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Autore: eolide98    06/02/2015    6 recensioni
Il ragazzino era bassino, pallido, quasi cinereo. Gli occhi, due pozze scure, erano puntati su di lui, ed i capelli ,neri come la pece, erano una massa disordinata. Quegli occhi. Percy ci lesse qualcosa di diverso dagli altri. Erano privi di pena o pietà, solo colmi di consapevolezza. Nico. Il ragazzo apparteneva alla stessa classe di Percy, eppure i due non avevano mai parlato molto, si erano limitati ad un dignitoso ignorarsi reciproco. Eppure adesso era lì, quel ragazzino, poco più piccolo di lui, era venuto fin lì, e sul suo viso Percy aveva letto qualcosa di più degli altri e per qualche ragione questo lo aveva fatto stare male. Lo aveva guardato, per un breve istante, e poi era scappato via, lontano da quegli occhi che lo facevano sentire tanto inadeguato.
"Lo sai?"- lo interruppe Percy-" pensavo che sarebbe stato più difficile. Starti vicino, intendo. Invece, alla fine, mi sono abituato ad averti sempre tra le scatole"-Il moro strinse Nico in un abbraccio soffocante, il più piccolo provò ad allontanarlo, senza troppa convinzione- "ho sempre pensato che tu avessi bisogno di essere abbracciato".
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Gli Dèi, Nico di Angelo, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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PIOVEVA

 

 

Pioveva. Una pioggerellina tenue, gentile, cadeva da quelle scure nuvole che oscuravano il sole. Non lampi, nè tuoni. Il vento aveva smesso di soffiare, si era interrotto, quasi volesse far terminare al prete il suo sermone. Quasi volesse lasciar spazio all'ultimo saluto dell'uomo che giaceva , ormai inerte, nella bara poggiata poco distante, ricoperta di fiori bianchi, di quel bianco candido, che stonava con il grigiastro panorama Londinese. Quell'uomo che in vita era stato un marine esemplare. Quell'uomo, che fino a poco tempo prima si sedeva a tavola, la sera, e chiedeva a sua moglie e a suo figlio come stessero. Quell'uomo che si era sempre diviso tra casa e lavoro, tentando di dare la giusta importanza all'uno e all'altra. Ma adesso Poseidone Jackson non c'era più. Era morto. Era stato ucciso. Ma non in guerra... non era caduto sul campo di battaglia per mano di un nemico, no di certo! Poseidone Jackson era stato un eroe fino alla fine. Una banale rapina in banca, tre ostaggi, ed uno di questi era proprio lui, già. E non era riuscito a rimanere al suo posto, ad obbedire ai rapinatori, che, armati, attentavano alla sua vita. Poseidone si era messo tra loro ed un cassiere, ed il colpo era partito, ed ora lui non era più lì. Ora lui non era più lì. Non era più lì.

 

Era questo quello che Percy continuava a ripetersi mentre trasportava sulle spalle la bara del padre, e ci aveva pensato anche quando la madre era scoppiata a piangere, o quando quegli stupidi parenti mai visti prima erano venuti a fargli le condoglianze, a sussurrargli quei “ mi dispiace”, che nella testa del ragazzo risuonavano come una eco vuota. E poi gli amici. Annabeth, Jason e Grover lo avevano stretto in un abbraccio soffocante, e le innumerevoli pacche sulle spalle, e quello stupido sguardo. Quello sguardo che nasconde pena e tristezza. Tristezza, era questo che provava Percy? Non riusciva a rendersene conto, non era ancora riuscito a capirlo, sentiva solo un terribile vuoto. Quando gli avevano detto ciò che era successo il mondo gli era crollato addosso. Una parte del cervello gli urlava di correre in banca, di verificare egli stesso la morte del padre. Ma alla notizia il ragazzo aveva perso il controllo. Solo un urlo gutturale, inumano, era uscito dalle sue labbra. Perchè non c'è nulla di umano nella morte prematura, nell'uccidere un'altra persona. E poi silenzio, solo una cupa e definitiva accettazione di ciò che era successo. E gli eventi gli erano passati davanti agli occhi con una velocità enorme. Improvvisamente gli sembrava di non essere sé stesso, adesso gli sembrava di vedere il succedersi degli eventi da lontano, dall'alto. Come quelle nubi cariche di pioggia che avevano accompagnato l'ultimo viaggio di suo padre. Ancora una pacca sulla spalla, ancora un abbraccio, ancora una parola di consolazione buttata lì per caso. Vide Jupiter Grace, il padre di Jason, avvicinarsi a sua madre e stringerla forte. Percy buttò via l'ombrello, improvvisamente desideroso di sentire le gocce d'acqua sulla pelle, di svegliarsi da quel sonno forzato che si era imposto per poter contenere il dolore. Una mano gli si posò sulla spalla. Percy si voltò verso la figura vestita di nero che lo aveva accolto sotto l'ombrello del medesimo colore. Il ragazzino era bassino, pallido, quasi cinereo. Gli occhi, due pozze scure, erano puntati su di lui, ed i capelli ,neri come la pece, erano una massa disordinata. Quegli occhi. Percy ci lesse qualcosa di diverso dagli altri. Erano privi di pena o pietà, solo colmi di consapevolezza. Nico. Il ragazzo apparteneva alla stessa classe di Percy, eppure i due non avevano mai parlato molto, si erano limitati ad un dignitoso ignorarsi reciproco. Eppure adesso era lì, quel ragazzino, poco più piccolo di lui, era venuto fin lì, e sul suo viso Percy aveva letto qualcosa di più degli altri e per qualche ragione questo lo aveva fatto stare male. Lo aveva guardato, per un breve istante, e poi era scappato via, lontano da quegli occhi che lo facevano sentire tanto inadeguato.

 

Quella sera Percy non aveva toccato cibo. La madre gli aveva preparato una delle sue torte ai mirtilli, completamente ricoperta di glassa blu, proprio come piaceva a lui. Era sempre bastata una fetta di torta colorata a tirarlo su, a farlo sentire immediatamente meglio. Eppure, adesso, Percy non riusciva a toccarla. Aveva poggiato il piatto sulla scrivania ed aveva preso l'MP3 dal cassetto. Si era tolto giacca e pantaloni, di quell'orribile colore nero che aveva sempre odiato, ed aveva indossato una vecchia maglietta e dei jeans. Sentiva freddo, ma non gli importava. Perchè i brividi, che gli salivano lungo la schiena, gli ricordavano che era vivo, che era ancora vivo, ancora vivo. Eppure si sentiva vuoto, e triste, e solo. Certo avrebbe potuto chiamare Jason, dirgli come si sentiva. Era suo amico, lo avrebbe tirato su di morale. Oppure Annabeth, che si sarebbe infuriata, intimandogli di mangiare. Ma il telefono giaceva sulla scrivania, troppo lontano. Percy si era chiuso a riccio. Era consapevole di aver bisogno di parlare, eppure non ne aveva voglia. Si stese sul letto ed infilò le cuffie nelle orecchie, facendo attenzione a scegliere il disco giusto. Fallen degli Evanescence, quella fu la decisione di Percy. Musica triste per scacciare il dolore, sarebbe dovuto servire a quello. Eppure, man mano che la cantante alzava la voce, si sentiva solo più vuoto e fragile. My Immortal infuriava a tutto volume, quando Sally Jackson fece il suo ingresso in camera del figlio, ancora elegantemente vestita. La gonna, nera, le arrivava fin alle caviglie. Addosso portava una mantellina nera a coprire una camicetta del medesimo colore. Aveva gli occhi solcati dalla stanchezza, e sembrava invecchiata, in un soffio, di diversi anni. Perchè Sally Jackson, quel giorno ,aveva perso una parte di sé stessa, al posto della quale, adesso, si intravedeva solo una profonda stanchezza. Si sedette sul letto, vicino a dove Percy stava sdraiato, guardandolo intensamente.

“ Quando eri molto piccolo, tuo padre ti portò in barca. Io non volevo, avevo paura che tu cadessi, che potessi affogare. Mi disse di non preoccuparmi, mi disse che, fin quando fossi rimasto con lui, non saresti mai stato in pericolo, che non dovevo aver paura”- una lacrima rigò il volto di Sally, sciogliendone il trucco appena visibile- “ ti- ti voleva così bene!”- Percy abbracciò la madre, che si sciolse in lacrime sulle sue spalle-” Così bene...”

 

Pioveva ancora quella sera, quando Sally era uscita dalla camera del figlio. E continuava a piovere. Percy se ne stava disteso sul letto, con gli occhi rivolti verso l'alto, pensando a ciò che era successo, riflettendo, inconsapevolmente, su ciò che aveva scorto negli occhi del piccolo Di Angelo.

 

 

 

 

NDA

Buongiorno a tutti. Eccomi tornato con una nuova long, dal titolo Remember me. Allora, fissiamo dei punti cardine: questa ff è nata da un suggerimento, dal consiglio di un'amica speciale. È una prova, un tentativo. È, inoltre, la mia prima storia AU. Vi prego di farvi sentire, sarà proprio in funzione delle recensioni ( ecc.) che deciderò se continuare o meno con questa long.

 

Ad Maiora

 

E.f.

   
 
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