Disclaimer:
Non prendete
questa storia per qualcosa di serio, davvero.
CAPITOLO III - Buon
compleanno, gesù!
Ciò che era accaduto nei camerini della H&M non avvenne
più.
Non appena arrivammo a casa, io e il mio coinquilino
coprimmo tutti gli specchi con una coperta ed eliminammo anche le pentole
d’acciaio e i cucchiai, giusto per essere sicuri che non uscissero doppioni
nemmeno da lì. Decidemmo di evitare ogni contatto visivo con ogni possibile
riflesso all’esterno del nostro trilocale e, poi, una volta ripresi dallo
spavento, cercammo di accordarci per ciò che avremmo dovuto riferire a Page. Chi avrebbe creduto a una storia assurda
come quella? La possessione di Flip era molto più buffa e credibile, a
confronto. Le avremmo raccontato che era stato tutto uno scherzo progettato per
evitare di passare la giornata a fare shopping, perché avevamo voglia di
tornarcene sul divano a giocare a Soul Calibur V. Era una scusa più che credibile e, infatti,
lei abboccò e ci insultò tanto che ci scoppiarono le orecchie.
Dopo quella strana esperienza, in ogni modo, per me e Flip
le cose non furono più le stesse. Nemmeno la visione de “La Desolazione di Smaug” riuscì a distoglierci dal pensiero costante di
essere nuovamente assaliti da un nostro sosia. Ne parlavamo spesso, quando
eravamo soli, davanti a un ramen istantaneo o a una
birra, ma non riuscivamo comunque a capire che cosa fosse successo. Ci
sentivamo dei pazzi e, una sera, decidemmo di ricostruire le circostanze di
ogni assurdo avvenimento della nostra vita, cercando di trovare dei
collegamenti. Ci sentivamo un po’ come Sherlock Holmes, con in mano quel
pennarello rosso e uno nero, davanti alla lavagnetta bianca su cui solitamente
appuntavamo la lista della spesa.
Era la sera del 24 Dicembre, la Vigilia di Natale, e io e il
mio migliore amico eravamo immobili davanti a sei indizi, senza alcun
collegamento logico fra loro.
Quelli sottolineati in
rosso, erano gli episodi più preoccupanti nella lista e, inoltre, erano gli
unici a cui non potevamo dare alcuna spiegazione. Il motivo per cui anche i
ladri di calzini fossero ritenuti tanto importanti, era che entrambi eravamo
sicuri di aver messo in lavatrice la coppia, visto che l’avevamo fatto insieme
e avevamo documentato il tutto con una foto postata su facebook; eppure al
momento di stenderli c’eravamo ritrovati con un solo calzino a righe bianche e
nere e uno rosso. C’era qualcuno che
stava tentando di farci impazzire, senza dubbio. Certo, non sapevamo di chi
si trattasse, quindi, al momento, incolpammo i folletti.
«Non c’è nessun altra spiegazione…» Concluse Flip, stappando
l’ennesima bottiglia di birra. «Siamo perseguitati da dei folletti o dei
fantasmi. Hai ucciso qualcuno che vuole vendicarsi di te?»
«No! Che cazzo di domanda!» Sbottai, lasciandomi scivolare
sulla sedia, spossato. «…tu, invece? Non è che qualche spirito è tornato per
fartela pagare?»
«Impossibile. I miei nemici sono tutti vivi… Che io sappia.»
Si bloccò e poi mi rivolse uno sguardo dubbioso. «Forse farei meglio a
telefonare a Gus.»
«Ecco, non sarebbe male!» Incrociai le braccia sul petto e
mi sforzai di pensare se qualche mio parente defunto mi odiasse, ma non mi
venne in mente nessuno. «Deve essere certamente colpa tua.»
«Oppure è il Governo che sta sperimentando una nuova droga
su di noi, a nostra insaputa, e siamo monitorati ventiquattr’ore su ventiquattro.
Siamo delle cavie, Ian. Il Grande Fratello ci sta osservando!»
Dopo la sua affermazione, entrambi iniziammo a controllare
che non ci fossero telecamere attaccate al soffitto e, per precauzione,
ispezionammo la tv, il frullatore, il tostapane, la caffettiera, l’orologio e
qualsiasi cosa potesse contenere una microcamera spia. Smontai addirittura il
mio cellulare per controllare che non ci fossero dei micro-cip, delle cimici -o
chissà cos’altro- nascoste al suo interno. Fu proprio mentre Flip stava aprendo
la scala per arrivare al lampadario, che bussarono alla porta e mi ritrovai ad
aprire a Page, infagottata e con della neve sul berretto, che mi porgeva uno
spumante.
«Buona Vigilia!»
Mi disse, prima di fare un passo in casa e notare –nel
seguente ordine- la lavagnetta imbrattata, gli elettrodomestici smontati, lo
specchio coperto e il mio coinquilino che controllava il lampadario. Entrò in
casa senza dire altro e io, come un idiota, cacciai la testa nel pianerottolo
per assicurarmi che nessun agente della CIA o del FBI l’avesse seguita. Non
vedendo nessuno, richiusi la porta con tre mandate e mi catapultai sotto la
scala di Flip, ignorando la ragazza, che se ne stava immobile in mezzo alla
stanza senza nemmeno togliersi il cappotto, facendo gocciolare quel che restava
dei fiocchi di neve sul pavimento.
«Hai trovato qualcosa?!» Domandai, attaccandomi alla
struttura in alluminio. «C’è qualche telecamera?»
«No. Non c’è nulla.» Mi rispose, scendendo dai pioli
ricoperti di plastica blu. «Credo che l’opzione del Grande Fratello sia da
scartare.»
«Allora che cosa ci resta?! Chiamiamo i Ghostbusters?!
Melinda Gordon?!»
«Non credo che sarebbero d’aiuto…»
«Ragazzi…» Ci interruppe la nostra ospite, titubante,
indicando l’affollamento di bottiglie vuote sul tavolo. «Quanto avete bevuto?»
«Non abbastanza!»
Rispondemmo in coro, lasciandola ancora più sbigottita di
quanto non fosse. Ripensandoci bene, visti dall’esterno non dovevamo proprio
essere un bello spettacolo, anzi… Sembravamo dei matti, con la barba di due
settimane –beh, rasarsi senza guardarsi allo specchio non è facile, quindi meglio
evitare- e le occhiaie dovute alle notti insonni. Ci svegliavamo nel cuore
della notte, spaventati dall’incubo ricorrente di ritrovarci faccia a faccia
con il nostro sosia assassino. Visti i presupposti, l’alcool non era affatto
d’aiuto per mantenere un aspetto dignitoso, ma non possiamo sempre dare la
colpa di tutto alla birra. Tuttavia, non potevamo nemmeno spiegarle il vero
motivo che ci aveva spinto a un comportamento psicotico come quello. Come puoi dire a qualcuno che hai paura del
tuo riflesso e che i fantasmi o i folletti ti stanno rubando i calzini? Come
fai a svelarle che temi che il Governo ti stia usando come cavia e ti stia
monitorando dopo averti somministrato una nuova droga in grado di schiavizzare
l’umanità intera?
Entrambi restammo quindi in silenzio, ognuno perso nei
propri pensieri alla ricerca di una spiegazione che non ci avrebbe fatto
passare per dei pazzoidi. Dal canto mio, non sapevo affatto che cosa inventarmi
e come giustificarmi. Lo stress non faceva altro che comprimere il mio cervello
e, come se ciò non bastasse, la sbornia contribuiva a rallentarne il
funzionamento. L’unica cosa che la mia coscienza mi suggerì fu “dille la verità”, ma io non avevo alcuna
intenzione di darle retta. Fu allora che Flip, che non era in grado ti tenere
la bocca chiusa, scoppiò in un lamento frustrato.
«Non possiamo più andare avanti così! Dobbiamo parlarne con
qualcuno!» Guaì, facendo qualche passo in là per voltarsi poi verso il
sottoscritto. «Impazziremo se continueremo a tenere tutto segreto!»
«Pensi che parlarne possa risolvere qualcosa?» Piagnucolai,
passandomi la mano fra i capelli e incastrandomi in un nido di nodi. «Non
credere che mi piaccia mentire a Page!»
«Ragazzi… Che cosa state dicendo?» Ci chiese lei, con le
braccia penzoloni lungo i fianchi, con il volto sbiancato. «Che cosa state
nascondendo? Avete dei casini con la legge…? Avete ucciso qualcuno?»
«NO!!» Il mio urlo la spaventò ancora di più e, se devo
essere sincero, terrorizzò anche me. Stavo
perdendo la ragione… «La questione è più complicata. Più… improbabile, ecco.»
«Che cosa è successo, allora?!» Anche lei alzò la voce e le
scappò pure una bestemmia, tanto era innervosita dal nostro atteggiamento
anomalo. «Sono due settimane che non fate altro che evitarmi… Non siete stati
nemmeno al Jack’s! Nessuno vi vede più in giro e non
aggiornate nemmeno i social, a parte per quei vostri calzini scomparsi!! Non
rispondete al telefono e ai messaggi su whatsapp. Avete un aspetto da reietti
e…»
«Volevamo finire tutti i Final Fantasy in tempo record. Uno filato all’altro…» Sentii dire al mio
migliore amico, con tono basso e colpevole. «Volevamo affrontare questa impresa
epica senza dirlo a nessuno.»
«Esatto…»
Lo appoggiai, indicando la consolle che avevamo smontato
giusto un’ora prima alla ricerca di microcamere o cimici. Chiunque si sarebbe
reso conto che stavamo mentendo spudoratamente e, difatti, Page ci scrutò come
se volesse estirpare la verità dai nostri corpi. Resistemmo con tutte le nostre
forze e sostenemmo il suo sguardo, così fu lei a cedere e sbuffare, finendo per
fare spallucce. Ci conosceva da anni e sapeva che potevamo essere dei gran
coglioni, ma non dei criminali o degli assassini. Al momento, quindi, si
convinse che avessimo iniziato a testare alcolici e allucinogeni in vista di
Capodanno. Sempre meglio passare per degli
alcolisti che per dei pazzi…
«Liberate il tavolo, che mancano dieci minuti alla
mezzanotte…» Ci disse, levandosi il cappotto per adagiarlo sulla sedia, mentre
osservava i pezzi del tostapane sparsi sulla tovaglia. «Avete preparato la Mince Pie per Babbo Natale?»
«…è già Natale?» Se ne uscì il mio coinquilino, lanciandomi
un’occhiata incredula. «Me ne ero scordato.»
«Sei così sbronzo, Fly?» Page
ridacchiò e scosse il capo, prima di andare ad afferrare il cavatappi. «E dire
che è un giorno importante! Non si lavora, arrivano tanti regali e nasce Gesù!»
«Come se potesse importarci qualcosa della sua nascita…»
Mormorai, con quella sensazione di fastidio che mi nasceva
in petto nel sentirlo nominare. Dopo ciò che era accaduto alla H&M non
potevo far altro che collegare quel nome al ricordo dell’altro me stesso che,
prima di provare a uccidermi, voleva convincermi a cercare Gesù. Non che ce
l’avessi con lui –non ancora, perlomeno,
visto che non sapevo che fosse la causa di tutti i miei problemi- però
iniziavo a non sopportarlo affatto.
«Pensiamo al brindisi piuttosto!» Proposi, avvicinandomi
alla credenza per afferrare tre flûte.
«Brindiamo a Babbo Natale e a quella sua barba ispida e bianca.»
«Secondo me è soffice…» Suppose Flip, accarezzandosi la
mandibola per saggiare la consistenza della propria barba nera. «Sembra fatta
di ovatta. È come le nuvole o la panna montata… Sai, quelle cose che ti danno
senso di morbidezza.»
«A me ha sempre dato l’impressione di essere fredda come la
neve…» Ammise la ragazza, abbassando lo sguardo sullo spumante che stavo
versando nei bicchieri. «Non so… A me Babbo Natale ha sempre fatto un po’
paura.»
«Effettivamente ha un po’ lo sguardo da psicopatico…»
Esclamai sovrappensiero, ricordandomi di quell’uomo travestito da Babbo Natale
con cui avevo fatto una foto da piccolo, al supermarket. «Sembra un po’ un
pedofilo.»
«Non è un pedofilo! Vuole bene ai bambini! Porta a tutti i
regali!» Nel dirlo, il mio coinquilino scoppiò in una risata, poi guardò
l’orologio. «Manca un minuto! Siete pronti?!»
Alzammo tutti i calici verso l’alto e iniziammo a contare i
secondi, come se fossimo a capodanno. Quel minuto sembrò durare un’eternità,
anche se non riuscii a spiegarmene il motivo, ma, comunque, brindai non appena
fu mezzanotte, cercando di accantonare la strana sensazione che provavo.
«A Babbo Natale e alla sua barba di cotone!» Fece Flip,
mentre facevamo sbattere i flûte uno
contro l’altro. «Buon Natale!»
«Buon Natale!»
Non appena io e Page finimmo di dirlo, successe quel
qualcosa di strano che avevo avvertito in precedenza. Le luci iniziarono a
tremare, per poi accendersi e spegnersi a intermittenza, mentre uno strano
ronzio invadeva la stanza. Istintivamente, io e il mio migliore amico
indirizzammo lo sguardo verso lo specchio, tuttavia lo ritrovammo coperto dal
telo da mare di Topolino e, per un attimo solo, ci risollevammo. Fu il bussare
insistente alla porta, tuttavia, che ci fece sussultare. Il mio bicchiere,
ancora mezzo pieno, cadde a terra e si frantumò, così che il contenuto si sparpagliò
in una pozza dorata sul linoleum.
«Chi è?» Chiesi, indietreggiando appena e guardandomi
intorno per cercare qualcosa con cui proteggermi. «Chi… chi può essere?!»
«Saranno quelli del coro! Andiamo ad aprirgli?» Ci domandò
la ragazza, controllando le proprie tasche alla ricerca di spiccioli. «Io non
li sopporto, ma se dai loro qualcosa se ne vanno anche senza cantare. Cazzo,
una scocciatura!»
«Non sono quelli del coro!» Mormorai, lanciandomi verso la
riproduzione di Pungolo appesa
accanto al divano. «Non aprire quella po…»
Non feci nemmeno in tempo a dirlo che le luci si spensero
del tutto e calò il buio. Purtroppo, la mia versione di Pungolo non si
illuminava affatto e maledissi il giorno in cui, alla fiera del fumetto, il
venditore mi aveva convinto che quella era decisamente più bella e raffinata. Nell’oscurità
potevo sentire il respiro affannato del mio compagno di sventure, nonché il
battito del mio cuore, che era come impazzito. Non molto lontano da noi, la
porta scricchiolò e, subito dopo, dei passi rimbombarono nel silenzio.
«Che succede?» Fu la nostra amica a parlare e mi accorsi che
si era spostata verso la finestra. «Ragazzi, che scherzo è questo?! Non è
divertente!»
«Non è uno scherzo!» Le rivelò Flip, che doveva aver raggiunto
la soglia del corridoio. «Deve essere un poltergeist!»
«E io dovrei crederti?! Andiamo!! Un poltergeist?!»
«Se non è quello è molto peggio!» Le dissi io, brandendo la
spada con la stessa convinzione di Martin Freeman. «…è un agente del Governo!»
«Che cooosa!?!»
La risposta di Page fu seguita da una risata inquietante,
molto simile a un “oh oh oh”
che mi fece venire la pelle d’oca. Non potevo sapere di che cosa si trattasse e
il mio cervello sviluppò un immagine dell’altro me stesso vestito come l’agente
Smith che mi veniva incontro pronto a eliminarmi. Non potei sopportare
quell’idea a lungo e feci qualche passo in avanti, senza sapere dove si
trovasse il misterioso aggressore.
«Dove sei?» Domandai, strizzando gli occhi per cercare di
mettere a fuoco gli oggetti nel buio. «Smettila di prenderci per il culo! Non
vogliamo più essere le cavie del Governo! Di’ a Obama che dovrà lasciarci in
pace!»
«O al capo dei folletti…» Aggiunse la voce distante del mio
amico, che sembrava provenire dalle stanze. «O a Casper!! Insomma, a chiunque
ti mandi!»
«Con chi diavolo state… AAAAAARGH!»
Il grido spaventato della ragazza mi fece sussultare e
cercai di raggiungerla, andando però a sbattere contro la scala che avevamo
lasciato in mezzo al salotto. La sua caduta a terra fece tanto casino da
spaccarmi i timpani, ma ciò passò in secondo piano, visto la botta che mi ero
preso alla testa dopo averla seguita sul pavimento. Di nuovo, la risata dello
sconosciuto riempì l’aria, accompagnato dai singhiozzi della povera Page. Ci fu
qualche secondo –o forse minuto?- in
cui non capii granché di ciò che stava accadendo intorno a me. L’oscurità,
l’urto con la scala, lo sgomento e la leggera sbronza mi spedirono in una
specie di buco nero. Mi ritrovai a credere di essere impazzito completamente,
pensai addirittura di porre fine a tutto prendendomi a spadate in fronte e farla finita.
Fortunatamente, come se fosse un fuoco fatuo portatore di
salvezza, vidi una luce verde provenire dalle stanze. Al momento mi convinsi
che fosse un vero Jedi e gli occhi mi si riempirono di lacrime. Potevo credere ai Jedi dopo aver ucciso me
stesso, no?! Andiamo, era una situazione fuori dal comune!
Comunque non era altro che Flip, che aveva recuperato la
riproduzione della spada laser che aveva nell’armadio in camera sua. Gli era
costata duecento ottantacinque dollari e la teneva nascosta come se fosse fatta
d’oro, ma, a quanto pare, in quella circostanza sembrava deciso a usarla. Fu
grazie a quella luce, che tornai finalmente a vedere e la prima cosa che notai
fu lo sguardo stravolto del mio coinquilino, che era rimasto in piedi sul
divano con la spada laser alzata. Mi voltai anche io verso Page e l’intruso,
così mi scappò un gridolino poco virile nell’istante in cui mi accorsi che non
si trattava di un poltergeist, di un mio sosia o di un agente del Governo: era
Babbo Natale. Era lui in carne e
ossa, non un cosplayer o un maniaco travestito.
«…Babbo Natale?» La voce fievole del mio migliore amico
arrivò in un mormorio incredulo. «Sei… Babbo
Natale?»
«Oh oh oh!
Sì!» Fece lui, trattenendo Page come se fosse un ostaggio e puntandole alla
tempia un bastoncino caramellato a strisce. «Siete stati dei bambini cattivi
quest’anno!»
«Aiutatemi!!» La ragazza ci supplicò, con la frangetta
spettinata a coprirle gli occhi invasi dall’orrore. «Questo pazzoide puzza di
vaniglia da far vomitare!!!»
«Io non sono stato cattivo per un cazzo!! Ho pure un lavoro,
adesso!» Senza dare ascolto alla richiesta della nostra amica, Flip puntò l’arma
verde verso l’ospite indesiderato. «Ho pure aiutato una vecchia ad attraversare
la strada, il mese scorso! E non commetto atti impuri da tre settimane… A parte
sotto la doccia. Con la mia mano e…»
«Andiamo!!» Sbottai io, rialzandomi da terra con Pungolo
stretto in una salda presa. «Cosa ce ne frega se sei stato cattivo o no! C’è
Babbo Natale in casa nostra, porcaputtana! Babbo Natale!!!»
«Beh, ma non può permettersi di accusarmi senza alcun
motivo! Dice il falso!» Si lagnò lui con un tono da bambino dell’asilo,
facendomi saltare i nervi. «Non ho fatto nulla di male!»
«Ora basta!!!»
Page ci interruppe, poi, inaspettatamente, fece una delle
mosse che aveva imparato al corso di difesa personale e, in men che non si
dica, si ritrovò distante dal grasso uomo vestito di rosso. Lui si piegò in
avanti, con le mani appoggiate alle palle, inspirando lentamente. Anche lui,
quindi, aveva dei genitali delicati come tutti quanti… Ma questo non è molto
importante. Ciò che conta è che il caro Babbo s’incazzò tanto che il volto
diventò dello stesso colore della sua casacca e ci lanciò addosso delle
caramelle gommose per vendicarsi. Una mi arrivò dritta sulla mano e ci si
attaccò, pizzicandomi forte, prima di iniziare a scavare la mia pelle.
«O porcatroia!!» Esclamai,
cercando di staccarmela di dosso senza alcun risultato. «Queste caramelle sono
carnivore!»
«Cosa?!» Flip agirò la spada e colpì uno dei dolcetti con
cui era stato attaccato, che finì nel lavandino pieno di piatti da lavare. «Non
mi lascerò mangiare da delle caramelle!»
«Ian… Non si staccano!» Mi disse la ragazza, accanto a me,
tentando di togliersene un paio dalle braccia. «Che cosa sta succedendo?! Chi è
quello?! Che cosa sono queste cose?!!»
Mi voltai a guardarla e, in quel preciso istante, mi accorsi
che delle grosse lacrime le strisciavano sulle guance pallide. Purtroppo, io
non avevo alcuna risposta che avrebbe potuto rasserenarla e non potevo nemmeno
dirle che sarebbe andato tutto bene. Come potevo, d’altronde, se non lo credevo
neanche io? Non avevo idea del perché Babbo Natale fosse venuto da noi e ci
stesse facendo del male.
«Oh oh oh!!
Mi avete fatto proprio arrabbiare!!» Ci spiegò quest’ultimo, infilando la mano
nel suo grosso sacco pieno di regali e dolci. «Avreste fatto meglio ad andare a
Messa, a festeggiare il compleanno di Gesù! Non avremmo avuto alcun problema,
se foste stati dei bravi cristiani!»
«Ma che cazzo c’entra ora?!» Domandò il mio coinquilino,
salendo sullo schienale del divano, dondolando alla ricerca dell’equilibrio.
«Non bisogna essere cristiani, per essere bravi! Sono tutte stronzate!»
«Ah sì? Oh oh oh!
E come lo spieghi, allora, il fatto che dal ‘96 non ti ho più portato
alcun regalo perché non hai fatto la prima comunione?» Chiese l’intruso,
estraendo dal sacco la lettera stracciata a metà che gli era stata inviata da
Flip diciassette anni prima. «Non prendo in considerazione le richieste dei
bambini cattivi!»
«Cosa…?» Il poveretto sembrò sul punto di scoppiare a
piangere per ciò che aveva appena scoperto, poi alzò l’arma verso l’alto,
illuminando l’accumulo di muffa sul soffitto. «Io volevo tanto il primo Tomb Raider per playstation e ho dovuto aspettare fino a
Marzo per la paghetta del mio compleanno per potermelo comprare solo per colpa
tua?! »
A quel punto, Flip non ci vide più dalla rabbia e si gettò
addosso a Babbo Natale, iniziando a prenderlo a spadate con una violenza
inaudita. Io restai immobile per un po’, dimenticando persino la caramella che
mi stava trapanando il dorso della mano, troppo intento ad assimilare ciò che
stava avvenendo davanti ai miei occhi. Il
mio migliore amico stava picchiando Babbo Natale… Credetemi, questa è una
scena che uccide l’ultimo rimasuglio di innocenza che vi è rimasto dentro. Fu
in quel momento di caos, mentre Page si lamentava per il dolore al braccio, che
mi ricordai del Natale del 1997, quando mi rifiutai di andare alla Messa di
mezzanotte. La mattina, quando mi alzai, non trovai alcun dono sotto l’albero e
mia madre si limitò a dirmi che avrei avuto qualche regalo in più al mio
compleanno, a Gennaio. Ci rimasi male, è vero, ma alla fine ricevetti quel che
volevo due settimane dopo e me ne dimenticai.
Ora, però, avevo compreso che era stato il vecchio imbecille
che mi era entrato in casa di soppiatto e stava cercando di farci mangiare
dalle caramelle a cancellarmi dalla lista dei bravi bambini. Quelle che vi
raccontano, sono cazzate: non sono i vostri genitori a farvi i regali, è quel
pezzo di stronzo di Babbo Natale. Vostra madre e vostro padre cercano solo di
prendersi il merito o di farvi credere di essere superiori a qualcosa che non
riescono a spiegarsi. È Babbo Natale la
causa della tristezza e dello smarrimento che avete provato la mattina del 25
Dicembre, quando sotto l’albero non c’era nulla.
A quel punto, brandii Pungolo come se mi trovassi davanti a
qualche ragno gigante a Bosco Atro e mi gettai anche io sull’intruso. Flip si
scansò appena per farmi passare, mentre Babbo Natale provava a fermare la spada
laser senza alcun successo, visto la lentezza dovuta alla sua mole. Allora
puntai dritto alla testa e gliela centrai, sentendo il cranio fratturarsi sotto
il mio colpo deciso. Alla luce verde emanata dall’arma del mio coinquilino,
vidi un rivolo di sangue colare da sotto il cappello con la punta a pon-pon. Poi, nell’istante in cui il vecchio cadde a terra,
la luce tornò a illuminare la stanza e le caramelle attaccate alla nostra pelle
tornarono a essere inanimate e scivolarono sul linoleum.
Ai nostri piedi, dove avrebbe dovuto esserci Babbo Natale,
non v’era che uno spazio vuoto. Non c’era traccia del suo cadavere o del suo
sacco. Ciò che ci impedì di pensare che fossimo diventati completamente pazzi,
fu la lettera scritta nel 1996 da Flip, stracciata a metà accanto a una delle
caramelle gommose. Il mio amico si chinò a recuperare entrambe e appallottolò
la prima, per poi infilarsi in bocca la seconda e masticarla.
«Uh! È alla banana!»
Proclamò, come se non fosse successo nulla. Sia io che Page
lo fissammo a occhi sgranati, lei in ginocchio poco distante da lui e io in
piedi, con Pungolo lasciato a ciondolare lungo il fianco. Mi voltai verso la
ragazza soltanto quando lei si alzò, tenendo il dolcetto carnivoro sul palmo
della mano tremante. Non riuscimmo a far altro che scambiarci un’occhiata
incredula, prima che Flip passasse in mezzo a noi per andare a prendere una
bottiglia di birra nel frigorifero.
«Ok.. Direi di aggiungere anche questo alla lista, già che
ci siamo.» Mi disse, stappando la bevanda e appoggiando i fianchi al ripiano
della cucina. «Anche se trovare un collegamento logico pare ancora impossibile.
Forse era un poltergeist che aveva preso la forma di Babbo Natale.»
«…forse.» Mormorai, appoggiando Pungolo al tavolo, cercando
tracce del sangue di Babbo Natale e non trovandole. «Certo, il Governo a questo
punto è da scartare.»
«A meno che abbiano drogato anche Page!» Mi corresse lui,
voltandosi verso la nostra amica. «L’hai visto anche tu, vero?»
«Io… Io non l’ho solo visto! L’ho toccato! Era vero!»
Sbraitò, agitando le braccia nel panico. «E voi l’avete ucciso! Avete ucciso
Babbo Natale!!»
«Dici che è un reato?» Mi chiese quell’altro, preoccupato.
«C’è una pena da scontare per chi ammazza Babbo Natale?»
«Perché, vuoi consegnarti dicendo quel che è successo?»
Feci, afferrando la bottiglia di spumante per bere a canna. «Non ci crederebbe
nessuno! E poi non sappiamo neanche se era vero o se fosse l’ennesima
allucinazione! Guarda, non c’è alcun cadavere!»
«Come sarebbe “l’ennesima allucinazione”?!» Se ne uscì la
ragazza, ormai sull’orlo di una crisi isterica. «Mi state dicendo che già vi è
successa una cosa del genere?!»
«Non con Babbo Natale, ma…»
Non finii di parlare perché bussarono alla porta e tutti ci
voltammo contemporaneamente, terrorizzati. Nessuno si mosse, non fino a quando
riprovarono a bussare e ci arrivò alle orecchie la voce di una donna. Riconobbi
che si trattava Bella e, allora, presi coraggio e mi avviai ad aprire,
ritrovandomi davanti al coro natalizio. In mezzo al gruppo, accanto alla mia
collega di lavoro, c’era una ragazzina magra che teneva fra le mani un cartello
con fiocchetti e cuori dipinte con un acrilico rosso sangue.
«Buon Natale Ian!» Mi disse la mia conoscente, cercando di
baciarmi le guance e rinunciandoci quando si accorse che ero sudato e
riluttante. «Questi sono i miei amici del gruppo! Stiamo passando per cercare
soldi per aiutare la nostra parrocchia a…»
«Aspettate!» La bloccai e mi voltai verso il cappotto di
Flip appeso all’attaccapanni, prendendo il suo portafogli e dando un biglietto
da venti a Bella, purché togliesse il culo dal mio pianerottolo. «Ecco, ora
scusate, ma non ho tempo. Ci vediamo!»
Feci per chiudere, ma uno dei coristi allungò la mano verso
di me e mi diede una busta con scritto “grazie per l’offerta”. Incrociai i suoi
occhi azzurri, nascosti appena dai lunghi capelli castani e, solo allora,
riconobbi l’uomo che avevo visto fuori dal fast-food in cui Flip era stato
posseduto. Se ci ripenso ora, mi viene da ridere. Andiamo, Gesù se ne andava in
giro a raccogliere soldi per la parrocchia la notte prima del suo compleanno! Smettiamola! Avrebbe potuto spassarsela
con una bottiglia d’acqua e trasformarla in vino per tutta la notte! Eppure,
ora so che quel giorno era stato lui a mandarmi Babbo Natale dritto in casa per
far sì che lo facessi fuori. Sapeva quel che sarebbe accaduto, ma non aveva
fatto nulla per fermarmi. Anzi, più tardi mi spiegò che era sua intenzione
cancellare l’uomo che da anni gli aveva rubato la scena durante la festività
del Natale e che, da quel momento in poi, ci avrebbe pensato lui a portare i
regali. Era stanco di affidarsi a sottoposti come il vecchio vestito di rosso. Ancora non riesco a capacitarmi di essere
stato una banale pedina… Eppure il peggio non era ancora arrivato. Eravamo solo all’inizio di quello
strampalato piano divino.
Comunque, in quel momento, ignaro di chi fosse, mi limitai a
sbattergli la porta in faccia e mi voltai verso gli altri, tenendo la busta fra
le mani. Loro mi osservarono per qualche istante, prima di sedersi entrambi sul
divano con una birra ciascuno, sfiniti. Presi a mia volta una bottiglia e li
raggiunsi, accomodandomi fra loro. Non dicemmo nulla, così mi limitai ad aprire
la busta e vi scovai un piccolo biglietto. Tutti e tre ci ritrovammo a leggere
quella scritta con il cuore che martellava come se volesse scavarci il petto.
Il biglietto si presentava così e ancora non riesco a
cancellarne l’immagine dalla mia memoria:
___________________________________________
Eccomi
con il nuovo capitolo…
Credetemi,
ho fatto una fatica assurda a scrivere questa cosa. Non so che cosa mi sia
venuto in mente, ma… Babbo Natale era cattivo ed è morto! Non fatevi troppe
domande e non chiedetevi perché non vi sono arrivati regali nel ’98. Però,
chissà, forse è perché non siete andati a messa!
Detto
questo, sì, Babbo Natale era un sottoposto di Gesù, solo che poi è diventato
più famoso di lui! Ahimè… I nostri protagonisti, però, hanno risolto il tutto
uccidendolo e ora non dobbiamo più preoccuparcene!
Vedremo
che cosa succederà nel prossimo capitolo!
Grazie
ancora per le recensioni e a chi mi ha aggiunto alle preferite o alle seguite.
Spero di ricevere presto qualche nuova opinione J
Al
solito, questa è la mia pagina facebook, e se volete iscrivervi fate pure… Vi vorrò bene J
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M.M.