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Autore: Harryette    06/02/2015    5 recensioni
[...] Ci fu un silenzio imbarazzante, prima che Margareth si decidesse a riprendere e concludere il discorso.
‘’Questa sono io. Sono Margareth, la stessa persona che era affacciata sul balcone di quel ristorante italiano e la stessa persona a cui hai detto che, andandosene, si rinuncia non solo alle cose brutte ma anche a quelle belle. Sono contenta di averti dato ascolto, perché – io – l’ho trovata una cosa bella. E scusami, davvero perdonami, perché io sono innamorata di te e non so neanche perché te lo sto dicendo adesso’’
Dall’altra parte ci fu, ancora una volta, silenzio. Le parve di udire un sospiro, ma non ne era proprio sicura.
‘’Ho finito’’ disse. ‘’Mi dispiace per l'ora, e...''
Stavolta, però, lui la interruppe. ‘’Stai piangendo?’’ le domandò.
''Cambierebbe qualcosa?'' chiese.
''Non piangere'' lo sentì addolcirsi. ''Non piangere, Marge''.
[SPIN-OFF DI ''MORS OMNIA SOLVIT'', DA LEGGERE ANCHE SEPARATAMENTE]
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Gli inarrivabili del Bronx'
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| Capitolo Quindicesimo |
Remember those walls I built?


La casa, enorme, era così piena che – probabilmente – non ci sarebbe stato posto neanche per un’altra persona. Margareth, vestita di nero già dalle dieci meno un quarto di quella mattina, se ne stava in un angolo – accanto alla scultura preferita di sua madre Celine – con le braccia incrociate e lo sguardo indagatore. Aveva visto più persone sconosciute che quelle che, effettivamente, conosceva anche solo di vista. Gente che era entrata in casa Grey con le lacrime agli occhi e le mani tremanti, abbracciando Dan e Celine e facendogli ancora le più ‘’sentite condoglianze’’. Alcuni neanche l’avevano salutata, probabilmente perché non ricordavano neanche che Morgan avesse avuto una sorella minore. Ammesso che ricordassero chi fosse Morgan, ovviamente.
E nel suo angolino isolato e semi-nascosto, Maggie rimaneva sempre più allibita dall’ipocrisia di quelle persone: le stesse con la quale era cresciuta, i protagonisti di tutte le storie e i pettegolezzi che le erano stati raccontati, coloro che erano anche al funerale anni prima, ma che non sapevano niente di Morgan Grey.
Il loro, era solamente un modo per apparire caritatevoli ed interessanti agli occhi del sindaco di una delle capitali del mondo conosciuto. Non sapevano niente, né di Morgan, né dei Grey, né tantomeno gli interessava che le cose cambiassero. E, tra tutte le cose che detestava, le lacrime di coccodrillo avevano il primo posto per Margareth. Si chiese come diavolo avesse fatto a stare e sentir parlare di quella gente per quasi diciotto anni, e scosse il capo. Era stata davvero così cieca? Così presa dal voler soddisfare i suoi genitori da perdere di vista cosa voleva lei? Aveva davvero pensato che alla famiglia Adams, o alla famiglia Clarke o perfino alla famiglia Andrews, avrebbe potuto interessare qualcosa che non fosse prestigio o autoaffermazione?
Improvvisamente, lo stesso mondo che aveva sempre considerato stretto e troppo diverso da lei, le parve assolutamente assurdo ed invivibile.
Strinse fra le mani il suo calice di champagne, lo stesso che i camerieri si premuravano di portare dovunque sui loro vassoi d’argento, e sospirò pesantemente. Era quasi mezzogiorno, e la celebrazione commemorativa non era ancora neanche incominciata. Il vescovo, invitato appositamente per l’occasione, pareva fosse imbottigliato nel traffico di primo pomeriggio. Il vestito nero, spezzato in vita e più morbido sulle gambe, sembrava addirittura stringere Margareth in una morsa violenta. Proprio quando si domandò se fosse stato troppo scortese salire in camera sua, e esattamente quando si rispose che sicuramente nessuno si sarebbe accorto della sua assenza, sentì una voce conosciuta alle sue spalle.
‘’Come mai te ne stai qui da sola?’’
E voltandosi, proprio come aveva immaginato qualche secondo prima, si ritrovò davanti il volto sorridente e composto di quello che era sicura che fosse Henry Andrews, il figlio di uno dei più cari amici di suo padre nonché ragazzo perfetto secondo i suoi genitori. Era da parecchio tempo che non lo vedeva, precisamente da quella sera al ristorante italiano. Henry aveva i capelli più chiari rispetto alla prima volta, gli occhi dello stesso verde bottiglia, ma le pareva quasi più muscoloso. Era stretto in uno smoking che, si vedeva chiaramente, aveva iniziato a maledire già tempo prima. Anche lui, così come la bionda, stringeva fra le mani un calice di champagne ma – al contrario di lei – il suo era quasi vuoto.
Margareth cercò di dedicargli un sorriso almeno in parte sincero e sentito, anche se non seppe mai se fallì o meno. Guardò il pavimento laminato, perché per qualche motivo arcano non riusciva a reggere lo sguardo del ragazzo. Sembrava scrutarla semplicemente un po’ troppo.
‘’Non sono dell’umore giusto per stare fra la gente’’ scosse le spalle, rispondendo alla sua domanda. Henry dovette pensare che fosse una frecciatina o qualcosa del genere, perché portò goffamente le mani in avanti – rischiando di far rovesciare lo champagne – scusandosi.
‘’Scusami, Margareth, io non intendevo affatto dire che non ti interessi di questa cosa. Dopotutto era…è tua sorella, e…insomma io…’’
A Maggie venne da ridere sinceramente, per la prima volta da quella notte, per i buffi modi di fare di Henry e per il suo immenso imbarazzo. Non credeva che mai qualcuno avrebbe potuto essere in soggezione di fronte a lei, visto che era sempre stato il contrario.
‘’Henry’’ lo interruppe, sorridendo per bene e poggiandogli una mano sul braccio per fermarlo. ‘’Stai tranquillo. Semplicemente non mi va di sentire persone che parlano di industrie e politica’’
Il ragazzo sembrò davvero tranquillizzarsi alle parole della bionda, tanto che tutti i suoi muscoli si distesero improvvisamente. Le regalò il sorriso più sincero che possedeva, prima di scuotere la testa e scusarsi una seconda volta. E poi ‘’mi dispiace davvero tanto per Morgan’’ le disse, sinceramente e profondamente e amabilmente.
Maggie rimase impietrita, non tanto per quello che le aveva detto in per sé quanto per il fatto che Henry era stato il primo – in quella villa immensa – a dire qualcosa a lei. Certo, aveva ricevuto delle condoglianze, ma erano di circostanza e l’avrebbe capito chiunque. Invece le sembrò che in quelle di Henry Andrews, anche se erano state finemente velate, ci fosse quella sincerità e quell’interesse che non aveva ancora sentito da nessuna parte. Anche questa volta, allora, non potè impedire la nascita di un sorriso reale.
‘’Dispiace anche a me’’ gli rispose, dolcemente. ‘’Grazie’’
A quel punto, era convinta che lui avrebbe girato le spalle e se ne sarebbe andato. Ed invece, a discapito della sua immaginazione, Henry rimase lì davanti a lei. Si passò una mano nei capelli dorati, improvvisamente di nuovo in agitazione, e poi la osservò.
‘’Penso che…’’ iniziò, timidamente ed educatamente. ‘’Si, insomma, io sono fermamente convinto che – adesso – Morgan stia molto meglio. Sai, senza sofferenze e senza alcun tipo di pensiero. Non deve essere facile vivere per morire’’
Maggie non ci aveva mai pensato, e si sorprese quando il significato di quel semplice pensiero le arrivò alla mente veloce come un tornado. Morgan aveva passato gli ultimi mesi della sua vita in una camera d’ospedale, lamentandosi per l’immobilità e soffrendo in silenzio per dei dolori che non erano neanche lontanamente immaginabili. Se anche fosse stata viva, in quel momento e lì, non sarebbe mai cambiato niente. La consapevolezza che, in quel momento, Morgan fosse felice e spensierata rincuorò parecchio Margareth. Non doveva essere per niente facile vivere per morire.
‘’Hai ragione’’ disse, di getto. ‘’Hai completamente e pienamente ragione, Henry. Credo… credo di essere anche io fermamente convinta che adesso stia molto meglio’’
Il ragazzo parve salire al settimo cielo, nel rendersi conto che – probabilmente – aveva appena aiutato una ragazza in un momento difficile. Stavolta fu lui a poggiarle una mano delicata sulla spalla, e a stringerla lievemente quando Margareth sussultò per la sorpresa.
‘’Passa una buona mattinata allora, Maggie’’ le sorrise, chiamandola per la prima volta in quel modo e sottolineando un grado di confidenza che la bionda non aveva neanche preso in considerazione. Le si avvicinò e le scoccò un leggero bacio sulla guancia, e allora Margareth avvampò.
‘’Spero di sentirti presto’’ continuò Henry, facendo per allontanarsi. Maggie si sentì solamente di regalargli un sorriso prima che scomparisse fra la folla. E prima che le si parasse davanti l’ultima persona che credeva di vedere.
‘’Holland Todd?’’ sussurrò.
 
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‘’Quindi, adesso, è tutto a posto?’’ domandò Carl.
Cam parve risvegliarsi dal suo stato comatoso, aprendo gli occhi e sistemandosi meglio sul divano scomodo e fin troppo piccolo per due persone. Accanto a lui, sistemata sul suo petto, c’era Laurine che dormiva profondamente dopo notti e notti di insonnia e incubi. Che aveva condiviso anche Cameron, ovviamente per non lasciarla sola, e quindi un po’ di riposo era esattamente quello che gli ci voleva. Era consapevole che fossero quasi l’una del mattino e che Laurine non avrebbe dovuto essere lì, ma quando aveva bussato quella mattina – quando Carl era già andato a scuola – Cam non aveva saputo e non aveva potuto dirle di no. L’aveva fatta salire, e non biasimava l’amico. Di certo rientrare a casa per pranzare, e trovare due persone sul divano – che erano appena uscite da una crisi, tra l’altro – non era propriamente regolare.
‘’Shh’’ lo zittì Cam, per non svegliare Laurine. Si alzò lentamente, quasi come se avesse avuto paura di romperla, e si infilò la prima maglietta che trovò sulla spallina del divano blu. ‘’Abbassa la voce’’
‘’Ah bhè’’ sussurrò Carl. ‘’Non è una bambina, Cam’’
‘’Che coglione’’ borbottò Cameron, facendo segno all’amico di raggiungerlo sulla terrazza. Era abbastanza grande, considerate le dimensioni modeste del loro appartamento in centro, ed era stata la sede delle migliori fumate e discussioni della storia. ‘’Non dorme da giorni, lasciala stare’’
Carl sembrò ricordarsi improvvisamente di tutta la situazione precedente, e scrollò le spalle. ‘’Scusa’’ disse, atono. ‘’Sono contento che le cose tra voi si siano sistemate’’
‘’Più o meno’’ Cameron non riuscì a trattenere un sorriso. Nonostante Laurine avesse paura di essere toccata, ancora, pian piano gli stava permettendo di avvicinarsi, di nuovo. L’avrebbe ringraziata a vita. ‘’E comunque, anche io. Ora che quel figlio di puttana è finalmente in galera, spero per lui che non esca mai più’’
‘’Pensa a lei, ora’’ lo interruppe Carl, accendendosi la solita sigaretta. ‘’E’ passata’’
Cameron rilassò i muscoli a quell’affermazione, resosi conto che – effettivamente – era davvero finita.
I secondi di silenzio, ben presto, divennero minuti. Fin quando, almeno, Cam non si decise a parlare. ‘’Chiederesti alla tua fidanzata se è disposta a regalarmi le sue scarpe?’’
Carl avrebbe riso, molto probabilmente, se Cam non l’avesse chiamata in quel modo assurdo. Si limitò a scuotere la testa, esasperato, e ‘’Che tipo di problema hai, tu?’’ gli chiese.
Cam sogghignò e gli diede una pacca sulla spalla tutt’altro che leggera. ‘’Coglione!’’ ringhiò Carl, preso alla sprovvista. Cameron, tuttavia, parve non ascoltarlo. Prese a parlare quasi da solo, non lasciando a Carl neanche il tempo di controbattere.
‘’Sai, ieri ero al bar e leggevo il giornale e…’’
‘’Sai leggere?’’
‘’Stai zitto, Pearson. Comunque, stavo leggendo il New York Times e c’era la classifica delle dieci ragazze americane più sexy’’
‘’Interessante, Cam’’ sbadigliò il moro.
‘’A parte quei fantasmini delle figlie di Obama, sai chi c’era al quarto posto?’’
‘’Tu?’’ la domanda di Carl, Cameron non dovette neanche sentirla perché si rispose da solo dopo due secondi.
‘’Margareth Grey!’’ quasi urlò. ‘’C’era scritto qualcosa sulla sua innocenza e la sua educazione, e su quanto fossero sexy. Tu che dici?’’
Per quanto sorpreso, a Carl non avrebbe potuto importare di meno di quello che si diceva su uno stupido giornale. A prescindere se quelle cose erano condivise anche da lui, o meno. E proprio perché non accennava a dare una risposta, Cameron riprese a parlare. ‘’In effetti, dobbiamo ammettere che con la sua faccina, secondo me, sotto sotto sarebbe…’’
‘’Taci, cretino’’
Cameron scoppiò a ridere per il tono burbero che Carl aveva usato, quasi come se stesse richiamando un figlio o un fratello minore. Scosse la testa e ‘’lo sapevo, quella ragazzina ti ha fottuto il cervello’’ lo prese in giro.
‘’Non mi ha fottuto nessun cervello’’ ringhiò il moro. ‘’Forse le sue scarpe lo hanno fottuto a te’’
‘’Non mi pare di averlo mai negato’’
L’occhiolino di Cameron era la cosa che Carl detestava di più al mondo. Alzò gli occhi al cielo proprio quando glielo fece e ‘’perché non vai a dormire con la tua ragazza e mi lasci in pace?’’
 
 
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Margareth era sicura di aver visto Land, anche se questo era – improvvisamente – scomparso fra la folla. Si era allontanata dall’ombra della scultura solo per cercarlo. Si era fatta spazio fra le persone a furia di ‘’mi scusi’’, ‘’permesso’’ e ‘’mi perdoni un secondo ’’. Aveva rivoltato la parte della casa adibita per quella cerimonia da cima a fondo, e – proprio nel momento in cui il vescovo aveva fatto il suo ingresso nella villa dei Grey - Maggie aveva guardato il cielo fuori dalla finestra ed aveva notato una figura bionda in giardino. Nonostante sapesse che la cerimonia stava per iniziare, e sarebbe dovuta essere in prima fila con i suoi genitori, si diresse verso la veranda ed uscì fuori.
L’aria fresca le sferzò il volto, e rabbrividì stretta nel suo vestito nero e fin troppo leggero. Quello che, sicuramente, doveva essere Land era seduto per terra, lo sguardo rivolto verso il cielo ed i capelli disordinati per via del vento. Era incurvato, e la sua t-shirt nera e il suo pantalone stretto erano fin troppo riconoscibili, perché diversi dall’abbigliamento comune.
Maggie, ormai divorata dalla curiosità del perché fosse lì uno dei migliori amici di Carl, si avvicinò lentamente e si sedette accanto a lui. Land l’aveva già sentita arrivare, per questo non si sorprese più di tanto quando Margareth fece il suo ingresso. Non aveva intenzione di parlare, per cui aspettò che fosse lei a porgli qualche domanda. Cosa che, sicuramente, sarebbe accaduta da lì a poco.
‘’Che ci fai qui?’’ domandò, infatti, poco dopo. Eppure non sembrava eccessivamente incuriosita, urtata o arrabbiata. Fu allora che Land si rese conto che, quindi, Carl non le aveva raccontato ancora niente. Ne fu sollevato, e ringraziò mentalmente la riservatezza dell’amico su questioni non sue.
‘’Io conoscevo molto bene tua sorella’’
Probabilmente, così, le fece solamente sorgere ancora più dubbi, perché le sopracciglia di Margareth si aggrottarono visibilmente. ‘’Cosa?’’ domandò, allibita e senza neanche premurarsi di nascondere la sua sorpresa.
Land annuì e basta.
‘’Ci siamo conosciuti tre anni fa’’ rispose, mentre la mascella di Maggie sembrava essere attirata sempre più verso il basso. ‘’I miei genitori erano morti da due anni, ormai, ma io ero ancora fin troppo scosso. Mi ha…aiutato, credo. E’ stata la prima persona con cui mi sono sfogato’’
Margareth non l’avrebbe immaginato mai neanche lontanamente. Certo, non aveva mai avuto modo di conoscere le persone che Morgan frequentava né tantomeno i suoi amici, ma che uno di quelli fosse Land fu una notizia sconvolgente. Sgranò gli occhi e cercò di calmarsi. Dopotutto Morgan era una ragazza estroversa e socievole, era ovvio che si fosse fatta conoscere da mezza New York.
‘’Mi dispiace’’ disse Maggie. ‘’Per…si, per i tuoi genitori’’
Le parve che Land sorridesse, ma prima che potesse accertarsene lui sospirò. ‘’Io sono ancora innamorato di lei’’ disse, e a Margareth cadde il mondo addosso. Cosa aveva appena detto?
‘’Voi due eravate…?’’ non aveva neanche la forza di chiederlo per intero. Le sembrava semplicemente impossibile che Holland e Morgan fossero stati insieme. Era una coincidenza fin troppo malvagia.
‘’Si, ma non credo lei mi abbia mai amato’’ la interruppe il ragazzo, continuando a guardare il più lontano possibile da lei. ‘’O, almeno, non me lo ha mai detto’’
Margareth avrebbe voluto e dovuto arrabbiarsi, perché lui non glielo aveva detto e perché si era comportato come se non fosse mai successo niente. Eppure, in quel momento e con quel tono, Land le fece così tanta tenerezza che non ci riuscì. Avrebbe voluto fargli qualche domanda, cercare di capire più a fondo, ma chiese la cosa più scontata di tutte.
‘’Come vi siete conosciuti?’’
‘’Per caso’’ rispose Land, pragmatico. ‘’Lei aveva appena litigato con i suoi genitori e credo fosse scappata di casa. Era seduta fuori il mio portoncino perché stava piovendo. Tutto qui’’
Ma per Maggie non era per niente tutto lì. Le era stata appena rivelata l’ultima cosa a cui avrebbe mai pensato e non riusciva neanche ad immagazzinarla. Scosse la testa e si passò due mani sul volto, con fare disperato. ‘’Io…sono sconvolta, credo’’ sussurrò.
‘’Avrei dovuto dirtelo quando ti ho conosciuta’’ ammise Land. ‘’Ma non è una cosa di cui parlo volentieri’’
‘’Va bene’’ sospirò Maggie. ‘’E perché non ti ho mai visto in ospedale? Se dici di essere stato innamorato di lei, perché non c’eri quando stava male?’’
Nonostante non volesse, la sua voce uscì fuori saccente e seccata. Il punto era che neanche Margareth parlava tanto volentieri della sorella morta, tutto lì.
E, sopra ogni cosa, non a tre anni dalla sua morte.
‘’Perché non lo sapevo’’ rispose rudemente il biondo. ‘’Lei mi ha lasciato due mesi prima di morire. Io non sapevo niente della sua malattia, né del suo tempo, né nient’altro. A distanza di tre anni, mi rendo conto che non ho mai saputo niente di lei’’
Margareth trattenne le lacrime. Non solo perché l’argomento ‘’Morgan’’ era ancora tabù per lei, ma anche perché il tono con la quale Holland aveva parlato le aveva messo i brividi. C’era così tanta malinconia e così tanto rimpianto nella sua voce, che a Maggie parve quasi di sentirlo sulla sua pelle. Si rese conto, in quel momento più che in qualunque altro, che non era stata e non era ancora allora l’unica a soffrire per la morte di Morgan. Che le vere persone che tenevano a lei e che avevano pianto per giorni quando era andata via, in realtà non erano in quella casa e non indossavano collane di perle né nessun tipo di rolex. E, dopotutto, si rese conto che neanche lei aveva mai saputo qualcosa di Morgan. Che sarebbe rimasta un segreto agli altri per sempre. Che non ci sarebbe stato più nessun altro al mondo che avrebbe provato a buttare giù i muri che si era costruita attorno. Così come nessuno avrebbe potuto buttare giù i muri di Holland Todd, che – allora – le parvero così possenti e visibili che le misero paura.
‘’Se te l’avesse detto’’ domandò Marge. ‘’Ci saresti stato?’’
‘’Sì’’
Forse fu il fatto che Holland rispose senza neanche pensarci un secondo, che portò Margareth a credere realmente alle sue parole. O forse furono i suoi occhi, così cupi e lontani che sembrava stessero guardando il paesaggio di una galassia lontana anni luce. E Margareth, improvvisamente, si sentì in dovere di confortarlo.
‘’A lei non piaceva apparire debole’’ sussurrò, perché le faceva male anche ripeterlo. ‘’Pensa che non voleva che nessuno andasse a trovarla in ospedale, a parte me e i nostri genitori. Odiava vedersi così, ed odiava che la vedessero così gli altri. Non era quello il ricordo che voleva lasciare di se’’ sospirò, gli occhi ormai appannati dalle lacrime. ‘’Aveva fatto perfino togliere lo specchio dal bagno. Io non so cosa provava mia sorella nei tuoi confronti, Holland, ma so per certo che non ti ha allontanato perché non le interessasse. Voleva semplicemente che la ricordassi per quella che era e non per come sarebbe diventata’’
Fu in quel momento che Land poggiò una mano sul ginocchio della ragazza, e lo strinse leggermente. ‘’Mi manca’’ soffiò, e la sua voce parve dissolversi con il vento.
‘’Manca anche a me’’ e, senza neanche averci pensato, la mano di Maggie era su quella di Holland ed esercitava una piccola pressione.
‘’Margareth?’’ chiese il biondo, dopo minuti e minuti di silenzio.
‘’Mhm?’’
‘’Non fare lo stesso errore che abbiamo fatto io e Morgan’’ disse, con quanta più sincerità possibile. ‘’Con Carl, intendo. Non lasciare che i vostri mondi diversi vi dividano. Non permetterlo’’
Margareth non sapeva se Carl conoscesse quella storia o meno, e il pensiero che ne fosse al corrente e non glielo avesse detto le fece un po’ male. Tuttavia si sforzò di sorridere e ‘’non lo permetterò’’ disse. ‘’Adesso andiamo via di qui. Ti va?’’
Land sorrise.
 
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La casa di Holland, Cameron e Carl era di medie dimensioni e molto più ordinata di come Margareth se l’era immaginata. Dal momento che si gelava, e per strada avrebbero potuto riconoscerla, Maggie e Land avevano optato per andare a casa del ragazzo. Era arredata in stile molto minimalista, e anche abbastanza moderno, per sua sorpresa. Tuttavia, non ebbe il tempo materiale di pensarci più di tanto, perché Land sogghignò.
‘’Stai tranquilla’’ disse. ‘’Non esce neanche con le cannonate dalla sua stanza. Puoi andare da lui, se vuoi’’
Holland aveva catalogato subito la sua agitazione, e lei gli fu grata per questo. Parve pensarci un po’, anche se – nella sua mente – si era già fatta strada una risposta precisa. E anche una domanda.
‘’Ti dispiace?’’ gli chiese, educatamene.
‘’No, anzi’’ le sorrise Holland. ‘’Vai pure. Terza stanza a destra’’
Maggie gli sorrise ancora una volta, prima di addentrarsi in un corridoio lungo e dalle pareti fin troppo gialle. Chi aveva scelto quel colore doveva avere davvero poco gusto, o doveva essere leggermente daltonico.
Quando inquadrò la stanza, fu sicura che fosse la porta giusta perché era l’unica da cui fuoriusciva una luce. Respirò più volte, prima di bussare in modo delicato.
‘’Cam non rompermi il cazzo’’ fu la secca risposta di Carl. Margareth pensò che, probabilmente, per reagire così stesse facendo qualcosa di importante. Tuttavia decise di dirgli almeno che non era Cameron.
‘’Ehm’’ balbettò. ‘’Carl, sono Maggie. Sono venuta con Land. Scusami se ti disturbo, io…’’
Non ebbe il tempo di finire la frase, perché la porta si aprì improvvisamente rivelando un Carl in tuta grigia e con i capelli più spettinati che gli avesse mai visto. Trattenne un sorriso.
‘’Sei venuta con Land?’’ domandò il moro, allibito.
‘’So tutto’’ rispose Margareth, scrollando le spalle. ‘’Era alla funzione a casa mia e abbiamo deciso di filarcela. Perché non me lo hai mai detto?’’
Carl, dal canto suo, le spalancò la porta e la fece entrare del tutto. La stanza era esattamente come si era aspettata che fosse: semplice, con un letto ad una piazza e mezza ancora sfatto, una scrivania, un armadio, una porta che dava probabilmente al bagno, e foglie e vestiti sparsi un po’ ovunque. E, sul letto, un vecchio libro aperto.
‘’Perché non sapevo se ad Holland avrebbe fatto piacere o meno’’
‘’Era mia sorella, però’’ la voce di Maggie uscì fuori piccata e seccata.
‘’Lo so’’ ammise Carl. ‘’Mi dispiace’’
Margareth sospirò e si passò le mani fra i capelli sciolti e biondissimi. Non avrebbe voluto innervosirsi, ma l’atteggiamento statico e quasi menefreghista di Carl la stavano urtando seriamente. Contò fino a dieci per tre volte.
‘’Io ho pianto davanti a te’’ disse, riaprendo gli occhi e osservandolo. ‘’Ti ho raccontato di Morgan e di come mi sentissi. Come hai fatto a non dirmi niente? Non avresti dovuto fare per forza il nome di Holland, perlomeno informarmi’’
Stavolta fu Carl a prendere tempo prima di rispondere. ‘’Non la reputavo una cosa da dirti in quel momento, tutto qui’’ rispose, sempre più freddo e monocorde. La verità era che Carl non poteva chiudersi in se stesso e trattare male il mondo ogni volta che gli veniva detto qualcosa che non gli piaceva. Era ingiusto e immaturo.
‘’Tutto qui?’’ domandò Margareth. ‘’Non ti capisco’’
‘’Possiamo evitare di litigare per qualcosa che non ci riguarda?’’ ringhiò Carl, visibilmente al limite.
Fu con quella frase che la pazienza di Maggie traballò del tutto.
‘’Tutto quello che riguarda mia sorella riguarda anche me!’’ esclamò, stanca. ‘’Oh Signore, ma davvero pensi che non mi interessi del ragazzo con cui stava? Davvero pensi che me ne importi così poco della sua vita?’’
Carl si allontanò da lei di scatto e prese ad osservare fuori dalla finestra. ‘’Evidentemente si, dal momento che non conosci neanche le persone con cui se la faceva’’ ringhiò, innervosito.
A Margareth quella frase, detta il giorno in cui erano tre anni che sua sorella non c’era più, fece un male cane. Probabilmente in un’altra situazione avrebbe reputato stupido quel litigio, avrebbe chiesto scusa e si sarebbe risolto tutto. Ma quel giorno non ce la fece.
‘’Vaffanculo’’ gli disse, prima di uscire di camera sua sbattendo la porta. Come aveva previsto e immaginato, Carl non le corse dietro.


 
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Quanto può essere schifoso questo ritardo?
Lo so, vi prego perdonatemi, è solo che in questa settimana ho REALMENTE perso il lume della ragione.
Nella vita di una persona ci sono periodi infiniti in cui non succede un cazzo, e poi - PUFF - improvvisamente
c'è un vero e proprio accalcamento!
Comunque spero di essermi fatta perdonare con il capitolo, e spero che voi abbiate passato una settimana
più tranquilla della mia <3
Dunque vi avevo accennato che con Carl non bisognava star tranquille, e difatti...
Ha reagito malissimo con una Maggie che voleva solo una calma e semplice spiegazione.
Ovviamente c'è un perchè! Secondo voi, cosa potrebbe essergli successo? Sono curiosa :)
Per quanto riguarda Henry... bhè, diciamo che è meglio TENERLO A MENTE.
Ora scappo a mangiare, vi lascio un bacio enorme  ((con la promessa di postare presto una foto di Laurine, 
che sto ancora cercando ahahah))
Harryette


 
  
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