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Autore: Demipotterbutes    01/02/2015    1 recensioni
Uff, devo svegliarmi anche oggi, ma d’altronde chi potrebbe sopportare per un giorno intero la mia assenza? . Ma perché non fingermi malato? Ma come al solito, la mano di ferro di Zia Lee che fa tremare la porta della mia stanza, così come la sua voce poderosa che fa sempre –amorevolmente, probabilmente- un ulteriore controllo e oggi è perfino di buon umore, penso con una punta di amarezza fin troppo evidente.
Genere: Avventura, Comico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altro personaggio, Nico di Angelo, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Molto Prima… [Julie] Si ode per il cielo un lieve cinguettare di uccellini “Driiin… Driiin” aspetta... ma questi non sono uccellini! BANG! La mia sveglia viene semi distrutta, scaraventata negli angoli remoti della mia stanza . Mi alzo dal mio letto fresco, e mi avvicino all’angolo in cui giace quell’aggeggio demoniaco: sono le 6:30, perché quella maledetta sveglia ha suonato? Bah! Comunque, non posso andare di nuovo a dormire, la dannata sveglia mi ha tolto tutto il sonno che potrei aver avuto in corpo. Così inizio a prepararmi per scuola, facendo attenzione a non svegliare papà e i miei fratellini: Jack, Simon, Dwein, Lester e Forest. Il quintetto del demonio, hanno in pratica l’uno dall’altro un anno di differenza, Forest è il più grande dei 5 -9 anni- mentre il più piccolo è Jack con 5 anni. Di solito vanno in giro per casa combinando disastri e rompendo cose, tanto papà non se ne cura più di tanto. Già, lui non si cura mai di niente di tutto quello che succede a loro, è sempre e solo incentrato su di me. Non che un po’ di attenzione paterna mi manchi, ma è continuamente occupato da me... credo che nella sua testa ci sia una specie di grafico a torta: il 25% della vita la passa lavorando e il 75% pensando a cosa faccio, se sono a scuola, se studio... insomma, avete capito. Apro l’armadio, una schiera di vestiti non esattamente alla moda mi fa “ciao ciao” tutto contento come ogni mattina; scelgo una maglietta azzurra lunga fino all’inizio delle cosce con una minima scollatura poco evidente, con le estremità punteggiate da piccole borchie rilucenti, insieme ad un jeans lungo fino alle ginocchia, non molto adatto al clima freddo di quest’inverno americano, con un paio di calze s e le mie amate converse bianche. Li appoggio sul letto e inizio finalmente a guardarmi intorno: la mia stanza è illuminata in parte da sottili raggi del sole nascente; le pareti bianche hanno appesi vari disegni fatti da me, o quadri rappresentati paesaggi naturali. America, America, America. Tutto trasudava americano nella mia stanza. Dai paesaggi mozzafiato –Americani- sui quadri, alla bandiera che tengo nascosta nel cassetto, Una scrivania in legno di mogano sta in un angolo di stanza, sopra alcuni miei oggetti personali, oltre alla mia speciale piantina di fagioli che a quanto pare non cresceva da... un bel po’, forse dall’inizio dell’inverno e del freddo, che stupida che sono stata a piantarla proprio in quel periodo! Mi siedo sul letto, guardando in continuazione quel punto fisso, cercando di imprimermelo nella memoria, poiché so che sarebbe successo qualcosa. Mi alzo di nuovo, forse faccio dei giri a vuoto, ma nella mia testa c’è una vocina che continua a ripetermi "C’è qualcosa di straaano... c’è qualcosa di straaaaanoooo..." non sapevo bene cosa me lo dicesse, lo avvertivo dritta nel sangue, e questo mi faceva accapponare la pelle. Presi subito il cellulare per controllare le ultime notizie del giorno sul giornale online: niente. Ma fu solo allora che pensai “Ehi, ma di cosa ti preoccupi?” e mi concentrai sul metodo che avevo imparato a Yoga, e mi misi a respirare profondamente, pensando a cose belle. Di solito immagino, quando cerco di controllarmi, di vedere me stessa in una stanza bianca, completa di... nulla. Ma ora stava accadendo qualcosa: sentivo la mia mente che si apriva in una nuova linea di pensiero, più profonda, più intensa nella concentrazione. Ora da quella stessa stanza bianca iniziavano a fluire molte immagini, lentamente ma comunque continue... e mi sentivo libera, come mai prima d’ora, di poter fluttuare leggera e in libera scelta su cosa fare. Mi sollevai, non controllando completamente la mente, consigliata più dall’istinto e mi diressi fluttuando con grazia verso un immagine che rassomigliava vagamente a un campo di grano visto dall’alto. Improvvisamente iniziò a tirare un forte vento che mi trascinò via da quell’immagine che rappresentava qualcosa di importante, ne ero certa. Mi trascinò via lì, ma riuscii a mantenere la concentrazione per non “svegliarmi” da quella specie di trance; quell’uragano mi portò dritta dritta verso un immagine diversa, che faceva vedere la mia piantina di fagioli. Entrai in quello che doveva essere una distorsione della realtà, poiché non vidi solamente il vaso: c’era tutta la mia stanza... e c’ero io, come fermata nel tempo. Anzi, tutto si era fermato. Mi concentrai ancora più a f0ndo per non urlare e scappare, e invece mi abbandonai ancora all’istinto... divenni nuovamente calma e rilassata... sentii la cosa più strana che avessi mai sentito in tutto la mia vita: una voce di una donna, che sembrava essere dolce come un fiore ma rude come un villaggio di montagna -Finalmente... ci incontriamo....- non era molto chiara, rimbombava molto, sembrava venire dagli estremi confini di una vallata, ma si udiva dalla parte della pianta -Figlia mia... non ti posso parlare molto... ma sappiii... che non dovrai... maiiii- si faceva via via più chiara, e nel ricordo, accanto alla pianta, si formava un contorno di una donna, sbiadita -Mollare.- Più si concentrava su di lei e più diventava chiara: era una donna alta, dalla pelle abbastanza scura, capelli rossi dentro ai quali c’erano intrecciate spighe di grano marroncine chiare, il vestito era.... era... una veste marrone, che rassomigliava più a un rozzo sacco di patate che a un vestito vero e proprio, e sembrava circondata da un aura verde. Sembrava.. sembrava... me! Una me di certo più anziana, ma aveva alcuni tratti comuni, per esempio le stesse guance, ma i capelli rossi e i lineamenti dolci di mio padre sicuramente non corrispondevano a quelli della donna, duri, campagnoli ma che conservano in se quasi un mistero, quasi fosse la chiave della vita. Impossibile, mi dico da sola, mamma è morta quando sono nata -Cosa... diamine... succede?- chiesi alla fine, dopo aver contemplato per un po’ la signora -Oh, mi dispiace non essermi presentata prima: sono Demetra, dea dell’agricoltura.- mi rispose la donna -E sono venuta qui, ragazza mia, per avvertirti che giocherai un ruolo importante in tutto quello che succederà. Non devi demordere. Capito?- Si guardò intorno per un po’, finché non trovò una mia foto con mio padre; solo lì iniziò a sorridere, e pensai che fosse la donna più bella del mondo -Cosa... cosa succede?- avrei voluto dire, ma mi morì la voce in gola -Q-quindi... tu sei una dea dell’Olimpo?- iniziai a domandare, rosa dalla curiosità, -Ma la cultura e tutti gli dei... non dovrebbero essere morti insieme a tutti i Greci, secoli fa?- continuai a fissare la donna, con poca educazione -Oh, no cara mia. Ci spostiamo insieme alle potenze del mondo. E ora siamo in America. Oh, non mi rimane molto tempo.- fece una breve pausa la donna -Non dovrei neanche essere qui, ragazza. Ora, non posso nemmeno riconoscerti.- rombi di tuoni risuonarono nel cielo, pericolosamente vicini, -Diamine, Zeus, un momento!- e imprecò in una lingua apparentemente sconosciuta, ma che aveva un che di familiare: probabilmente, se non fossi stata in preda allo shock e mi sarei concentrata di più nel capirla, forse avrei potuto riconoscerla. -Figlia mia, devo andare.- la sua testa vibrò in modo strano e gli occhi ebbero un tremito -Ohhh... avrai un futuro davvero bellissimo tu e.... ma non riuscì a finire, che un fulmine la colpì e scomparve. Non riuscii a mantenere la concentrazione e mi svegliai da quello strano status: ero confusa, disorientata, ma al contempo mi sentivo più tranquilla. Ehi, aspetta un secondo, chi è che aveva un genitore Divino? Io! E aveva parlato di un futuro con... uh. Avevo già capito. Intendeva Gabriel. Non credevo di provare qualcosa oltre all’amicizia per lui ma... lui si era tenuto con tutte le ragazze possibili e immaginabili, e ogni volta quella notizia mi pugnalava al cuore. Cercai di distrarmi da quel pensiero, e mi iniziai a preparare per la scuola; sulla scrivania andai a cercare il telefono e... Miracolo! La piantina di fagioli era cresciuta vistosamente! Non a caso Demetra era la dea dell’agricoltura, mi dissi e con un sorrisetto quasi furbo alzai la testa al cielo, ma purtroppo vidi solo il mio soffitto. Presi il cellulare, e sulla scrivani trovai un altro regalo: un anello con sopra disegnata , anzi, incisa, una specie di spiga di grano. Il metallo non assomigliava a niente di quello che avevo mai visto: era a metà tra avorio, corno, ferro, oro... insomma, ora assomigliava ad un tronco di albero, era fatto di legno, e vicino alla spiga c’era una foglia incisa. Non capivo, all’inizio, ma qualcosa mi suggeriva che indicava la stagione: l’autunno. Sorrisi e sollevai lo zaino; la merenda era già nello zaino, ne ero certa; senza fare rumore mi avviai verso la porta, dando un'altra occhiata all’orologio: le 6:55.Presto, troppo presto, per chi abita nel centro della città, a poca distanza dai grandi grattacieli e dai monumenti colossali –come l’Empire State Building, il più bel monumento d New York, per me. . Un brutto presentimento però solleticava la parte pessimista della mia mente: non sarei più tornata in quella stanza. Ma forse era una buona idea: in quella casa c’erano così tante regole e divieti da far paura al Codice di Hammurabi e non riuscivi mai a esprimerti completamente. Né a vederti con Gabriel di pomeriggio, pensai, arrossendo e cercando di tenere da parte quella parte di cervello che si immischiava sempre quando sognavo e quando pensavo al mio futuro. Il bus che mi portava a scuola da casa mia era già arrivato, così lo presi e mi feci spazio tra le poche persone già presenti in questa seconda, forse terza, fermata dell’autobus, mentre un senso di inquietudine mi faceva formicolare gli arti, mettendomi in seria preoccupazione; solo quando mi sedetti al posto in fondo mi accorsi che respiravo a fatica e che il fiato mi bruciava la gola.
  
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