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Autore: _windowsgirls    05/02/2015    0 recensioni
Monaco, 1857.
La regina Evelyne abbassa lo sguardo su sua figlia, sorridendole, e le prende una manina, «Lei è Margot Ameliè, mia figlia. E tu, giovanotto» dice guardandomi negli occhi mentre mi rimetto in piedi «qual è il tuo nome?»
La principessa mi guarda sorridendo e con gli occhi leggermente socchiusi, avrà all’incirca sei-sette anni.
«Liam» dico sorridendo a mia volta. «Sono Liam Payne. Ed è un enorme onore, per me, essere qui».
Raccolta di one shot con funzione di prequel della long 'Nothing is like it used to be'
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nothing is like it used to be'
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Becoming friends 

                                                                                                                     Monaco, 1857

Liam’s Pov



La carrozza ci ha lasciati di fronte all’imponente cancello del palazzo di Monaco, così grande e alto che devo sollevare la testa per verderne la punta. Sono quasi cinque giorni che io e mio padre siamo in viaggio da Wolverhampton, alla disperata ricerca di un lavoro che ci permettesse di vivere adeguatamente.
Sebbene mi manchino tutti i miei amici che ho conosciuto a scuola o nelle piccole gite, come Zayn e Niall, e nonostante io abbia nostalgia della mia piccola casetta sulla sponda del lago, sono felice di essermene andato. Non vedevo l’ora di lasciarmi alle spalle la mia terra che mi ha portato fin troppa tristezza, la stessa terra che ha racchiuso mia madre per sempre da quattro anni, e di cui non me ne farò mai una ragione. Wolverhampton me l’ha portata via, lasciandomi da solo con mio padre e le mie due sorelle che da anni ormai sono andate a vivere con i loro mariti. Una maledetta carrozza mi ha sottratto alle sue braccia accoglienti che mi hanno sempre sostenuto e protetto dai pericoli del mondo esterno, quando invece io non sono stato in grado di aiutarla. In quasi tredici anni di vita non ho mai provato un dolore così grande come quando la mia mamma mi ha lasciato per colpa di un cocchiere sbadato che non l’aveva vista attraversare…scuoto la testa, riportando gli occhi sull’imponente cancello che mi sovrasta. Papà ha sceso le borse e, afferrata la mia da sotto la maniglia, un paio di guardie ci scortano verso il grande portone in legno con le maniglie dorate e ben chiuse. In alto, sulla destra, c’è una corda che la guardia accanto a me scuote facendo risuonare l’interno del palazzo. Aspettiamo un po’, papà è agitato accanto a me e l’unica cosa che mi viene in mente di fare è afferrargli la mano libera e stringerla con la mia per farci forza a vicenda. Dopo un po’ una cameriera giovane ci viene ad aprire, ha i capelli tenuti nella cuffietta e un nasino all’insù, con le labbra spiegate in un sorriso sincero. «Voi siete i Payne?»
Papà annuisce e stringe le labbra: «Sì, siamo noi. »
«Benissimo» ,la signorina spalanca un lato della porta e fa cenno alle guardie di rimanere fuori, «i sovrani vi attendono.» dice mentre richiude la porta alle nostre spalle.
Dire che il castello è grande è poco.
Non ho mai visto qualcosa di così immenso in tutta la mia vita, nemmeno quello della regina di Inghilterra presenta delle dimensioni così esagerate. Pensare che vivrò qui è fin troppo strano, sebbene io risiederò nelle stanze dei lavoratori con papà. La cameriera prende due lembi della sua gonna e fa un riverenza, «Io sono Amanda, i sovrani scenderanno a momenti.»
«Okay.» dico continuando ad osservare i dipinti del palazzo e quel labirinto di corridoi che si estende ai lati dell’imponente scala che mi sta di fronte. Papà ha un leggero tremolio nelle mani e non capisco perché sia così agitato, insomma, sono solo delle persone. Quando le trombe suonano intorno a noi, appaiono il re e la regina.
Il re Maurice ha la barba a ricoprirgli il mento, gli occhi scuri e un’espressione aggrottata, mentre la regina Evelyne – accanto a lui – scende con una grazia inaudita. Sembra più regale lei che, da quanto ho capito, non ha vissuto da sempre a palazzo. I capelli biondi sono tenuti indietro da una corona di brillanti e le labbra carnose, che mi fanno sentire più tranquillo, sorridono come se finalmente fossi al sicuro.
Papà appoggia le valige per terra e si inchina, e io seguo il suo esempio, abbassando il capo e puntando lo sguardo sul pavimento di ceramica ai nostri piedi. I tacchi della regina ticchettano sugli enormi scalini e il tessuto della sua gonna striscia sul pavimento, provocando un leggero rumore, sostituito da una risata malandrina. Sollevo gli occhi rimanendo con la testa abbassata e incontro quelli di una bambina che si nasconde dietro la gonna della regina.
Ha i capelli che le arrivano alla pancia e che le ricadono in dolci boccoli color cioccolato e i suoi occhi scuri sono contornati da ciglia voluminose, come quelli del re. Le sue labbra sono uguali a quelle della regina e sorridono come quelle della madre. Sorrido con un angolo delle labbra, poi quando i sovrani sono proprio di fronte a noi, io e mio padre alziamo lo sguardo. Amanda è rintanata in un angolo e osserva la principessina ridere di sfuggita, scuotendo la testa divertita. Sicuramente è la sua cameriera personale. Quanta invidia!
«Buongiorno, signori.» esordisce il re in inglese per venirci incontro, unendo le mani davanti alla sua pancia. «Finalmente è un piacere incontrare l’uomo delle lettere che mi sono pervenute in questi mesi.»
Dopo tanta attesa, io e mio padre siamo stati chiamati a lavorare qui, nel palazzo di Monaco, come stallieri. Certo, non è un lavoro brillante, però mio padre si è sempre occupato di cavalli a Wolverhampton, e la sua passione l’ha tramandata anche a me, il più bravo a cavalcare di tutto il paese.
«E’ un onore per noi, Sua Maestà.»
La regina Evelyne abbassa lo sguardo su sua figlia, sorridendole, e le prende una manina, «Lei è Margot Ameliè, mia figlia. E tu, giovanotto» dice guardandomi negli occhi mentre mi rimetto in piedi «qual è il tuo nome?»
La principessa mi guarda sorridendo e con gli occhi leggermenti socchiusi, avrà all’incirca sei-sette anni.
«Liam.» dico sorridendo a mia volta.  «Sono Liam Payne. Ed è un enorme onore, per me, essere qui.»


 
                                                                                                                                                  Monaco, 1862


Margot’s Pov


Mi appoggio con le spalle alla porta in mogano della mia stanza, con la testa appoggiata sul legno e gli occhi chiusi per captare ogni singolo rumore.
Sono le quattro del pomeriggio e ho appena finito le lezioni stilate nel programma giornaliero, ma secondo quanto mi è stato detto dovrei stare nella mia stanza fino all’ora di cena. Questo è quello che avrebbe fatto una principessa normale, ma la normalità non è nel mio stile.
So che dovrei attenermi alle regole perché servono per avviarmi al mio futuro incarico di sovrana, ma ho solo dodici anni e mezzo, perché me ne dovrei preoccupare ora?
Amanda mi ha fatto indossare un abito leggero che mi arriva alle ginocchia, stretto in vita da un nastro e dalle spalline un po’ voluminose. I capelli mi ricadono sciolti lungo i due lati della testa e i boccoli mi sfiorano il mento mentre giro di poco la testa perché sento dei leggeri passi sul pavimento di ceramica del corridoio.
Non mi piace per niente la mia vita, e ognuno potrebbe credere che io sbagli a dire una cosa del genere, ma è la verità. Non sono mai uscita dal palazzo, tutti me lo vietano perché ‘devo stare al sicuro’, e l’unica cosa che mi è concessa vedere sono le mura di questo palazzo immenso che non è altro che una prigione ai miei occhi.
Li apro di scatto quando sento tre rintocchi precisi suonare contro il legno dietro la mia testa e mi allontano dalla porta, abbassando di poco la maniglia e spiando attraverso lo stretto spiraglio aperto. Le luci del palazzo sono già accese, per cui vedo chiaramente Liam muovere le mani concitato mentre con la testa guarda a sinistra e a destra nel caso qualcuno venga. Apro la porta e la richiudo subito dietro le mie spalle, attenta a non farla cigolare, poi Liam mi prende la mano e, in punta di piedi, ci avviamo verso il corridoio perpendicolare a quello su cui si affaccia la mia stanza. Non si sente un rumore in giro, solo la mia risata repressa.
Liam si appoggia al muro frontale e spinge una piccola parte di muro che slitta verso sinistra, liberandoci la via. Liam si infila subito dentro lasciando la presa sulla mia mano perché è costretto ad abbassarsi per passare, attento a non far scricchiolare i tre gradini in legno. Io mi appoggio con una mano al muro e, quando sto per abbassare la testa per passare senza farmi male, sento lo schiarirsi di una gola dietro di me.
Mi irrigidisco, e non riesco a fare altro che a ritirare la testa e a girarla piano verso la figura che si trova alle mie spalle. Liam fa capolino per vedere la scena e sorride un po’, mentre quando mi giro io vedo solo il volto sconsolato di Amanda e le sue braccia incrociate sul petto. Mi appiattisco contro il muro supplicandola con lo sguardo, mentre lei batte a terra il piede, impaziente.
«Ti prego, ti prego, ti prego.» sussurro per non farmi sentire, poi vedo lei lasciar cadere le braccia lungo i fianchi e sospirare pesantemente.
«Farò finta di non averti vista, signorina.» Faccio un piccolo saltello e le lascio un bacio sulla guancia, dopodichè mi butto a capifitto sul passaggio segreto, richiudendomi il pannello del muro dietro. Liam sorride con un angolo delle labbra e mi prende la mano, «Dai, Margot, muoviti!»
Mi trascina dietro di sé attraverso lo stretto passaggio buio che ci permetterà di uscire fuori all’aperto.
Liam è la persona migliore che abbia mai conosciuto, senza di lui non avrei mai saputo il significato della parola ‘amicizia’ osannata da tanti poeti del passato. E’ l’unico che mi aiuta ad allontanarmi dalla mia vita, dandomi la possibilità di liberarmi e uscire all’aria fresca, vedendo i giardini che circondano il palazzo.
Usciamo da una piccola porticina di metallo che cigola mentre la sposta con entrambe le braccia muscolose, e finalmente siamo fuori. L’aria fresca mi investe in pieno e mi lascia respirare a pieni polmoni, «Che bello.» dico posando il mio sguardo sul sole arancione che inizia a scendere lentamente lungo l’orizzonte. Liam mi precede e mi fa un cenno della mano affinchè lo segua, togliendomi alla vista delle guardie.
Superiamo un piccolo recinto in legno e ci troviamo nella stalla.
L’odore della paglia mi arriva alle narici, pizzicandomi un po’ il naso, poi lui mi fa cenno di seguirlo fin sulle scale. Pian piano salgo i pioli di legno che ho paura possano cedere sebbene sia molto magra, e finalmente ci troviamo nel nostro piccolo posto segreto, il soppalco, dove c’è una riserva di paglia che Geoff Payne, il papà di Liam, usa per nutrire i cavalli. Molti stalloni sono al piano di sotto, alcuni riposano, altri invece nistriscono tra loro come se stiano avendo una conversazione.
Liam si appoggia con la schiena su un cumolo di paglia dietro di lui e, prendendo un filo, se lo appoggia sulle labbra inclinate in un sorriso, mentre stende le gambe, accavalla le caviglie e incrocia le dita sulla pancia.
«Bene,» dice, la voce storpiata per non far cadere il filo di paglia, «che facciamo, adesso?»
Liam ha diciassette anni, e dall’anno prossimo dovrà lavorare anche lui, avendo poi poco tempo libero. Compirà gli anni tra due mesi, per cui non è che sia rimasto molto, così cerco sempre di godermi ogni momento, lasciando che lui mi parli del suo mondo, di come sia l’Inghilterra e dei posti che ha visitato.
«Raccontami qualcosa, dai.»
«Ma se sai già tutto!» dice sorridendo, prendendo tra due dita il filo e buttandolo via.
«Lo so, però mi piace ascoltarti quando mi parli di Wolverhampton.»
So che la sua città è un tasto dolente per lui, sebbene siano passati anni, ma ci sono ricordi che lo legano a quella terra, legami indissolubili nonostante possa passare tutto il tempo del mondo. Solleva le sopracciglia e inarca la schiena, portando una mano dietro la tasca del pantalone.
«Che stai facendo?»
«Guarda che ho portato oggi.» dice dispiegando sotto ai miei occhi una fotografia vecchissima. «Vedi, Marge» Indica una donna che gli stringe affettuosamente una spalla, e un uomo accanto a lui che regge un rastrello. «Loro sono la mia mamma e il mio papà.» poi mette via la foto, e ne tira fuori dalla tasca del pantalone sgualcito un'altra, che ritrae un porto e un sacco di gente che saluta l'obiettivo dell'apparecchio fotografico. «Vedi? Loro sono alcuni abitanti di Wolverhampton che partono per le Americhe. Qui in fondo si vede il giardino degli Stuart, i grandi proprietari terrieri della mia terra, e qui» continua indicando un distesa d'acqua infinita alle spalle di tutta quella gente, «questo è l'oceano.»
«Liam» dico afferando la foto e studiandone ogni singolo dettaglio. «Sei fortunato ad aver vissuto qui, ad aver visto questo posto e tanti altri.»
«Ehi, principessa, tu vedrai tutti questi posti un giorno, te lo prometto. E se vuoi, io ti aiuterò ad affrontare il viaggio.»
«Te ne sarei riconoscente a vita.»
Liam mi sorride e mette via le fotografie, poi gli blocco il braccio. «Posso sapere perché avevi due fotografie in tasca?»
Lui si alza in piedi e mi stende una mano per aiutarmi ad alzare, dopodichè si passa una mano tra i capelli lunghi. «Sapevo avresti voluto vedere qualcosa, come è tuo solito, per cui sono giunto preparato.»
Mi passo una mano sulla gonna per pulirla dalla paglia che si è appiccata e scendiamo piano le scale, mentre dei passi risuonano per tutta la stalla. Geoff ci aspetta alla fine dei pioli, con una mano in tasca, l’altra che mantiene un forcone, mentre un cavallo nero sosta dietro di lui. «Prima o poi vi scopriranno.»
«Non possono farmi niente, sono la principessa alla fine, o no?» sorrido al papà di Liam per risultare quanto più convincente possibile. «E Black Jack che ci fa qui?» chiedo vedendo il cavolo urtare il muso contro la spalla di Geoff.
Liam si avvicina allo stallone e ne afferra le briglie, «Margot, il sole sta calando, e c’è il cambio di guardia. Ne approfittiamo?»
Rido scuotendo le spalle, «Va bene, prode cavaliere.»
Appoggia il piede sul sostegno e sale in groppa al cavallo, poi Geoff aiuta me – con una scaletta – a salire dietro di lui. Gli passo le mani intorno alla vita e, sebbene non sia per niente elegante, apro le gambe e mi sistemo la gonna, avvicinandomi di più al corpo di Liam per evitare che durante la corsa non sventoli. Quando Geoff allontana borbottando i piccoli gradini, Liam tira le briglie facendo nitrire Black Jack e lo mette in posizione, di fronte all’ingresso spalancato. «Pronta?» dice inclinando un po’ la testa verso di me. Io mi stringo alla sua schiena e sorrido, anche perché è l’unica cosa che posso fare con Liam. «Mai stata più pronta di così.»
«Liam,» lo apostrofa il padre, «non fare tardi.»
«Certamente.» dà un colpo alle briglie e Black Jack fa un’impennata, cavalcando rapido e facendomi andare addosso l’aria carica di umidità. I capelli mi sventolano intorno, la gonna spinta contro le mie cosce e gli occhi socchiusi fissi sul boschetto alla sinistra del palazzo, mentre Liam fa procedere lo stallone nero per il sentiero tracciato. Sento il suo cuore battere contro l’orecchio e mi stringo ancora di più. Sono fortunata ad averlo, non saprei immaginare una vita senza la sua figura accanto. E’ il fratello che non ho mai avuto, e gli voglio troppo bene…e come non potrei, dopo tutto quello che fa per me?
All’improvviso Black Jack rallenta e ci troviamo di fronte al cancello chiuso del palazzo, la strada che si disperde all’orizzonte prima di girare sulla destra, e scendere a valle. Il cavallo si ferma e Liam gira la testa di lato come per osservarmi, ma i miei occhi sono puntati su Monaco in lontananza, la città a cui sarò a capo un giorno e che non ho mai visto. Liam appoggia una mano sulla mia, accarezzandone il dorso. «Ti prometto che uscirai, un giorno.»
«No, Liam.» mi raddrizzo e gli punto lo sguardo addosso, risoluta. «Non è una cosa che è probabile si possa realizzare. Io uscirò, puoi starne certo.»
Liam sorride e riafferra le briglie, scrollandole un poco per far ritornare Black Jack sui suoi passi, continuando al trotto e tornando piano verso le stalle. «E sono sicuro che ci riuscirai.»





Spazio autrice
Non mi dilungo a parole, solo che spero che questa prima one shot sia di vostro gradimento.
La raccolta ne conterrà in tutto tre, ognuna su un diverso personaggio - non tutti - che sarà prensente all'interno della long 'Nothing is like it used to be' che pubblicherò a breve, nel momento in cui terminerò questa raccolta.
Fatemi sapere cosa pensate dei personaggi, è molto importante per me :)
Un bacione e buona permanenza.
Eli




 
  
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