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Autore: WindSlayer    03/02/2015    6 recensioni
In revisione
Quando si parlava del figlio in arrivo, gli occhi di Gwyn si illuminavano e il suo sorriso si allargava.
Il suo primogenito era diventato il dio della guerra, visto il suo legame con le armi e la sua abilità del combattimento.
Gwynevere, la sua secondogenita, era così bella da essersi guadagnata il titolo di Principessa del Sole.
(...)
Ma non appena il bambino nacque, sia suo padre che sua madre, notarono che non era avvolto da una meravigliosa luce brillante come i suoi fratelli. Tutti si accorsero della sua debolezza fisica, era gracile come una femmina, e Lord Gwyn provò un misto di imbarazzo e ribrezzo per quel figlio mostruoso. Decise, così, che nessuno avrebbe saputo del loro legame di parentela, e lo avrebbero allevato come una donna. Fu per questo che gli donò un nome femminile: Gwyndolin.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gwyn, Lord dei Tizzoni, Gwyndolin, il Sole Oscuro, I Quattro Re, Manus, Padre dell'Abisso, Nito
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Scusate l'enorme ritardo con l'aggiornamento ma sono terribilmente occupata con due storie (oltre questa) e una delle due dovrebbe diventare un libro. In più ci sono lo studio, l'amore, le amicizie... un casino! XD Perciò questa storia, per quanto ci tenga, procederà abbastanza lentamente. :3 Ringrazio enormemente Himenoshirotsuki e artorias_abysswalker per la recensione: mi hanno fatto davvero piacere! *-*
Vi auguro una buona lettura! :D
VEREOR NOX: GWYNDOLIN, IL SOLE OSCURO
http://i284.photobucket.com/albums/ll4/lullaby22/2gwynmod_zpsgtwjs5vd.jpg
Capitolo Due: l'Errore


Gwyndolin cominciò ad evitare i posti che frequentava Smough, esattamente come gli aveva chiesto di fare suo fratello maggiore.
Si annoiava incredibilmente, ma comprendeva anche che era l’unico modo per restare vivo: Smough, il boia, prima o poi avrebbe trovato il modo di schiacciarlo sotto il suo enorme martello. Per sua fortuna, il Giustiziere era così stupido da non essersi accorto che il bambino era letteralmente scomparso in un punto e ricomparso in un altro: non era un’abilità che aveva il Lord del Sole.
Gwyndolin aveva provato varie volte a riprodurre quella magia che gli era venuta istintiva, ma ne era diventato improvvisamente incapace.
Approfittando della solitudine e del fatto che nessuno si curasse di lui, passava le sue giornate nella biblioteca reale, alla ricerca di risposte. Nessuno faceva caso al bambino, che aveva accesso ad ogni area della biblioteca e si muoveva sicuro tra gli scaffali, conscio della posizione di ogni volume.
Durante quei giorni, passati lontano da tutto e tutti, lesse che i suoi poteri erano collegati alla luna. La scoperta, per lui, fu scioccante: non era naturale che dal Lord del Sole nascesse un figlio con capacità del genere.
“Oh, non essere così triste” sorrise Velka, comparsa da chissà dove.
Gwyndolin si guardò intorno, alla ricerca di suo fratello maggiore, ma nella biblioteca, a quell’ora di notte, non c’era nessuno. Nessuno, a parte lui e Velka. Il bambino cercò di scappare e allontanarsi da quella donna, ma la dea lo afferrò per il polso.
“Ora comprendi perché prima o poi sarai mio, vero?” gli chiese con voce vellutata.
“Lasciami. O ne parlerò a mio fratello!” esclamò Gwyndolin.
“E come?” rise Velka. “Intendi gridare?”
Il bambino raggelò, rimanendo al suo posto: anche se avesse gridato nessuno sarebbe accorso in suo aiuto, avrebbe finito soltanto per svegliare Anor Londo e inimicarsi i suoi abitanti ancora di più. Sospirò.
“Bravo” sorrise Velka. “Fai il bravo bambino.”
“Non ho intenzione di gridare, ma neanche di ascoltarti” Gwyndolin fece diventare il braccio bloccato da Velka immateriale e si liberò dalla sua presa. “Ora me ne vado.”
La Dea si mise a ridacchiare “Sai, dovresti andare a Oolacile: lì saresti molto apprezzato per le tue arti magiche.”
Il bambino la ignorò, seguendo ancora una volta il consiglio del fratello maggiore, afferrando il volume che stava leggendo prima dell’arrivo di Velka. I suoi occhi dorati non provavano incertezza: erano fermi come quelli di Gwyn e del Primogenito.
La Dea del Peccato era consapevole che prima o poi quel bambino sarebbe corso da lei: lo facevano tutti, prima o poi. Il mondo in cui vivevano era fatto di gente che giudicava e maltrattava soltanto perché godeva di una posizione migliore, e chi si sentiva escluso cercava l’aiuto di Velka, che era sempre pronta a spendere qualche parolina dolce per gli esclusi. I suoi motivi non li conosceva nessuno. Velka sapeva, inoltre, che Gwyn non avrebbe mai accettato un figlio in grado di usare la magia. Una magia oscura, collegata alla Luna, del tutto opposta alle capacità che possedevano lui e il suo primogenito. Gwyndolin sarebbe corso da lei, piangendo, in cerca del suo conforto.
“Perché hai quel muso lungo?” lo stuzzicò ancora la donna.
Il bambino si morse il labbro per resistere alla tentazione di ribattere alle sue parole in modo velenoso: voleva rimanere zitto.
“Oh, va bene, continua a non rispondermi” sorrise Velka. “Ma almeno ascoltami. E’ naturale che tu abbia capacità opposte a tuo padre: si avvicinano tempi duri per la nostra Era.”
Suo malgrado, Gwyndolin cominciò a prestarle attenzione.
“Luce e Oscurità, Sole e Luna…” continuò la donna. “Sono opposti, apparentemente con nulla in comune. Ciò che le ha accumunate è stata l’accensione della Prima Fiamma: la luce e la diversità hanno avuto origine in quel momento, prima c’erano solo buio e nebbia.”
“E il mondo era governato dai draghi, questo lo so” il bambino la interruppe, spazientito: aveva sentito quella storia molto volte. Ad Anor Londo le guardie non parlavano d’altro delle prodezze di suo padre, che aveva guidato l’esercito che si ribellò ai draghi immortali, forte dell’alleanza con la Strega di Izalith e di Nito, Re Tombale.
“Precisamente” Velka ghignò e nel suo sguardo si accese una luce di interesse nei confronti di Gwyndolin. “Quello che non sai, però, è che tuo padre, la Strega di Izalith e Nito prima erano perfettamente comuni: niente li distingueva dalla massa. Trovarono delle anime molto particolari, nella Prima Fiamma, che li resero potenti come sono ora.”
“Non mi interessa quello di cui parli.”
“Va bene. Ti interesserebbe sapere che facciamo tutti parte di un ciclo? La Prima Fiamma si spegnerà, prima o poi, e torneremo nell’oscurità: ecco perché sei nato tu.”
Nella biblioteca scese un silenzio carico di aspettativa.
“Tu prenderai il posto di tuo padre, purtroppo per te, come Lord Oscuro e non della Luce” disse, infine, Velka, dopo qualche momento.
Gwyndolin rimase spiazzato, per qualche secondo, poi scoppiò a ridere. “Certo, certo! Non vedo l’ora di diventare il nuovo Lord di Anor Londo!”
Il bambino uscì dalla biblioteca, ridendo. Quando la porta si chiuse alle sue spalle, tornò serio: gli sarebbe piaciuto prendere il posto di suo padre, perché avrebbe significato essere riconosciuto come membro della famiglia, ma questo non sarebbe mai successo perché la sua semplice esistenza era un errore.

Grazie ai libri che aveva letto nella biblioteca, stava imparando a prendere possesso delle sue strane capacità. I livelli più inferiori di Anor Londo, lontano dalla luce solare e dai suoi abitanti, raggiungibili attraverso alcuni macchinari di cui il bambino era a conoscenza grazie ai discorsi delle guardie giganti, erano il luogo ideale in cui allenarsi.
Gwyndolin stava cominciando a capire come rendersi immateriale: poteva evitare alcuni pericoli, come i colpi del pericolosissimo martello di Smough, e passare attraverso i muri, come uno spettro. Poteva rendersi invisibile e andare in posti in cui la sua presenza non era desiderata.
Durante uno dei suoi allenamenti gli sembrò di udire il pianto di qualcuno. Camminò sul piano lentamente, lasciandosi guidare dai singhiozzi, e fu sorpreso nel trovare una bambina pressappoco della sua età in una cella di prigione.
“Tu chi sei?” le domandò.
La bambina si voltò verso di lui. Era pallida e mingherlina, i suoi capelli erano bianchi e gli occhi grandi e azzurri. Vestiva con un abito bianco e sembrava del tutto normale se non fosse stata per la coda, anch’essa bianca, che spuntava da sotto l’orlo del vestito. Una coda da drago.
“Mi chiamo Priscilla” rispose la bambina. La sua voce era bassa e dal suono dolce. “Sei un errore anche tu?”
“Un… che cosa?”
“Un errore” ripeté Priscilla. “Quando non dovresti esistere, Velka ti porta qui per ordine di Lord Gwyn.”
“Perché tu saresti un errore?”
Gwyndolin rimase agghiacciato dalle parole della bambina: Velka era senza cuore e non si sarebbe fatta problemi a rinchiudere Priscilla, di questo ne era certo, ma Lord Gwyn non temeva niente, non avrebbe avuto motivo di dare un ordine del genere.
La bambina, sua coetanea, mosse timidamente la sua coda. “Io sono un mezzo drago: la mia stessa nascita è stata un errore.”
“Come puoi dire una cosa del genere?”
Gwyndolin la trovava carina, anche se il suo sangue era mischiato con quello dei draghi. Non poteva credere di udire davvero una cosa del genere da una sua coetanea. I bambini alla loro età dovevano essere felici, non era bello pensare di essere un errore ed essere rifiutati perché non erano come gli altri.
“Beh, ti sembro una creatura degna di esistere?” la bambina non smise nemmeno per un attimo di piangere. “I draghi sono tutti morti tranne il mio creatore, Seath, che mi rifiuta. Vengo ritenuta così tanto sacrilega che sono rinchiusa in una cella. Sono addirittura sotto la protezione della vostra Dea Velka.”
Gwyndolin scosse la testa, rifiutando le parole della bambina, e, rendendosi inconsistente, passò attraverso le sbarre della cella.
“Perché Seath ti ha rifiutato?”
Priscilla rifiutò di guardarlo negli occhi. “Seath cerca l’immortalità, io sono stata solo un esperimento, non credeva nemmeno che un ibrido potesse respirare autonomamente. Ma io con la sua ricerca non c’entro niente, ecco perché mi rifiuta.”
“Mio padre ti accetterebbe!” esclamò prontamente Gwyndolin.
La bambina fece un sorriso amaro senza smettere di piangere. “Più o meno come ha accettato te?”
Gwyndolin impallidì e serrò, in un movimento involontario, la mascella.
“Velka mi ha parlato di te” continuò la bambina. “Dice che presto o tardi sarai suo, perché anche tu sei un errore. Ed è particolarmente fiera di te, perché sei il figlio di Lord Gwyn.”
“Io non diventerò mai suo” ribatté fieramente l’altro.
Priscilla lo guardò scetticamente. “Davvero? Se sei qui nessuno si cura di te. Sai perché mi hanno rinchiuso qui? Velka mi ha detto che qui non scende mai nessuno, quindi… A nessuno deve importare della tua esistenza” la bambina sorrise. “Sei come me.”
Gwyndolin la guardò con sufficienza. “Beh non direi: è vero che non ho nessuno che si curi di me, ma mi rifiuto di finire sotto l’ala protettiva di Velka. Mio fratello dice che non mi devo fidare di lei: è sempre pronta a dire cattiverie.”
Priscilla fece un mezzo sorriso e strinse a sé la sua bambola. “A me non interessa quello che si dice su Velka: vorrei soltanto sparire.”
Gwyndolin si rese conto solo in quel momento che la bambina aveva una bambola davvero insolita e la stringeva al petto come se avesse un’importanza affettiva per lei.
Il bambino fece un verso stizzito, non gli piacevano le persone che si piangevano addosso e magari godevano nell’essere compatite, così tornò all’esterno della cella, passando di nuovo per le sbarre deciso ad andarsene.
“Sai, anche io so fare qualcosa del genere” disse, ad un certo punto, Priscilla. “Io so rendermi invisibile.”
Gwyndolin annuì con sufficienza senza dire niente: d’improvviso provava tanta antipatia per lei perché gli ricordava troppo la sua situazione come figlio rifiutato dal proprio padre. Non gli interessava ciò che sapeva fare, ai suoi occhi rimaneva una creatura infima a cui piaceva essere compatita.
“Le nostre capacità sono molto simili: anche tu sei in qualche modo collegato alla Luna?” Priscilla continuava a parlare come se volesse costringerlo a rimanere con lei.
Gwyndolin non la ascoltò più e tornò ai piani superiori di Anor Londo: non aveva senso continuare a parlare con quella bambina che rinunciava immediatamente, se voleva toglierla dal dominio di Velka, doveva sperare nell’intercessione di suo fratello maggiore.
Avrebbe parlato direttamente con suo padre, ma Lord Gwyn non lo voleva fra i piedi.

Il bambino percorse velocemente l’intera città degli Dèi, Anor Londo, ignorato dai cavalieri posti a guardia di ogni porta e armati di immense alabarde. Era tardo pomeriggio e, conoscendo gli impegni di suo fratello maggiore, sapeva che in quel momento non stava supervisionando gli allenamenti dei cavalieri di Gwyn. Di sicuro era nei bassifondi della città, lontano dalle orecchie di Gwyn: il bambino aveva visto, lentamente, il rapporto tra suo padre e suo fratello maggiore sfaldarsi. Qualche mese prima Lord Gwyn adorava il suo primogenito, ora, se si incontrava nei corridoi, non poteva non guardarsi in cagnesco.
“Il Duca sta impazzendo e tuo padre non se ne cura” disse una voce maschile.
“Sono certo che ha i suoi buoni motivi” ribatté il primogenito di Gwyn.
Gwyndolin smise di correre e si nascose dietro l’angolo. Affacciandosi, vide suo fratello parlare con un uomo con un dente di drago sulle spalle, e da quello, il bambino, lo riconobbe come Havel, soprannominato la Roccia, uno dei soldati più fedeli del Lord del Sole. Havel aveva combattuto contro i possenti draghi, dopo l’accensione della Prima Fiamma, e proprio da una delle vittime aveva strappato quel dente facendone la propria arma: solo lui era dotata della forza necessaria per brandirlo.
“E’ completamente affascinato dal potere!” esclamò il guerriero che brandiva il dente di drago. “Ha fatto di quel lucertolone troppo cresciuto un Duca, per premiarlo del suo tradimento, concedendogli di sopravvivere. Gli ho donato una tana vicino a noi, per di più, e di iniziare gli esperimenti…”
Il Primogenito di Gwyn rimase in silenzio, mentre il bambino sentiva gli occhi inumidirsi.
“Ora, quel lucertolone senza scaglie e ci porta dei suoi abomini e lui cosa fa? Lo accoglie! Cos’è diventata Anor Londo, un magazzino?”
“Mi rendo conto che è una situazione ambigua, Havel.”
Gwyndolin guardò con ammirazione la calma di suo fratello: Havel stava attaccando suo padre, ma lui non dubitava, lui non provava mai incertezza. Al bambino sarebbe piaciuto essere come suo fratello: forte e in grado di prendere la decisione giusta in ogni situazione.
“Mi aspetto che tu faccia qualcosa, in quanto suo Primogenito” disse la Roccia, severamente.
“E cosa ti aspetti che faccia? È testardo, nessuno può farlo ragionare.”
“Allora mi aspetto che tu prenda il suo posto quando sarà il momento.”
Dopo un lungo attimo di silenzio, il Primogenito del Lord del Sole annuì e accettò.
“Questo sì che è interessante” rise la voce di Velka.
Gwyndolin sobbalzò e gridò trovandosi la Dea del Peccato dietro di sè: non avrebbe saputo dire da quanto era lì.
Havel e il primo figlio di Gwyn si voltarono verso di loro.
“Velka” salutò la Roccia.
La donna fece un cenno del capo in saluto.
Gwyndolin corse dietro alle gambe del fratello, guardando in cagnesco la Dea.
“E questa bambina?” domandò Havel.
Il Primogenito di Gwyn scoppiò a ridere, mentre il bambino arrossiva. “Sono un maschio!” esclamò.
Havel rimase interdetto da Gwyndolin che aveva un aspetto decisamente femminile e delicato, ma dal carattere brutale. “Oh” spostò la sua attenzione sulla donna. “Perché sei qui, Velka?”
“Seguivo il piccoletto” ammise la Dea.
Il Primogenito si rabbuiò. “Ti ho già detto che non devi infastidirlo. Cosa non ti è chiaro, carissima?”
“Mi è chiaro tutto” sorrise Velka. “Mi sto solo assicurando che tutto proceda secondo i miei piani.”
Gwyndolin la indicò con energia. “Ha rinchiuso una bambina nella zona inferiore di Anor Londo! La tiene prigioniera. E Priscilla dice che nostro padre ha dato l’ordine di rinchiuderla… ma non è possibile, vero? Nostro padre non è così crudele, giusto?”
Si creò un silenzio imbarazzato.
“Giusto?” incalzò ancora il bambino. “Giusto?”
“Lord Gwyn non è più saggio come un tempo, fratellino” gli rispose il Primogenito.
Gli occhi del bambino si fecero grandi e impauriti. “Ma Priscilla non può rimanere in una cella. Non è giusto!”
“Non ci rimarrà” sorrise Velka. “Tuo padre ha in mente un bel piano.”
“Nessuno ti ha concesso di parlare, serpe!” scattò il bambino.
Havel guardò Gwyndolin, sorpreso: era piccolo, ma aveva un vero e proprio caratteraccio.
Il Primogenito di Lord Gwyn mise una mano sulla testa del fratellino, sospirando. “Parlerò con nostro padre” disse a Gwyndolin. Poi spostò la sua attenzione sulla dea del peccato. “Puoi ritirarti, Velka.”
La donna fece una riverenza e tornò da dove era venuta.
Gwyndolin guardò il fratello maggiore che rispose alla sua espressione perplessa con un sorriso triste. Non sapeva dire perché, ma qualcosa, nel suo inconscio, gli diceva che non l’intervento di Velka non era stato un fatto positivo.

Gwyndolin si era nascosto dietro una grande colonna nel salone di Anor Londo, e osservava quello che accadeva con perplessità.
Aveva saputo che Gwyn aveva ingaggiato un pittore di nome Ariamis che avrebbe creato un dipinto di grandi dimensioni. Al suo interno, Gwyn avrebbe rinchiuso tutto ciò che ad Anor Londo era proibito, evitando di mettere in pericolo la città degli Dèi.
Velka si mise dietro di lui. “Lì dentro ci finirà tutto ciò che è nel mio dominio.”
Gwyndolin ascoltò quelle parole nascondendo un brivido: suo padre lo odiava, avrebbe potuto rinchiuderlo per sempre in un mondo finto.
“Purtroppo non ci sarai tu… per ora” aggiunse la donna.
“Non penso che mio fratello permetterà che io venga rinchiuso dentro un quadro” ribatté il bambino.
“Finché lui rimarrà ad Anor Londo” sorrise malignamente Velka. “Non sperare che lui resti qui per sempre.”
Gwyndolin impallidì. “Che cosa hai in mente?”
“Oh è una sorpresa” ridacchiò la donna. “Che sorpresa sarebbe se te lo rivelassi?”
“Con chi stai parlando?” Gwyn si rivolse alla donna: vedeva solo lei di fianco a una colonna e si era incuriosito. Si avvicinò a Velka, ma non trovò nessuno con lei. “Sei impazzita?”
“Mi piace riflettere parlando ad alta voce” mentì lei.
Continuava a fissare il punto in cui Gwyndolin si era reso prontamente invisibile agli occhi del padre. Tutto ciò che faceva la portava a pensare sempre di più che quel bambino aveva un enorme potenziale.
Gwyndolin ora era accanto al pittore che suo padre aveva chiamato: dipingeva con maestria, mentre canticchiava una canzoncina sottovoce. Il bambino lo osservò per qualche secondo per poi concludere che non era interessante: era solo uno dei sudditi che veneravano suo padre come un Dio. Corse nelle segrete di Anor Londo per parlare con Priscilla.
Lei era ancora lì, rannicchiata in un angolo della cella, abbracciando la sua bambola. Quando ascoltò le parole di Gwyndolin sul dipinto di Ariamis e comprese che vi sarebbe stata rinchiusa, un sorriso comparve sul suo volto.

Note:
In questo capitolo non ho molto da puntualizzare per quanto riguarda la differenza tra la mia storia e quella del gioco, ci tengo solo a dire che è una fanfiction quindi è normale non sia sempre fedele, altrimenti non avrebbe avuto senso scriverla. XD E (mi sono dimenticata di dirlo dopo il primo capitolo) è un prequel rispetto alla storia nel gioco: il pg che si interpreta nel videogame non è ancora nemmeno nato. Lord Gwyn è ancora al vertice del potere e Anor Londo splende come il Sole. La Fortezza di Sen non è ancora stata costruita. :3
Detto questo spero che vi sia piaciuto il secondo capitolo e che la mia lentezza nell'aggiornare non vi abbia fatto perdere interesse nella storia! D:
Un'ultima cosa... Se volete essere aggiornati sui miei lenti, lenti, leeeeeeeeeenti aggiornamenti, mettete mi piace alla mia pagina di facebook! ;)
Un bacio!
WindSlayer
   
 
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