Pezzo dopo pezzo
«Touko!».
Una voce infantile, una voce di bambina, la voce di
Belle.
«Touko?».
Una voce più matura, una voce altezzosa, la voce di
Komor.
«Muoviti Touko».
Questa volta è stata sua madre a chiamarla ed è
comparsa vicino allo stipite della porta di camera sua, le braccia
incrociate e
un sorriso divertito in volto.
«I tuoi amici di stanno aspettando!».
A Soffiolieve la primavera è sempre un’esplosione
di
colori e la città non viene risparmiata nemmeno stavolta. I
bambini corrono sui
prati, calpestando margherite fresche e profumati tulipani, seguono
aquiloni
nel cielo o giocano a pallone.
Touko esce di casa e vede i suoi amici nel prato,
Belle e Komor la salutano ma lei non li raggiunge subito. Si ferma
prima ad
ascoltare il dolce cinguettio di un Pidove appena nato che a terra
prova ad
alzarsi goffamente. Lei lo prende in mano e questo arruffa le piume
spaventato.
Una risata dolce è quella di Touko che vede quel
piccolo batuffolo grigio, così fragile e così
bello. I Pokémon per lei sono delle
creature affascinanti, ma non può possederne. Dicono che
è troppo piccola, ha
solo cinque anni, e lei non vede l’ora di crescere.
Appoggia delicatamente Pidove a terra e volge gli
occhi verso i suoi amici ma questi paiono scomparsi con un soffio di
vento. Il
cielo primaverile si rannuvola di colpo e quando un tuono squassa il
cielo i
suoi piedi iniziano ad affondare nel terreno. Si guarda intorno
smarrita e prova
ad urlare ma la sua bocca non produce alcun suono, si sente paralizzata
e ha
tanta paura.
Cerca Pidove con lo sguardo ma rimane stupita nel
vederlo trasformarsi in un possente Unfezant che la osserva fiero
dall’alto di
un ramo.
Di colpo iniziano a cadere piccole
rocce dal cielo, appuntite come
frecce e calde come lapilli di lava. Lei prova a proteggersi con le
braccia ma
si ferisce e sente le forze colarle a picco. Poco a poco iniziano a
vedersi
piccoli tagli nella sua bianca pelle e il dolore le mozza il fiato.
Dove sono ora i bambini con le loro urla festose che
prima occupavano i prati verdi?
Non capisce più nulla e sta per chiudere gli occhi
quando Unfezant le si avvicina fiducioso e le fa scudo dalla pioggia di
pietre
con il suo corpo, continuando a cinguettare per calmarla. Le lacrime
iniziano a
bagnarle la faccia della ragazza mentre vede il Pokémon
cedere sotto quello
sforzo immane e accasciarsi a terra, morto.
Touko però è ancora lì, immobile sotto
quella pioggia
di lapilli che gradualmente si trasformano in gocce rosse, è
sangue. Sente un
urlo provenire da casa sua ma non può far nulla,
è completamente inutile.
Volge gli occhi verso il cielo e una forte luce la
investe, tirandola fuori a forza da quella falsa dimensione e
riportandola alla
fredda realtà.
Eppure sta continuando a piangere.
«Secondo te è sveglia?»
domandò la donna con una nota
di speranza.
«Non sono io il dottore» la liquidò il
ragazzo che
ultimamente era più nervoso del solito.
I due entrarono nella stanza e si avvicinarono al
letto della Campionessa, la quale però era
tutt’altro che addormentata. Stava stesa
trai cuscini ma aveva gli occhi spalancati verso il soffitto e
sembravano
fissare un punto inesistente.
«Ben svegliata, era ora!» proruppe Red tradendo una
nota di felicità nella voce.
«Quanto ho dormito?» la voce di Touko era spenta e
completamente stravolta.
«Cinque giorni».
La ragazza sospirò e tentò di alzarsi ma venne
bloccata da Aralia.
«Le tue condizioni non ti permettono di muoverti».
Touko fece mente locale, ripescando dal mare di
informazioni che aveva in testa
i
ricordi relativi alla lotta avvenuta giorni prima e di colpo
capì il perché del
dolore alla gamba. Aegislash e la sua irritante Allenatrice.
Chiese allora uno specchio e si toccò la faccia alla
ricerca di eventuali tagli, ma senza risultati. Il volto
però era più pallido
del solito e gli occhi non le rimandavano la solita luce che si
rispecchiava
ogni qualvolta che guardava quella superficie vetrata.
«Ricordi tutto?» questa volta era stato Red a
parlare.
Lei annuì impercettibilmente.
Non poteva di certo dimenticarsi del rapimento di N,
suo ennesimo fallimento e della morte di Unfezant. Al solo pensiero di
quest’ultimo una lacrima di commozione le rigò la
guancia: lui ce l’aveva messa
tutta e si era sacrificato, morendo da eroe, qualcosa che per lei era
ormai
sconosciuto.
Gli occhi le pizzicarono maggiormente ma la brunetta
era decisa a non rendere i due visitatori partecipi del suo pianto.
«Devo uscire» affermò con voce ferma.
«Ma non puoi!» Aralia era parecchio contrariata ma
Red
le fece segno di tacere con la mano e afferrò due stampelle
appoggiate al muro.
«Usa queste almeno».
Touko si stupì della comprensività del ragazzo ma
non
diede a vedere alcun segno di gratitudine e con immensa fatica
cercò di tirarsi
su dal materasso declinando con un cenno qualsiasi tipo
d’aiuto.
Prese le stampelle che il ragazzo le porgeva e iniziò
ad avviarsi verso l’ascensore in assoluto silenzio, sentendo
gli sguardi pressanti
dei due addosso.
Quando finalmente fu fuori dalla Lega ispirò a fondo
l’aria fresca e, vedendo un bel sole illuminare il cielo
sereno, ebbe l’idea di
chiamare a sé Unfezant per volare come un tempo.
Per qualche secondo si perse a cercare la sua Ball
nello zainetto, che aveva avuto premura di prendere, ma poi si rese
conto di
ciò che stava facendo e si bloccò con un groppo
in gola.
Che stupida che era.
Le sue mani presero a tremare e le sue lacrime per un
momento parvero avere la meglio, quando sentì un muso
poggiarsi delicatamente
sulla sua spalla. Charizard la squadrava curioso agitando la grande
coda e
sbattendo pigramente le ali.
«Se devi andare da qualche parte fa che sia lui a
portarti, Zekrom non è conveniente» la raggiunse
la voce di Red.
«Grazie» biascicò lei tremante e con uno
slancio a dir
poco doloroso si issò sopra il Pokémon pronta al
decollo.
Charizard partì e lei si tenne stretta al suo collo,
stranamente impaurita dall’altezza, mentre il suo
accompagnatore la guardava
aspettando di sentire la destinazione.
Per un secondo la mente di Touko fu focalizzata sulle
improvvise e sconosciute vertigini, probabili conseguenze della sua
debolezza
fisica, poi parve riprendersi e iniziò a vedere di fronte a
sé tutti i luoghi
in cui poteva andare.
«Portami alla Foresta Bianca» si limitò
infine a
chiedere.
Durante il viaggio però non poté far a meno di
chiedersi il motivo dello strano sogno fatto e al solo pensiero
rabbrividì:
aveva di certo passato momenti migliori nella sua vita e forse il suo
inconscio
era stanco.
Persa trai suoi pensieri non si accorse di star
volando sopra gli immensi alberi della Foresta Bianca e rimase
meravigliata
alla vista di quel paesaggio pacifico, ottima cura per il suo cuore in
lotta
continua.
Durante l’intera discesa di Charizard Touko trattenne
il respiro e non appena il Pokémon toccò terra
lei poté ispirare l’aria pulita
di quel luogo immacolato.
Un vento leggero muoveva le foglie degli alti fusti
provocando un piacevole suono mentre il vociare allegro di qualche
bambino
rendeva il posto in un certo senso più vivo.
La ragazza raggiunse una panchina dove prese posto con
Charizard che la vegliava da dietro, poi fece uscire Samurott e
Leafeon dalle
Ball.
I suoi due compagni avevano un’aria triste, come se
già sapessero che un loro amico era venuto a mancare,
perciò si strinsero
attorno a lei cercando conforto, sia da dare che da ricevere. Leafeon
cercò di
racimolare qualche carezza, funzione che però lei non era in
grado di offrire.
Finalmente Touko riuscì piangere tutte le amare
lacrime che si era tenuta fino a quel momento e ripensò
ancora agli ultimi
istanti di vita dell’amico: l’attacco e la sua
ultima caduta.
Poco per volta però la tristezza cedette il posto alla
rabbia e lei vide il volto sprezzante di Adelaide sopra
quell’elicottero mentre
si portava via anche N dalla sua vita.
La brunetta non era mai stata un tipo attaccabrighe o
portatrice di particolare odio verso le persone, lei semplicemente le
schiavava
e provava indifferenza per quelle più antipatiche.
Però, al pensiero di
Aegislash che recideva il petto di Unfezant, una sensazione di disgusto
unita a
qualcosa di mai provato prima si fece largo trai suoi pensieri,
intaccando
anche il cuore.
Odiava quella donna e mai, per nessuna ragione al
mondo, l’avrebbe perdonata o avrebbe chiuso un occhio di
fronte al suo gesto.
Improvvisamente sentì dei passettini affrettati e un
Lillipup le corse incontro saltandole in grembo e iniziando a leccarle
docilmente la mano. La ragazza rimase un attimo stranita, fissandolo
torva, per
poi poggiare titubante l’altra mano sul vaporoso pelo del
Pokémon e iniziare ad
accarezzarlo.
A quanto pare era diventata una specie di calamita per
le coccole.
«Lily!» due bambini stavano correndo verso di lei
con
un’espressione spaventata in volto.
«Lily, scendi di lì» disse il
più grande ma il
Lillipup non si mosse di una virgola.
«Stai disturbando…» il più
piccolo venne fermato dal
sorriso incerto della ragazza che provò a rassicurarlo.
«Tranquilli, non dà alcun fastidio»
disse Touko il più
dolcemente possibile.
Il piccolo Pokémon abbaiò felice mentre la
brunetta lo
accarezzava dietro le orecchie e i due bambini la fissavano ammirati.
«Sei brava con loro!» esclamò il
più piccolo indicando
Lillipup.
«Ovvio che è brava Frank, lei è la
Campionessa » si
accorse il più grande con stupore.
«Giusto Marcus!».
La ragazza tremò un secondo cercando poi di sorridere
nuovamente ma con maggior difficolta. L’avevano riconosciuta
e l’ultima cosa
che voleva era essere al centro dell’attenzione, soprattutto
in un momento del
genere.
«Come ti sei fatta male?» chiese allora Marcus, al
che
la brunetta si bloccò bruscamente ed esitò
dubbiosa.
Non poteva raccontare a quei bambini cosa stava
succedendo.
«Non ti sembra ovvio?» squittì allora
Frank «Lei ci ha
salvati!»
Touko rimase di stucco di fronte a quella affermazione
ma non osò obbiettare nulla e anzi, spronò il
bambino a continuare a parlare.
«Lei è forte e ci salva sempre, è la
nostra
Campionessa!» il piccolo volteggiava su se stesso e
sorrideva, felice come non
mai.
«Non temiamo i pericoli con lei!»
continuò
imperterrito.
Anche il più grande sorrise intenerito dal fratellino,
poi volse lo sguardo verso la ragazza e fece per mormorare qualcosa.
«Frank, Marcus!» un urlo isterico lo interruppe e
lo
fece girare verso il vialetto centrale dove una
donna in veste da lavoro si stava avvicinando infuriata.
«Quante volte vi ho detto di non parlare con gli
estranei!»
«Ma mamma lei è la Campionessa!»
trillò Marcus
gioioso.
A quella costatazione la donna sgranò gli occhi e
spalancò di colpo la bocca, in parte sorpresa e in parte
infastidita. Il suo
atteggiamento comunque non presagiva nulla di buono. Touko ne era
spaventata.
«Non importa chi lei sia, andate a giocare nel prato.
Ora!» ordinò lei perentoria, intimidendo persino
la brunetta che senti il peso
del Pokémon scomparire dal suo ventre, mentre questo correva
verso i suoi padroni.
«Mi scusi signora..» la ragazza tentò
l’approccio
educato, decisa a troncare sul nascere qualsiasi discussione.
«Finalmente incontro la famosa Campionessa di
Unima!»
il tono della donna era derisorio e sarcastico, cosa che
ferì non poco la
ragazza.
«Beh…».
«Sai, il loro Lillipup è nuovo come
Pokémon».
«Bene, è bello» sussurrò
Touko incerta.
«Beh il loro scorso compagno è stato rapito dai
Plasma».
Un lampo attraversò la mente della ragazza che
ripensò
a Red, il quale tempo prima le aveva riferito alcune informazioni.
Pokémon
rapiti, mossa fin troppo riconducibile a Ghecis.
La brunetta alzò lo sguardo ma la donna le si
parò
davanti decisa a continuare la conversazione, cosicché lei
rimase seduta in
religioso silenzio.
«Anche mio marito sai, è stato ferito dai
Plasma» la
donna era al limite dell’isterismo.
“Famiglia fortunata” si disse Touko mentre pensava
ad
un modo per usare la stampella come arma nel caso le cose si fossero
complicate.
«E quindi cosa ha fatto la nostra Campionessa?».
«Beh sta indagando… sto
indagando…» quella donna le
faceva uno strano effetto come se…
«Oh, alla buon ora. Dovresti essere più
responsabile,
in fondo è la tua regione».
…Fosse sua madre.
Ecco chi le ricordava, sia nell’atteggiamento sia
nell’aspetto
esteriore.
«Si fidi…» tentò allora di
difendersi.
«No sono stanca, siamo tutti stanchi signorina!».
La brunetta metabolizzò che quella che aveva di fronte
doveva essere per forza di cose una di quelle estremiste che la
detestavano con
tutto il cuore e lei si trovava contro una di queste, mezza immobile a
causa
della ferita.
La giornata poteva andare peggio?
«Ehi Touko!»
A quanto pareva si.
Era stato Komor a parlare ed ora le si stava
avvicinando salutandola.
«Si concentri Campionessa» la donna non voleva
smetterla.
A quel punto la brunetta si stancò di quella paternale
che, anche se meritata, stava diventando noiosa e ridicola
perciò si alzò di
slancio, nonostante le costasse un immane fatica.
«Come ti permetti ragazzina?».
«Ascolti, mi dispiace molto per la sua famiglia ma non
è l’unica in difficoltà. Ora per favore
mi lasci in pace!» sbottò Touko
infastidita dal termine “ragazzina”.
«Ma…».
«Oh, le conviene controllare i suoi figli prima che
parlino con altri estranei» bisbigliò allora la
brunetta al suo orecchio
prendendo possesso della stampella e incamminandosi verso Komor.
Appena gli arrivò vicino però si pentì
immediatamente
dell’azione fatta. Il ragazzo era una delle ultime persone
con cui lei voleva
parlare, ricordava di come fosse entrato alla Lega accompagnato da
Nardo.
Touko, distratta, si sbilanciò leggermente in avanti
perdendo l’equilibrio e si appoggiò prontamente al
braccio di lui che però
emise un verso di stizza.
Solo lì la ragazza si accorse che l’intero arto
era
coperto da una fasciatura e si ricordò di quando lo aveva
visto fugacemente a
Spiraria, a terra ferito.
Poi, novità delle novità, aveva litigato con
Belle.
«Perdonami non mi ricordavo…»
esordì cercando di darsi
un contegno.
Oltre a essere stravolta fisicamente, la sua psiche
era al limite della sopportazione e gli eventi finora accaduti la
stavano
mandando letteralmente in
crisi.
Non era nemmeno riuscita a sfogarsi in pace…
«Tranquilla, neanche tu sei messa meglio» un caldo
sorriso si fece spazio tra la smorfia di dolore di Komor e Touko non
riuscì a
far altro che guardarlo stranita.
Certamente era un sorriso rivolto a lei ma quanto
poteva valere questo gesto? Sarebbe contato dopo ciò che era
successo?
Le domande affollarono la mente già satura della
ragazza che cercò di scacciarle concentrandosi su come
camminare con la
stampella. Quello si che era realmente un problema.
«Ti va se ti offro un succo di bacche?» di nuovo
quella voce cortese.
«Ok» fu la lapidaria risposta della brunetta.
I due si incamminarono lentamente verso lo stand dei
succhi, attirando numerosi sguardi viste le patetiche condizioni
fisiche in cui
versavano.
«Tieni, allontana lo stress» ironizzò
Komor porgendole
un bicchiere dal liquido rossastro.
Sarebbe stato bello se avesse funzionato per davvero.
«Al momento berrei solo per poter dimenticare»
rispose
lei con falsa ironia.
La sua risposta tuttavia echeggiò nella mente del
ragazzo, dilaniandogli il cuore.Sapeva di essere una delle cause del
malcontento della ragazza e se ne rammaricava di continuo.
«Credo che io e te dovremmo parlare».
«Non mi dire Sherlock…» tutta quella
situazione
portava fuori il suo lato sarcastico.
«Per la storia della sfida».
«Oh parli del tradimento con Nardo».
«Lasciami finire!».
«Tenuto conto che devi ancora iniziare…».
«Non era un tradimento, volevo solo batterti».
«Sì, detto così suona decisamente
meglio!».
La ragazza si era già stancata di quell’inutile
conversazione e fece per posare il bicchiere sopra al bancone, ma venne
fermata
da Komor.
«Te ne prego… io non ci so fare… con le
parole».
Touko alzò gli occhi al cielo e soffiò forte col
naso
in segno di disappunto però rimase lì, gli diede
un’ultima possibilità.
«Hai ragione, volevo diventare Campione. Nardo diceva
che avrei potuto farcela e io gli ho dato ascolto».
«Questo non spiega un bel niente!» stavolta la
brunetta
era decisa ad andarsene.
«Andiamo, sai che pensa la gente…»
Il ragazzo si tappò immediatamente la bocca ma
realizzò che era troppo tardi e l’amica aveva
recepito tutto.
Lei si voltò lentamente ma, al contrario di ciò
che
lui credeva, non sembrava arrabbiata, più che altro stanca.
Una strana luce le
attraversava lo sguardo, un qualcosa di spaventoso e anomalo.
«So che pensa…» iniziò
determinata avanzando sempre di
più «E sono arrivata ad un punto di non
ritorno».
«Ovvero?» Komor stava sudando freddo mentre
l’amica
gli puntava i penetranti occhi in volto e continuava ad avvicinarsi
pericolosamente.
«Ho finalmente realizzato che» le fronti dei
ragazzi
si toccarono provocando un ulteriore brivido da parte del corvino
«Non me ne
può fregar di meno!».
Touko aveva scandito ogni singola sillaba in modo
chiaro e cristallino, finendo poi per soffiare sul naso di Komor.
Il ragazzo dalla sua sentiva il cuore battergli
all’impazzata mentre metabolizzava le parole
dell’amica e il suo strano
atteggiamento. Doveva essere veramente arrivata ad un limite.
«Però è stato Nardo a
chiedermelo».
«Tranquillo caro, puoi pure considerare la nostra
amicizia ormai finita».
Di nuovo quella freddezza disarmante, quella smorfia
stanca, quegli occhi senza un’ombra di speranza.
Komor avrebbe desiderato tirarla su di morale e ne fu
tentato. Aveva sempre avuto un carattere mite e odiava litigare ma le
parole di
Touko lo avevano spiazzato e ora si sentiva vuoto come non mai. A lei
ci teneva
e ricordava le numerose volte che lo aveva aiutato, supportandolo, con
un
sorriso o una parola d’incoraggiamento.
Era vero allora che l’amicizia era come il vetro?
Così
bella e sofisticata, ma al tempo stesso fragile, pronta a frantumarsi
in mille
pezzi.
Non poteva perderla eppure lei sembrava così decisa,
così poco umana.
Come poteva ora ricostruire i pezzi che giacevano a
terra, taglienti e difficili da rimettere insieme?
«Aspetta Touko» iniziò volenteroso
quando il Pokégear
che aveva in tasca squillò.
Il ragazzo fece cenno alla brunetta di aspettare e rispose.
«Komor, Komor!» la voce di Belle lo colpi come una
secchiata d’acqua gelida.
«Dimmi».
«Devi aiutarmi, riesci ad avvisare Touko?»
A sentir pronunciare il suo nome la ragazza rizzò la
testa e si mise sull’attenti.
«Beh, è qui con me» Komor era
imbarazzato.
«Dille di venire a Soffiolieve il più presto
possibile!».
«Perché?».
«Come sarebbe “perché”? La
città, sta bruciando!».
E con quelle ultime parole la chiamata venne
interrotta.
A Soffiolieve? Era scoppiato un incendio…
Un risolino isterico le uscì dalla bocca mentre faceva
cadere la stampella per terra e si portava le mani al cuore.
Sì, stava ancora
battendo e il che era strano dato che lei non sentiva più
nulla. tremò e porto
la gamba ferita a terra ma non emise nessun lamento, voleva sentire
dolore per
poter capire di essere ancora cosciente.
Questa volta la risata che le uscì fu meno contenuta
della precedente e la ragazza si appoggiò al banco del
chiosco, con le mani che
le tremavano febbrilmente. Aveva un pessimo presagio, come se si stesse
dimenticando di qualcosa, eppure non riusciva a capacitarsene.
«Non fare mosse azzardate».
La voce di Komor la riportò bruscamente alla
realtà ma
non per questo le sue mani smisero di contorcersi.
Cos’è che continuava a sfuggirle, un pensiero
indefinibile che le era impossibile mettere a fuoco.
«Mi senti?».
«Certo…».
«Non preoccuparti per tua madre io…».
Sua madre, ecco cos’era il cattivo presagio di prima.
L’aveva indirettamente messa in pericolo sin dal giorno della
sua investitura a
Campionessa e ora poteva addirittura rischiare la vita.
«Credi sia imputabile al Team Plasma?» il ragazzo
era
parecchio preoccupato.
«Se tu la smettessi di parlare per un secondo e mi
facessi ragionare!» esclamò astiosa Touko
riprendendo la stampella e
incamminandosi verso Charizard.
«Non penserai di andare…».
«Sì» fu la scarna risposta della
ragazza, mentre il
Pokémon l’aiutava a salire.
«Questo è fuori discussione!».
«Mi spiace Komor, non mi mancherai» mai tanto odio
era
stato riversato in una frase, quando finalmente Charizard
decollò prendendo
come direzione la cittadina di Soffiolieve?.
«Ferma Touko, non lo fare!».
«Non ti sai imporre sugli altri» un’altra
risata
nervosa, segno che la ragazza era davvero al limite della follia.
Poi il Pokémon si alzò in volo e lei
tornò con lo
sguardo all’orizzonte lontano, perdendosi tra sue
preoccupazioni e cercando di
dividere in fiocchi di neve la valanga che la stava, suo malgrado,
colpendo.
Tutto era un susseguirsi di eventi dalla portata troppo elevata per una
persona
fragile come lei, un macigno immenso per le sue esili spalle.
Eppure c’era qualcosa che l’aveva sempre spinta
avanti: dopo la messa in atto del primo piano di Ghecis aveva
combattuto, dopo
essere diventata Campionessa aveva lottato, dopo che N
l’aveva abbandonata era
rimasta in piedi.
Cos’era ora che le mancava, cosa avrebbe voluto avere
con sé per fermare tutta quella serie di drammatiche azioni?
No, non poteva
saperlo. Non le rimaneva solo che sperare in un futuro più
roseo e nel
frattanto andare avanti, zoppicando e soffrendo ma continuando ad
avanzare.
Nient’altro era in suo potere, anzi credeva non fosse
in suo potere. Stava attraversando un periodo buio e ormai aveva perso
qualsiasi facoltà di scegliere il suo futuro. Viveva giorno
per giorno e senza
accorgersene cadeva sempre di più in un vortice,
trasformandosi in un guscio
vuoto e fragile.
Dov’era la sostanza, quella Touko che affascinava la
gente con lo sguardo?
Le persone che considerava amici si trasformavano in
gente di contorno, la tradivano con la stessa facilità con
cui le dichiaravano
affetto, le voltavano le spalle con un soffio di vento. Però
la cosa peggiore
era sapere che tutto ciò era colpa sua, che in qualche
maniera se lo meritava.
Il fatto di Komor l’aveva scossa non poco, anche se
aveva cercato di non darlo a vedere si sentiva ferita e ora anche la
sua città
natale era in pericolo proprio com’era successo con Spiraria.
Non poteva però
permettersi lo stesso esito.
Si aggrappò maggiormente a Charizard e inspirò
per
prendere coraggio, le serviva tutto in quel momento.
L’orizzonte era sempre lì,
che l’attendeva bramoso, scrutando con il cielo la vita di
quella giovane
ragazza.
E ogni giorno che la vedevano andare avanti e
osservavano attentamente i suoi gesti, si accorgevano che stava sempre
più
cadendo in tanti piccoli pezzi.
La Cioccolateria di Guna
E visto che sono in tema sto pure mangiando
del
cioccolato. Cavolate random a parte…
Salve gente!
Passo subito a dunque ovvero: so benissimo che questo
capitolo è per lo più riflessivo e molto
introspettivo/nonaccadenientedegnodinota ma vi assicuro che nel prossimo c’è
più azione. Ho dovuto infatti
spaccarlo in due visto che comunque finora è il capitolo
più lungo mai scritto
da me.
Sorpresi? Anche io!
Beh come sempre passo ai ringraziamenti. Mille grazie
a Andy Black, Rovo, Zoichi Kuronin e Allys_Ravenshade per aver
recensito lo
scorso capitolo e Ink Voice che si sta portando avanti ad una
velocità assurda.
Grazie ancora per il vostro continuo supporto e al
prossimo capitolo!