Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Dicembre    30/11/2008    5 recensioni
Inghilterra, 1347.
Di ritorno dalla battaglia di Crécy, un gruppo di sette mercenari è costretto a chiedere ospitalità ed aiuto a Lord Thurlow, noto per le sue abilità mediche. Qui si conoscono il Nero, capo dei mercenari, e Lord Aaron. Gravati da un passato che vorrebbero diverso, i due uomini s'avvicinano l'uno all'altro senza esserne consapevoli. Ne nasce un amore disperato che però non può sbocciare, nonostante Maria sia dalla loro parte. Un tradimento e una conseguente maledizione li poterà lontani, ma loro si ricorreranno nel tempo, fino ad approdare ai giorni nostri, dove però la maledizione non è ancora stata sconfitta. E' Lucifero infatti, a garantirne la validità, bramoso di avere nel suo regno l'anima di Aaron, un prescelto di Dio. Ma nulla avrebbe avuto inizio se non fosse esistita la gelosia di un mortale. E nulla avrebbe fine se la Madonna e Lucifero fossero davvero così diversi.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo Ventidue 

- Fotografia -

 

Anno del Signore 2006

 

 

Guardò per l’ultima volta nel cassetto nel quale aveva  nascosto quel foglio.

Era lì, bianchissimo, troppo candido per non suscitare timore.

Eppure era un semplice foglio che probabilmente l’avrebbe salvato.

Non c’era scritto niente sopra, però se posto in controluce, qualcosa fra le trame della carta sembrava brillare.

Alec aveva ricevuto questo foglio almeno un mese prima, non ricordava esattamente quando: era mattina presto, e stava tornando a casa dal pub dove lavorava.

Un uomo l’aveva fermato. All’inizio aveva pensato fosse qualcuno in cerca di un’avventura notturna, tuttavia dopo poche parole Alec s’era reso conto che quell’uomo lo conosceva benissimo e altrettanto bene conosceva i suoi disturbi psichici.

Tutti gli specialisti ai quali s’era rivolto non erano stato in grado di trovare una soluzione alle allucinazioni che sempre più spesso aveva, alle crisi epilettiche che a volte gli facevano perdere completamente il contatto con la realtà, o alle crisi depressive che d’improvviso gli esplodevano dentro e l’avevano portato, più volte, sull’orlo di un balcone o sulle rotaie di un treno in corsa.

S’era sempre opposto a questa realtà nella sua mente che sembrava controllarlo, ma nessuna medicina pareva d’aiuto e ora, nonostante avesse solo 25 anni, era arrivato al limite e non ce la faceva più.

Non sarebbe forse stato meglio morire, piuttosto che impazzire lentamente?

Così una sera s’era presentato quest’uomo e gli aveva parlato dei suoi sintomi, delle allucinazioni e delle crisi che aveva, con estrema precisione. Aveva detto di essere il padre di una congrega dove gli appartenenti avevano tutti i sintomi di Alec. Diceva che poteva alleviare e valorizzare quelli che lui definiva doni.

Alec non era tipo da lasciarsi convincere da un uomo che si presentava di notte, sotto la luce riflessa delle insegne dei negozi chiusi, tuttavia questa persona misteriosa gli aveva appoggiato una mano sulla fronte e aveva letteralmente proiettato al di fuori una delle visioni che più frequentemente affollavano la mente di Alec.

Il ragazzo aveva avuto l’istinto di scappare, ma c’era qualcosa di rassicurante nella voce dell’uomo, misterioso - o forse di persuasivo - per cui aveva scelto di ascoltarlo.

Lui aveva il potere di esternare ciò che intasava la mente di Alec e delle persone come lui – lo stesso ragazzo si stupì di sapere che molti altri erano afflitti dagli stessi disturbi - e in questo modo poteva alleviarne la sofferenza ed incanalarne la forza.

Queste erano state le esatte parole dell’uomo.

Alec non credeva a forze sovrannaturali o poteri mistici, ma indubbiamente l’uomo della notte aveva mostrato all’esterno ciò che solo lui poteva vedere.

Che dunque fosse veramente la persona che avrebbe potuto aiutarlo?

Quell’uomo s’era presentato come Jude Dorley, gli aveva dato il suo biglietto da visita, non aveva né fatto pressioni, né insistito. Aveva solo parlato. Tutto quello che aveva detto, però, era suonato così veritiero ed esatto alle orecchie di Alec che l’iniziale diffidenza s’era trasformata in curiosità.

L’avrebbe chiamato, questo era sicuro.

Eppure non l’aveva ancora fatto.

Spesso guardava il biglietto da visita che conservava appeso sulla lavagna in cucina; più volte aveva afferrato la cornetta deciso a chiamare il sig. Dorley. Ma tutte le volte, qualcosa l’aveva fatto desistere.

Cosa questo fosse, non era in grado di dirlo.

E poi c’era quel foglio bianco che Jude gli aveva dato… Quel foglio su cui avrebbe dovuto semplicemente apporre una firma, per entrare a fare parte anche lui della congrega ed essere finalmente liberato.

C’era qualcosa di ultraterreno in quel foglio, più Alec lo guardava e più era combattuto sul da farsi. Firmarlo? Strapparlo?

Firmare un foglio bianco era qualcosa di sciocco, Alec lo sapeva. Tuttavia Jude gli aveva detto che quel foglio era scritto, ma solo gli adepti della congrega potevano leggerlo. Aveva poi appoggiato leggermente le dita sul foglio ed effettivamente erano comparse delle parole, ma Alec non aveva fatto in tempo a leggerle.

C’era un sottile filo d’ansia che metteva Alec sull’attenti, era tutto così strano…

Un uomo, di notte, che s’era presentato come se lo conoscesse da sempre, che gli aveva mostrato ciò che nessuno mai aveva visto se non lui, che gli aveva dato la soluzione alla sua pazzia incalzante…

Era tutto così poco chiaro, che Alec aveva paura.

 

Quella mattina, però non era certo il momento di interrogarsi su di sé o sulla propria malattia: era il giorno zero dell’anno zero, così diceva lui.

Finalmente era riuscito a trovare un gallerista che avrebbe esposto le sue foto per una settimana. Era una piccola galleria ed era fuori mano, ma era già qualcosa. Il tutto grazie alla pubblicazione di una  sua foto su Freedom, un mensile per appassionati di viaggi e gite all’aperto.

Sorrise al pensiero di come, a volte,è strana la vita. Aveva mandato quella foto ad un amico di chat, qualche tempo prima, perché quella foto lo faceva piangere.

Lo faceva piangere senza un motivo: gli trasmetteva una malinconia così intensa, che ogni volta che la guardava, non poteva fare altro che piangere. Aveva imputato questo strano atteggiamento alla sua malattia, ma per confermare l’artificio della sua mente, aveva pensato di mandare quella foto a Lucky_Luci@no e vedere se anche quell’essere virtuale avrebbe avuto la sua stessa reazione.

La reazione, ovviamente, non c’era stata, ma sebbene non un sentimentale Lucky_Luci@no s’era rivelato essere il direttore grafico di Freedom. Tre mesi dopo la sua foto era sulle pagine del mensile.

 

Chiuse la porta del balcone e scese dalle scale antincendio del suo appartamento al quinto piano. Era una costruzione piuttosto modesta, nata come alloggio per i portuali e poi diventata semplicemente uno dei tanti palazzi nel quartiere dei Docks. Quelle strade erano considerate dai turisti e dalla gente “al di là del Tamigi” poco sicure, Alec le conosceva troppo bene - così come conosceva i loro abitanti - per averne paura. Guardò la palazzina prima di correre verso la metropolitana. Magari qualcosa sarebbe cambiato, magari le sue foto avrebbero avuto un po’ di successo e magari sarebbe riuscito a racimolare qualche soldo in più, per affittare un posto più dignitoso; magari Jude Dorley l’avrebbe guarito e magari sarebbe diventato una persona normale.

Forse.

Ora l’unica cosa che poteva fare era non arrivare tardi all’apertura della galleria.

 

 

Il vagone della metropolitana era semivuoto, la polvere sui rivestimenti, sembrava vagare da un posto all’altro nella vana ricerca di qualcuno a cui attaccarsi.

Alec si schiacciò contro lo schienale. Osservava le forme geometriche della moquette che scherzavano coi raggi di sole che filtravano dai finestrini. Sembravano vive. Alec si strinse nelle spalle e cercò di nascondersi in quel sedile solitario. Si augurò che il treno entrasse presto nelle gallerie metropolitane.

Il ritmo regolare del treno lo calmava, tuttavia l’aria densa e l’agitazione per la sua prima mostra gli facevano sudare le mani. Non aveva con sé nessuna delle pillole che erano solo un palliativo, ma avrebbe voluto prenderne un paio, nella speranza che, quella volte, la sua mente non giocasse brutti scherzi quando doveva rimanere attenta e vigile.

Ad una fermata entrò una signora con un cagnolino fra le braccia.

Povera bestia, pensò Alec, così infiocchettato non poteva di certo essere a proprio agio.

Il cane annuì, ma Alec non ci fece caso. Ormai sapeva che le voci che sentiva nella sua testa erano solo un brutto scherzo, niente di reale.

Nessun cane poteva parlare, di questo era stato convinto da piccolo, come del resto, era stato convinto che tutto fosse causato dalla sia malattia. Schizofrenia latente l’avevano chiamata, e prima che Jude Dorley le avesse trovato un nome più appropriato, Alec s’era sentito uno schizofrenico…

Riguardò il cane, che parve fissarlo e sottolineare nuovamente il suo disappunto.

Era tutto nella sua testa! Fra quei capelli biondi e lisci… era solo malato.

Alec s’alzò di scatto: era mattina troppo presto per cominciare a preoccuparsi, ad avere paura…ma non riuscì a trattenersi, appena il treno si fermò, uscì velocemente dalla metropolitana.

Via, doveva tornare all’aria aperta.

Le scale per portarlo in superficie erano tante, sembravano infinite.

Veloce, doveva essere veloce!

Tre, due uno, ecco la strada: una distesa verde, un prato infinito ed un bosco in lontananza. No! Di nuovo, nessun bosco, solo la buona e vecchia Londra coi suoi taxi e i suoi palazzi.

Sospirò. Era passata. Anche questa era passata.

Si guardò intorno per riconoscere la zona in cui si trovava: era sceso tre fermate prima del dovuto, quindi s’incamminò a piedi, terrorizzato dall’idea di ritornare in metropolitana.

Per oggi sarebbe stata meglio l’aria fresca.

 

Arrivò alla galleria quando questa era già aperta. Imprecò in silenzio: avrebbe preferito, oltre che dovuto, arrivare prima.

Nicole non perse tempo e glielo fece notare:

“Ci sono già delle persone dentro!”

“Hai ragione, ma…” spiegarle del cane sarebbe stato ridicolo, quindi optò per qualcosa di più semplice “mi sono addormentato tardissimo ieri, perché ero agitato, e stamattina non riuscivo ad alzarmi”

Lei annuì.

“Come stai oggi?”

”Benissimo” mentì lui

“Voci? Sogni premonitori? Ricordi?”

”No, tutto bene davvero” e sorrise per tranquillizzarla “Oggi è il mio gran giorno, non posso certo farmelo rovinare da questa” disse toccandosi la fronte con due dita.

Nicole sospirò melodrammaticamente: “Santo cielo, quelle dita sono proprio sprecate su di un uomo! Gay per di più”

Alec fece una smorfia di finto fastidio e stava per risponderle, quando Seth li interruppe:

”Non ci crederete mai!” strillò in falsetto “Dai entra! Muoviti!” disse afferrando per il polso Alec e trascinandolo all’interno della mostra “Non ci crederai mai!”

Seth Nolan era il nome reale di Lucky_Luci@no. Aveva preso così a cuore questa mostra che aveva voluto occuparsene personalmente insieme al gallerista Kenneth Locke, anche quest’ultimo legato a Freedom per qualche aspetto che sfuggiva ad Alec. Il ragazzo non aveva ben chiare le relazioni che intercorressero fra Seth, il gallerista e la direttrice di Freedom e s’era ripromesso di non fare mai luce sui suoi dubbi per non addentrarsi in quello che gli sembrava un terreno troppo pericoloso. Amanti? Menage a trois? Ex di qualcuno, partner dell’altro? No, meno sapeva e meglio era. Soprattutto perché, ora, il rapporto che voleva con queste persone era esclusivamente lavorativo.

“Tremila sterline! Ti rendi conto?”

”Tremila sterline cosa?” chiese Alec

“Hai venduto una tua foto per tremila sterline!”

“Ho venduto una foto?” Alec non aveva certo esposto le proprie foto per venderle, non s’aspettava che qualcuno le volesse acquistare – per una qualunque cifra –, ma di certo poi non avrebbe voluto che qualcuno si prendesse il diritto di venderle per lui.

“Hai venduto una mia foto?” chiese Alec irritato.

“Oh, non usare quel tono! Tremila sterline per un fotografo sconosciuto, che fatica ad arrivare a fine mese, non era certo un’offerta che potevo rifiutare”

Alec pensò che Seth avesse ragione, ma la sua era più una questione di principio.

“Ma non erano questi gli accordi! E poi tu che ne sai della mia paga mensile?”

”Ne so abbastanza per sapere che vivi in un bugigattolo sui Docks e che rischi la vita ogni notte tornando dal lavoro…”

Alec di nuovo stava per protestare: chi era Seth per fargli i conti in tasca? Chi era Seth per vendere una sua foto? Ma prima che riuscisse a formulare alcuna di queste domande, quella più importante gli si affacciò prepotentemente sulle labbra

“E quale foto hai venduto?”

”Quella di Freedom, mi pare ovvio”

La sua foto, quella per cui piangeva.

L’idea che la stessa foto fosse su di una rivista a tiratura nazionale non l’aveva infastidito così tanto, ma l’idea di non possedere più qualcosa di così personale lo sconvolse.

“Che cosa?” quasi gridò, ma Seth l’aveva già portato nella stanza dove la foto era esposta.

“Ecco, l’ho venduta all’uomo là da solo, di fronte alla foto”.

Alec s’azzittì per un istante: non voleva fare una scenata di fronte ad uno sconosciuto. Ma appena posò gli occhi su quella figura di fronte alla foto, il tempo perse di senso ed ebbe come la sensazione che lo spazio intorno sparisse.

Quell’uomo aveva le mani in tasca  e il viso leggermente all’insù per guardare quella foto enorme, appesa alla parete. Alec ebbe la sensazione che i capelli neri di quell’uomo si muovessero sotto la carezza inesistente del vento.

Gli girò la testa.

Spostò gli occhi a lato, dove c’era la sua foto che pareva essere viva. L’aveva scattata un pomeriggio di primavera, sdraiato sull’erba. Se gli fosse stato chiesto, Alec non sarebbe stato in grado di dire che cosa ci fosse di speciale in quell’immagine: riprendeva dal basso alcuni alberi che, sia a destra che a sinistra, sembravano incorniciare un cielo terso e azzurro, nel quale volava un falco. Alec aveva notato il falco solo quando aveva già puntato l’obiettivo, e lo stesso falco era diventato protagonista di un’immagine bellissima, ma di una solitudine insopportabile.

Solo gradazioni di verde e di azzurro. Ed un falco. Nient’altro.

Il biondo ebbe la netta sensazione di udire il falco chiamarlo, ma in realtà questi era immobile, imprigionato su di una pellicola fra l’azzurro e il verde, casualmente spettatore di due soli colori.

Sentì l’angoscia salirgli, arrampicarsi sul suo cuore e tentare di schiacciarlo.

Di nuovo, un filo d’aria inesistente gli sfiorò la pelle e vi nascose un gemito soffocato che sarebbe stato un grido, se Alec non fosse stato fin troppo abituato agli scherzi della sua mente.

Ma questa volta, la veridicità di quello che stava vedendo era così evidente che dubitò di trovarsi in uno dei suoi mondi e sperò che tutto fosse reale.

Quegli alberi, quel cielo e quel falco, in una distesa immensa di verde senza pareti a delimitare le stanze: non era tutto così vero?

Ma c’era quell’uomo, in più, nel suo sogno, un uomo fermo a fissare il cielo e quello stesso falco catturato da Alec.

L’uomo dai capelli neri si girò a guardarlo e Alec provò un dolore al petto così intenso che boccheggiò. Quegli occhi scurissimi e grandi erano - a volte - apparsi nella sua mente. Li ricercava in continuazione, ma allo stesso modo, li rinnegava.

E ora li aveva lì davanti e lo guardavano?

Erano davvero gli occhi dell’acquirente, oppure erano solo un’altra, un’ennesima allucinazione?

Ebbe la risposta quando si soffermò a guardarli per un istante di troppo: quegli occhi stavano piangendo.

Loro come lui erano stati schiacciati da quella fotografia sulla parete.

Alec svenne.

 

 

 

Sul cornicione di un palazzo, una donna vestita di bianco guardava la città sotto di lei. I lunghissimi capelli neri fluttuavano nel vento, cantando armonie dimenticate.

Sulle labbra rosse aveva dipinto un lieve sorriso.

“Doveva necessariamente esserci la tua mano” disse qualcuno duramente, ma lei non si scompose, né si mosse, continuando a guardare lo scorrere del traffico sotto di lei.

“Non potevi certo aspettarti che sarei semplicemente rimasta a guardare…” disse con voce melodiosa.

“No, non me l’aspettavo. Ma ci avrei sperato” le labbra che avevano pronunciato queste parole sorrisero, di fianco alla donna. Poi lentamente prese forma un viso intorno a loro ed in mezzo a questo, due occhi color della brace. Se occhio umano li avesse visti, avrebbe di certo giurato che ardessero davvero.

Era seduto di fianco alla donna, ora che il suo corpo era completamente visibile. Bellissimo. Anche lui intento a guardare quella città inconsapevole.

“Addirittura tu in persona, fra tutti!” disse lei dopo un po’, sorridendo come se la cosa più ovvia le fosse diventata evidente troppo tardi.

“Speravo di trovare te, fra tutti. E non mi sono sbagliato”. Rispose l’altro, lascivo.

“Non hai ancora rinunciato…”

Lucifero la guardò di traverso, con gli occhi in fiamme e, dipinto sulle labbra, un riso di sfida: “Potrei mai?” chiese retoricamente, accompagnando le parole con un gesto appena accennato delle sopracciglia.

Maria non rispose. Lasciò che il vento continuasse ad intonare una melodia coi suoi capelli e lui rimase lì ad ascoltarla.

 

***

Emerald: ora, con questo cambio drastico di prospettiva, forse, ho esagerato ''^_^ Basta non volere la mia pelle e avere fede, almeno, nel mondo moderno, le cose funzioneranno in modo diverso XD Mi raccomando, però, non perdere la speranza *_* hehehe baci


ayay: wow, quante recensioni, grazie ** felicissima che Liberaci dal male ti abbia così preso e, soprattutto, che ti piacciano i personaggi, anche quelli secondari. Io adoro creare racconti "corali", anche se l'ultimo che sto scrivendo lo è meno, mi manca questa parte e in Liberaci mi era molto piaciuto creare tutta una serie di personaggi che costellavano la storia. Spero di sentirti presto. baci baci

Cicoria: si amano *_* In fondo, dopo 21 capitoli, non potevo non farli baciare, si cercavano da troppo tempo! Felicissima che il bacio ti sia sembrato naturala e che il capitolo sia stato coinvolgente ** Si amano, sono felicissima anch'io (questo bacio l'ho sudato '°_°). Baci
  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Dicembre