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Autore: Laylath    04/02/2015    4 recensioni
(Legato alla serie Un anno per crescere, quindi è consigliabile aver letto l'opera principale e gli spin off).
Raccolta di one shot sui vari protagonisti di Un anno per crescere: prima, seconda e anche terza generazione che avete avuto modo di vedere solo nell'epilogo.
Saranno di vario tipo, ma fondamentalmente restano sul genere slice of life.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un anno per crescere'
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Protagonisti: Henry Breda e Katrin


Quaderni di scuola

 
Quel piccolo angolo di mondo, 1905

Henry Breda non aveva mai pensato all’amore, tanto meno ai colpi di fulmine.
Non disdegnava di osservare le ragazze, ritenere che qualcuna fosse più vicina ai suoi canoni estetici, ma in materia d’amore preferiva non fare alcun passo in avanti, nemmeno a vent’anni. A volte si era chiesto se questo suo atteggiamento dipendesse da quanto aveva passato sua madre, come se in lui ci potesse essere il germe dell’attitudine paterna che tanto l’aveva fatta soffrire. E se si fosse scoperto una persona violenta con la propria compagna? Era davvero necessario esporsi in un simile modo quando finalmente la sua famiglia aveva raggiunto un ottimo equilibrio e una grande serenità?
No, decisamente no – sospirò con un sorriso, mentre tornava a casa da lavoro, slacciandosi il primo bottone della giacca da poliziotto quando era ancora a qualche passo dalla porta – meglio non forzare determinate cose. La vita va benissimo così.
Abbandonando quei pensieri, allungò la mano ed aprì la porta, iniziando a pensare alla cena che sua madre stava preparando: quella giornata il capitano Falman era stato particolarmente insistente con lui e tutto quel lavoro gli aveva messo notevole appetito.
“Ciao, mamma, sono a ca… oh, mi scusi!”
Aprendo la porta aveva quasi colpito una ragazza che, evidentemente, stava uscendo da casa proprio in quel momento. Un pacco avvolto in leggera carta le era caduto a terra insieme a svariati quaderni e questo fece capire al giovane che si trattava di una delle clienti di sua madre.
“Uh, attenzione Henry! – esclamò Laura, proprio dietro la giovane – ti sei fatta male, Katrin?”
“No, no! – rassicurò subito la giovane, chinandosi a raccogliere la sua roba – mi sono spostata all’ultimo. Non dovete preoccuparvi.”
“Mi… mi dispiace!” Henry arrossì veramente imbarazzato, non gli era mai capitata una situazione simile.
Fece per chinarsi, allungando la mano per aiutare in qualche modo la ragazza la cui sciarpa verde chiaro si era mezzo sciolta e dunque stava per cadere a terra, ma poi esitò.
Lei aveva finalmente alzato il viso e lo stava fissando.
Come funzionava in tutte quelle storie? Che il tempo smette di scorrere e ti sembra all’improvviso di essere trasportato in una realtà parallela dove ci siete solo tu e lei?
Perché non l’aveva mai vista? Come mai non aveva notato quegli occhi nocciola e quel viso dalle gote rosate? Possibile che quella frangetta castana, quasi bionda, gli fosse sfuggita per tanto tempo?
Perché ci vediamo per la prima volta solo adesso?
“Io… io dovrei andare…” sorrise imbarazzata la ragazza.
Henry rinsavì, rendendosi conto che era proprio in mezzo alla porta, bloccando qualsiasi via d’uscita.
“Oh! Scusi tanto, signorina!” arrossì violentemente facendosi di lato per lasciarla passare.
Ma oggettivamente il passaggio era comunque ridotto e dunque i due si ritrovarono quasi a scontrarsi vicendevolmente prima che lei riuscisse a sgusciare fuori casa.
Invece di entrare dentro, Henry rimase a fissare la figura snella che si allontanava con passo svelto, si riscosse solo quando la madre gli mise una mano sulla spalla.
“Tesoro, vuoi restare lì tutta la sera e beccarti tutte le correnti di questo mondo, oppure entri e chiudi la porta?”
“Uh? – con disappunto notò che la fanciulla aveva girato l’angolo, scomparendo alla sua vista – Certo, mamma, eccomi.”
 
“Comunque si chiama Katrin.”
“Eh?” Henry alzò gli occhi dal suo piatto e fissò la madre con incredulità. Si accorse che gli occhi grigi le brillavano di qualcosa che si poteva interpretare come malizia.
“Ma sì, quella ragazza che ti ha praticamente lasciato a bocca aperta come un pesce. E’ una mia cliente da circa un anno, ed è una bravissima fanciulla: ha finito le scuole quest’estate. Sai, vuole fare la maestra.”
“Ah sì? Co… comunque non capisco perché mi dici queste cose – si riscosse Henry, tornando a mangiare, sebbene una piccola parte del suo cervello assimilasse le informazioni appena ricevute – è una delle tue clienti e non l’avevo mai vista, tutto qui.”
“Tutto qui?” Laura ridacchiò e questo fece sentire il giovane profondamente in imbarazzo.
Dannazione ad Heymans che quella settimana era ad East City, lottare contro una femmina era davvero complicato, specie se si era da soli e…
L’hai appena definita femmina… è tua madre, la persona che ami di più al mondo – quel pensiero lo fece irrigidire, il ricordo di anni prima che tornava violentemente alla memoria, assieme a quelle parole orrende dette da una voce ormai sepolta – forse c’è davvero qualcosa di lui in me. Forse… forse è solo un incubo che non finirà mai.
“Henry, che hai? – la voce di Laura si fece seria – Sei impallidito all’improvviso…”
“Niente, mamma, sul serio. E… e comunque non scherzare su queste cose. Sei tu la donna della mia vita, fidati. Non ho nessuna intenzione di lasciarti.”
“Oh, tesoro, ma che cosa dici? – Laura sorrise e si rilassò – In quanto madre se c’è una cosa che voglio è che tu e tuo fratello vi sistemiate, che troviate una ragazza degna di voi.”
“Degna…”
“Sì, degna, che c’è di sbagliato?”
“E se scoprissi che sono io quello non degno?” chiese amaramente.
 
Aveva fatto male pronunciare quella fatidica domanda che portava assieme a sé tutti gli orrori dell’infanzia.
Si era pentito di quelle parole non appena le aveva dette: non aveva alcun diritto di riaprire le ferite della sua famiglia. Avrebbe dovuto tacere e continuare a serbare i suoi dubbi in segreto.
Passarono diverse settimane prima che si convincesse del tutto che né sua madre né suo fratello avevano in qualche modo risentito di quel breve ritorno del passato.
Ma, nonostante l’innegabile sollievo, i dubbi su se stesso restavano: tutte le rassicurazioni di sua madre prima e di Heymans poi non erano riuscite a levargli dalla testa che era in lui che c’era il maggior carico di sangue paterno. Heymans poteva aver preso tantissimo nell’aspetto fisico, ma caratterialmente era sempre stato differente da Gregor, arrivando a sfidarlo a liberare la loro madre e tutta la famiglia da quel mostro.
E lui in tutto quello che aveva fatto? Era dura ammetterlo, ma era la verità: fino ad undici anni era stato praticamente un teppista che godeva nel compiere cattiverie e mettersi nei guai. E il compiacimento di suo padre era la cosa che anelava di più… non erano forse segnali che c’era qualcosa di sbagliato in lui?
E pensando a quello che ha fatto a mia madre… oh no, non permetterò a me stesso di fare una cosa simile.
Se lo disse per la millesima volta durante quella mattina di gennaio, mentre era in ronda con il capitano Falman.
“La camminata sulla neve ti sta facendo bene?”
“Signore?” chiese distrattamente.
“A volte sfogarsi fisicamente aiuta ad alleggerire la tensione. Ne hai davvero tanta addosso in questo periodo, ragazzo mio.”
“Scusi, signore – tirò su col naso, non riuscendo a venire a patti con il leggero raffreddore che l’aveva colpito due giorni prima – le assicuro che a lavoro…”
“Non è un problema di lavoro – scosse il capo l’uomo –  Tua madre e tuo fratello sono preoccupati, lo sai?”
“Mia madre ha parlato con lei?” arricciò il naso a quell’eventualità: non gli piaceva essere considerato ancora un bambino con i genitori che confabulavano tra di loro escludendolo.
“No, ma sai come sono le donne, no? Lei ne ha parlato con le sue amiche durante un the, tra le sue amiche c’era mia moglie e dunque le notizie volano. Solidarietà femminile, Henry, quando sarai sposato ci avrai a che fare pure tu.” Vincent annuì con convinzione, sistemandosi meglio uno dei guanti.
“Sembra quasi un’organizzazione criminale…”
“Forse, ma non ha mai fatto tanti danni come un gruppo di teppisti di mia conoscenza: tuo fratello sa bene a chi mi riferisco. In ogni caso, per tornare a monte, vorrei proprio sapere come hanno fatto a venirti in mente simili idiozie.”
Simili idiozie? – Henry scosse il capo, non capendo come fosse possibile liquidare tutta la storia con quelle due parole – Signore, ha visto anche lei cosa ha fatto mio p… quella persona!”
“Sì che l’ho visto – Vincent si fermò a fissarlo con attenzione – e ho visto anche te e tuo fratello diventare delle splendide persone nonostante quello che avete passato. Guarda la divisa che indossi, Henry.”
“Può non voler dire niente…”
“Sì che vuol dire qualcosa. Non te l’avrei mai fatta indossare se non te ne ritenessi degno, ragazzo. Perché devi farti condizionare ancora da lui? Non capisci che così lo fai vincere?”
“Condizionare? Capitano, io sono suo figlio!”
Possibile che non capite?
“Così come Heymans, e allora?”
“Ho il suo sangue – continuò, sentendo l’esigenza di tirare fuori tutto quanto – la stessa cattiveria. Magari non è ancora uscita fuori, ma non posso permettere di…”
“Ti piace così tanto l’idea di bere ed alzare le mani sugli indifesi, eh?”
“Cosa? – Henry sbiancò – Ma… ma cosa sta dicendo?”
“Non vedi l’ora di andare al bordello per divertirti un po’, vero?”
“La smetta – il giovane scosse il capo con disgusto – sa che non è vero!”
“Oh, dai, suvvia, facciamo uscire questo sangue cattivo – Vincent lo prese per i capelli e lo scosse leggermente – o forse non possiamo perché non c’è?”
“Chi è lei per dirlo?”
“Il tuo capo, uno che ti conosce da quando eri piccolo e ha vissuto in prima persona quello che ha fatto tuo padre. Ma se vuoi ce lo possiamo far dire da un sacco di altre persone, quelle che ti conoscono e sanno cosa hai passato… tua madre, tuo fratello, Andrew e Kain, tutti gli altri amici di famiglia. O forse vuoi ancora dare ascolto a quelle stupide malelingue che volevano condannare tua madre per sempre?”
Henry scosse il capo, sentendosi profondamente confuso.
Le parole del capitano Falman avevano certamente un fondo di verità, certo, però quei dubbi…
“Ahu!”
I due poliziotti si girarono a quel richiamo e videro che una persona era appena scivolata su una lastra di ghiaccio, cadendo rovinosamente in avanti.
Vincent si stava per muovere, ma Henry fu più rapido.
Era stato più forte di lui: l’aveva riconosciuta da subito, del resto non perdeva occasione per sbirciarla segretamente ogni volta che la incontrava. Da mesi ormai.
“Va tutto bene?” le chiese, inginocchiandosi accanto a lei e aiutandola a rialzarsi e a farla uscire dalla lastra di ghiaccio.
“Che botta! – arrossì Katrin, tenendosi alle mani di lui – proprio non me ne sono accorta.”
“Sì è formata col freddo di stanotte – spiegò Henry – oh, ma le sono caduti tutti i quaderni.”
“Oh no! I quaderni dei bambini… oh, ma non si deve disturbare, signore…”
“Non è niente! – iniziò a raccogliere quei quaderni con ansia, sperando che la neve fresca non rovinasse le pagine con le scritture infantili – ecco… ecco non sembra che abbiano subito danni…”
“Grazie…” lei arrossì profondamente quando finalmente si trovarono faccia a faccia.
“Non… non so se ha presente… io… lei va spesso da mia madre…” iniziò Henry, confuso.
“Dalla signora Laura, ma certo – lei si avvolse meglio nella sciarpa verde, quasi a nascondere parte del suo viso – ecco… io… io sono Katrin.”
“Lo so…”
“Eh?”
“Insomma – annaspò lui, restituendo quei quaderni – penso di aver sentito mia madre che qualche volta la salutava, tutto qui. E… non volevo essere indiscreto, tutt’altro! Co… comunque io sono Henry, Henry Breda.”
“Lo so.”
“Uh, lo sa?”
“Mi da del lei? – Katrin sorrise – ho appena compiuto diciannove anni, mi pare esagerato.”
“Scusami… era solo per essere educato.”
“Va bene il tu.”
“Anche per me.”
Si guardarono per qualche secondo, restando immobili come belle statuine: solo dopo qualche secondo Henry si rese conto che le sue mani erano ancora sui quaderni che aveva appena restituito.
Era come se entrambi fossero estremamente riluttanti a concludere quell’incontro.
 “Ho il piede un po’ dolorante…” ammise Katrin dopo qualche secondo.
“Ti riaccompagno a casa.”
“Davvero? Grazie.”
“Appoggiati pure a me.” si offrì subito portandosi accanto a lei e porgendole il braccio.
“Ma forse il tuo capitano…” cominciò la giovane ammiccando in direzione dell’altro poliziotto che era rimasto leggermente in disparte.
“Chi? Ah, già… ecco, signore io…”
“Ci vediamo stasera in ufficio, Henry!” sghignazzò Vincent con un cenno di saluto, riprendendo a fare la ronda.
Il capitano Falman che fa uno strappo alla regola? – Henry sgranò gli occhi – Che diamine succede?
Ma poi sentì Katrin che si posava contro di lui, palesemente più di quanto fosse necessario e qualsiasi altro rimando al capitano sparì dalla sua mente.
E mentre procedevano nella strada innevata, Henry si rese conto di una cosa fondamentale: mai e poi mai suo padre avrebbe fatto una cosa simile per sua madre. E mai e poi mai avrebbe provato il medesimo senso di leggerezza che stava sentendo lui in quel momento.
“Non è che il tuo fidanzato si ingelosisce?” chiese con noncuranza.
“Non ho il fidanzato – sorrise lei – e tu sei impegnato?”
“Assolutamente no!”

 
  
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