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Autore: Pikappa93    05/02/2015    3 recensioni
San Fransokyo è uno dei mondi che stanno per essere coinvolti nella battaglia finale contro Xehanort. Hiro e Tadashi ancora non lo sanno, ma stanno per essere catapultati in una vicenda più grande di loro. D'altronde, i due fratelli non hanno certo familiarità con magia, Keyblade e altre cose strane di cui non sospettavano minimamente l'esistenza.
Tutto comincia qualche anno prima con un incontro...
La ragazza misteriosa si sedette vicino a lui.
«Come ti chiami?» gli chiese.
«Tadashi» rispose timidamente il bambino. «Tadashi Hamada».
«Piacere di conoscerti, Tadashi. Io sono Aqua».
Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Aqua, Sora, Un po' tutti, Xehanort
Note: Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Way to the Dawn
Capitolo III
 
C’era un caldo soffocante e probabilmente aveva già qualche scottatura addosso. Doveva trovare il professore in fretta. Se non avesse fatto in tempo…
«Time stop».
Che?
Tutto si fermò. Il caldo svanì e la visuale gli si fece più chiara. Le fiamme che lo circondavano erano… immobili. Si rese conto che l’aria gli risultava in qualche modo pesante da respirare e poteva udire come un lento tic-tac che rimbombava in lontananza… o forse era solo nella sua testa?
«Si può essere più stupidi?»
C’era qualcuno.
«Mi avevano detto che eri intelligente. E invece ti getti a capofitto in un edificio in fiamme per salvare una persona alla quale non importa assolutamente nulla di te».
Ora poteva vederlo… c’era una figura nera incappucciata di fronte a lui. Ma non riusciva a vederla in faccia.
«Che ne hai fatto del professor Callaghan?» domandò Tadashi, pronto a tutto. In quel momento si rese però conto che non aveva assolutamente nulla con cui difendersi.
«Il tuo adorato professore? L’ultima volta che l’ho visto stava appiccando questo incendio».
Tadashi ci stava capendo sempre meno. E continuava a sentire quell’odioso tic-tac che lo deconcentrava.
«Succede sempre così. L’oscurità costituisce un potere enorme, ma… è del tutto controproducente se non si riesce a dominarla. Prendi quel Callaghan: io gli ho dato solo qualche dritta. E lui che fa? Si lascia consumare come se niente fosse e comincia a comportarsi in maniera sconsiderata».
Se due più due faceva quattro, questo tizio aveva sicuramente qualcosa a che fare con quegli Heartless o con Sora. O con entrambe le fazioni…
«Chi sei? Mostra il tuo volto!»
Lo strano individuo si tolse il cappuccio: «Xehanort».
Non lo conosceva. Si trattava di un giovane dall’aspetto intimidatorio. C’era qualcosa di terribilmente sbagliato in lui… un’inquietante calma che preannunciava una tempesta.
«Che cosa vuoi da me?»
«Il tuo cuore».
Era un altro di quei discorsi strampalati che normalmente avrebbe trovato ridicoli. Ma questa volta non lo era affatto: sapeva che quel ragazzo faceva sul serio.
«Quindi…» affermò infine, «me lo prendo prima che tu porti a termine la tua missione suicida».
E poi accadde tutto rapidamente.
Xehanort evocò ciò che Tadashi riconobbe come un Keyblade e lo puntò verso di lui. Con uno scatto fulmineo glielo conficcò nel petto: sentì un dolore tremendo e molto probabilmente urlò. Poi non percepì più nulla. Vide come una sfera di luce uscire dal suo corpo. Era il suo… cuore?
Per quel brevissimo istante, Tadashi fu convinto che lo fosse. Perché dolore, paura… lo avevano abbandonato, come se fossero stati risucchiati via.
Il caldo soffocante tornò.
Capì che non gli restava molto tempo a disposizione e pensò a Hiro. Solo ora si rese conto che lo aveva abbandonato, agendo di impulso… ma non ne provò rimorso. Né si sentì in colpa. Era questa la cosa strana: non sentiva proprio nulla. Ed era un peccato perché probabilmente almeno i bei ricordi condivisi con suo fratello, che ora erano stavano riemergendo uno a uno nella sua memoria, avrebbero potuto addolcire quell’ultimo, atroce attimo della sua vita…
L’esplosione lo avvolse.
E infine, il nulla per davvero.
Tadashi Hamada era morto.
 
***
 
Era arrivato tardi.
Sora osservò con orrore il terribile spettacolo che si trovò davanti. C’era stata una forte esplosione e l’edificio era completamente avvolto dalle fiamme.
No, no, no… non poteva essere…
«Se stai cercando il tuo amico, temo che a questo punto sia ridotto a un cumulo di cenere».
Xehanort.
«Tu…»
Sfoderò il Keyblade e lo attaccò. Il giovane Xehanort lo schivò senza difficoltà.
«Piano, Sora» lo avvertì pacatamente il suo nemico. «Trasporto merce fragile».
La vide: una sfera che risplendeva una luce fortissima. Emanava come una forte energia, ma allo stesso tempo sembrava essere così… indifesa?
Sora riconobbe subito la vera natura di quella cosa: era il cuore di Tadashi. Poteva sentire il suo amico.
«Che ne è stato di lui?!» gridò a Xehanort.
«Sei sordo, per caso?» rispose lui, senza scomporsi. «È morto».
E allora si rese conto che non era un bluff, un giro di parole o uno scherzo di cattivo gusto. Tadashi era davvero morto. L’Organizzazione aveva ottenuto il cuore di pura luce di cui aveva bisogno e nella maniera peggiore possibile. E lui si era fatto fregare spianando la strada ai suoi avversari. A causa sua, Tadashi era morto. Tadashi era morto!
La pioggia cominciò a scendere.
Aggredì ferocemente Xehanort e stavolta lo centrò. Ingaggiarono una lotta senza esclusione di colpi: ora entrambi facevano sul serio. Sferrava attacchi senza tregua.
Era a dir poco furioso. Ma per cosa? Poteva anche dare la colpa a Xehanort, ma la realtà era che il fallimento era il suo. Era stato lui, Sora, a dire a Tadashi che avrebbe protetto lui, i suoi amici, suo fratello… Hiro! Che avrebbe detto a Hiro…?
Stava avendo la meglio. Xehanort si rese conto che avrebbe perso di lì a poco e aprì un corridoio oscuro per fuggire. Grave errore, pensò Sora.
Il tentativo di ritirata del suo avversario gli diede il tempo di bloccargli il passaggio. Xehanort non aveva scampo e ormai aveva esaurito le sue energie.
«Ho ancora questo» disse a fatica.
Il cuore di Tadashi. Voleva ricattarlo con quello. Non poteva permettere che finisse nelle mani dell’Organizzazione… non poteva permettere che Tadashi fosse morto invano.
«Consegnamelo» affermò Sora con fermezza. «E in cambio ti lascerò andare».
Per un attimo sembrò funzionare. Xehanort tese la mano verso di lui. Sora aveva quasi afferrato il cuore… quando quest’ultimo, come attratto dal corridoio oscuro alle sue spalle, si gettò in esso di volontà propria.
«Che cosa?!»
«No…»
Si voltò verso Xehanort, che sembrava sorpreso quanto lui. Poi si girò di nuovo in direzione del corridoio oscuro, che si stava richiudendo. Il cuore di Tadashi era perduto.
Poté udire la voce di Xehanort: «Non finisce qui».
Ma quando fece per occuparsi di lui, era già riuscito a fuggire.
 
***
 
Hiro non si era ancora mosso.
Era rimasto passivamente a fissare poliziotti, pompieri… ambulanze…
Gli scivolava tutto addosso, esattamente come stava facendo la pioggia, ma sapeva che di lì a breve si sarebbero occupati anche di lui. Avrebbe voluto essere invisibile, ma non lo era.
«Hiro…?»
Sora si avvicinò a lui. Era l’ultima persona che voleva vedere in quel momento.
«Vattene».
«Hiro, mi dispiace, avrei dovuto…»
«VATTENE!»
Continuò a fissare l’edificio, ancora in fiamme. Sora non diede alcuna risposta, quindi sperò che lo avesse lasciato in pace per davvero.
Lacrime calde cominciarono a rigargli il volto, mescolandosi alla fredda pioggia.
Tadashi non c’era più. E non sarebbe tornato da lui.
 
***
 
Il piccolo Hiro stava cercando di assemblare le ultime parti del robot. Ce l’aveva quasi fatta, ma gli ultimi pezzi proprio non ne volevano sapere di andare al loro posto.
C’era anche lui assieme a Hiro. Avrà avuto non più di dieci anni e stava dando qualche indicazione al fratellino per aiutarlo. Sembravano felici insieme, ma non riusciva a stabilirlo con certezza.
Qualcosa lo colpì.
«Svegliati».
Aprì gli occhi. Aveva il volto a terra. Pensò che non andasse bene e decise di alzarsi.
Era l’alba e si trovava in mezzo a della vegetazione. Come era arrivato lì?
«E ora occupiamoci di te».
Oh, giusto, non era solo. Dietro di lui c’era quel giovane ragazzo che lo aveva svegliato. Per quanto aveva dormito?
«Indossa questi».
Gli passò un abito nero col cappuccio, identico al suo. Obbedì. Non era molto comodo.
Ora che avrebbe dovuto fare?
Osservò meglio il suo interlocutore. Gli ricordava qualcosa…
«Vuoi uccidermi?» gli chiese semplicemente.
Il ragazzo sorrise: «Ti sei già ucciso da solo. Io ti ho solo lasciato fare».
Ah, ecco. Nessun problema allora.
«Sono un fantasma, quindi?»
«Direi di no. Sei vivo e vegeto».
«Ma hai anche detto che sono morto».
«È la verità».
Cercò di ricordare. Dove si trovava prima di addormentarsi? Cos’era successo?
Rimase a riflettere per qualche minuto. Poi qualcosa gli tornò alla mente. Ricordò che sentiva caldo… sì. Provava un caldo soffocante. E…
«…mi ricordo di te…»
Il ragazzo inarcò un sopracciglio.
«Xe… Xeha…»
«Xehanort» gli facilitò il compito l’altro. «Questo è il mio nome. Ricordi il tuo?»
Si rivelò inaspettatamente una domanda difficile. Sapeva bene chi era, e la memoria si stava lentamente ricomponendo, ma per qualche ragione non era del tutto sicuro di saper rispondere.
«…Tadashi?»
«Risposta esatta. E sbagliata allo stesso tempo» fu il verdetto di Xehanort. «Adesso hai l’impressione di essere Tadashi. Ma ne conservi solamente i ricordi, la realtà è che non lo sei mai stato. In teoria… non dovresti nemmeno esistere».
Non comprese del tutto… ma gli credette. In effetti, non era affatto convinto di essere Tadashi. Era però abbastanza certo di esistere. Riusciva a vedere, a parlare, poteva muoversi…
I suoi pensieri vennero di nuovo interrotti: «Ora, diamo un senso a quel tuo sguardo perso nel vuoto. Muoviamoci».
Xehanort si incamminò e lui lo seguì. Tanto non aveva nient’altro da fare.
«Puoi dirmi chi sono?» gli domandò mentre si dirigevano chissà dove.
«Nessuno» replicò Xehanort senza voltarsi.
Non era un granché come risposta.
Fu solo quando raggiunsero una struttura protetta da una recinzione metallica che propose un’opzione migliore: «Hitoshi».
Questa volta Xehanort si voltò.
«Il mio nome è Hitoshi».
  
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