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Autore: Doctor Smith    02/02/2015    2 recensioni
"Quella mattina (come tutte le mattine), per prima cosa i suoi occhi si erano posati sulla fotografia che teneva sul comodino di fianco al letto. Impresse nella carta fotografica, due persone si guardano negli occhi nel giorno più felice della loro vita, cercando di trasmettere all'altro la valanga di emozioni che stanno provando. Gioia. Spensieratezza. Allegria. Amore.
Il cuore di Sherlock si spezzò ancora una volta al solo pensiero."
Tratto dal capitolo 1
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John, Watson, Lestrade, Sherlock, Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 3 – STASERA CHIAMIAMO PAPÀ, VERO? (FLASHBACK PARTE 1)


 
UN ANNO PRIMA

Il sole fece capolino dalla finestra e lo svegliò. Sherlock, invece che mugugnare infastidito come avrebbe fatto di solito, sorrise. Gli capitava un paio di volte al mese e, fatalità, queste giornate coincidevano con quelle in cui poteva vedere il suo soldato. Si sentivano quasi giornalmente, certo (concessione dovuta al fatto di essere imparentati con il Governo Britannico). Ma una volta ogni due settimane John aveva a disposizione una chiamata su Skype.
L’unico pensiero coerente in quel momento andava alla telefonata che avrebbe fatto quella sera.
Il detective decise di rimanere tra le coperte ancora un po’, visto che era appena l’alba. Si girò e abbracciò il cuscino che usava il marito quando era a casa.
John Hamish Watson (Watson-Holmes in realtà, ma sul lavoro usava ancora il suo cognome), medico militare della RAMC, capitano del Fifth Northumberland Fusiliers, era in Afghanistan da quasi quattro anni ormai e presto sarebbe finita anche questa missione. Sherlock non sapeva se l’uomo volesse rinnovare il contratto, non ne avevano ancora parlato. Quello che sperava era che potesse averlo tutto per sé almeno per un po’.

Si conoscevano fin dall’università: Sherlock era al primo anno di Chimica al King’s College di Londra quando aveva incontrato John, un affascinante aspirante medico del terzo anno. Erano subito diventati inseparabili. Si erano sposati poco prima che John partisse per la prima missione. Per Sherlock quel periodo era stato devastante: il suo unico amico, l’unica persona al mondo che lo capiva e lo amava lo aveva lasciato solo. Certo, il moro capiva che era una cosa temporanea, che  l’amore della sua vita sarebbe tornato. Fu in quel periodo che incontrò Lestrade e cominciò a collaborare con Scotland Yard.
La sua solitudine fu uno dei motivi per cui, durante la prima licenza di John, entrarono in un centro di maternità surrogata. Ne avevano parlato a lungo: entrambi volevano avere un bambino e, mentre John era oltreoceano, Sherlock si sarebbe preso cura del nascituro. In questo modo una parte di John era sempre con lui.
Il medico militare aveva avuto una licenza di un paio di mesi quando Hamish era nato.
I suoi pensieri vennero interrotti dal suddetto frugoletto che si insinuò sotto le coperte e tra le sue braccia.
“Buongiorno Hamish” lo salutò il moro ridacchiando.
“ ’Giorno papà!” rispose il bambino, abbracciandolo forte.
Hamish William Watson-Holmes era la sua fotocopia ma per fortuna aveva il buon cuore dell’altro papà.
“Stasera chiamiamo papà, vero?”
“Certo tesoro! Sono sicuro che sarà felicissimo di vederti!”
“Yay!!” esclamò il piccolo cominciando a saltare sul letto e sulla pancia del padre. Sherlock non poté fare altro che ridere di cuore. Il figlio era molto attaccato a John, nonostante non lo vedesse molto spesso.
La sua gioia derivava anche dal fatto che era quasi un mese che non vedeva il padre: due settimane prima, infatti, il piccolo era crollato dal sonno prima della videochiamata (questa sua attitudine a dormire l’aveva ereditata da John!).
“Coraggio campione! Che ne dici di una bella colazione?” chiese Sherlock, sempre tenendo il bambino tra le braccia.
“Mi fai i pancake? Ti prego, ti prego, ti prego!”
“OK… ma solo se ti alzi dal letto entro tre, due…”
Sherlock non riuscì a finire il conto alla rovescia che il figlio si era già precipitato in salotto. Ridacchiando, il moro lo seguì.
La colazione era quasi pronta quando il suo telefono lo avvertì che gli era arrivato un SMS.

 

Triplo omicidio a Brixtol. Porta chiusa dall’interno, nessuna arma da fuoco in casa. Vieni? GL 

 

Mandami l’indirizzo. Arrivo fra un’ora. SH

 
Sherlock sorrise. Oggi era come se fosse Natale: la prospettiva di vedere John e un triplo omicidio. Cosa poteva esserci di meglio?
Il detective servì la colazione al figlio: “Coraggio Hamish, mangia mentre io vado un secondo di sotto a parlare con Mrs. Hudson. Mi raccomando…”
Il bambino annuì e obbediente cominciò a mangiare.
Nemmeno a dirsi Mrs. Hudson accettò di badare a Hamish ma “solo questa volta! Non sono la tua babysitter!”
Appena tornò in cucina, vide che Hamish aveva quasi finito i suoi pancake e stava giocando con la sua ape-peluche.
“Hamish, so che ti avevo promesso che saremmo andati al parco ma purtroppo devo andare al lavoro. Potrai andare con Mrs. Hudson però. Mi farò perdonare, te lo prometto!” disse il moro baciando il figlio sul capo.
Il bambino annuì triste: “Tornerai in tempo stasera vero?”
“Certo amore! Perché non fai un bel disegno e stasera lo mostriamo a papà?”
Hamish annuì, sorridendo felice.
“Ciao papà. E prendi l’uomo cattivo mi raccomando!”
Sherlock si mise il cappotto e poi si voltò, sorridendo teneramente.
“Puoi contarci!” rispose prima di uscire.
 



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Salve a tutti!!! Per prima cosa vorrei ringraziare chi ha commentato, aggiunto tra i preferiti/seguiti o semplicemente letto la mia storia! Grazie davvero, di cuore....
Torniamo a noi!! Ecco il nuovo capitolo... sono certa che risponderà ad alcune delle vostre domande (e forse ne creerà delle altre... sorry!).
Ho scoperto di riuscire ad aggiornare facilmente il lunedì, tenterò di attenermi a tale giorno il più possibile ;)
Come sempre, se riuscite fermatevi a lasciarmi un commentino ;)
A lunedì prossimo! :)
  
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