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Autore: Fireslot    04/02/2015    1 recensioni
Esiliato e inorridito nei confronti dell'umanità, un ubriaco Vash troverà la forza di fare un ultimo dono all'umanità?
«Sì, credo proprio che ne varrà la pena, Wolf.»
Genere: Avventura, Drammatico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2
 
«Forza, in piedi, perdigiorno!»
Con un calcio ben assestato, Vash spinse Wolf giù dal bivacco che l’apprendista aveva trascinato con un fagotto a tracolla durante i suoi viaggi.
«Ma che diavolo! Puoi svegliarmi meglio, la prossima volta?»
«No! Quando viaggi nel deserto da solo, a volte non puoi nemmeno dormire. Ringrazia che non ti abbia sparato. Ora raccogli tutte le bottiglie che trovi e sistemale nelle casse.»
Lo trascinò fuori dalla catapecchia, costringendolo a portare sulla schiena la torre di Babele di fiasche.
«Non penserai che sia diventato il tuo schiavo! Perché non ti porti da solo la spazzatura?»
«Primo, perché ho un braccio solo. Secondo, perché questo è un allenamento: tieni quelle casse in equilibrio sulla schiena e non far cadere nemmeno una bottiglia.»
«Se no che fai, sentiamo?» rimbeccò sprezzante Wolf, che ricevette uno sbuffo secco dal suo maestro come risposta.
La città distava venti chilometri dalla catapecchia, a passo spedito mezz’ora era più che sufficiente. Con cinque casse sulla groppa, il ragazzo ci impiegò un’ora buona, esitando a ogni passo per il precario equilibrio delle bottiglie. Nella strada desertica che li divideva dal covo, cinque punti del sentiero erano macchiati di cocci.
«Ora hai un debito con me di due doppidollari.» sentenziò Vash.
«Cosa? E perché?»
«Perché due bottiglie restituite integre all’emporio valgono un doppiodollaro e tu ne hai rotte quattro.»
«Veramente ne vedo cinque.»
«Bene, due doppidollari e cinquanta. Muoviti, l’emporio è dall’altro lato della città e siamo ancora all’ingresso. Di questo passo arriveremo a mezzogiorno.»
Il ragazzo s’infuriò e iniziò a correre ignorando il tintinnio del vetro sulle sue spalle, percorrendo tutta la città in meno di venti minuti. Quando arrivò davanti all’emporio, posò le casse con un’espressione soddisfatta. Qualche minuto dopo, Vash lo raggiunse comodamente accompagnato da un motociclista su un chopper.
«Grazie del passaggio, Small, ci vediamo!» salutò Stampede lanciando un cenno con la mano al centauro, che rispose rombando i motori.
Wolf lo guardò con vanità: «Allora, chi è arrivato per primo?»
«Quanto hai in tasca?»
«Dodici doppidollari.»
«Bene, te ne mancano trenta. Guarda un po’ qua dietro.»
Per tutta la lunghezza della strada maestra, i cocci di bottiglia variopinti costellavano la polvere. Nicholas distorse le sopracciglia, infastidito dall’errore rinfacciatogli.
«Buttarti a capofitto contro le difficoltà ti condurrà solo a sbagliare qualcosa,» lo richiamò Vash, «che nel caso di una sparatoria significa andare incontro a morte certa.»
«Questa non è una sparatoria. Non ci sono state conseguenze tragiche.»
«E’ qui che ti sbagli. Entra con me nel negozio.»
Con la spalla al di sopra del moncherino, Vash scostò le ante dell’emporio e salutò il proprietario.
«Buongiorno a voi, signor Blueberry.»
«Vash! Non ricordo l’ultima volta che sei entrato lucido qua dentro.»
«Nemmeno io ma non infierite. Il ragazzo qui presente si chiama Nicholas, ha con sé le casse delle bottiglie che ho scolato. Quanto mi dareste in cambio?»
Il negoziante uscì dal bancone e contò le bottiglie. Quando finì di contare, si mostrò esterrefatto: «Accidenti! Qui ci sono centotrenta bottiglie! Come hai fatto a berne così tante?»
«In realtà le tenevo da parte da parecchi mesi. Sa, contavo di farmi un gruzzoletto.»
«Ma questo è troppo! Il totale ammonta a 1500 doppidollari.»
Wolf si voltò sbigottito verso il sorridente Plant, al punto che si pentì di aver perso quarantadue verdoni facili per la sua spacconata.
«Bene, mister Blueberry.» commentò con un largo sorriso Stampede, «Quel denaro non me lo date in contanti ma fatemi acquistare dal suo negozio vari articoli.»
«Ho capito, è come se un mio cliente mi facesse credito.»
«Esatto, solo che in questo caso lei mi deve dei soldi.»
«Ci sto Vash. Ma non provare a fregarmi, intesi?»
Il monco iniziò ad ammonticchiare oggetti di ogni sorta, da beni di prima necessità a roba di cui Wolf si chiedeva l’utilità, come indumenti non della sua taglia, placche di metallo, invisibili fili di nylon e addirittura un casco da minatore. La prima giornata di acquisti sottrasse trecento doppidollari dal loro credito con l’emporio, tutta roba che, per la seconda volta, Wolf fu costretto a trascinare sulla groppa.
«Allora, che dicevi sulle conseguenze della tua corsa?» chiese Vash, lasciato il negozio.
«Che se fossi stato attento avremmo avuto più soldi a disposizione.» rispose Nicholas con sufficienza.
«Lieto di sentirtelo dire. Ora andiamo al “Chinger Motel”, oggi dormiamo in città.»
«E perché?»
«Smettila di chiedermi le cose prima, saprai a tempo debito.»
Raggiunsero il posto per passare la notte, dove la signora Chinger, amica di vecchia data del Tifone Umanoide, chiuse un occhio sul prezzo della camera e accettò i pochi dollari sottratti a Wolf come caparra. Dopo undici piani a piedi con i bagagli, Wolf era pronto per gettarsi sul letto ma la mano di Vash lo bloccò dalla spalla.
«Che c’è? Altro lavoro?»
«No, conseguenze delle tue azioni. Prendi la scopa, la paletta e una busta. Anzi, meglio due.»
L’apprendista estrasse gli utensili e seguì il maestro in strada.
«Togli tutti i pezzi di vetro che trovi, non deve rimanere un coccio.» ordinò Vash, «Se anche un solo pezzo di vetro resta a terra, questa sera dovrai eseguire tante flessioni quanti doppidollari mi hai fatto perdere.»
«Solo quarantadue? Non mi sembra troppo difficile.»
«No, la somma la calcoleremo in base al numero di cocci che riporterai qui stanotte. Ogni pezzo di vetro, mezzo doppio dollaro. Buon lavoro.»
«Questo non è un addestramento, è nettezza urbana!»
«Devi imparare un mestiere per guadagnare soldi in caso di emergenza. Quindi ti sto insegnando qualcosa. Forza, mettiti all’opera e poche storie.»
Wolf lanciò un grido di collera spazientita che si udì in tutta la città, si legò le buste si plastica al cinturone e iniziò la raccolta dei rifiuti partendo dalla sua destra. “Stavolta non mi fregherai, Stampede!” pensò costringendosi ad essere meticoloso nella sua ricerca dei pezzi di vetro. Il suo lavoro forzato lo costrinse a setacciare gli angoli della città fino a notte inoltrata, lasciandosi offrire dal suo mentore il casco da minatore per continuare le ricerche anche al buio. Si ritirò nel motel quando le lune erano esattamente sopra la sua testa, trascinando due pesanti fagotti di plastica pieni di cocci.
«Ho finito!» esclamò trionfante, spalancando la porta «Avanti, prova a guardare per strada! Nemmeno una scheggia.»
«Inizia a contare i cocci.»
«Cosa? E perché? Non ci sono pezzi di vetro.»
«Ne sei proprio sicuro? Guarda in direzione del covo.»
Nicholas sporse la testa fuori dalla finestra e, scintillanti come stelle, vide i cocci delle prime cinque bottiglie lasciate in mezzo al sentiero desertico.
«Ah no! Quei pezzi di vetro non sono in città, non valgono!»
«Ecco, sei privo di attenzione e superficiale. Io non ho detto “togli i pezzi di vetro che vedi in città”. Ho detto “togli tutti i pezzi di vetro che trovi”. Se sei andato al limitare della strada maestra, gli avrai visti per forza ma la tua zucca irrimediabilmente vuota ha ben pensato che non li avrei notati e ti ha convinto a risparmiarti la fatica. Presupporre che il tuo avversario sia inferiore a te o difetti in qualcosa è un buon metodo per farti ammazzare, come hai sperimentato ieri dopo il nostro duello. Mi hai sottovalutato perché ero pervaso dai postumi della sbornia, eppure hai perso. Io non uccido ma non tutti sono Vash the Stampede. Ora conta i cocci e non sbagliare a contare.»
Wolf digrignò i denti con rabbia e aprì le buste di plastica, iniziando una conta disperata del suo bottino. Nel frattempo notò che Vash si era dedicato a cucire qualcosa in un gilet acquistato all’emporio, imbottendolo parecchio. Forse aveva intenzione di dargli una sorta di armatura, per questo aveva acquistato un capo d’abbigliamento così largo. Quando terminò la conta, quasi gli venne da piangere quando disse la cifra esorbitante di 352 pezzi di vetro.
«Bene, sono 8800 doppidollari.»
«Non riuscirò mai a fare tutte quelle flessioni!»
«Hai ragione, per un uomo come te sarebbe troppo. Allora le distribuiremo in archi di tempo.»
«Vale a dire?»
Vash esibì un ironico sorriso: «Ogni settimana dovrai compiere in totale 8800 flessioni.»
«Cosa? Sei matto, sono quasi 1300 flessioni al giorno!»
«Appunto, hai sette ore prima dell’alba. Cominciamo.»
Posato sui palmi delle mani, Vash numerò pazientemente i piegamenti del ragazzo, tenendolo costantemente d’occhio senza mollarlo un istante. Lo costringeva a un intervallo di due minuti ogni venti flessioni, così da dare ai suoi muscoli un ritmo scandito. Ogni volta che Nicholas provava a ingannarlo saltando un numero della conta, lui posava i talloni sulla schiena dolorante per i carichi trasportati tutto il giorno, convincendolo a riprendere la cadenza stabilita. Dopo la quinta serie di flessioni, le braccia del giovane iniziarono a pulsare dalle fitte. Dopo la decima, erano completamente indolenzite. Alla dodicesima, i polsi s’intorpidirono, perciò Vash gl’impose di continuare poggiandosi sulla mano chiusa a pugno. La difficoltà aumentò sensibilmente, al punto che Nicholas percepì dolore anche in fondo alle ossa dopo la quindicesima serie.
«Vash, non ce la faccio più.» piagnucolò, ricevendo come incoraggiamento solo i talloni sulle spalle.
«Quando sei piombato in casa mia hai detto che saresti stato il migliore dei pistoleri. Ficcati in quella zucca vuota che per diventarlo devi avere un fisico che superi oltremodo i normali esseri umani. Se hai limiti da umano, non posso addestrarti, perché i miei limiti sono da Plant. Ma se vuoi gettare la spugna, peggio per te.»
«Vedi di farti fottere, Vash! Ho solo sedici anni, non posso allenarmi come un militare già dal primo giorno! Devo riconoscere i miei limiti, altrimenti romperò ogni bottiglia che trasporterò nei prossimi giorni, da qui fino all’eternità.»
Il Tifone Umanoide allargò nella barba un ampio e giallognolo sorriso: «Bravo, hai capito la lezione di oggi: consapevolezza. Era ora che accendessi il cervello. Domani ripeterai questo esercizio prima di pranzo e prima di cena. Non avrai scuse, dovrai fare tutte e sessantacinque serie di flessioni. E niente dilazioni.»
Nicholas, unto di sudore, si tuffò nel letto, piombando tra le braccia di Orfeo in uno schiocco di dita. L’indomani si destò stropicciandosi gli occhi, trovando il letto di Vash vuoto. Si sporse dalla finestra domandando ai suoi occhi assonnati se lo vedessero da qualche parte. Non scovando la sua sagoma da nessuna parte, si mise al lavoro, poggiandosi sui palmi delle mani. Sorprendentemente, non percepì nessun dolore prima di iniziare, sebbene lo sforzo fisico del giorno prima lo avrebbe dovuto rendere paralizzato per via dell’acido lattico.
«Buongiorno, perdigiorno.» esclamò Stampede, spalancando la porta e reggendo una busta di carta nel braccio sano.
«Vash, hai per caso fatto qualcosa alle mie braccia stanotte? Non sento alcun dolore.»
«Ci sono innumerevoli rimedi per degradare l’acido lattico. Il migliore, oltre ad essere il più sicuro per il tuo corpo, è consumare un’alta dose di magnesio, che io ti ho somministrato per endovena durante il sonno. Sai cosa sono gli acidi e le basi?»
Nicholas scosse la testa.
«Detto in parole povere, sono sostanze che si bilanciano a vicenda se inserite in uno stesso ambiente. Come dice il nome, l’acido lattico è una sostanza acida. Inserendo magnesio nella stessa soluzione si ottiene un annullamento dei suoi effetti infiammatori, perché il magnesio è basico.»
«Forte! Quindi posso uccidermi di allenamento e tu puoi rimettermi in sesto ogni volta.»
«Non è così semplice, nel tuo caso. La maniera migliore di introdurre magnesio nel tuo corpo è tramite l’alimentazione, farlo per endovena significa compromettere l’equilibrio di molte funzioni cellulari. Posso farlo solo per questa prima settimana, ma poi dovrai fare una dieta molto bilanciata.»
«Non sarà facile, senza il cibo adatto.»
«Questo non è un problema, nell’emporio ho trovato una quantità industriale di integratori!» ribatté Stampede, svelando il contenuto della sua busta: moltissimi pacchetti di carta con su scritto “Idrato di Magnesio – per tutti gli sportivi”.
«Dovrai bere tre bustine ad ogni pasto! Sarai una macchina da guerra inarrestabile per gli esercizi!»
«Fantastico! Voglio provarne subito una!»
Riempiendo un bicchiere di acqua, rovesciò il contenuto di un pacchetto nel liquido, che si colorò di un bianco opaco. Bevve tutto in un sorso e sputò tutto in faccia al suo maestro, con un’espressione disgustata.
«Bleah! Fa schifo! Che saporaccio!»
«Dai, non può essere tanto male, fammi provare.» buttò giù un bicchiere anche Vash, sputandolo sul volto dell’allievo con la medesima faccia contorta, «Aaaah! Hai ragione! Fa schifo da morire!»
   
 
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