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Autore: ALE_87    02/02/2015    3 recensioni
Mamoru Chiba. Un dottore. Ma prima ancora un uomo. Un uomo che sembra essere senza amore. Un uomo con il freddo nel cuore. Un ujomo che sembra destinato a rimanere glaciale per sempre.
Ma sarà davvero così?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mamoru/Marzio, Un po' tutti, Usagi/Bunny | Coppie: Mamoru/Usagi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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Capitolo 2. My name is Odango

 

Sono in ritardo. Sono maledettamente in ritardo.

No, Usagi. Tu sei sempre in ritardo.

Ogni mattina è la stessa storia.

Devi andare a lavorare, Usagi. Ti devi alzare presto. Anzi, no. Ti devi alzare.

Perché non ti corichi prima la sera?

Ah, giusto. Non ti viene mai sonno prima delle due.

Questo non va bene, Usagi. Non fa bene alla tua pelle. Non fa bene al tuo cuore.

Il cuore… è vero, la colpa è tutta sua.

Quel tuo collega.

Lui non riesce a farti dormire.

Eppure lo vedi tutti i giorni. A lavoro, ovviamente.

Lui è lì, sempre circondato da ragazze. Anzi, loro entrano apposta ad ordinare caffè e cornetto solo per guardarlo.

Ha un bel sorriso, lui. Un buon carattere. Ed è un ottimo collega.

Già, lavoriamo insieme.

Un barista. Mi piace un barista come me. Può funzionare?

Dicono che è meglio non innamorarsi tra colleghi.

Voglio andare controcorrente?

Forse.

Beh, dovrei appurare se anche lui provi qualche sentimento nei miei confronti.

Pensandoci bene… come potrei piacergli?

Sono un disastro!

Ritardataria e pasticciona… il mio caffè, poi, è orribile.

Non so quante volte, Motoki, mi ha sgridata.

Già, lui è il boss. Moto-boss.

“Usa, impara da Seiya a fare il caffè!”, mi ripete sempre.

A queste parole, ormai sono abituata.

Seiya. Lui mi aiuta. Mi dice come migliorare.

Ma io non riesco ad ascoltarlo. Non posso.

Passo il tempo a scrutarlo. Mi piace.

Non so ancora perché .

Mi piace perché mi fa battere il cuore?

Possibile.

Mi piace perché è carino? Perché il codino nero che cade sulle sue spalle è carino?

Probabile.

Non so il motivo, ancora.

Però, mi piace. E questo è certo.

Dovrei smetterla. Di perdermi sempre nei miei pensieri.

E devo correre.

Sbam! La porta di casa è chiusa.

Devo correre. Correre e correre. Sono in ritardo.

E ho sonno. Gli occhi mi si chiudono mentre corro.

Sono sudata, ma devo continuare a correre. Motoki mi ucciderà se arrivo anche oggi in ritardo.

Fa freddo. Sento il vento che taglia il mio viso.

Le mani sono congelate.

Non riesco nemmeno a vedere bene. C’è anche un fastidioso filo di nebbia .

Uffa, la solita fortuna. Ma non posso demordere. Devo correre.

Oh, no. Il semaforo. E’ rosso.

Non posso. Non devo aspettare. Devo attraversare.

Vado  e… skretch!

Una frenata.

Ahi! Sento dolore.

Sono a terra. In ginocchio.

Sono caduta.

Ho gli occhi chiusi, ma sento una luce su di me. Sono i fari di un’auto?

Sono viva?

Sento una portiera che si apre e chiude velocemente.

 “Ehi, tu! Vuoi stare più attenta? Non vedi che è rosso?”

Una voce.

Sì, sono viva.

Sento dei passi. Qualcuno si sta avvicinando a me.

Apro gli occhi.

“Stai bene?”

Un uomo è inginocchiato davanti a me.

Non riesco a vederlo bene.

“Sentiamo il tuo polso…”

Mi ha preso la mano. Sembra stia contando.

“Sembra tutto ok, ma devo portarti per precauzione in ospedale per un controllo più approfondito.”

Lo ascolto. Non ho ancora realizzato. Non so ancora cosa è successo.

Ma quelle parole. Sono così fredde.

Deve essere una persona molto razionale.

“Riesci a vedermi?”, mi chiede.

Strabuzzo un po’ gli occhi. Vedo la foschia della strada isolata a quell’ora del mattino.

Vedo l’asfalto e le mie gambe. Vedo anche le scarpe di quell’uomo.

“Si”, gli rispondo ancora un po’ confusa.

Silenzio. Uno strano silenzio mi avvolge.

Una mano. La sua. Mi sta aiutando ad alzarmi.

Ecco, sono in piedi.

“La ringrazio, ma non c’è bisogno…”

Non riesco a finire la frase. Ho visto il suo viso.

E’ freddo. Quasi scocciato. Forse, mi sta disprezzando.

“Dobbiamo andare!”, mi ripete.

Ho paura. Perché?

Sento il cuore battere. Batte forte. Batte talmente forte che sembra uscirmi dal petto.

Perché?

Non mi fido?

“Sono un medico. Andiamo.”, mi ripete un po’ più dolcemente.

I suoi occhi. Sembrano belli. Anzi, no. Lo sono senz’altro.

Il suo viso. Sembra pulito. Sembra perfetto.

I suoi capelli sono neri, arruffati.

Quest’uomo è molto bello. Così sicuro di sé.

Intravedo un’aura di mistero intorno a lui.

Lo fisso. Lo sto fissando. Sono stordita.

Il cuore mi batte. Non smette. Batte forte.

La sua bocca. Sembra disegnata da un’artista.

“Cosa hai da guardare?”

Il suo sguardo sprezzante.

“Mi scusi.” Arrosisco.

Il mio cuore non si ferma. Batte fortissimo. Soprattutto ora che ha preso la mia mano per condurmi in macchina.

Perché batti? Stupido cuore.

Lui ti intriga?

Sì, mi sento affascinata da questo tipo.

“Andiamo, Odango!”, mi dice aprendomi la portiera.

“Odango?”

Lo guardo perplessa. Di cosa sta parlando?

“Sei stupida, Odango?”, mi ripete.

Odango. Odango. Odango. Non capisco.

“Sei tu, Odango. I tuoi codini…”, mi spiega, indicando i miei capelli con le dita.

I miei codini?

Lo guardo. Sono seduta affianco a lui. In macchina.

Ho capito bene? Mi sta insultando?

Non so, ma in tre secondi ha perso tutto il suo fascino.

“Odango chi, scusa?”

Sono leggermente adirata.

Lui sorride. Arrogantemente.

“Odango tu, stupida ragazzina. Mi stai facendo perdere tempo. E credimi, il mio tempo è prezioso.”

Si avvicina a me e mi allaccia la cintura. Ha messo in moto.

Sono paralizzata. Sono scioccata. Come si permette?

Ritiro tutto. Questo tipo non è affatto affascinante…  è un cafone.

Deve essere un isolato. Un emarginato.

Il cuore mi batte. Ah, sento rabbia verso di lui.

Sento ira. E rancore.

Quello sguardo glaciale verso di me.

Sono un peso? Mi hai quasi investito, stupido idiota!

Ah, sto per esplodere! Sento che la collera sta prendendo il soppravvento su di me.

“Sarai pure un medico e avrai anche una bella faccia. Ma sei uno zotico. Un emarginato e un cafone.”

Eccoti ben servito. Ti ho ripagato con la stessa moneta. Con il tuo stesso modo. Con il tuo stesso sguardo glaciale.

Mi guardi. Sei sbalordito, vero?

Non te lo aspettavi, vero?

Fai l’impassibile per non ammettere la tua sconfitta?

Ah, che soddisfazione.

“Se pensi di avermi impressionato, ti sbagli. Se pensi di esserti vendicata, ti sbagli. Le tue parole mi scivolano addosso. Ora scendi, stupida ragazzina.”, mi dice accostando.

Mi sta scaricando.

“Stai fin troppo bene. Sparisci ora.”

Cosa? Sparisci?

Questo tipo sta sfidando la mia pazienza. Devo ignorarlo, però.

Devo essere SUPERIORE.

“Ti accontento…”

Scendo. Come un fulmine.

Lui riparte velocemente, lasciandomi sul ciglio della strada.

“Stupido idiota…”

Esistono davvero persone così?

Mi chiedo chi sia.

Chi è, quel baka glaciale?

Sono arrabbiata. E in ritardo.

Riprendo a correre. Stavolta Motoki mi maledirà davvero.

Ma gli spiegherò tutto.

Che stavolta non l’ho fatto apposta. Che stavolta non è affatto colpa mia.

Ma di uno stupido idiota con una bella faccia.

Di un baka arrogante che spero di non vedere mai più.

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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