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Autore: mudblood88    01/02/2015    5 recensioni
[SPOILER 04x12]
Prego chi non ha visto la quarta stagione di OUAT di non continuare poiché la storia parte esattamente dall'ultima scena Swan Queen della 04x12, quando Emma entra a far parte dell'Operazione Mangusta.
Tratto dalla storia:
"«Non era mia intenzione riportare in vita Marian» aggiunse sottovoce, sapendo di star entrando in un campo minato. «Cioè, non che non volessi salvarla, è chiaro, ho salvato una donna innocente...»
«Un altro dei tuoi discorsi da Salvatrice, Swan?»
«E' solo che non volevo sconvolgerti la vita, ecco tutto» disse Emma, alzando le mani. Guardò per un attimo Regina, che non aveva smesso un secondo di controllare le fiale contenenti le pozioni. «Sono sicura che quando troveremo l'autore del libro, saprà darti un lieto fine».
Regina non distolse lo sguardo dalla teca, ma Emma vide per un attimo che i suoi occhi erano persi nel vuoto. «Lo spero» disse soltanto."
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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** Angolo dell'autrice:
Ciao a tutti, again! Allora mi scuso innanzitutto per il titolo spoileroso, ma sono semplicemente N E G A T A coi titoli. Per il resto, ancora grazie per continuare a leggermi e... buona lettura! :)


 

Capitolo 6
Macchie, Tentacoli e Fiamme


Quando varcarono la soglia dell'appartamento new yorkese, Emma ed Henry furono sopraffatti dai ricordi; l'emozione nel ritornare lì e nel ricordare la vita che avevano a New York era tanta, ma lo era anche per Regina che per la prima volta vedeva coi suoi occhi dove Henry aveva vissuto nell'anno in cui erano stati separati.

«E così, questa è casa vostra» disse Regina, facendo qualche passo nell'ampio salotto. Si guardò intorno; l'appartamento sembrava molto luminoso, con le grandi finestre che lo contornavano. La cucina era spaziosa e rustica, e c'erano anche un sacco di piante che erano appassite durante la loro assenza.

«Non pensavo che avessi il pollice verde, Swan» disse Regina, voltandosi verso di lei.

«No, non io» rispose Emma, indicando Henry.

«Le annaffiavo io ogni mattina» spiegò il ragazzino, soddisfatto.

Regina sorrise. Si guardò intorno un altro po' prima di realizzare che Henry aveva vissuto lì, aveva i suoi hobby, aveva i suoi amici, andava a scuola lì. Si sentiva terribilmente triste per non aver potuto condividere con lui tutte quelle cose.

«Fammi vedere quel dito».

Emma la distolse dai suoi pensieri.

«Non è niente» ripeté Regina, ma Emma insistette. Aveva preso la cassetta dei medicinali e ne aveva tirato fuori del disinfettante e un po' di cotone. Il sangue ormai si era fermato, ma Emma disinfettò con cura il dito di Regina, che si lasciò scappare qualche smorfia dovuta al bruciore.

«Ecco fatto» disse Emma.

«Grazie, anche se...»

«Anche se cosa?»

Regina passò l'altra mano sopra al taglio, e questo sparì immediatamente.

«Ok» disse Emma, quasi stupita. «Diciamo che devo ancora ragionare come persona che può usare la magia».

Regina continuò a guardarsi intorno.

«Stai bene?» le chiese Emma.

«Sì» rispose Regina, abbassando lo sguardo.

«Lo sai che non puoi ingannare il mio super potere» replicò la bionda. «Capisco quando qualcuno dice una bugia, e tu non stai bene. E posso immaginare il motivo».

Regina stava per replicare, ma Henry si precipitò in salotto.

«Mamma, vieni a vedere la mia camera!»

Fu allora che Emma si rese conto di tenere ancora la mano di Regina e come un riflesso involontario, la lasciò andare.

Regina seguì Henry nella sua camera, che non fece altro che mostrarle con grande entusiasmo tutti i suoi libri, cd, dvd. Nel frattempo Emma tirò fuori delle coperte per sistemare il divano e farlo diventare un letto per quella notte, in modo che tutti e tre potessero andare a riposarsi dopo la lunga giornata – e la lunga nottata – che avevano passato.

«Io vado a farmi una doccia» disse Emma, entrando in camera di Henry. «Regina, se vuoi ti faccio vedere dov'è la mia camera, così se vuoi andare a dormire...»

«Non c'è n'è bisogno, posso dormire sul divano».

«Non preoccuparti, ti cedo volentieri...»

«Insisto, Swan. Dormo io sul divano».

Emma non replicò. «Allora, le coperte e i cuscini sono già pronti».

La mora annuì, ed Emma si avviò verso il bagno sorridendo della continua premura che Regina aveva nei suoi confronti.

 

 

La mattina successiva, dopo una lunga nottata di sonno e un bagno caldo, erano tutti e tre rigenerati. Durante la colazione – che Emma aveva cucinato facendo la spesa al market più vicino – cominciarono a ragionare sul da farsi, continuando a tenere monitorato lo specchio costantemente.

«Forse dovremo contattare Belle» stava dicendo Emma. «Trovandosi faccia a faccia con lei, Gold capitolerà».

«Ottima idea Swan, perché non spifferiamo tutto alla bibliotecaria? Così che possa portarsi dietro anche la famiglia Azzurro».

«Regina, smettila, non dobbiamo dire niente a nessuno».

«In ogni caso, non penso che Belle sia in grado di raggiungerci. Sa almeno guidare?»

«Lasciate che provi io a parlare con Tremotino» intervenne Henry. «Forse se gli parlo da solo mi ascolterà. Sono sempre suo nipote».

«Potrebbe essere un'idea» convenne Emma. «Tu sei l'unico che può farlo ragionare».

«Secondo voi cosa nasconde nel magazzino?» chiese Henry, prendendo un boccone delle sue uova strapazzate.

«Io piuttosto mi domanderei chi... nasconde nel magazzino» rispose Emma. Prese un sorso di caffé e poi riprese. «Se la pozione localizzante non può sbagliare, l'autore si trova lì».

«La pozione localizzante non sbaglia mai» confermò Regina. «Ne sono più che sicura, Gold sicuramente...»

«Guardate!» gridò Henry, indincando lo specchio.

Sei occhi furono puntati verso lo specchio, che mostrava l'entrata del magazzino. La porta si era aperta, e una figura scura stava uscendo con passo veloce.

«Quello sicuramente non è Gold» disse Emma. «Non è così alto e poi zoppica... questo tizio ha un'andatura troppo spedita».

«Ammesso che il bastone non fosse una copertura» replicò Regina. «Comunque, anche a me non sembra Gold».

Passarono pochi secondi e la figura si avvicinava sempre di più alla ringhiera, e quindi al frammento dello specchio che veniva usato come riflettore. Man mano che si avvicinava, i tratti affusolati e snelli della figura diventavano sempre più chiari, finché Regina non riuscì a distinguere la donna che si celava sotto quella che era una folta pelliccia.

«Crudelia!»

«Crudelia?» ripeté Emma, scettica. «Intendi... quella della Carica dei 101?»

«Esattamente» rispose Regina, alzandosi dalla sedia, nervosa. «Gold è in combutta con Crudelia, non posso crederci! Ma cosa staranno tramando?»

L'immagine nello specchio tornò ad essere immobile e tranquilla.

«Se non altro siamo sicuri che stava mentendo» sentenziò Emma. «Non è solo nel magazzino».

«Voglio andare a parlargli» disse Henry, convinto.

«Non se ne parla!» urlò Regina. «Un conto era farti parlare da solo con Tremotino, un conto è se qualche altro malvagio si nasconde nel magazzino con lui. Non voglio mettere a rischio la tua vita».

Henry guardò Emma.

«Sono d'accordo con tua madre, ragazzino».

«Ma se non lo affrontiamo, non riusciremo mai a trovare l'autore del libro!» protestò Henry. «Se lo stessero tenendo in ostaggio? Se lo stessero torturando o lo avessero addirittura ucciso?»

«Ma perché mai Gold e Crudelia dovrebbero uccidere l'autore?» domandò Regina, sedendosi di nuovo. Spinse lontanto il piatto con la colazione che era ancora mezzo pieno.

«Forse anche Gold sta cercando il suo lieto fine» ipotizzò Emma. «Forse l'hanno rapito per lo stesso motivo per cui lo cerchiamo noi».

Regina ci rifletté sopra un attimo. Sembrava piuttosto bizzarro che Gold cercasse l'autore per avere un lieto fine, più che altro era bizzarro che Gold volesse un lieto fine.

«Dobbiamo fare qualcosa» insistette Henry. «Non possiamo starcene qui con le mani in mano».

«Per prima cosa, vai a lavarti i denti e vestiti» disse Regina, e Henry non se lo fece ripetere due volte. Poi si rivolse ad Emma. «Cosa facciamo?»

«Non è sicuro farlo andare da Gold. Non ora che sappiamo che non è solo».

«Sono d'accordo. Non voglio assolutamente mettere a repentaglio la vita di nostro figlio».

Emma sentì un brivido lungo la schiena. Restò con la bocca semi aperta, senza riuscire a dire nulla per quelli che sembrarono minuti infiniti.

«Che hai?» le chiese Regina, fissandola.

«Nulla» rispose in fretta Emma, come risvegliata da un sonno. «E' solo che non... non l'avevi mai chiamato nostro figlio».

Regina realizzò che aveva ragione. Aveva sempre considerato Henry suo figlio, e nonostante il ragazzo avesse preso subito in simpatia Emma Swan, si era sempre considerata sua madre, molto di più di quanto avesse mai considerato lei. Ma in quel momento, senza rifletterci, l'aveva definito loro figlio, come se facessero parte tutti e tre di una famiglia, una vera famiglia. O come diceva Henry, una famiglia moderna.

Emma ripensò a quelle parole, che le rimbalzavano prepotenti nella testa, facendole continuamente venire i brividi.

«Forse ho avuto un'idea» disse Henry, tornando vestito con un paio di jeans e un pullover. «Potrei portare con me il frammento di specchio. Così voi potete controllarmi da fuori e intervenire se ce ne sarà bisogno».

Emma e Regina si scambiarono un'occhiata silenziosa, entrambe sapendo che l'idea di Henry era buona.

«Direi che possiamo provare» disse Regina. «E' davvero un'ottima idea, Henry, bravo!»

Regina si alzò e andò ad abbracciare il figlio.

«Ok, allora direi che possiamo andare» disse Emma. «Preferirei avviarmi prima che la pelliccia ambulante ritorni».

 

 

Raggiunsero il magazzino un'ora più tardi. Parcheggiarono il maggiolino al solito posto, per rimanere nascosti, e Regina creò con la sua magia un ciondolo con incastonato il frammento di specchio, per fare in modo che Henry potesse tenerlo al collo e che loro potessero avere una visuale frontale di ciò che accadeva.

«Ragazzino, per qualsiasi cosa...»

«Lo so, lo so» la interruppe Henry. «Non dovete stare in ansia per me. So cavarmela».

«Lo sappiamo» replicò Regina. «Sei molto coraggioso» e gli stampò un dolce bacio sulla fronte.

«Ci vediamo dopo, ok?» disse Emma, abbracciandolo. Poi Henry superò il cancelletto, avviandosi verso il portone.

«Sei davvero pessima con i saluti» ironizzò Regina, guardando Emma mordersi il labbro, nervosa.

«Lo so» rispose secca la bionda. «Non sono brava con le persone, in generale. Sono un casino».

In quel momento, il cellulare di Emma squillò.

«Diavolo, Swan!» sbraitò Regina, cercando però di mantenere un tono di voce basso.

Emma guardò velocemente di chi si trattava: Uncino.

«Cavolo! Non l'ho avvertito della partenza...»

Regina, intuendo di chi si trattasse, inarcò un sopracciglio. «Sul serio?»

«Non sono affari tuoi» disse Emma, chiudendo la chiamata. Poi spense il telefono. «A lui penserò più tardi» aggiunse, vedendo che la porta del magazzino si apriva.

 

 

«Henry!»

Tremotino accolse il ragazzo con quella che all'apparenza sembrava una gioia sincera.

«Che piacere vederti. Siete ancora a New York?»

«Si, ci siamo fermati nel nostro vecchio appartamento» spiegò Henry, cercando di guardare oltre la soglia. «Posso entrare?»

Tremotino esitò. «Ma certo, entra pure».

Henry entrò quando il signor Gold gli fece spazio per farlo passare. Cominciò a guardarsi intorno, tenendo il ciondolo con il frammento di specchio ben in vista, in modo che anche Regina ed Emma potessero vedere bene l'interno. Era, come avevano sospettato, un grande magazzino; una sola ampia stanza, piena di botti di latta come quelle dietro le quali avevano parcheggiato la macchina. L'unica differenza è che le botti che erano all'interno erano contrassegnate da un'enorme X nera, segno che probabilmente erano contenuti dei materiali tossici. Non c'erano finestre, se non delle piccole botole proprio sopra le pile di botti, che facevano filtrare una luce fioca. Per il resto, il magazzino era spoglio; non c'erano mobili nè sedie, nè nessun'altro tipo di arredamento.

«Dove sono Emma e Regina?» domandò Gold, dopo pochi istanti.

«Oh, loro non sanno che sono qui» disse Henry, sperando che la sua bugia fosse abbastanza convincente.

«E come mai sei venuto da solo?»

«Volevo parlarti. Volevo sapere come vanno le cose. Sono un po' preoccupato per te».

«E perché mai sei preoccupato, Henry?»

«Bè sai... sei qui da solo e mi chiedevo se non... se non volessi tornare a Storybrooke».

Tremotino rimase in silenzio per un secondo.

«Non sono il benvenuto a Storybrooke».

«Io non so cosa hai fatto» insistette Henry. «Non so come mai Belle ti abbia allontanato...»

Henry capì subito di aver toccato i tasti giusti, perchè al solo nominare Belle, la sicurezza di Tremotino vacillò.

«Sono cose da grandi. Ho fatto delle cose che Belle... non mi perdonerà».

Henry restò in silenzio. Guardò suo nonno e sembrò che fosse davvero pentito di quello che aveva fatto.

«Perché non torni a Storybrooke con noi?»

«Te l'ho detto, non sono il benvenuto. E poi non si può tornare a Storybrooke, non senza un portale».

Henry restò di nuovo in silenzio. Non poteva svelare lo stratagemma che avevano escogitato per ritrovare la loro città.

«Ci sono altri motivi per cui non vuoi ritornare?» chiese Henry, ad un tratto. «Hai per caso qualche progetto in corso, oppure...»

Tremotino sogghignò.

«Non prendermi in giro, Henry. Sappiamo tutti e due che ti hanno mandato Emma e Regina, e con questo...» Tremotino si avvicinò ad Henry, strappandogli il ciondolo dal collo. «...ti stanno controllando».

La porta si spalancò all'improvviso; Henry si aspettava di vedere apparire le sue mamme, ma purtroppo c'era un'altra donna che si dirigeva verso di lui: Malefica.

«Bene, bene... abbiamo un'ospite».

«E' mio nipote, Malefica» spiegò Gold. Henry restò impietrito. «A proposito, tra pochi secondi avremo visite, quindi se vuoi...» Gold non finì la frase e liquidò Malefica con un gesto della mano.

La donna, con un sorriso malvagio stampato in volto, fu improvvisamente avvolta da una nebbia verde che sembrava diventare sempre più densa. Diventò sempre più grande, e Henry restò a guardare esterrefatto ciò che si era materializzato davanti ai suoi occhi; un drago nero, di dimensioni giganteste, con le narici fumanti e gli occhi come due fessure fosforescenti.

Henry tentò di scappare, ma si sentì afferrare da qualcosa di viscido. Ci mise un attimo a capire che erano tentacoli di piovra.

«Vacci piano, Ursula» disse Gold, mentre una figura metà piovra e metà donna si materializzava dall'oscurità del magazzino. «E' mio nipote».

«Avrò sicuramente molta cura di questo ragazzino, Tremo» disse Ursula, attirando Henry verso di sé.

«Nonno, aspetta!» gridò Henry, dimenandosi per liberarsi dalla presa di Ursula. «Non lasciare che mi portino via!»

«Non preoccuparti, Henry. Non ti faranno del male».

Henry continuava a dimenarsi più che poteva, sentendo la presa della piovra sempre più stretta, poi il suo sguardo si posò sull'entrata e vide Emma e Regina aldilà della porta, combattere contro il drago.
 

  
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