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Autore: Terre_del_Nord    30/11/2008    24 recensioni
Sirius Black e la sua Nobile Casata; gli Sherton e la Confraternita del Nord; l’Ascesa di Lord Voldemort e dei suoi Mangiamorte; gli Intrighi di Lestrange e Malfoy; le leggende di Potere e Sangue risalenti a Salazar Slytherin. E Hogwarts, i primi passi dei Malandrini e di chi, Amico o Nemico, condivise la loro Storia. UNA STORIA DI AMORE E DI GUERRA.
Anni 70. Il Mondo Magico, alle prese con Lord Voldemort, sempre più potente e feroce, farà da sfondo dark a storie d'amicizia per la vita, a un complicato rapporto tra un padre e i suoi figli, a vicende di fratelli divisi dalle scelte e dal sangue, a storie d'amore romantiche e avventurose. Gli eventi sono narrati in 1° persona da vari personaggi, canon e originali. "Nuovo Personaggio" indica la famiglia Sherton e altri OC.
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HABARCAT (Chap. 1/20) *** ORION (Chap. 21/24) *** HOGWARTS (Chap. 25/39) *** MIRZAM (Chap. 40/52) *** STORM IN HEAVEN (Chap. 53/62) *** CHAINS (Chap. 63/X) *** FEAR (Chap.97/) ***
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VINCITRICE 1° TURNO "Harry Potter Final Contest"
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Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'That Love is All There is' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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That Love is All There is

Terre_del_Nord

Slytherin's Blood

Habarcat - I.010 - La Fiamma di Habarcat

I.010


Meissa Sherton
Herrengton Hill, Highlands - sab. 20 marzo 1971

L’aria sferzava il mio viso, la libertà mi correva incontro, sentivo la forza di Alceos trasmettersi a tutto il mio essere mentre si librava sulle coste irte e sul mare in burrasca. Aprii le braccia reggendomi con le gambe in una morsa feroce sul suo corpo massiccio, liberando la mia energia e felicità in un urlo che fu inghiottito dalla risacca del mare...

Mi svegliarono e per qualche istante non capii dove mi trovassi, ancora persa nell’immagine estatica del mondo nelle mie mani. Avevo passato la notte lontana dalla mia casa, lontana da tutto ciò che conoscevo e che mi era caro, in una cella angusta posta nel sottotetto dell’antica Torre di Guardia, nell’intrico della foresta di Herrengton, a quasi un giorno di viaggio dal maniero: era la stanza che per prima sarebbe stata baciata dalle luci del giorno. Non era ancora sorto il sole, ma non l’avrei comunque visto, ero cieca, gli occhi nascosti da una benda, a rappresentare la mia ignoranza: potevo, anzi, dovevo sentire solo con la pelle quell’alba, l’ultima prima dell’equinozio di primavera, percepirne la sua incompiutezza, la sua imperfezione, paragonandola al giorno seguente, quando sarei tornata a vedere la luce e questa si sarebbe svelata a me nella sua pienezza, perfetta come la consapevolezza che stavo per raggiungere. Mia madre mi invitò con lievi tocchi a scendere dal giaciglio, mi aiutò a vestirmi con una tunica cerimoniale, spoglia, priva degli ornamenti che ero solita portare durante i riti: quel giorno ero solo me stessa, non era importante di chi fossi figlia, a quale famiglia appartenessi, ero in gioco solamente io, dovevo fare i conti solo con la mia coscienza. Mi prese la mano e mi condusse per i corridoi e le scale, giù fino nei sotterranei: sentii il freddo umido delle stanze non raggiunte mai dal calore del sole, l’odore muschiato e umido della pietra a contatto della nuda terra.
Ero costretta a muovermi con circospezione, acuendo tutti i sensi, per capire attraverso i movimenti e le pressioni della mano di mia madre sulla mia, quale fosse il tragitto corretto: aveva l’obbligo di non parlarmi già da una settimana, ma nei giorni precedenti poteva almeno darmi degli ordini; quell’ultimo giorno, invece, l’imposizione del silenzio doveva essere tassativamente rispettata, nulla poteva aiutarmi se non la forza che dovevo trovare in me stessa. Erano cinque anni che mi preparavo a quel momento. Quando arrivammo alla fine del nostro tragitto, mi resi conto di aver abbandonato dietro di me gli angusti corridoi e le celle sotterranee, per arrivare in un ambiente più vasto, in cui si trovava una fonte d’acqua: ne sentivo il rumore mentre cadeva da una media altezza in una vasca, il rimbombo tipico di quel suono che si diffondeva in un ambiente molto vasto e vuoto. Mia madre battè le mani e sentii attorno a me i passi rapidi e leggeri delle nostre elfe, si presero cura di me, mi spogliarono e mi guidarono alla sorgente: l'acqua profumava di rose, la vasca era di freddo marmo, come mi resi conto quando mi ci ritrovai immersa fino alle caviglie; le mani di mia madre mi spinsero avanti, finchè il liquido gelido arrivò a coprire prima il mio ventre, poi le mie spalle, infine la testa. Trattenni il respiro e m immersi completamente: dovevo contare per qualche minuto prima di tornare a respirare. Quando riemersi, la mamma iniziò a recitare ad alta voce una nenia, di cui non capivo tutte le parole: ero ancora troppo giovane per conoscere bene la lingua dei padri, l’avrei imparata nel corso dei successivi cinque anni, ma almeno riconoscevo i termini più importanti: "consapevolezza", "forza", "conoscenza", il nome druidico della mia famiglia, il nome druidico di mio padre e quello di mia madre, il mio nome, il nome dei miei fratelli. Deidra Sherton stava offrendo al "Cammino del Nord" la sua unica figlia, affinchè con la mia vita onorassi il percorso scelto dalla mia gente fin dalla notte dei tempi.
Quando tutte le promesse furono recitate, sentii librarsi nell’aria l’aroma delle piante sacre bruciate e spente nell’acqua della Sorgente, che da quella grotta sgorgava e affluiva in superficie in un punto che nessuno di noi avrebbe mai conosciuto, se non nel momento in cui fosse stato nominato da nostro padre nuovo Custode di Herrengton: nessuno a parte lui, l’erede di Hifrig Sherton, conosceva l’identità del Custode, e, alla sua morte, l’avrebbe rivelata solo a colui che lui stesso avrebbe designato. Gli aromi delle piante si dispersero nell’aria, la cenere si depose sul fondo della vasca, i miei capelli furono annodati in una treccia, fermata con un nastro di seta argentato e impreziosito da piccoli smeraldi, il mio corpo fu rivestito da una semplice tunica di lino tinta di verde scuro, stretta alla vita con una fascia in tutto e per tutto identica a quella che avevo tra i capelli, al mio collo fu posto il medaglione donato da Salazar alle figlie di casa Sherton per il giorno di Habarcat, un intricato gioco di foglie d’argento che si annodavano intorno alle spire di un serpente dagli occhi di smeraldo. Il mio viso fu pulito e truccato magicamente con le piante rituali, il capo coperto da un velo leggero, che celava completamente il mio viso, simile a un velo da sposa, dopodiché, tutta la mia figura fu ricoperta da un mantello nero, dotato di un cappuccio, con gli intarsi d’argento a formare il disegno della Serpe sulle maniche e lungo tutti i bordi. Era quasi mezzogiorno quando il rito della Vestizione fu completato, allora fui lasciata sola, accanto alla vasca della Sorgente, a meditare sugli insegnamenti che mi erano stati impartiti in quegli ultimi anni, senza acqua né cibo, in attesa che fosse il tempo di scendere nella grotta di Salazar, dove il mattino seguente sarebbe avvenuto il Rito dell'Equinozio. I fumi delle piante bruciate riempirono i miei polmoni ed entrai in una specie di trance. Attraverso il velo percepivo il corso del Sole, la cui luce si diffondeva nella grande sala sotterranea mediante una fenditura che rompeva la continuità solida della volta di pietra. Completamente sola, sentivo nelle orecchie la voce di Herrengton che mi diceva perchè era giusto cedere, a cosa avrei dovuto rinunciare accettando il Cammino, nella mia testa ripetevo come una nenia cosa avrei raggiunto col mio sacrificio. Un lampo nero squarciò la visione di quello a cui mi avevano preparato le lezioni di mio padre, rossi occhi da serpe mi fecero vacillare per un attimo. Strinsi le mani fino a conficcare le unghie nella carne, facendole sanguinare. Dopo quella che sembrava un'eternità lo respinsi nelle tenebre.
Attesi la mezzanotte in preda a una specie di delirio, la vigilia si sarebbe presto conclusa e sarei stata condotta finalmente alla grotta di Salazar, scendendo sempre bendata, attraverso il sentiero rituale, senza poter fare uso di magie o di aiuti esterni, ma usando solo le mie risorse fisiche e mentali.

***

Sirius Black
12, Grimmauld Place, Londra - dom. 21 marzo 1971

Dalla loro partenza, tre settimane prima, degli Sherton non avevo saputo più nulla, pensavo che probabilmente non li avrei più rivisti prima dell’estate, anche se mi sarebbe piaciuto fare a Meissa gli auguri per il suo compleanno e vedere i famosi riti di Habarcat: non ne avevo mai sentito parlare fino a pochi mesi prima, ma ero convinto che fossero qualcosa di eccezionale, come tutto ciò in cui in qualche modo era coinvolto Alshain. Fu perciò con notevole stupore ed entusiasmo che ascoltai nostro padre quella sera.
   
    "Andrete a dormire subito, appena avrete finito di cenare, domattina, all’alba, verrete a Herrengton con me, ci materializzeremo direttamente lì, la tenuta è aperta tutta la notte per il rito.”

Non dormii, preda di un indescrivibile entusiasmo. Un'ora prima dell'alba, Reg ed io fummo ben lieti di vedere Kreacher venirci a chiamare, ci fiondammo di sotto, assonnati e confusi, certo, ma soprattutto molto interessati: nostro padre ci fece indossare dei mantelli neri con il cappuccio, identici al suo, a parte per la taglia, poi ci avvolse in un abbraccio stretto e immediatamente sentii la sensazione strana, soffocante, e, ahimè, prolungata, vista la distanza, tipica di quando ci smaterializzavamo. Al termine di quel "viaggio" mi ritrovai in riva al mare, le tenebre iniziavano a diradarsi per far spazio all’alba, davanti a me c'erano decine di barche, ancorate alla riva; mentre mi guardavo attorno, avido di immagini e curioso di vedere per la prima volta quella terra sacra e leggendaria, riconobbi tra i maghi che salivano sulle imbarcazioni zio Cygnus, in compagnia di Lestrange, ed altri uomini che avevo spesso visto ospiti di mio padre. Degli Sherton, però, non c’era nessuna traccia.

    “Salite, svelti.”

Nostro padre ci spinse a forza su una delle ultime imbarcazioni, a quanto pareva eravamo in ritardo e per un soffio riuscimmo a trovare ancora una barca vuota. Come ci mettemmo seduti tutti e tre , l'imbarcazione si mise in movimento, sembrava trascinata da una corda invisibile che ci portò velocemente a largo, poi risalì nuovamente il litorale. La costa era irta e selvaggia, sembrava difficile riuscire a raggiungerla via terra, non presentava nè insenature, nè approdi, alla fine scorsi una coppia di speroni rocciosi conficcati nell'acqua a formare una specie di arco stretto: la barca sembrava diretta in quel punto. Sorrisi tra me al pensiero che quello fosse solo l’inizio di una lunga stagione di avventure.

***

Meissa Sherton
Herrengton Hill, Highlands - dom. 21 marzo 1971

Allo scoccare della mezzanotte Mirzam introdusse due anziani maghi del Nord, i custodi del rito, nella sala della Sorgente e dopo che questi mi rivolsero le domande rituali che rompevano momentaneamente il voto di silenzio, mi condussero, attraverso un sentiero indicato da fiaccole di cui percepivo il ribervero da dietro le bende, fuori da quella che era la parte più segreta della tenuta. Fuori: un brivido mi percorse la schiena. Avrei dovuto attraversare i boschi che abitualmente non avevo ancora il premesso di affrontare, superandone i pericoli e le difficoltà estreme, senza più la mano di mia madre a guidarmi, senza ancora parole umane a incitarmi. In quel frangente ero cieca e sorda dinanzi a tutto, fuorchè davanti alla voce di Herrengton, che parlava alla mia anima con voci molteplici indicando al mio cuore come dovevo muovere i miei passi per completare la tappa del percorso che stavo seguendo. Se facevo la scelta giusta, Herrengton accendeva le pietre di luce verde a confermarmi nel mio passaggio. Le riconoscevo dal calore, attraverso i piedi nudi. Ci vollero circa tre ore per uscire dall’intrico del bosco, ne rimaneva appena poco più di una per scendere la strada stretta e tortuosa che portava alla grotta sulla spiaggia: per mia fortuna, però, nn era troppo ripida, percui mi mossi con passo prudente, ma senza più la paura di sbagliare o di ferirmi. In realtà, sotto di me, nel buio, si aprivano baratri e abissi, il mare e la sua scogliera di irte rocce: se avessi mosso un passo nella direzione sbagliata sarei caduta in un volo di decine di metri, per poi sfracellarmi tra quelle guglie affilate. Herrengton però guidava con perizia i miei passi, perché quella terra non reclamava il mio sangue, ma il mio rispetto, la mia fiducia e la consapevolezza del legame che mi univa a lei.
Arrivata alla grotta, in tempo utile, mentre mia madre e Mirzam si sistemavano ai lati dell’altare, i maghi mi spinsero al mio posto, di fronte all’ara eretta ai piedi di un gigantesco serpente di pietra: lì mi attendeva mio padre, come capii riconoscendone subito il profumo inconfondibile, pur nell’effluvio di svariate erbe bruciate nell’aria. Si avvicinò e, secondo il rito, mi chiese chi fossi, cosa volessi da Habarcat e cosa fossi disposta a donare a Herrengton per ottenere ciò che aveva chiesto. Pregai tra me di avere una voce tesa e sicura e iniziai a recitare nella lingua dei nostri padri, che appena conoscevo, i nomi druidici di tutti noi, poi dissi di essere lì per chiedere che i miei passi fossero mossi dalla luce della conoscenza e che in cambio avrei messo la mia vita al servizio di Herrengton. Papà completò quella parte privata del rito recitando una preghiera antica in gaelico, dopodiché mi sollevò il cappuccio, sentii il suo profumo avvicinarsi al mio viso, le sue labbra morbide posarsi sulla mia fronte, sugli occhi, le orecchie e le labbra, pronunciando in un soffio la formula rituale “Apriti al cammino della Conoscenza”, quindi si inginocchiò davanti a me e si abbassò a baciare i miei piedi. A questo punto, mio padre si rialzò e, riabbassato il cappuccio del mio mantello, prese il pugnale, incise con la mano sinistra il proprio palmo, prese delicatamente il mio e l’incise a sua volta; lì unì portandoseli infine alle labbra. Mia madre si avvicinò per annodare le nostre fronti con dei nastri di seta argentata, con un altro nastro cinse i palmi feriti, quindi Mirzam versò, da una ampolla raccolta alla Sorgente, l’acqua di Herrengton sulle mani unite e quello che rimase fu fatto bere per metà a mio padre e per metà a me: aveva il sapore di rose. Sentii il sangue non fluire più dalla mia mano e il dolore affievolirsi fino a sparire. Le ferite si sanarono immediatamente. Quindi fui sciolta da mio padre e presi posto alla destra del serpente. In quel momento sentii lo sciabordio di barche sull’acqua e il suono di passi sui ciotoli: la spiaggia si stava riempiendo di imbarcazioni e presto avrebbe avuto inizio la parte finale del rito dell’equinozio.

***

Sirius Black
Herrengton Hill, Highlands - dom. 21 marzo 1971

Passammo attraverso l’arco marino e penetrammo in una grotta, avvolti dalla luce di bracieri accesi: davanti a noi decine e decine di barche riempirono il bacino d’acqua, vidi che tutti, anche nostro padre, prepararono oli ed essenze che sarebbero state bruciate e disperse tra le onde. Alcuni scesero a terra. Sulla spiaggia, intorno ad un altare d’argento, cinque vecchi maghi si apprestavano a compiere sacrifici alla prima luce del sole; tra loro non vidi Sherton, che ritrovai quando diressi lo sguardo verso un rialzo sormontato da un gigantesco serpente di pietra: il nostro ospite era dinanzi ad un'ara, tra due anziani maghi, dietro di lui, accanto alla serpe, c'era una figura velata. Ancora più indietro riconobbi Deidra, completamente vestita di nero, coi lunghissimi capelli rossi che sbucavano da sotto un cappuccio che le nascondeva il viso, e Mirzam, a capo scoperto, vestito con un' elegante tunica cerimoniale color smeraldo.

    “Mentre sull’altare in basso sarà compiuto il sacrificio dell'Equinozio, la figlia di Alshain sarà guidata dai due maghi nella parte finale del rito privato di Habarcat, sotto la supervisione dei suoi familiari: saranno bruciate erbe e schiacciate radici, il cui succo sarà amalgamato col sangue di Alshain e l’acqua di Herrengton, l’inchiostro ricavato sarà usato per intingervi la testa di serpente degli Sherton. Con esso i maghi disegneranno le rune sui piedi di Mey, a quel punto le sarà tolto il velo che la ricopre e potrà essere baciata dai raggi del sole nascente.”

Nostro padre, senza che avessimo chiesto nulla, iniziò a spiegarci a bassa voce i cerimoniali a cui stavamo assistendo.

    “Ma non sono dolorosi quei tatuaggi?”
    “Sì, Sirius, perchè è solo con la sofferenza che si cresce; ma non ti preoccupare, parte del potere delle piante usate è proprio quello di anestetizzare il dolore, asciugare e purificare subito la ferita così che il disagio sia solo momentaneo e non ci siano spiacevoli conseguenze. Ora però fate silenzio e osservate.”

In tutte le imbarcazioni si accesero fuochi magici in cui furono bruciate piante, essenze, vari ingredienti, molti depositarono piccole barchette realizzate con foglie, con una candela al centro e delle parole scritte in piccoli straccetti di pergamena, poi le abbandonarono sull’acqua e queste, come comandate da un’unica regia, si diressero verso est, velocemente, correndo verso il sole, in tempo per farsi bruciare dal disco di Fuoco che emergeva dal mare. Io mi arrischiai a scrivere delle note di speranza riguardo a una maggiore armonia al 12 di Grimmauld Place, anche se in cuor mio non credevo affatto che bastasse così poco per riportare mio padre e mia madre alla ragione. Contemporaneamente sulla spiaggia i cinque maghi anziani intonarono dei canti in gaelico, bruciarono a loro volta piante e sostanze magiche, sviluppando una cortina di fumi rossastri e ipnotizzanti, bruciarono delle polveri sui bracieri, facendo cambiare il colore della fiamma, che da rossa divenne verde: era il segnale. Sotto il serpente di pietra, Sherton e i due vecchi iniziarono a recitare una strana litania, bruciarono piante, mischiarono gli ingredienti con i pestelli poi uno dei due incise con una sottile lama il palmo di Alshain, facendo scorrere poche stille di sangue nel composto. Mi guardai attorno, intercettai la figura di Abraxas Malfoy, che, tra i pochi ad essere scesi a riva, se ne stava defilato sul lato sinistro della grotta, ai piedi del rialzo di pietra: sembrava ipnotizzato da quello che succedeva e, osservando le sue labbra, notai che recitava qualcosa che non era per niente simile al canto che tutti gli altri stavano ripetendo, visto che non rispettava le pause del canto generale. Chiedendomi cosa stesse combinando e provando degli autentici brividi di terrore, tornai a guardare Sherton che stava offrendo il suo bastone ai maghi, i quali estrassero dal legno la testa argentea del serpente e la bagnarono nel miscuglio ottenuto, poi tolsero il mantello alla ragazzina, che avevano sollevato ritta sull’ara, e impressero i denti del serpente sulla carne delicata dei suoi piedi. Con mio sommo stupore, Meissa non proferì verbo, né provò a divincolarsi, ma immaginai il suo viso rigato da alcune lacrime di dolore, anche se non ne avevo la certezza. Finita la tracciatura delle rune, le tolsero il velo che le copriva il capo, ma le lasciarono ancora la benda sugli occhi. Voltandomi verso il mare, vidi che ormai il sole stava uscendo completamente dall’acqua e la grotta si stava riempiendo dei primi bagliori del nuovo giorno. I canti s’interruppero di colpo, i fuochi furono spenti con incantesimi, dalla bocca del serpente di pietra vidi evaporare un tenue alito verdastro che si dissolse nella tenue luce della grotta. Fu allora che fu tolta anche la benda e vidi gli occhi di Mey, truccati per il rito, senza alcun segno di pianto. Qualcosa dentro di me, a dire il vero, non ne aveva mai dubitato.

***

Meissa Sherton
Herrengton Hill, Highlands - dom. 21 marzo 1971

Lentamente la maggior parte delle barche si ritrasse dalla spiaggia della grotta, gli occupanti delle poche imbarcazioni rimaste scesero a terra e andarono verso i maghi che avevano celebrato il rito. Mio padre prima di iniziare a fare gli onori di casa, si avvicinò a me per stamparmi un bacio sulla fronte, poi passò un braccio intorno alla vita di mia madre e andò con lei ad occuparsi degli ospiti. Il fior fiore delle famiglie Slytherins, del Nord e non solo, era ai piedi del serpente di Salazar: vidi subito Malfoy e Lestrange, sapevo quanto poco era felice mio padre di averli dovuti invitare ma in quell'occasione non aveva scelta, non poteva negare l'accesso a Herrengton a nessun purosangue Serpeverde nel giorno di Habarcat. Scorsi poi i McDougal, i MacMillan, gli Emerson, Cygnus Black; della maggior parte degli altri sapevo di averli sicuramente già visti, ma non ne ricordavo i nomi. Mirzam, che per quel giorno aveva il compito di farmi da cavaliere, mi prese per mano e con lui iniziai a scendere le scale che conducevano in basso, vidi che osservava un vecchio mago piuttosto basso e panciuto, mi sussurrò in punta di denti senza farsi notare “E' il professor Slughorn”, annuii ma la mia attenzione era attirata da tre figure che ancora stavano in disparte, due ragazzini e un adulto: benché non ne avessi la certezza, mi rallegrai, convinta che fossero Orion e i suoi figli, le poche facce simpatiche in quella giornata che minacciava di essere un vero strazio per me. Speranzosa, mi ritrovai a sorridere ai nostri ospiti sotto lo sguardo compiaciuto di tutti gli astanti, probabilmente convinti che il mio fosse un sorriso che rivolgevo a tutti loro secondo le etichette, a dimostrazione che, come tutti dicevano, oltre alla bellezza stavo prendendo da mia madre anche la grazia e la gentilezza.
Il signor Lestrange, seguito da suo figlio Rodolphus, fu il primo a venirci incontro e a farmi un inchino con baciamano, mettendomi in incredibile imbarazzo: sapevo che con il rito di quell’anno entravo di fatto nella società magica, ma non ero di certo pronta ad assistere di colpo a scene come quella, da parte di uomini che avevo temuto fino al giorno prima. In breve divenni del colore di un pomodoro maturo per la delizia di tutti gli ospiti. Le cose peggiorarono ulteriormente quando ci venne incontro Abraxas Malfoy, che rivolse al mio indirizzo il suo miglior sorriso accattivante e un altrettanto galante baciamano, mentre fulminò con uno sguardo strano mio fratello al mio fianco. Lo guardai, per capire, ma Mirzam era al disopra di tutto, mostrandosi freddo e distaccato come suo solito. Quando dovetti affrontare Cygnus Black e i MacMillan le cose andarono decisamente meglio e in breve ripresi un colore normale. La mia presentazione pubblica durò ancora per diversi minuti: varie facce mi sorrisero, molti uomini con i loro figli, non ancora o non più in età da Hogwarts, mi baciarono la mano e si presentarono, come Leobald Ackerley, Rufus MacFarlane o Ronan Hamilton, infine fu il turno del professore Slughorn, che avrei ritrovato dopo pochi mesi a Hogwarts, in qualità di insegnante di pozioni. Per ultima, la figura ancora avvolta in un mantello nero, che avevo notato all’imboccatura della grotta, si avvicinò coi due ragazzini: l’uomo, sotto il sorriso compiaciuto di Alshain, si scoprì il capo, dimostrando che non mi ero affatto sbagliata. Solo con notevole concentrazione riuscii a guardare Sirius con lo stesso sguardo semplicemente cordiale che avevo rivolto finora a tutti i nostri ospiti, perché, quando finalmente risentii la sua voce e rividi il suo sguardo, il cuore perse di nuovo un battito e non potei che dirmi felice del fatto che mio padre avesse invitato Orion e i suoi figli, quel giorno, a Herrengton.
Quando finalmente la parte imbarazzante della giornata si concluse, ed era ormai mattino inoltrato, Alshain salutò molti degli invitati che si smaterializzarono direttamente dalla spiaggia, poi invitò al maniero quanti erano rimasti, per parlare d’affari, prima dell’inizio del banchetto: materializzò una coppia di lampade ad olio che fungevano da passaporta tra la grotta di Salazar e il cortile delle rose e i nostri ricchi ospiti, guidati da mia madre, presa in una apparentemente divertente discussione con Orion, iniziarono ad avviarsi. A me fu chiesto di rientrare assieme a mio padre, avendo per la prima volta l’incarico di chiudere con lui l’accesso alla grotta, così fui costretta a rimanere sulla spiaggia ancora per un po’, sotto lo sguardo di persone che mi incutevano un certo terrore. Mirzam, vista la mia faccia, si affrettò ad intrattenere i Lestrange e si avviò in breve con loro al castello, mio padre come al solito fece finta di non essersi accorto che Malfoy lo attendeva al varco. In qualità di padrona di casa non potevo fare quello che volevo e in quel momento avrei solo voluto parlare con i Black e andarmene via di lì con loro, per fargli vedere la mia Herrengton e sfuggire a quelle arpie: Regulus continuava a guardarsi intorno per non guardarmi diritto negli occhi, Sirius sembrava essersi accorto che ero in imbarazzo, quindi faceva lo sfrontato per provocarmi. Mi sarei vendicata alla prima occasione! Mi ero imbambolata al pensiero della lezione da dargli, dimostrando così di essere una vera Sherton, quando mio padre mi si avvicinò, mi abbracciò e si preoccupò che avessi ancora le forze sufficienti a concludere i riti della grotta.

    “Meissa, è ora, recitiamo la formula che hai imparato e poi risaliamo a casa. Te la senti? O ti danno fastidio le rune?”
    “No, va tutto bene, padre, sono solo un po' stanca.”
    "Sì, lo immagino, ma prima del banchetto avrai tempo di riposarti, non temere. Il peggio è passato."

Mi sorrise, poi prese la bacchetta da una tasca interna del mantello, iniziò a volteggiarla in aria accompagnandola con una serie d incantesimi silenziosi: gli stendardi di Salazar svanirono, i fuochi nei bracieri si spensero, i due altari scomparvero alla nostra vista. Disegnò delle rune a terra, orientandole secondo i quattro punti cardinali e mentre lo faceva, lo presi per mano recitando con lui le parole che sapevo a memoria: dal mare si levò una nebbia verde che presto invase tutta la grotta, saturando l’aria. Risalimmo al serpente di pietra, disegnammo di nuovo le rune e l’onda verde giunse a lambire la volta di pietra della grotta.

    “Andiamo, i vapori venefici tra poco renderanno del tutto irrespirabile l’aria qui dentro.”

Ci avviammo lungo il sentiero che si affacciava sulle guglie acuminate dei faraglioni, lo stesso che avevo percorso bendata poche ore prima, risalimmo con facilità tutto il percorso, fino a giungere al margine della foresta.

    “Ora tieniti forte a me, non puoi proseguire a piedi.”

Ci smaterializzammo, per ricomparire nei cortili del maniero: senza gli incanti di protezione che erano stati gettati su di me per affrontare il rito della notte, infatti, non avevo ancora le forze sufficienti a fronteggiare la Magia Oscura che permeava la foresta di Herrengton.

***

Sirius Black
Herrengton Hill, Highlands - dom. 21 marzo 1971

    “Hai visto quanto è bella la figlia di Sherton?”

Ero seduto con mio fratello su una panchina di un immenso giardino tutto circondato da roseti e siepi disegnate con cura, con un piccolo laghetto nel mezzo. Mi voltai appena verso di lui, vestito come me con una bella tunica verde "slytherin" e vidi il mio caro fratellino con gli occhi sognanti persi nel vuoto: ghignai appena un po’, pronto a prenderlo in giro, ma m scoprii senza parole, in effetti era da un po’ che la pensavo come lui.

    “Non ti sarai preso una cotta per quella smorfiosa, vero Regulus? Credo ti convenga metterti il cuore in pace, al banchetto Sherton annuncerà il fidanzamento di quella ragazzina con uno dei figli di qualche suo ricco amico scozzese!”
    “Perchè deve essere uno scozzese? Anche noi, Sirius, siamo figli di un amico di suo padre, magari toccherà in sposa a uno di noi due!”

Lo guardai stranito, mi era passata per la testa quell’eventualità diverse volte nelle settimane passate, la nostra famiglia non aveva nulla da invidiare agli altri, anzi, e tenendo conto di quanto fossero amici Orion e Alshain… ma avevo parlato in quel modo solo per prendere in giro mio fratello, avevo sempre immaginato che quello, magari, sarebbe stato un discorso che avremmo affrontato da grandi. Mi si chiuse per un attimo lo stomaco al pensiero che potesse essere quella la ragione della nostra presenza in Scozia: cosa avrei fatto se fosse davvero andata così? Cosa sarebbe successo se l’avessero destinata a me, se si fosse realizzato quello che al momento era un mio sogno, ma che magari mi sarebbe sembrata solo una prigione mortale nel giro di qualche anno? E se invece fosse toccata a Regulus? Se già da quel giorno mi avessero detto che non avevo speranze, che dovevo rinunciare al mio sogno per sempre? Non sapevo cosa augurarmi e non sapevo cosa dire a mio fratello, sembrava che lui ci sperasse davvero: non potevo credere che fosse disposto a farsi pianificare così la vita, senza reagire. Sbuffai e mi alzai perdendo lo sguardo nell’oceano infinito che si dispiegava sotto di noi, con un senso di oppressione nel petto.

    “Prega che tu ti stia sbagliando, Regulus, perché per quanto sia bella, Meissa Sherton non vale quanto la nostra libertà!”

***


Meissa Sherton
Herrengton Hill, Highlands - dom. 21 marzo 1971

Mia madre mi raggiunse in camera, lasciando per un po’ mio padre a tenere a bada i nostri preziosi invitati: non avevo memoria dei riti di Rigel di un paio di anni prima, né di altre giornate come quella, di solito mio padre non dava feste a Herrengton, teneva le sue riunioni e i suoi ricevimenti a Inverness, dove non portava mai con sè i suoi figli, a parte Mirzam. Mi fermai in piedi in mezzo alla stanza, di fronte al letto, mia madre mi aiutò a togliermi i vestiti del rito, sapevo che non mi avrebbe lasciato nelle mani di nessuna elfa per quel giorno: mi accarezzò il viso e mi osservò attentamente mentre restavo completamente nuda, sciogliendo la mia treccia e affondando le mani tra i miei capelli corvini, quasi a saggiare la pregevolezza di una seta. Mi aiutò a entrare nella vasca e si preoccupò personalmente dell’acqua, dei Sali e delle spugne.

    “Aspettavo questo giorno da undici anni, Meissa, non sai quanto sono orgogliosa di te”.

Mi baciò la fronte e intanto massaggiava con cerchi sempre più lenti le mie spalle. Mi rilassai completamente, ad occhi chiusi. Rimanemmo a lungo in silenzio. Quando ormai l'acqua iniziava a intiepidirsi, mi fece alzare, mi avvolse nel telo e mi aiutò a uscire, poi si inchinò davanti a me, per controllarmi i nuovi tatuaggi sui piedi, io mi misi seduta sul letto e sollevai appena le gambe, così che potessi vedere anche io alla luce che entrava dalla finestra quei strani arabeschi che d’ora in poi avrebbero ornato la mia pelle candida.

    “Ti fanno male?”
    “No, sento solo una specie di pizzicore sotto la pelle.”

Divenni un po' rossa di vergogna, mentre mia madre lasciava perdere i miei piedi e continuava a perlustrarmi, facendo scivolare le sue mani morbide e al tempo stesso decise lungo le mie gambe, come se dovesse accertarsi della robustezza di un purosangue. Mi fece sollevare le braccia, controllandomi il busto, fermandosi a verificare da vicino dei piccoli nei che avevo distribuiti qua e là, quindi si alzò e dandomi la mano mi fece mettere di nuovo in piedi, mi fece girare e perlustrò palmo a palmo la mia schiena, quasi a cercare qualcosa e premendo sulle scapole, così che assumessi la postura su cui mi faceva esercitare per ore e ore ogni giorno. Alla fine di quello strano esame, mi fece voltare di nuovo e questa volta osservò attentamente il mio viso, seguendo con la punta delle dita i miei contorni e poi i disegni delle mie efelidi sul naso e gli zigomi.

    “Di mio hai solo gli occhi e queste lentiggini, sei una Sherton perfetta.”

Mi guardava piena di orgoglio, mio padre l'amava da una vita e lei l’aveva ricompensato con una figlia femmina, per di più perfetta, come il cognome che portava. Passò la punta dell’indice sinistro su un neo isolato e sui tre nei che si posizionavano poco più in basso in linea sull’ultima costola.

    “Meissa, testa di Orione, porti una ricca cintura e accarezzi…”

Sollevò il dito e lo riadagiò su un altro neo allineato poco più distante, sempre parlando in gaelico.

    “… Sirio, il suo cane fedele”.

Non capii una sola parola, a parte i nomi che aveva pronunciato; mi baciò la fronte e mi fece sdraiare tra le lenzuola di seta del mio letto, compresi che era inutile fare domande, iniziò subito a massaggiarmi dolcemente la schiena, finchè non mi abbandonai nell’abbraccio di Morfeo.

***

Sirius Black
Herrengton Hill, Highlands - dom. 21 marzo 1971

    “Muoviti Sirius!”

Stavo sognando ad occhi aperti, tutto preso, come gli altri ragazzini della nostra età, dalla performance sulle scope da Quidditch di Mirzam Sherton e i suoi amici di Inverness: era più che evidente il motivo per cui, dalla prossima stagione, sarebbe entrato nelle file del Puddlemere United. Mio fratello, per una volta, sembrò gradire anche meno di me l’interruzione di nostro padre e pigramente si avviò al suo seguito, rivolgendo più e più volte ancora la sua attenzione a quello che accadeva nel parco. Subito ricordai di cosa stavamo parlando io e Reg prima della piacevole distrazione e mi si strinse di nuovo lo stomaco: se non avessi rischiato una punizione immediata, sarei fuggito in bagno a vomitare persino l’anima. Mi resi conto di essermi sbiancato e che papà mi osservava chiaramente scocciato: sentirmi i suoi occhi addosso non fece che peggiorare le cose.

    “Salazar, si può sapere cos’è quella faccia adesso? Siamo a una festa, Sirius, non ti sto portando al macello!”

Mi agguantò, sistemandomi con mala grazia la camicia e riannodandomi la cravatta, quasi volesse strangolarmi, mi girò su me stesso, spianando la giacca, come se io non fossi dentro quel vestito, finendo poi col darmi una pesante manata in mezzo alle spalle che per poco non mi buttò a terra; quindi passò ai capelli: con un leggero colpo di bacchetta li sistemò in maniera che scendessero morbidi sul collo, lasciando libera la faccia, come i suoi.

    “Per fortuna il materiale di base è buono, perché se dovessi contare solo sulle vostre qualità personali, Merlino ce ne scampi! Non ho idea da dove siate saltati fuori, così diversi da me, razza di rammolliti!”
    “Padre, perché la mamma non è qui?”

Regulus riuscì a bloccare la serie d’improperi di nostro padre sul nascere, in questo era sicuramente più abile di me.

    “Al rito della Grotta non possono partecipare altre donne, oltre a quelle di casa Sherton: è una tradizione fissata qui a Herrengton dallo stesso Salazar. Non ti preoccupare però, figliolo, tua madre ci raggiungerà per il banchetto: il resto della giornata è un semplice incontro d’affari tra galantuomini. Il compleanno di Meissa è solo una scusa per trattare con la Confraternita del Nord, alcuni approfitteranno anche per saggiare l’eventualità di un accordo matrimoniale, Mirzam è uno degli scapoli più ambiti, ed anche per Meissa alcuni potrebbero già farsi avanti. Non noi, noi non le staremo col fiato sul collo, perchè è tutto inutile, cari miei, so per certo che Alshain intende lasciar decidere i figli da soli, quando sarà il momento. Niente politica!”

Tirai un sospiro, nessun cappio sul mio collo per quel giorno! Purtroppo per me, però, quel sollievo non passò inosservato a mio padre.

    “Quello cos’era, ragazzino? Credi di poter guardare dall’alto Meissa o la sua famiglia? Non sei degno di allacciarle nemmeno le scarpe, altroché! Mi vergogno, sì, mi vergogno a stare qui con voi due, gli altri presenteranno fior di ragazzi, io dovrei proporre due, due… ragazzine frignanti, ecco! Roba da pazzi… Se le cose non cambieranno, in futuro, da voi due otterrò solo di farmi ridere in faccia!”

Reg, piccato, stava per ribattere, io gli diedi una leggera gomitata e con sguardo truce lo convinsi a desistere, non so se per impedirgli di mettersi nei guai o per evitare che mostrasse quanto fosse già, al contrario di me, ben lieto di farsi intrappolare. Ci avviammo dietro nostro padre, che evidentemente conosceva quel castello come le sue tasche, verso il grande salone dei ricevimenti: scendemmo lungo una galleria coperta in cui facevano bella mostra di sé gli antichi ritratti di famiglia, ci affacciammo in un portico, attraversammo parte di un chiostro e rientrammo nella zona settentrionale del castello. Al pensiero che a breve avrei rivisto anche nostra madre, mi riprese la nausea. Percorremmo un’altra interminabile, maestosa galleria sul lato nord orientale, costruita in tempi più recenti: il soffitto non era a volte di pietra, ma a cassettoni dorati, impreziositi con scene mitologiche e decori floreali intervallati da motivi serpenteschi; affacciava sui magnifici giardini di Herrengton, una vera e propria teoria di archi di rose dalle molteplici tonalità pastello. All’interno, le finestre erano incorniciate in telai dorati, riccamente ornati e, tra una e l’altra, c’erano dei piccoli piedistalli su cui si muovevano putti anch'essi dorati che sostenevano delle candele profumate; sull’altro lato c’erano i ritratti degli Sherton del XVI secolo, stando alla tipologia delle acconciature e delle vesti, alternati a specchi in cornici d’argento, cesellato con i classici motivi slytherin. C’erano anche delle poltrone di stile francese, dai morbidi velluti smeraldo, e delle consolle su cui poggiavano degli oggetti d’argento elaborati, dalle forme bizzarre di cui non capivo la natura né l’utilità, e straordinari vasi di cristallo pieni di fiori. A metà della galleria, nostro padre si fermò, là dove la serie di dipinti s’interrompeva per lasciare spazio a una grande porta vetrata, celata da una ricca tenda di broccato verde, con disegni in argento, aperta in due morbide ali che facevano intravvedere una gigantesca sala, più antica del resto di quella porzione di costruzione. Era completamente in pietra, destinata probabilmente alle serate di gala, chiusa da tre archi ogivali che creavano una specie di sipario, a celare il fondo della stanza: ci invitò a entrare, avanzando imperioso fino al centro della sala e rimanendo in religioso silenzio. C’erano cinque magnifici lampadari di cristallo di scuola veneziana che scendevano dal soffitto a botte, tutto affrescato con un cielo stellato in cui erano visibili le costellazioni rappresentate in forma antropomorfa, e, lungo le pareti, erano affissi arazzi molto simili a quello di Grimmauld Place, su cui erano tessuti quelli che sembravano degli alberi genealogici.

    “Quanto è grande la famiglia degli Sherton?”

Guardavo quella sequela di nomi e facce, impressionato dalla moltitudine di dati che probabilmente dovevano risalire alla notte dei tempi, visto quanto erano numerosi. Non avevo mai visto nulla di simile.

    “Questo non è l’albero genealogico degli Sherton, Sirius, questo è uno dei capolavori dell’arte magica di Salazar stesso: in questi arazzi sono tessuti gli alberi genealogici di tutte le famiglie purosangue esistenti. E’ una delle cose più preziose di Herrengton, una delle principali reliquie di tutti noi Slytherins. Non sei nessuno se non appari in uno di quegli arazzi. Ricordatelo sempre!”
    “Quindi ci siamo anche io e Sirius?”
    “Naturalmente, Regulus!”

Si avvicinò alla parete di sinistra, fino a metà della sala, alzò la mano fino all’altezza del suo sguardo, seguii le linee morbide che le sue dite tracciavano sul ricco arazzo, lessi il mio nome e quello di mio fratello, poco distante, tracciati con la calligrafia ben nota di Alshain Sherton, con lettere d’argento venate di rosso. Impallidii, preso da un sospetto.

    “Sì, Sirius, hai capito bene, i vostri nomi sono stati tracciati con l’argento e il sangue di Herrengton.”

Rabbrividii.

    ”Venite, c’è un’altra cosa importante, in questa stanza.”

Ci dirigemmo in fondo al salone, oltrepassammo il velo degli archi ogivali e scoprimmo che un pesante tendaggio di broccato celava una piccola cella: sembrava costruita nella notte dei tempi, la pietra era vecchia e povera, nettamente diversa rispetto a quanto avessi visto fino a quel momento. Tutto sembrava annerito da un incendio. Mi attrasse un bagliore e nostro padre ci fece segno di seguirlo fino all'antichissimo caminetto: era sovrastato da un dipinto di Salazar Slytherin stesso, molto vecchio, malconcio e reso nero dai secoli. Quando papà ci disse che quello era l’unico focolare in cui le fiamme non si spegnevano da circa mille anni, capii e lo guardai con devozione. Mi avvicinai, e vidi con i miei occhi che davvero quel fuoco non bruciava con il solito colore rosso aranciato, ma di uno strano bagliore verde azzurrino: era la “fiamma di Habarcat”, una delle reliquie più preziose per le famiglie Slytherins. La leggenda, che i nostri genitori ci avevano raccontato più volte fin da quando eravamo in fasce, diceva che Hifrig Sherton bruciò tutto ciò che possedeva, persino le assi della sua catapecchia, per proteggere dal freddo un Salazar arrivato ferito sulle rive di Herrengton, ormai prossimo alla morte; con questo sacrificio garantì la sopravvivenza del grande mago, il quale, una volta rimessosi, lo ricompensò con la fiamma di Habarcat, così che Hifrig e la sua discendenza non soffrissero mai più il freddo né la fame. In questo modo nacque la predilezione di Salazar nei confronti di quella famiglia e da quel momento gli Sherton furono innalzati agli onori della storia. Naturalmente quel dono rese anche particolarmente difficile la loro vita nel corso dei secoli, costringendoli a entrare in guerra più volte per difendersi.

    “Orion, siete qui, allora!”

Zio Cygnus, accompagnato da Avery e Rosier, comparve sull’ingresso della sala, nostro padre uscì immediatamente dalla cella del caminetto e smise di occuparsi di noi, per seguire i tre diretti al banchetto, costringendoci quasi a correre dietro di lui, per non perderci. Quando finalmente raggiungemmo la meta, rimasi senza fiato: mi resi subito conto che, per la nobiltà delle famiglie presenti, e lo sfarzo delle pietanze e degli arredi, quella festa faceva impallidire anche i più sontuosi incontri mondani che i miei genitori e i miei zii davano a Londra. Guardandomi intorno scorsi in pratica quasi tutti gli ospiti fissi della maggior parte delle nostre feste: l’unica a non essere ancora scesa era Meissa. Alshain, già bloccato tra un vecchio mago dalle fluenti chiome candide come neve, che scoprii essere il decano della confraternita del Nord, il signor Lestrange e Barthemius Crouch, fu raggiunto da nostro padre e da nostro zio; sua moglie stava intrattenendo allegramente i coniugi Malfoy e il signor Zabini, mentre Mirzam era impegnato in una fitta discussione con Rodolphus Lestrange ed altri giovani, tenendosi come sempre accuratamente alla larga da mia cugina Bellatrix. Intercettai con lo sguardo la figura altezzosa di mia madre, elegantemente vestita con un bell’abito smeraldo con intarsi argentei, che la fasciava morbidamente e lasciava in vista il suo decolté generoso, portava i capelli raccolti in un intrico di riccioli e perle, al collo un medaglione antichissimo della nostra famiglia. Accanto a lei, nostra zia Druella, in un bell’abito rubino, indossava quasi tutti i gioielli di famiglia e sembrava essersi ripresa egregiamente dalla storia di Meda. Per un attimo mi rattristai, pensando a mia cugina e sperando che la sua vita non fosse miserabile come tutti dicevano.
La stanza era semplicemente magnifica, con il pavimento di marmi policromi smeraldo, nero e argento, che rappresentavano un’elaborata geometria cabalistica, incentrata sul disegno della serpe di Salazar; alla parete, a destra rispetto a quella da cui eravamo entrati, si ergevano tre imponenti caminetti di marmo nero, intarsiati d' argento e tutti sormontati da serpenti con gli occhi di smeraldo. Le altre due pareti, orientate a sud e sudest, erano quasi completamente vetrate, con tutti gli infissi d’argento a motivi serpenteschi, le tende di broccato smeraldo con intarsi d’argento, tirati per permettere la visuale su quella meraviglia di colori e profumi che era l’antistante magnifico giardino all’italiana, dominato da una coppia di maestose fontane a forma di serpenti intrecciati e una teoria di tritoni serpenteschi ai bordi dei vasconi. Al centro della stanza era posto un tavolo sontuosamente addobbato, i centritavola floreali, composti di orchidee purpuree e gigli, erano intervallati da candelabri d’argento e smeraldi, i piatti erano di finissima ceramica cinese, con disegni dragoniani, le posate erano anch’esse cesellate con motivi slytherin. Dal soffitto scendevano dei lampadari ancora più sontuosi di quelli del salone degli arazzi: anche qui smeraldi, cristallo e argento si fondevano in un’alchimia unica, fatta di eleganza e ricchezza, infine il soffitto era caratterizzato dall’affresco dell’albero genealogico dei soli Sherton, con i nomi realizzati con argento fuso e i visi ottenuti con mosaici di perle e pietre preziose. Dopo un tempo che mi parve interminabile, in cui le voci e le risate avevano preso possesso indiscusso della grande sala e dal giardino arrivava tenue e rilassante la musica suonata da un’orchestra di strumenti incantati, Meissa fece il suo ingresso, accompagnata da uno dei suoi cugini irlandesi, un ragazzo sui venti anni dai capelli rosso fuoco, e Alshain ordinò di dare via al banchetto. I padroni di casa erano naturalmente a capotavola, i nostri genitori si sistemarono alla sinistra della signora Sherton, di fronte a noi e a Mirzam, Meissa era a destra di Alshain, rispettivamente accanto ai Lestrange e di fronte a Malfoy, in mezzo si distribuirono tutti gli altri. Reg ed io godemmo così della compagnia e delle chiacchiere del giovane Sherton che si mostrò molto amichevole e gioviale, e di fatto ci fece scordare completamente la presenza odiosa e claustrofobica di nostra madre. Meissa, isolata da tutti gli altri da quegli ospiti così importanti, sembrava notevolmente insofferente per la situazione in cui si trovava. Appena rientrata dalla grotta, si era ritirata nella sua camera, per smettere i vestiti cerimoniali, ed ora si era presentata con un bell’abito di taglio orientale, di taffetà rosso veneziano, con dei sottili ornamenti serpenteschi sul collo e le maniche, i capelli neri raccolti in una coda e il solo medaglione di Salazar a ornarle il collo. Quel giorno compiva undici anni: gli ospiti non le toglievano gli occhi di dosso, sia perché era evidentemente già piuttosto aggraziata, sia perché quasi tutti la vedevano come il mezzo per imparentarsi con uno dei maghi più ricchi e potenti della Gran Bretagna.
Il pranzo si protrasse per tutto il pomeriggio, con le pietanze servite con indicibile lentezza, per permettere agli invitati di parlare di tutto e di più, per tutta la giornata: la signora Sherton intrattenne con grazia e affabilità i suoi ospiti, Alshain concesse la sua straordinaria eloquenza a tutti, cercando di non favorire troppo nostro padre nei confronti degli altri. A un certo punto noi ragazzi ottenemmo, con mio sommo sollievo, il permesso di uscire in giardino e il mio umore migliorò ulteriormente quando Mirzam attirò su di sé, di nuovo, l’attenzione di noi più piccoli, affascinati dalle sue prodezze sulla scopa. Meissa, consapevole di essere costantemente osservata da tutti, rimase in casa ed approfittò del posto vuoto lasciato da suo fratello per rifugiarsi da sua madre: benchè preso da Mirzam, non mi sfuggì l’occhiata amorevole che Orion le diede quando finalmente la ragazzina riuscì a sedersi vicino a Deidra, e l’aria di familiarità che sembrava essersi creata tra di loro. Ero letteralmente sconvolto, era la seconda volta che lo vedevo comportarsi così: lontano da Grimmauld Place, nonostante la presenza oscura della mamma, stentavo a riconoscere in lui mio padre. Alla fine del lungo banchetto, quando ormai il sole di cui avevamo salutato la nascita era tramontato, con un brindisi Alshain augurò un lungo anno di prosperità a quanti avevano partecipato a quelle lunghe ore di festa, quindi il mago recitò una specie di preghiera nella lingua druidica cui risposero a tono tutti gli astanti, compresi quanti non facevano parte della stretta cerchia dei maghi del Nord. Sceso il silenzio nella sala, Meissa fu invitata da suo padre ad alzarsi e, con una voce che sembrava quella di una ninfa dei boschi, intonò una struggente canzone di quelle terre selvagge, sotto lo sguardo orgoglioso dei suoi familiari e quello perdutamente affascinato degli invitati. S’inchinò, accolta da un applauso, quindi levò il suo calice e fece a tutti il suo migliore augurio di prosperità e felicità, quindi ottenne di potersi congedare scortata da Mirzam, stanca e provata dai riti degli ultimi due giorni.
I maghi del Nord, che erano lì per la cerimonia più che per le conseguenze politiche di quella giornata, iniziarono ad avviarsi ai due camini laterali per tornare a casa via metro polvere, dopo aver salutato e ringraziato con reverenza gli Sherton: a sera ormai inoltrata, eravamo rimasti davvero in pochi. Alshain si alzò e fece segno ai suoi ospiti di andare a parlare in giardino, ormai illuminato da una quantità di fiaccole che galleggiavano magicamente nell’aria, la signora Sherton rimase in casa ad intrattenere le ospiti, Mirzam, appena ritornato, si avvicinò a me e mio fratello, sorridente, e ci invitò a vedere dalla torretta i fuochi magici che chiudevano i festeggiamenti. Incuriositi, decidemmo di seguirlo, sicuri che quell’ennesima sorpresa di Alshain sarebbe stata fantastica. Ripercorremmo la galleria attraversata con nostro padre, superammo il porticato, uscimmo dal chiostro e risalimmo in un torrione, fino ad una balconata: ad attenderci c’era Meissa, seduta tranquillamente su una poltroncina; appena ci sedemmo anche noi, Kreya si presentò con delle deliziose coppe di gelato alla frutta e panna, che rallegrò ulteriormente l'atmosfera. Dopo poco iniziarono i fuochi magici, che illuminarono tutto il castello e il mare di fronte a noi di varie serie di brillanti girandole: sotto i nostri sguardi ammaliati, tutto il mondo divenne color oro e poi argento, mentre le luci turbinavano a formare un gigantesco serpente che si attorcigliava su se stesso, poi esplodeva in una miriade di fiori blu elettrico, viola, fucsia, giallo e verde. L’ultima raffica di fuochi non si era ancora estinta che subito comparvero decine di piccole rose di un intenso colore rubino che sbocciavano aprendosi sempre più e rilasciando una delicata sinfonia, mentre dai petali altre luci sinuose uscivano e si annodavano tracciando il nome di Meissa. Esplosero infine anch’essi in una nuova pioggia d’argento. Ero incantato, come mio fratello, completamente preso da tutta quella meraviglia. Meissa era accanto a Mirzam, appena più avanti rispetto a noi, commossa stringeva forte il braccio di suo fratello. Mi chiesi quanto quel pranzo avesse influito sul suo futuro, se, nonostante quanto ci aveva detto nostro padre, in quel momento Alshain e i suoi ospiti non stessero decidendo del suo avvenire. Con un’ultima raffica di variopinte farfalle di luce, i fuochi e quella giornata si conclusero: Deidra, riapparsa tra noi senza che ce ne accorgessimo insieme a nostra madre, ci invitò a tornare a Herrengton Hill per l'estate, poi io e Reg salutammo Meissa e Mirzam. La mamma abbracciò la signora Sherton e baciò Meissa, diede la mano a Mir, poi ci strinse a sè e ci smaterializzammo diretti a Grimamuld Place.

***

Alshain Sherton
Herrengton Hill, Highlands - dom. 21 marzo 1971

    “Una festa magnifica, Alshain!”

Abraxas si mise seduto al mio fianco, sul divano, nel salottino privato in cui c’eravamo rifugiati al termine della festa: gli sorrisi freddo e lo osservai senza particolare interesse, mentre giocherellava con il suo bicchiere pieno di Whisky incendiario. Dietro di lui, Orion e Lestrange confabulavano davanti al caminetto. Mirzam era ancora di sopra con i ragazzi, mentre Rod era rientrato già da un po’ dalla sua passeggiata nei giardini con Bella e se ne stava seduto in disparte, rimuginando nessuno sapeva cosa. Mi alzai, un po’ per staccarmi di dosso la figura di mio cugino, un po’ per assicurarmi che in giardino fosse ancora tutto in ordine: i giovani nipoti di Deidra erano sempre un po’ troppo confusionari, anche per i miei gusti piuttosto permissivi. Sentii una presenza al mio fianco ma non mi voltai.

    “La volevo ringraziare per l’invito, signor Sherton, per me che non avevo mai partecipato ai riti del Nord, è stata una giornata davvero interessante!”

Mi voltai e sorrisi a Rodolphus. Da sempre i Lestrange non mi piacevano, ma da quando Mirzam me l’aveva portato a casa, durante le prime vacanze di Natale dall'inizio della scuola, l’avevo considerato come un figlio: gli versai un altro bicchiere di whisky e posandogli una mano sulla spalla raggiunsi suo padre e Orion, sotto lo sguardo seccato di Malfoy.

    “Spero che la giornata sia stata proficua per tutti voi!”

Sorrisi sornione ben sapendo che Orion aveva agganciato sul finire della giornata Emerson, per un paio d buoni affari.

    “Immagino che ora ci chiederai una percentuale sui profitti come provvigione!”

Lo guardai divertito.

    “Non ci avevo pensato, Black, ma, in effetti, è un’idea interessante...”

Orion faceva sempre così, ormai questi siparietti erano una costante nella nostra amicizia.

    “Sono contento che la giornata sia stata vantaggiosa per tutti voi, ma credo ci sia ancora un contratto di cui dovremmo parlare, dico bene Sherton?”

Seccato mi voltai, deciso a chiudere la questione una volta per tutte. Abraxas fece subito sparire il sorriso dal mio viso, avevo capito benissimo dove voleva andare a parare, ma ero pronto e adesso che si trovavano tutti lì avrei chiuso questo discorso una volta per tutte: ero stanco dei suoi continui agguati ogni volta che ci s’incontrava a Londra.

    “Quale contratto Malfoy? Te l’ho già detto, non hai denaro a sufficienza per farmi vendere le Pietre Veggenti di mio padre!”

Sorrisi e ammiccai a Orion, che faceva “No” con la testa.

    “Sai che me ne faccio di quelle Pietre? Non fingere di non aver capito, sai benissimo che non erano certo gli affari con la Confraternita del Nord ad averci invogliati a venire sin qui, oggi!”

Li squadrai e vidi che sul viso di Lestrange c’era una chiara conferma di quanto aveva appena detto Abraxas. Orion impassibile fingeva di essere in trepidante attesa a sua volta, ma era l’unico a sapere già cosa avevo da dire, ed era l’unico, almeno speravo, a condividere le mie opinioni.

    “Oggi tutto si è svolto secondo tradizione, Sherton, almeno da quanto so della tua famiglia, che in parte è anche la mia. Negli ultimi sette secoli, in occasione del rito di Habarcat, alla presentazione pubblica della ragazza è sempre seguito un accordo matrimoniale.”
    “Vero, perché l’ultima Sherton cui è toccata la presentazione ufficiale a undici anni è vissuta in un’epoca in cui tutte le ragazze si sposavano a quell’età, oggi per fortuna si pensa a studiare, giocare, dedicarsi a una passione. Le tradizioni sono fatte per essere superate, migliorate, o semplicemente disattese. Lo sai.”
    “Che cosa significa? Parla chiaro per una volta, so quanto sai essere machiavellico!”
    “Ti sto dicendo che ho già deciso con chi fare il contratto.”
    “E con chi, di grazia? Non ci sono altre famiglie alla nostra altezza!”

Il classico pallore di Malfoy virava ormai a un rosa acceso, gli occhi non erano più due placidi laghi d montagna, ma un mare in tempesta, le mani erano esangui mentre stringeva in maniera parossistica il suo bastone: ero più che convinto che me l’avrebbe volentieri spaccato in testa. Bevvi un piccolo sorso del mio Whisky e lo guardai calmo sapendo che così l’avrei fatto avvelenare ancor di più.

    “Il contratto lo farò con mia figlia, sarà lei a decidere, quando sarà il momento. Mi spiace deluderti, Malfoy, ma non ci saranno accordi del genere né stasera, né in tempi brevi, probabilmente non ci saranno mai.”
    “Vuoi lasciare una decisione fondamentale per le nostre famiglie nelle mani di una ragazzina? È questo che vuoi farmi credere? No, non è possibile, tu menti, sei pazzo, è vero, ma non fino a questo punto!”
    “Ti sto dicendo la verità Abraxas, dovresti smetterla di prendertela così tanto. Dai un valore esagerato a queste cose, non siamo più in guerra, non siamo più in un tempo fatto di sangue e omicidi, oggi i nostri problemi si possono risolvere in maniera diversa. Le nostre famiglie si possono legare con alleanze e affari, senza sacrificare la felicità dei nostri ragazzi. Se chiedessi a tuo figlio cosa ne pensa, credi davvero che farebbe salti di gioia all’idea di un matrimonio del genere? Questi ragazzi magari sono già innamorati di ragazze molto più vicine a loro per età e interessi, ragazze altrettanto nobili, ricche e potenti. Tu saresti stato contento, Rodolphus? Sinceramente!”

Lo fissai e in quegli occhi di ossidiana blu balenarono per un momento comprensione e vergogna.

    “Rodolphus ormai non ha più interesse, è vero, ma io ho anche un altro figlio…”

Guardai Lestrange, disgustato, non avrebbe mollato, lo sapevo, la loro famiglia non mollava mai con noi Sherton, si doveva sempre arrivare alle maniere forti per liberarsi dal loro assedio e, Merlino mi era testimone, avrei fatto di tutto pur di non permettere una bestemmia di quel genere: mai mia figlia si sarebbe chiamata Lestrange.

    “Basta con le ciance, qui parliamo della purezza di sangue, Sherton, non di amore, nobiltà o ricchezza, lo so bene anch’io che questo si può ottenere con un qualsiasi buon matrimonio, che ci sono meravigliose ragazze purosangue là fuori. Ma non hanno il vostro sangue, quel sangue puro che non si mescola al nostro se non raramente: per secoli voi Sherton avete preso il meglio delle nostre famiglie, vi siete rafforzati con il sangue di tutta la Gran Bretagna, ma in cambio non avete dato che quattro ragazze. Non parliamo poi della forza e del potere dei figli che avrà un giorno, tua figlia è nata a Habarcat, tutti conoscono le leggende… tanto più che ormai non esistono nemmeno discendenti purosangue dei Gaunt…”.
    “Già, su questo, immagino, tu avresti molto da dire, non è vero Abraxas?”

Non riuscii a reprimere come volevo lo sguardo disgustato che le parole di Malfoy mi avevano tirato fuori, gli avrei volentieri scagliato addosso tutto quello che avevo sottomano.

    “I miei figli, tutti i miei figli, sono persone, Malfoy, non bestiole da mettere in vendita al miglior offerente per migliorare il pedigree delle vostre belle famiglie purosangue; se, nel passato, alcuni Sherton hanno considerato i propri figli come merce di scambio, beh, saranno all’inferno per pagare anche questo crimine, con tutti gli altri. Le cose con me sono cambiate, rassegnati!”
    “Alshain, ascolta, non ne avremmo dei vantaggi solo noi, Malfoy ha ragione, noi abbiamo bisogno di sangue nuovo, è vero, ma anche voi Sherton, relegati qui, ai confini della civiltà, un matrimonio del genere vi riporterebbe al centro del mondo magico, vita pubblica, Ministero, potere: vi hanno privato delle femmine proprio per costringervi all’isolamento, ora che ne hai una da gestire, dovresti pensare al bene di tutta la tua famiglia, non solo al suo. Pensaci, noi potremmo offrirti un sostegno enorme, soprattutto nella tua battaglia per Hogwarts.”
    “Dovreste avere a cuore il futuro dei purosangue indipendentemente da cosa potrei darvi in cambio. Dovreste sostenermi contro quel dannato Dumbledore e la deriva di Hogwarts, per voi stessi, non pensando di fare un favore a me. Io non metterò mai Meissa in mezzo a questa storia. Mai!”

Lestrange sapeva essere convincente, peccato che con me scegliesse sempre i tasti sbagliati, gli diedi le spalle, mi persi nelle fiamme del caminetto, volevo chiudere il discorso e andare a dormire, iniziavo a essere davvero stanco.

    “Tra cinque/sei anni magari sarò qui con uno di voi a festeggiare un fidanzamento, voluto dai nostri ragazzi, e non imposto da me… magari i nostri figli con i sentimenti sapranno arrangiarsi meglio di quanto noi potremmo fare con la politica. Sarebbe molto più soddisfacente per tutti.”
    “Se la pensi così, dovresti essere semplicemente onesto e dire di aver già deciso, senza impegni presi ora, l’unico tra noi ad avere figli non ancora sposati tra sei anni sarebbe Black: infatti, è l’unico a non sembrare agitato.”

Abraxas mi fissava risentito, mentre Lestrange fulminava a sua volta Orion. Finii il mio bicchiere e sospirai, mi ero illuso che dicendo che non mi opponevo per principio, che non avrei lottato contro qualcosa che fosse nato dal caso, si sarebbero rilassati ma non avevo tenuto conto di quanto Abraxas riuscisse a essere paranoico.

    “Ti sbagli Malfoy, io non ho accordi con Sherton, per la mia famiglia è importante la casa di appartenenza a Hogwats, non potrei impegnare nessuno dei miei figli prima di vedere il risultato dello smistamento di Meissa. Scusami Alshain, tua figlia è deliziosa e la vostra è una famiglia cui tutti vorrebbero imparentarsi, ma in genere le vostre figlie non finiscono nella casa di Salazar, ed io voglio nipoti serpeverde al 100%.”
    “Non mi offendo, Orion, lo so… E spero davvero di non aver offeso nessuno di voi, ma intendo rispettare la parola data a mia figlia, e garantire così la sua felicità.”
    “Beh, se dovessimo guardare alla parola data, “cugino”… sai bene che da oltre un secolo c’è un accordo tra le nostre famiglie, tua nonna era una Malfoy per un motivo preciso, mi sembra!”
    “Io rispetto gli impegni che prendo di persona, non quelli ereditati dal passato e con questo considero chiuso il discorso”.
    “Come sempre, riesci a piegare come ti pare anche i concetti di Onore e Onestà. Complimenti, Sherton, sapevo dall’inizio che sei solo un bastardo! Non è la prima volta, che lo dimostri, tra l’altro. Se mia sorella Elladora è morta, è solo colpa tua.”

Con Lestrange ci guardammo con odio, Abraxas battè il bastone tre volte e ordinò a Doimos, il mio elfo, di riportargli il mantello, se ne sarebbe andato subito, aveva perso fin troppo tempo quel giorno, nemmeno mi salutò, seguito da Lestrange e suo figlio che mi sorrise appena. Orion mi si avvicinò senza parlare, dandomi il tempo di riassumere il controllo di me. Sospirai.

    “I loro discorsi hanno una logica, Alshain, lo sai, io stesso la penso come Malfoy, le nostre famiglie s’imparentano sempre tra loro, i ragazzi sono più deboli di fisico e instabili di carattere.”
    “Dovrei mettere su una fabbrica di ragazze Sherton per risanare la malandata progenie dei purosangue britannici? Il problema si ripresenterebbe la generazione seguente, te ne rendi conto? Non farmi ridere Orion, questo discorso non ha senso, queste pratiche barbariche non hanno senso, io voglio per i miei figli, tutti, nessuno escluso, quello che ho avuto per me: la libertà.”
    “Libertà che ti sei pagato a caro prezzo se ben ricordo. Non dovresti darle tutto per scontato, Alshain, cosa succederebbe se tua figlia approfittasse della libertà che decanti e si mettesse con un mezzosangue o un babbano o un traditore del sangue puro? Hai visto la nostra Meda…”
    “Non può mettersi con babbani o mezzosangue, lo sai, c’è la protezione di Salazar, per quello... quanto ai rinnegati, posso solo sperare di averla educata bene.”
    “E se cercassero di prendere con la forza quello che non possono ottenere con un contratto?”
    “Salazar, Orion, ma come fai a pensare a queste cose? Ha undici anni! Ha l’età di tuo figlio! Perché tu non hai già intrappolato Sirius con qualche nobile purosangue di Londra?”
    “Forse perché spero per lui che sia abbastanza bravo da conquistarsene una che vive a Herrengton Hill… conosco le regole del gioco, Alshain. E conosco te.”
    “Se solo quel dannato smistamento per una volta andasse come dovrebbe… Sarei libero anche legalmente da quel contratto, i nostri figli starebbero insieme, e, se è tuo figlio, Sirius la proteggerebbe, ne sono più che certo, nemmeno Dumbledore potrebbe danneggiarmela, a quel punto.”

Orion rimase in silenzio a lungo, osservando le fiamme nel caminetto, poi si voltò, sulla faccia l'espressione risoluta che ben conoscevo, quella che usava sempre, a Hogwarts e poi da adulti, quando sapevamo di averla combinata grossa ed era necessario un piano astuto per toglierci dai guai.

    “So che non hai fatto nessuna promessa, apertamente, a Meissa, perciò quello che ora ti proporrò non la sconvolgerà. Senza impegni, s'intende. Se entrerà a Serpeverde, a tredici anni annunciamo un falso fidanzamento tra i nostri ragazzi, se nel frattempo non si saranno innamorati davvero, a diciassette anni saranno liberi di scioglierlo. In questo modo l’avremo tolta dalla piazza e quei galantuomini non romperanno oltre!”

Sorrisi, sapevo che prima o poi ci avrebbe provato anche lui, e immaginavo che me l'avrebbe proposta come qualcosa che solo un pazzo avrebbe potuto rifiutare. Qualcosa che non andava a suo vantaggio, qualcosa inventata solo per farmi un piacere.

    “Lo dico sempre. Tu sei Walburga travestita da Orion! Non sarebbe male come offerta, ma credi che Walby lascerebbe i ragazzi liberi di tirarsi indietro? Se firmassi un contratto con Walby, mi ritroverei peggio che con Malfoy. Non sono uno stolto, Orion!”
    “Ma tu puoi sempre contare su di me, al contrario di Walby, mi pare…”

Sorrisi di nuovo. Questo era vero, avrei potuto affrontare un drago sicuro che Orion al momento opportuno sarebbe saltato fuori a salvarmi.

    “Devo imparare a dirti di no, Orion, o Merlino solo sa cosa potrei concederti un giorno, razza di un inglese depravato!”

Gli sorrisi e Black sospirò, scuotendo la testa e insultandomi come solo lui aveva il permesso d fare.

    “Ci rifletterò, questo te lo prometto. Poi staremo a vedere come va lo smistamento, e consulterò un legale, oltre a Meissa, naturalmente.”

*

    “Se ne sono andati tutti?”

Immaginavo che Deidra ormai dormisse, ero entrato nella stanza in punta di piedi, dopo essermi spogliato e fatto un bagno nella stanza accanto. M’infilai sotto le lenzuola, accolto dal tenero abbraccio del mio amore.

    “Sì, Orion è stato l’ultimo.”

Dei mi accarezzava i capelli, mentre io le sfioravo i lineamenti del viso con la punta delle dita, si avvicinò di più a me, con un movimento felino mi fu sopra, e appoggiò il suo capo sul mio petto. Le baciai il naso e poi le mani, che mi misi sul cuore.

    “E hai subito chiuso la tenuta?”
    “Sì, non aspettiamo altri ospiti mi pare.”
    “Allora perché sei preoccupato?”
    “Sono solo stanco, non preoccupato.”
    “Non puoi mentire con me, Alshain, lo sai.”

La baciai, sorridendo ai suoi occhi interrogativi e un po’ ansiosi.

    “Sono solo stupidaggini”
    “Di cosa avete parlato?”
    “Indovina? Sul finire Abraxas ha tirato fuori il discorso del matrimonio combinato.”
    “E immagino che Lestrange gli abbia dato man forte… “

Si staccò da me, rimettendosi a sedere sul letto, guardandomi con aria interrogativa. Io rimasi steso a osservare gli intarsi dorati del nostro baldacchino, sospirando: avevo appena visto sparire la possibilità di abbandonarmi a Morfeo in tempi brevi o di dedicarmi a qualche interessante attività amorosa con mia moglie.

    “… e tu sei uscito col discorso della felicità dei ragazzi, immagino!”

Mi tirai su a sedere anch’io, sistemandomi il lenzuolo sul ventre con noncuranza: non dormivamo assieme da tre notti e benché non mi fossi illuso di riuscire a dedicarmi con lei alle attività che preferivo, avrei desiderato fare qualcosa di più piacevole che parlare ancora di Malfoy.

    “Sì, ho detto chiaramente che non intendo sentire questi discorsi per almeno sei anni.”
    “Pensi sia una buona idea?”
    “Credevo condividessi la mia posizione.”

Avevamo parlato a volte del futuro dei ragazzi, riguardo a Mirzam e Rigel avevamo deciso da tempo di lasciar loro l’opportunità di vivere nella maniera che preferivano, e secondo me l’accordo andava esteso anche a nostra figlia. Purtroppo in alcune occasioni mi ero già reso conto che Deidra, pur libera come me dagli obblighi e dalle convenzioni, tendeva a comportarsi secondo i peggiori canoni sociali quando si trattava di nostra figlia.

    “Tra sei anni Malfoy e Lestrange saranno sicuramente sposati, se non ti accordi prima Meissa potrebbe perdere l’opportunità d legarsi a una di quelle famiglie così importanti… "

Sbuffai e m alzai dal letto, m avvicinai alla consolle e mi versai un bicchiere d’acqua, l’offrii a Deidra ma lei negò con la testa.

    “Non ci posso credere, parli come Abraxas, lo sai?”
    “Secondo me dovresti prendere tempo, dire che intendi ascoltare il parere di Meissa e pertanto che si potrebbe parlare di un fidanzamento tra due o tre anni, non negare la possibilità a priori, dovresti darle almeno l’opportunità di conoscerli, ora è una bambina, la sola idea la spaventerebbe, ma quando avrà quattordici anni… “
    “Deidra, ma cosa dici? Quei ragazzi sono troppo più grandi di lei… E non mi piacciono!”
    “E i figli d Orion sono troppo piccoli… sei suo padre, nessuno ti andrà mai bene, Alshain, è nella natura di un padre comportarsi come fai tu… “
    “I figli di Orion già vanno meglio, sono piccoli adesso, piccoli come Mey, sono coetanei, come lo siamo io e te… e visto che non m è sembrata in questi ventuno anni un’esperienza negativa, mi auguro qualcosa di simile per tutti i nostri figli…”
    “Lo sai vero che se Meissa finisse a Corvonero, Walby non permetterebbe mai a Orion d impegnare uno dei loro ragazzi con lei? La conosci meglio di me… cosa resterebbe allora a Meissa?”

Mi ristesi a letto, mi sembrava di avere un dejavu, solo che la voce e il viso di Deidra erano assolutamente più attraenti di quelli di Malfoy e Lestrange.

    “Cosa resterebbe a Mei? La possibilità di scegliere un purosangue tra le famiglie rimaste, senza le tare ereditarie dei nostri cari intimi amici, ti può bastare? Non sarebbe disgustoso un ragazzo come William Emerson, non credi? E soprattutto avrebbe almeno altri sei anni di felicità. Te lo immagini cosa farebbe se andassimo lì a dirle: "È vero, dobbiamo rispettare quel dannato contratto, tu sei destinata a Malfoy da prima che nascessi” anch’io mi andrei a buttare dalla rupe più alta di Herrenton al suo posto!”
    “Salazar, Alshain, non dobbiamo dirglielo adesso… ma devi renderti conto che tolte quelle poche famiglie di cui stiamo parlando, tutti gli altri sarebbero inferiori a lei per nobiltà, ricchezza e purezza.”
    “Anche mia madre era considerata inferiore a mio padre per nobiltà e ricchezza, e così anche la tua famiglia, mi pare, ma questo non ci ha impedito di essere felici! O no?”
    “Meissa è una femmina! Conta di più con chi si sposa!”
    “Salazar! Non ci posso credere! Dove è finita la donna che ho sposato? Tu preferiresti vederla infelice accanto all’algido Lucius Malfoy o insieme a Rastaban cuore d’inferno Lestrange, piuttosto che con un ragazzo, forse meno importante di lei, ma che bacerebbe la terra su cui cammina? È davvero questo che vorresti per tua figlia?”
    “Perchè non apri gli occhi? Lucius è perfetto per Meissa. Solo perché con suo padre tu non vai d'accordo, non significa che Lucius sia il demonio che immagini!”
    “Stiamo parlando di quel Lucius Malfoy che voleva colpire alle spalle con una "Cruciatus" nostro figlio Rigel? Ti rendi conto che stiamo parlando di quel Lucius? Vuoi sapere come la penso io Dei? Che preferisco ucciderla con le mie mani, piuttosto che darla a quelle bestie! Questo non è un modo di dire, Dei, questa è una promessa… Meissa non sarà mai una Malfoy…”

Dopodiché, lasciando Dei in lacrime, per la prima volta in ventun' anni presi una coperta dall’armadio e andai a dormire nelle mie stanze.



*continua*



NdA:
Ringrazio quanti hanno letto, hanno aggiunto a preferiti/seguiti/ecc, hanno recensito e/o hanno proposto/votato questa FF per il concorso sui migliori personaggi originali indetto da Erika di EFP (maggio 2010). L'immagine di inizio capitolo è stata realizzata per me da Ary Yuna (che ringrazio), potete trovare i suoi lavori su DeviantArt e nella sua pagina Artista su FB.

Valeria



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