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Autore: fers94    06/02/2015    1 recensioni
Raccolta OS Haleb, ambientate in diversi momenti della serie.
"E poi facciamo a gara a chi strappa per primo un sorriso all'altro. Tu accenni a un sorriso alzando di poco le labbra, e ti spuntano le fossette, e mi guardi come se fossi la persona migliore del mondo, anche se io non mi ci sento affatto. Ed io provo a fare la stessa cosa, e a dirla tutta le fossette spuntano anche a me, ma di solito non faccio in tempo a sorridere perché prima che possa farlo mi trovo già nel mezzo di un tuo bacio, e credo che sia meglio che sorridere." [Cap.1; Caleb pov.]
"Tu sei parte di me, anzi... Sei molto di più. Sei almeno la metà di me. Intendo dire che se tu non ci fossi, sarei come mezza Hanna." [Cap.2; Hanna pov.]
"Sei arrivata come arriva una giornata di sole nel bel mezzo dell'inverno più rigido, come arriva il ripieno morbido dopo aver schiacciato tra i denti la caramella più dura: inaspettata ma piacevole." [Cap.6; Caleb pov.]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caleb Rivers, Hanna Marin
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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5x11; Le riflessioni di Caleb quando finalmente si apre con Hanna riguardo Ravenswood.







"Happy ending"

 
Stavo scappando. Di nuovo.
Non volevo essere aiutato e non volevo che le persone pensassero che avessi davvero bisogno di aiuto. Era così, in realtà, ma io non riuscivo ad accettarlo.
Nella mia vita ce l'avevo sempre fatta da solo, perciò mi dicevo che no, non dovevo essere aiutato. Ce la potevo fare da solo.
Ma allora perché scappavo?
Forse semplicemente perché ero ferito. O forse perché c'era una piccola parte in me che in fondo sapeva che Toby, Spencer e soprattutto Hanna avessero ragione.
Ma non ero pronto per essere aiutato. Per essere guardato come si guarda un malato, un bisognoso.
Io non ero alcolizzato, io ero solo spaventato. Ma non ce la facevo ad ammetterlo.
Perciò, mi sembrava più facile scappare che tentare di spiegare qualcosa di inspiegabile come la mia permanenza a Ravenswood e tutto quello che mi aveva lasciato dentro.
Scappare è sempre la soluzione più facile.
Anche il bere era un modo per scappare. Bevendo scappavo dalla realtà, ma anche dai miei stessi sogni, che mi terrorizzavano forse anche più della realtà. L'alcool riusciva ad annullarmi, completamente, e annullarmi mi sembrava l'unico modo per poter andare avanti.
E mentre facevo i bagagli, sapevo che scappando mi sarei trovato di nuovo senza nessuno, ma forse sarebbe stato meglio così. Nessuno da preoccupare, nessuno da deludere, nessuno da ferire. Magari tornare a Rosewood era stato sbagliato. Magari avrei dovuto solo lasciare che Hanna si rifacesse una vita senza di me, piuttosto che riapparire dal nulla e incasinarle di nuovo tutto, come se non avesse già abbastanza casini per sé.
Lei sì che si preoccupava per me. L'aveva sempre fatto. Era stata la prima persona in assoluto a preoccuparsi per me. Fin da quando, pur conoscendomi a malapena, mi aveva dato un tetto sotto cui stare ed un piatto su cui mangiare. Eppure io non mi ero mai davvero abituato al fatto che tenesse davvero a me.
Lei mi amava.
Ed io stavo di nuovo scappando da lei, come un vigliacco, solo perché lei si preoccupava per me.
Solo perché mi amava.
"Forse è meglio così", mi ripetevo. E giuravo a me stesso di non tornare più, perché tornare avrebbe di nuovo interferito con la vita della persona che amavo di più al mondo, ed io dovevo smetterla di fare così. Dovevo lasciarla stare, togliermi di mezzo una volta per tutte, perché Hanna meritava di meglio di un ragazzo che beveva e che scappava da tutto; dalla realtà, dai suoi sogni, dai problemi e anche dalle persone che lo amavano.
Un vigliacco.
 
Ma avrei dovuto immaginare che lei era lì, ad aspettarmi.
Per parlarmi, per farmi calmare, per farmi ragionare. Addirittura per chiedermi scusa, come se fosse stata lei ad aver sbagliato. E il tutto con tutta la pazienza e la comprensione del mondo, nonostante mi fossi comportato da idiota durante la serata che aveva organizzato per me, mandando al diavolo tutti solo perché mi volevano bene e tornando "a casa" solo per fare i bagagli e scappare, come al solito.
Lei invece era lì. E non mi urlò contro. Non mi disse che fossi un idiota o cose simili, nonostante me lo sarei decisamente meritato.
Mi guardò semplicemente negli occhi e mi disse che era disposta a lottare per me. A patto che io mi fossi fidato di lei. Altrimenti, avrebbe rispettato la mia scelta di fuggire. Mi disse che mi avrebbe addirittura aiutato a fare i bagagli, se quella fosse davvero stata la mia decisione definitiva.
E quando la guardai, capii.
Se fossi scappato, avrei continuato a farlo per sempre. Sarei arrivato non solo a scappare dal mondo, ma anche da me stesso.
Io non dovevo scappare, o almeno non più. Perché ero proprio nell'esatto posto in cui sarei dovuto essere.
E non parlavo di Rosewood.
Parlavo di lei.
Con lei.
E solo con il suo aiuto l'avrei fatta finita con l'alcool e con i miei timori. Solo lei avrebbe potuto aiutarmi, non scappare.
Finalmente mi decisi ad aprirmi. Le raccontai tutto. Dall'inizio alla fine. Ed Hanna mi credette, mi capì, mi rassicurò. Come forse nessun altro al posto suo avrebbe fatto.
Ed io sentii finalmente il mio cuore alleggerirsi.
È facile condividere le gioie con le persone care, ma non lo è condividere i dolori.
Quella sera dovetti scegliere tra condividere il mio dolore con Hanna, la scelta più difficile, oppure scappare senza voltarmi indietro, la scelta più facile.
Io scelsi di fare la cosa più difficile perché, quando guardai negli occhi Hanna e la vidi preoccupata per me come non l'avevo vista mai, realizzai di aver davvero bisogno di aiuto. E sapevo che di lei potevo fidarmi, che non mi avrebbe giudicato, che non me ne sarei dovuto vergognare.
Da lei non avrei dovuto nascondermi.
Hanna mi ricordò che ero un essere umano, un uomo che aveva passato un periodo tremendo e che aveva semplicemente bisogno di essere aiutato. E come uomo, ero in dovere di affrontare il problema, e non di scappare come un vigliacco.
Avevo Hanna nella mia vita, l'unica fortuna che mi fosse mai capitata, e non avrei mai potuto permettere che i miei tormenti me la portassero via.
Magari non eravamo più le persone di una volta, ma sapevamo di amarci come sempre. Certe cose non cambiano solo perché tutto quello che le circonda cambia o perché il tempo passa.
Ancora una volta, però, fu Hanna a farmi capire che stavo sbagliando. Forse sarei scappato se lei non fosse venuta a cercarmi, e questo mi faceva sentire un idiota, ma mi ricordava anche che avrei sempre avuto bisogno di lei.
Ed avere bisogno di lei non era una debolezza. Era la mia forza. Sarebbe sempre stata la mia forza.
Per questo quella notte scelsi di impegnarmi a cambiare. Avrei smesso di bere, di isolarmi dal resto del mondo, di annullarmi, e l'avrei fatto per lei. Sarei diventato migliore per lei, perché Hanna amava me, aveva scelto me, non so perché ma l'aveva fatto, perciò io dovevo essere l'uomo che lei meritava, e non lasciarla per l'ennesima volta.
 
"Non sono arrivata a tanto per non avere un lieto fine" mi disse.
Hanna meritava un lieto fine ed io le avrei dato il suo lieto fine, fosse stata anche l'ultima cosa che avrei fatto nella mia vita.
Lei voleva che fossi io il suo lieto fine, perciò io sarei stato il suo lieto fine.
Ne avevamo passate tante insieme, aveva ragione. Questa era solo l'ultima di una lunga serie, ed il nostro amore era più forte. Era sempre stato più forte di qualsiasi cosa, sarebbe stato sicuramente più forte anche di qualche goccia d'alcool, di qualche incubo e dei miei stupidi comportamenti da vigliacco.
Hanna ed io non avevamo lottato contro -A per tutto quel tempo perché tutto si concludesse con una mia stupida fuga. Non eravamo rimasti insieme malgrado tutto perché tra noi andasse a finire così. Io non ero tornato da lei solo per vederla un'altra volta e poi di scappare di nuovo.
Non doveva andare così. Aveva ragione lei.
Se quel giorno eravamo ancora lì, ancora insieme, ancora innamorati, era giusto che ci prendessimo quel lieto fine che Hanna reclamava.
Ci meritavamo un futuro sereno, felice e tranquillo, sempre insieme, sempre l'uno al fianco dell'altra. Semplicemente senza -A, senza maledizioni, senza persecuzioni. Quello era ciò che ci meritavamo, che il nostro amore meritava, e noi ce lo saremmo preso.
Ecco perché avrei smesso di scappare.
Sarei rimasto per continuare a lottare per me ed Hanna, insieme a lei, per sconfiggere tutte le ombre che ci circondavano e poi, finalmente, per dedicarci al nostro futuro. L'avrei sposata, avremmo creato la nostra famiglia e saremmo andati a vivere con i nostri bambini in una casa magnifica, con un giardino enorme ed un cagnolino affettuoso.
Anch'io volevo quel lieto fine, lo volevo tanto quanto Hanna, ed insieme, lo sapevo, lei ed io ce lo saremmo presi. Magari non sarebbe stato facile, ma stavolta valeva la pena scegliere la strada più difficile. Eccome se ne valeva la pena.
Pensai a tutto questo ma non riuscii a dire nulla dopo quella sua frase, comunque ad Hanna non servì nessuna risposta. Preferì baciarmi, facendomi capire che non le servivano parole, e che mi sarebbe restata accanto se gliel'avessi concesso.
Ed io gliel'avrei concesso, perché finalmente avevo ammesso a me stesso che avevo bisogno di lei, che senza di lei non ero nulla.
Hanna era la mia forza, la mia famiglia, la mia casa.
 
Non ci fu nulla da fare per farle cambiare idea quando mi riferì la sua intenzione di restare lì con me almeno finché non mi fossi addormentato. Non servì dirle che non ce ne fosse bisogno. Lei mi disse semplicemente che avrei dovuto lasciare che si prendesse cura di me. E a questo, ancora una volta, non seppi replicare. La abbracciai forte, semplicemente. Poi lasciai che Hanna mi condusse lentamente verso il divano, dove mi fece stendere, dunque prese una coperta dalla poltrona e mi coprì. Si appoggiò quindi sul bracciolo del divano, proprio accanto alla mia testa, e mi accarezzò il viso.
L'ultima immagine che vidi prima di chiudere gli occhi fu il viso di Hanna, e l'ultima cosa che pensai prima di addormentarmi col sorriso, sotto il morbido tocco delle sue carezze, fu che ero finalmente a casa.
Non feci nessun brutto sogno. Né quella notte né le successive.
Non dovevo scappare più.
Non volevo scappare più.
Hanna ed io eravamo tornati a correre sulla nostra strada, mano nella mano, e quella strada ci avrebbe portato al nostro lieto fine.
   
 
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