanza di sua madre e di suo padre, un dolore quasi fisico che lo attanagliava e lo lasciava nel dubbio, sentiva la mancanza di Laer, della sua risata impertinente, dei suoi occhi allegri e delle lentiggini che la facevano apparire ancora più infantile, del suo cipiglio imbronciato e della sua voce leggermente roca.

E poi c'era il desiderio sconvolgente di Rùth, e di rivedere Finrod e il terrore di aver rovinato ogni cosa con Galmoth.

Si girò su un fianco, stringendosi di più nelle coperte di tela ruvida, e chiuse gli occhi.

Domani, si disse, domani alla luce del sole ogni cosa acquisterà una nuova dimensione e io sarò il solito Silevril... e basta con il vino.





La ragazza se ne stava distesa nel letto e le coperte la facevano sembrare ancora più minuta, quasi una bambina. Era talmente pallida che le efelidi sul suo viso risaltavano come se fossero state disegnate da una mano esterna, dello stesso colore castano ramato dei lunghi capelli sparpagliati sul cuscino.

Non era bella, eppure guardandola Finrod non avrebbe potuta trovarla più affascinante, così innocente e spaventata, con un fuoco nascosto in lei che riusciva a percepire in modo tangibile.

Aprì gli occhi e ci mise qualche istante per mettere a fuoco la stanza e lui, seduto proprio lì accanto.

Le sorrise, rassicurante.

< Stai tranquilla, > le disse, < sei al sicuro qui. >

< Dove mi trovo? > domandò. La sua voce era incerta, gracchiante. Tossì e il suo intero corpo fu scosso da uno spasmo che la fece annaspare e lacrimare.

Finrod le passò un bicchiere d'acqua e la aiutò a bere, finché non riuscì a riprendere fiato.

< Questa è casa mia > riprese, < ti ho portata qui quando ti ho trovata nei sotterranei di una casa appartenente a dei traditori. Avevi la febbre molto alta e una brutta tosse che ci metterà molto a passare. >

La ragazza lo fissò per qualche minuto, in silenzio, prima di parlare.

< Siete un elfo > asserì.

< Sì, il mio nome è Finrod e comando la Guardia della Città. >

Lei non reagì a quel nome, segno che non doveva aver sentito mai parlare di lui. Per un meraviglioso momento si sentì talmente sollevato da aver voglia di abbracciarla, ringraziarla per quella libertà inattesa. Era stato riconosciuto per tutta la sua vita e conoscere qualcuno che lo avrebbe visto per ciò che era realmente, senza pregiudizi, era qualcosa che non avrebbe mai sperato.

< Mi hai detto di chiamarti Laer. Giusto? >

Annuì.

< Hai idea del perché ti tenevano prigioniera, Laer? >

< Un mio caro amico è un elfo. >

< Perché eri lì, Laer? > insistette, ma lei sembrava non sentirlo.

< Ah, ma lui non è come voi, non è regale né gentile, ma sarcastico e antipatico... ma è così bello... sì, Silevril è così bello... >

Finrod sussultò.

Possibile che tutto fosse intrecciato in quel modo tanto improbabile? Era una fortuna per lui o solo un diverso modo di essere ancora giocato dal destino? Il pensiero di Silevril era quasi insostenibile, il desiderio di averlo lì, di poter parlare ancora con lui, era una sofferenza fisica. Non voleva pensarci, non poteva lasciarsi andare a quella fascinazione sognante... avere Silevril non significava nulla, non gli avrebbe portato Alatariel, non sarebbe stato lo stesso, era inutile.

Ma lo desiderava e non riusciva a smettere.

Laer non lo guardava, immersa nei suoi pensieri, immersa nel ricordo di Silevril.

Finrod tentò di riprendere il controllo di sé e incredibilmente ci riuscì.

< Mia cara, ascoltami, > le spostò uno ciocca di capelli dalla fronte e la costrinse gentilmente a guardarla negli occhi,< perché eri in quella casa? >

La ragazza lo guardò con gli occhi spalancati, improvvisamente consapevole di dove si trovasse e delle parole che le venivano rivolte.

< Non lo so > disse.

< Cosa volevano da te? >

< Non lo so. >

< Ti hanno fatto delle domande? >

Improvvisamente lo sguardo vigile di Laer si fece spaventato e lei sembrò rattrappirsi sotto le coperte.

< Mi hanno spinto la testa sott'acqua... credevo che sarei morta! E il gelo... il gelo... >

Ansimò e con un singhiozzo soffocato iniziò a piangere.

Finrod l'attirò a sé e lei gli si abbandonò contro il petto. Una bambina, non era che questo, una fragile e tenera creatura mortale che si nascondeva dietro un'apparenza dura e selvaggia.

Era così evidente la menzogna, eppure lei era convinta della sua impenetrabilità, sicura di averlo ingannato, di avergli nascosto la verità. Lei sapeva più di quanto non dicesse e gli tornarono in mente le parole di Silevril.

< Non pensarci più, > la rassicurò, < puoi rimanere qui finché non sarai guarita, finché non deciderai di andartene. >

Desiderio di un legame, di amore, ecco cosa scorgeva in lei.

La baciò sulla fronte calda per la febbre e capì che si sarebbe fidata di lui, che lo avrebbe fatto anche se non lo conosceva.

Molto meno pericolosa di Silevril, si disse. Sarebbe stato facile amarla, proteggerla, scoprire cosa stava accadendo senza ferirla... no, mai avrebbe ferito quella fragile creatura.








Salve a tutti! Torno a voi con un capitolo che giustifica l'innalzamento di rating che forse avrete notato, da giallo ad arancione, sia per la scena abbastanza hot del sogno di Silevril sia perché alcune cose potrebbero prendere una piega decisamente meno casta andando più avanti [sente donne svenire in sottofondo].

A proposito di risvolti inaspettati, non pensavo di dare una connotazione così slash al rapporto tra Finrod e Silevril, ma quando sono andata a rileggerlo mi sono resa conto che effettivamente c'è dello slash in questo mondo, padron Frodo... non è totalmente voluto, ma a quanto pare è destino e chi sono io per cambiare le cose? D'altronde sappiamo bene che Finrod ha gusti strani, insomma guardate Alatariel!

Bene, detto questo non mi resta che darvi appuntamento alla prossima e comunicarvi che il titolo di questo capitolo è un verso della splendida Slept so Long, dalla colonna sonora (bellissima) del film Queen of the Damned film assolutamente DEMMERDA che vorrebbe essere tratto dal capolavoro di Anne Rice. Vi consiglio di ascoltare la colonna sonora perchè merita, e di leggere il libro, ma sevi amate lasciate perdere il film.

Lunga vita e prosperità.


   
 
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