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Autore: Bad Bionda Bana    04/02/2015    1 recensioni
Io e la mia migliore amica abbiamo intrapreso un percorso che molti non avrebbero mai pensato di scegliere. Ci siamo iscritte insieme all'università di lingue per studiare il coreano. Già essere li insieme per noi era un sogno, ma la nostra mente volava sempre a quel momento che sembrava così lontano, al nostro stage del terzo anno in Corea del Sud, a Seoul. Avremmo potuto sognare qualsiasi cosa, ma di certo non ciò che ci accadde.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cheondung, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Finalmente arrivò il venerdì, l'ultimo giorno di stage della settimana, adoravo quello stage ma una piccola pausa mi ci voleva, avevamo tutto il sabato per fare baldoria e tutta la domenica riposare e riprendere le forze. Arrivate agli studi di registrazione, entrambi i nostri capi vennero a complimentarsi per il lavoro fatto durante la prima settimana, noi sorridevamo felici ma anche un po' imbarazzate e in quel momento, come ogni mattina, le nostre strade si divisero.
-Ieri abbiamo finito le registrazioni, quindi per oggi abbiamo tutti poco lavoro. Permettimi di offrirti un caffè.- disse il signor Kim sorridendomi gentilmente, io scossi la testa e gesticolai di conseguenza.
-No no, grazie ma non bevo caffè, e poi dovrei essere io ad offrirglielo.- risposi sorridendo a mia volta -E non accetto un no come risposta.- conclusi indicandolo minacciosamente e scherzosamente col dito.
-Va bene, va bene. Non mi oppongo,ma vorrei offrirti anche io qualcosa. Cosa ti piacerebbe bere? Da quando lavori qui ti ho sempre e solo vista bere acqua.- ridacchiò e piano ci dirigemmo verso la macchinetta in entrata -Forza, tu mi offri il caffè e io cosa ti offro?-
-Ma non ha senso come cosa. Se offriamo entrambi è come se ce li pagassimo da soli.- scoppiai a ridere e lui si aggregò poco dopo, alla fine mi arresi alla sua insistenza e mi lasciai offrire una RedBull.
Rimanemmo li a chiacchierare per un bel po' di tempo. In collegamento con la mia bevanda gli raccontai del mio improvviso incontro con il conduttore del programma, di come avevo centrato in pieno il povero Eli con la porta del bagno il primo giorno di registrazione. Da quanto mi raccontò lui, capitava spesso ad Eli di sbattere contro qualcuno o contro una porta, proprio come mi aveva detto lui stesso, quasi tutti coloro che avevano lavorato e lavoravano ancora per Simply Kpop si erano scontrati con lui, era un po' come un rito di iniziazione, ora facevo parte di quella strana famiglia. Il signor Kim mi raccontò anche della sua famiglia, mi mostrò una foto di sua moglie, pelle candida, occhi e capelli scuri, era veramente bella, per non parlare di quella meravigliosa pancia che cullava al suo interno una nuova forma di vita. Curiosa gli chiesi se conoscevano già il sesso del bambino o se avevano preferito non saperlo per avere la sorpresa alla nascita, e fu proprio quest'ultima la risposta, non avendo idee per il nome speravano che una volta saputo il sesso alla nascita sarebbero riusciti a trovare il nome con solo uno sguardo. Sembrava molto come una scena di un film, mi intenerii come davanti ad un cucciolo di cane, anche io sognavo una famiglia tutta mia e un pargoletto da accudire e crescere, l'unica cosa che mi bloccava era la mia paura, se si poteva chiamare cosi', del parto. Il solo pensare a tutto quel dolore mi spaventava, molte volte Jessica mi diceva che era una delle cose più naturali al mondo, che la gioia di abbracciare ciò che io avevo creato avrebbe cancellato il ricordo di qualsiasi dolore.
-Alice, in ogni caso è presto per te, non preoccuparti per il momento e goditi quest'età così bella e libera. Poi può essere che ripensandoci con mente più matura capirai qual'è la cosa giusta da fare.- buttò il bicchierino del caffè nel cestino e, dopo che tolsi la linguetta per la mia collezione, buttò anche la mia lattina -Se vuoi, e se sarai ancora in Corea, puoi venire a fare da Babysitter al piccino, o piccina.-
-Sul serio? Si fiderebbe a lasciarlo da solo con me?- lo guardai sorpresa, in fondo non sapeva molto di me se non informazioni inerenti lo stage e il mio corso di studi.
-Fidati, in una sola settimana riesco a dire che sei una ragazza responsabile quando ce n'è bisogno. Forse il problema potrebbe essere la signora Kim non conoscendoti.- ridacchiò -Ma di sicuro un giorno la porterò qui così da presentartela, e farò così anche con nostro figlio.-
-Non vedo l'ora di conoscerla allora, e di vedere il piccolino.- dissi tutta esaltata, sapere che il mio capo pensava quelle cose di me mi rese estremamente felice, ora si mi sentivo parte della famiglia. Dopo la pausa pranzo, che passai come ogni giorno con la mia migliore amica, si aggiunse a noi anche Eli, il quale era venuto a ringraziare il signor Kim per l'ottimo lavoro. Quando si girò verso di me mi riconobbe subito, vista la situazione non era poi così difficile ricordarsi il mio viso tra tutti quelli orientali degli studi, per quanto fosse una stazione televisiva internazionale, la maggior parte delle persone che ci lavoravano erano coreane. Vista l'occasione offrii una RedBull ad Eli, glielo dovevo dopo il nostro scontro, nonostante lui continuasse a dire che non ce n'era bisogno.
In quella prima settimana non ero riuscita a socializzare con molte persone se non con il mio capo, io ero sempre stata una ragazza abbastanza timida, ed il fatto che ero anche l'unica straniera aumentava questa mia caratteristica, ma ero sicura che dalla settimana dopo avrei socializzato con le persone più vicine a me nel mio lavoro. Potevo iniziare da un piccolo gesto, chiedere un parere, offrire qualcosa da mangiare o bere, semplici azioni giusto per rendermi disponibile e amichevole nei loro confronti.
-Scusami, l'ultima volta non ti ho nemmeno chiesto come ti chiami, e mi sembrava scortese andare a chiedere al signor Kim.- mi disse Eli dandosi un colpetto in testa e mostrandomi un dolcissimo sorriso, non sapevo ancora il perché, ma qualsiasi persona mi sorridesse in quella città mi sembrava il sorriso più bello che avessi mai visto.
-Mi chiamo Alice.- dissi ricambiando il suo sorriso -Il cognome è meglio se lo lasciamo stare.- conclusi ridacchiando, per quanto parlasse l'inglese e quindi sapesse pronunciare consonanti come la V e la F, non volevo rischiare di ridere per come avrebbe pronunciato il mio cognome.
-Che c'è? Hai paura che non lo sappia pronunciare?- chiese lui facendo il finto offeso per poi ridere.
-No, fidati Eli, è abbastanza complicato il suo cognome, te lo assicuro io che lo so.- intervenne il mio capo, a me scappò una piccola risatina. Eli rinunciò alla sua curiosità e iniziò subito a chiamarmi Ali, per lui era più semplice e poi mi faceva piacere, mi sentivo come più vicina a lui. Rimanemmo li a parlare fino alla fine della giornata, sembravamo aver fatto occupazione alla macchinetta in entrata. Nel momento in cui i due ragazzi se ne andarono arrivò Jessica, pronta per tornare a casa.
-Tu vai pure, io devo finire alcune cose, oggi ho passato l'intera giornata a chiacchierare con il capo e con Eli. Ti raggiungo a casa.- le sorrisi.
-Sei sicura?- annuii -Va bene, ma vedi di non fare troppo tardi, non mi piace il pensiero di te da sola in bici per strada di sera con il buio.- disse con un leggero tono di disapprovazione.
-Ma che carina che ti preoccupi per me.- le pizzicai una guancia -Farò il prima possibile, te lo prometto.-
-Sicura che non vuoi che ti aspetti? Non mi dispiace, anzi, starei di certo più tranquilla.-
-Umma, ho quasi ventidue anni, non c'è bisogno che ti preoccupi per me in questo modo. Ora dai, vai e prepara qualcosa di carino da fare questa sera.- la spinsi verso la porta d'entrata per le spalle ridendo.
-Va bene, ho capito, non c'è bisogno che mi mandi via con tutta questa cattiveria. Però vedi di tornare presto. Oh, e voglio sapere tutto quello di cui hai parlato con Eli, non farà parte di uno dei miei gruppi preferiti ma è comunque un idol, voglio sapere come ci si sente a parlare con uno di loro. A dopo allora.- e salutandomi uscì. Aspettai giusto qualche minuto, il tempo necessario per lei di svoltare l'angolo, per poi uscire. Non ero solita mentire alla mia migliore amica, ma mentre eravamo andate a pranzo quel giorno, avevo visto un negozio di animali che volevo assolutamente vedere, e visto come diventavo un'idiota in presenza di qualsiasi genere di cucciolo e non, volevo risparmiarle quella scena pietosa. Presi giacca e borsa e in velocità mi diressi verso il negozio, per fortuna era ancora aperto, ed essendo un po' tardi non c'era nessun cliente. Come entrai feci un piccolo inchino salutando la commessa, ennesima persona che rimase sorpresa del fatto che fossi straniera, a quanto pare non ne vedevano molti di stranieri in giro. Con gentilezza le chiesi se potevo andare a vedere sul retro gli animali in adozione, e mi diressi verso quella stanza che poteva benissimo rappresentare il mio paradiso personale, c'erano moltissimi animali di specie e razze diverse, dagli animali comuni da compagnia ai rettili, mi soffermai ad ogni gabbia, ad ogni teca incantandomi ad osservarli, purtroppo solo i cani erano dentro dei recinti e quindi potevo accarezzarli e farmi leccare le mani. Mi sentivo la ragazza più felice del mondo, uno dei miei primi lavori dei sogni era diventare una veterinaria appunto per il mio immenso amore per gli animali, ma il pensiero del sangue e di dover fare operazioni e cose del genere cancellò quel lavoro dalla mia lista.
Ero completamente persa nei miei pensieri che subito non mi accorsi che nel negozio era entrato qualcun altro, rimasi li ad offrire tutto il mio affetto a quelle piccole creature pelose. Poi quella persona entrò nel retro, probabilmente perché tenevano anche i cuccioli che portavano per la toelettatura, e quella teoria trovò conferma nel momento in cui notai che uno dei cagnolini aveva un collarino con la medaglietta. Non feci in tempo a leggere il nome che una voce mi spaventò.
-Soju, eccoti qui!-

  
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