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Autore: Viviane Danglars    01/12/2008    5 recensioni
Ichigo è un investigatore, ha un cliente e un “caso” da risolvere.
Non è pulito, non è delicato e non finisce bene.
[ Respirò a fondo nell’aria ancora fresca della mattina, senza aprire gli occhi. Non ne aveva bisogno per visualizzare il luogo dove si trovava; sapeva com’era fatta la ringhiera di ferro che sentiva premergli, fredda, contro le reni. E sapeva che, sotto di lui, c’erano numerosi piani e poi soltanto l’asfalto, non liscio né propriamente grigio, ma sicuramente duro.
Numerosi piani di poveracci e disperati, prostitute e drogati, ubriaconi e malati e, sopra di loro, lui: Renji Abarai, con i suoi tatuaggi, le mani robuste infilate nelle tasche, la maglietta lisa che profumava della lavanderia di Momo e i capelli rossi raccolti in una coda spettinata.
]
~ [Liberamente ispirato al film Million Dollar Hotel.]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kuchiki Rukia, Kurosaki Ichigo, Renji Abarai
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Capitolo quinto.
Precious




[ Precious and fragile things
need special handling.
My God, what have we done to you?
If God has a master plan
that only He understands
I hope it's your eyes He's seeing through ]




- Un medico può diventare matto? A causa del mestiere, intendo…
- Siamo tutti un po’ suonati, in questa professione. Sia che il dolore ci attragga, sia che ci disgusti. In
entrambi i casi, finiamo col preferire la malattia ai nostri malati, è la nostra forma di follia… nel duello
permanente che oppone indagine clinica ed emozione umana, la seconda non può avere la meglio. Ma, per la
maggior parte facciamo quello che possiamo, crolliamo, risaliamo la china, crolliamo di nuovo, e
invecchiamo. Non siamo molto simpatici.

D. Pennac, Monsieur Malaussène



Quella sera pioveva, e Nanao, quasi quasi, avrebbe cullato il sogno di potersene stare a casa, preparandosi qualcosa di caldo. Lo avrebbe fatto se l’impegno che aveva per quella sera fosse stato un altro, un altro qualsiasi; ma non quello.
Non avrebbe mai disdetto quello.
Sarebbe stato come tradire la fiducia che Shunsui aveva riposto in lei, chiedendole di venire, secondo un rituale che avevano ormai ripetuto molte volte. E sarebbe stato come abbandonarlo, lasciarlo ad affrontare quel portone, quelle scale, quel pianerottolo da solo.
Shunsui aveva paura e Nanao lo sapeva.
Per questa e per cento altre ragioni era andata con lui, nonostante la pioggia, in silenzio.
Quando Nanao aveva perso il lavoro, era stato molto duro per lei. All’inizio, non aveva idea di come reagire. Non l’avevano preparata ad un simile fallimento.
E lo era stato eccome, un fallimento, un fallimento su tutta la linea. Non un semplice sbandata, o un momentaneo, un primo – il primo! – errore.
Era stata una completa catastrofe.
Non sapeva con esattezza come le cose fossero precipitate, come avessero potuto precipitare tanto in basso. Forse aveva sbagliato a credere di potercela fare con le sue sole forze, e così si era ritrovata sola.
Aveva sicuramente sbagliato, da qualche parte.
Si diceva che, se sei una persona capace, se sei intelligente e non hai paura di darti da fare, una soluzione si trova sempre. Allora com’era stato possibile?
Be’, alla fine una soluzione l’aveva trovata, in effetti. Anche se il Million Dollar Hotel non era affatto quello che nella sua vita precedente avrebbe considerato come una soluzione. Non l’avrebbe considerato neppure una possibilità.
Comunque, era lì che era finita. Ed era successo per puro caso – ancora esitava a definirla fortuna -, semplicemente perché aveva incontrato il signor Kyouraku e il signor Ukitake.
Entravano in un bar quando lei cominciava a temere che fosse ora di uscirne. Era uno di quei bar che stanno aperti fino ad orari improponibili e che di conseguenza offrono ai clienti il minimo indispensabile, ed era in una zona della città che un tempo non avrebbe mai pensato di poter frequentare.
Eppure si era ritrovata lì a cercare una sistemazione e, dopo una ricerca infruttuosa, si era accampata su quel tavolino con la scusa di pagarsi un caffè, utilizzando il pensiero che c’erano degli altri avventori, come deterrente dal suo desiderio di sbattere la testa contro il muro fino a farla sanguinare.
Non aveva idee. Neppure la più piccola, stupida, dannata brillante idea. Ed era vicina ad andare nel panico.
Poi erano entrati loro due, e Ukitake aveva ovviamente attirato lo sguardo di Nanao, perché be’, ce n’era ben motivo. Prima di tutto i suoi capelli. Già erano molto lunghi per essere i capelli di un uomo, e poi erano bianchi.
Ma quello passi. La cosa davvero degna di nota, e Nanao l’aveva imparato subito, era il viso di Jyuushiro Ukitake. Perché era un viso bello, pulito e dolce. Perché infondeva calma e serenità. Quell’uomo aveva uno strano tipo di fascino, e ne era tremendamente consapevole, ma, anziché usarlo a svantaggio degli altri, lo utilizzava per riscaldare chi gli era attorno.
Su quel viso c’era persino una buona dose di innocenza, e quello sì che stonava davvero con tutto il resto – con il bar, con il quartiere e non ultimo con il suo compagno. Perché l’uomo che Nanao ancora non conosceva, e che rispondeva al nome di Shunsui Kyouraku, a prima vista non aveva nulla di innocente.
Aveva uno sguardo divertito – non cattivo, ma un po’ canzonatorio – col quale sondava ogni cosa. Più ancora del suo angelico compagno, sembrava non perdersi nulla di ciò che avveniva attorno. Era attraente, in uno strano modo; Nanao aveva definito quel modo “pericoloso”. Aveva già avuto abbastanza esperienze con gli uomini troppo affascinanti.
Si erano seduti al tavolo di fronte al suo, parlando di qualcosa che sembrava rallegrare Jyuushiro e annoiare Shunsui. Nanao si era sforzata di non osservarli troppo. Eppure la loro presenza le dava allegria. Non sembravano messi troppo meglio di lei, si capiva da qualcosa nel loro modo di comportarsi, dai loro vestiti un po’ lisi, dall’aria di chi non si fa spaventare al pensiero di non sapere dove passerà la notte. Insomma, un’espressione difficile da descrivere ma che, una volta acquisita, si perde con difficoltà e si riconosce negli altri.
E la cosa assurdamente allegra era che, nonostante questo, emanavano ondate positive; Jyuushiro, soprattutto, con i suoi modi entusiasti, mentre spiegava all’amico qualcosa che doveva essere un progetto o un’idea, da ciò che Nanao aveva colto. Ma anche Shunsui; per quanto facesse finta di non prestare molta attenzione all’altro, seguiva con attenzione i suoi movimenti. C’era familiarità nel suo sguardo color cioccolato, nel lieve sorriso che gli arricciava le labbra, nel gesto col quale aveva raccolto una ciocca dei capelli dell’altro rigirandosela tra le dita.
Nanao aveva distolto lo sguardo, imbarazzata, cercando di concentrarsi sui propri problemi, e per tornare alla propria cupa attualità aveva puntato gli occhi sul fondo scuro di caffè nella sua tazzina.
La cosa che aveva sentito subito dopo era stato un leggero tocco sulla spalla, e sollevando lo sguardo aveva incontrato gli occhi ridenti di Ukitake che era leggermente chino verso di lei. - Buonasera. -
- Buonasera – aveva mormorato lei, consapevole di essere e apparire tremendamente imbarazzata. Shunsui era seminascosto dietro la spalla dell’altro. Jyuushiro aveva sorriso.
- Forse sono invadente, - e aveva indicato la borsa che Nanao si trascinava dietro da un po’, e che conteneva tutti i suoi averi – ma mi chiedevo… hai un posto dove dormire, stasera? -
Era stato in quel modo, che era finita al Million Dollar Hotel. Aveva scoperto che Ukitake era il proprietario dell’edificio, ma che, per una questione legale, non aveva modo di farlo fruttare. Aveva anche scoperto che Jyuushiro e Shunsui non erano compagni soltanto nell’uscire per prendere un caffè. Non sapeva quando si fossero conosciuti, ma doveva essere stato moltissimo tempo prima; in realtà, sembrava che si conoscessero da sempre. A volte più che una coppia sembravano fratelli. E Shunsui aveva un istintivo e oscuro modo di preoccuparsi per l’altro che aveva colpito molto Nanao. Era un atteggiamento possessivo che avrebbe fatto sentire lusingato chiunque avesse avuto la fortuna di vederlo rivolto verso di sé.
All’inizio, i due vivevano assieme in un appartamento striminzito ricavato al secondo piano dell’Hotel. Altri amici o persone bisognose, come Nanao, avevano cominciato a riunirsi attorno a loro. Shunsui aveva preso Nanao sotto la sua ala protettiva; lo inteneriva e, a lei, lui piaceva, anche se non lo avrebbe mai ammesso, rigida e formale com’era. Ma si era affezionata, a loro e persino a quel posto. Jyuushiro riusciva a farlo sembrare come una missione, un piccolo passo verso qualcosa di positivo.
Poi, Jyuushiro si era ammalato. Aveva smesso di abitare al Million Dollar Hotel. E Shunsui aveva ripreso a bere.


< Andavano a trovarlo rarissime volte. All’inizio Nanao aveva immaginato che Shunsui ci andasse molto più spesso, da solo; sarebbe stato giusto, in fondo, se avesse preferito non portarla sempre con sé.
Ma, poi, si era resa conto che non era così. Jyuushiro si illuminava debolmente, quando Shunsui compariva, come se non lo vedesse da anni interi. Nanao se ne stava quasi sempre in disparte, seduta su una piccola sedia nella povera camera disordinata; e Jyuushiro, benché cortese, sembrava troppo stanco per occuparsi anche di lei nel modo appropriato. Ormai era capace di brillare per una persona sola.
Shunsui era terribile, in quelle rare occasioni. Con Jyuushiro faceva del suo meglio per apparire normale, ma Nanao sapeva che tra di loro c’era anche il fantasma del senso di colpa; Shunsui si sentiva in colpa di venire così di rado, ma non sopportava di vederlo in quello stato.
Quando se ne andavano, Shunsui rimaneva in silenzio per ore. E la mattina dopo, di solito, Nanao lo trovava messo peggio del solito.
Da quando poi Ukitake aveva iniziato a peggiorare, avevano preso una discesa senza possibilità di arresto.
Non c’era da illudersi, Nanao ne era ormai conscia. Il tempo se ne stava semplicemente andando. E Jyuushiro con lui; pallido, magro e debole.
Mentre risalivano di nuovo le scale del vecchio stabile, messo poco meglio del Million Dollar Hotel, Nanao continuava a ripensare ad una frase che una volta le aveva detto Shunsui, sempre su quelle scale. Ai loro tempi, le aveva detto, quando qualcuno aveva l’HIV, si dava per scontato che quella persona fosse omosessuale. E quando un amico moriva di AIDS, d’un tratto la sua vita diventava di dominio pubblico e la gente si permetteva di giudicare.
- Come se la morte non fosse abbastanza. -
Si fermarono sul pianerottolo, e la donna scrollò l’ombrello zuppo mentre l’altro fissava la porta. Doveva suonare e, quando lo avesse fatto, avrebbero aspettato pazientemente che Jyuushiro raggiungesse la porta e aprisse loro. Era straziante.
Quella volta, però, non andò così. Pochi istanti dopo che il trillo del campanello si era spento, la porta si aprì e davanti a loro comparve una ragazza dai capelli neri e gli occhi scuri, nascosti dietro le lunghe ciglia abbassate, vestita da infermiera.
Nanao aveva il vago ricordo di averla già incontrata una volta. Shunsui pareva sorpreso quanto lei.
- Signor Kyouraku – lo salutò rispettosamente l’infermiera, con un piccolo inchino.
Lui ricambiò il saluto esitante. – Ah… infermiera Kurotsuchi, vero? -
- Sì. – Lei si fece da parte per lasciarli entrare. – Molto lieta di rivederla. – Si prodigò poi in un altro inchino silenzioso verso Nanao, ma non sorrise mai.
- Quindi lei è qui… - commentò Shunsui, lanciando un’occhiata un po’ smarrita al familiare corridoio in penombra mentre Nemu richiudeva la porta.
- La dottoressa Unohana è di là con il signor Ukitake, siamo venute per un controllo. Mi ha detto che sareste stati voi. Credo che vi aspettino – aggiunse lei, con un’impercettibile sfumatura di incoraggiamento nella voce.
Nanao la ringraziò e prese tra le mani il gomito di Shunsui, guidandolo verso la camera di Jyuushiro.
Era quella la stanza dove il malato trascorreva la maggior parte del tempo, e dunque cercava di assolvere alla funzione di contenere quasi tutto ciò di cui lui aveva bisogno. Di conseguenza era un po’ disordinata, ma era anche l’unica parte della casa che conservasse una parvenza di vita. Le persiane alle finestre erano abbassate per metà, e la luce era poca, ma qualcuno aveva acceso una lampada sul comodino.
Si sentiva il rumore della pioggia, fuori. Nanao pensò che probabilmente avrebbe piovuto tutta la notte.
- Ragazzo mio, eccoti qua! Dottoressa. – Shunsui salutò entrando come se fosse stato la vitalità in persona.
Jyuushiro era già sotto le coperte, seduto con compostezza contro i cuscini, e la dottoressa Unohana sedeva accanto a lui sulla sponda del letto, le spalle alla porta. Si voltarono entrambi, lei posando lo sguardo mite sui nuovi arrivati; Jyuushiro, invece, si illuminò e sorrise.
- Shunsui! Nanao… - aggiunse con dolcezza.
- Signor Ukitake… - ricambiò lei, inchinandosi appena, ancora sulla soglia. – Spero che non siamo arrivati al momento sbagliato… -
- Oh, no, no. – Unohana si alzò in piedi, facendo ondeggiare la lunga treccia che le cadeva su una spalla. – Ero solo passata per salutare Jyuushiro. Nessun disturbo. -
- Non dirlo nemmeno – le sorrise l’interessato. Shunsui era rimasto in silenzio, ma si avvicinò, quando la dottoressa gli ebbe lasciato posto di fianco al letto.
Nanao fu improvvisamente consapevole della presenza di Nemu, che doveva essersi affacciata alla porta della camera, dietro di lei. Unohana le andò incontro; anche se si era trattata solo di una visita amichevole, indossava il camice e aveva con sé un’ampia borsa. E si era portata Nemu.
- Tu sei Nanao, vero? Mi ricordo di te… - Si erano incontrate alcune volte, per caso, come ora. Nanao sapeva soltanto che Retsu Unohana era un’altra amica di Ukitake, una che Shunsui non conosceva approfonditamente. – Che ne dici se andiamo di là a farci un tè? C’è veramente un brutto tempo, stasera… -
- Sì, certo. – L’altra capì al volo ed annuì, voltandosi per dirigersi verso la piccola cucina che sapeva essere in fondo al corridoio. – Un tè. -
Uscendo colse con la coda dell’occhio un barlume della stanza che stavano lasciando. Shunsui aveva preso il posto di Unohana sul letto e aveva posato la mano sulla guancia di Jyuushiro, come per sollevargli il viso. Gli occhi caldi di Ukitake erano sembrati febbricitanti; la sua pelle sembrava più pallida e le sue ossa più piccole in confronto con la grande mano di Shunsui.
- Sta molto male, vero? – domandò per prima cosa quando furono in cucina, sollevando una mano verso l’anta dove Ukitake teneva le bustine di tè. Sapeva dove erano perché lui adorava quella bevanda e gliel’aveva vista preparare numerose volte. Un tempo, gli piaceva fare il tè con tutti i crismi, non con le bustine.
- Sì – rispose Unohana, senza voltarsi.
Nanao sospirò. Nemu le aveva seguite, ma in completo silenzio, tanto che era facile dimenticarsi della sua presenza. Era abilissima nel non mettere a disagio i presenti. Chissà se l’aveva imparato in ospedale, si chiese Nanao. A lei, invece, a lavoro avevano insegnato il contrario.
Una volta. Tanto, tanto tempo prima.
- E come sta Shunsui? – domandò la bella voce gentile di Unohana mentre Nanao metteva l’acqua a bollire.
- Be’… non bene – ammise, senza voltarsi.
Sentì l’altra sospirare. Si voltò. Nemu osservava la sua superiore mentre Unohana slacciava mestamente il camice, rilassandosi di poco, con un gesto minimo ma che a Nanao parve un’enormità.
- Sai, - disse la donna a voce bassa, gli occhi socchiusi puntati sulla parete grigia – una volta avevo un codice etico rigido. Non avrei mai permesso che Jyuushiro vivesse qui, solo, nella sue condizioni. Ero… idealista. -
Già, era esistito quel tempo lontano, quando Retsu Unohana era una giovane dottoressa motivata e dotata, pronta a scontrarsi in ogni circostanza con il suo superiore. E lui, di solito, rispondeva con misurati sorrisetti inquietanti e le intimava di non perdere tempo in chiacchiere.
Alla fine, lui aveva vinto, in qualche modo.
- Ora, sono fortunata se riesco a venirlo a trovare ogni tanto. Buffo come cambiano le cose, vero? -
Nemu teneva lo sguardo distolto da loro, verso la piccola finestra dai vetri sporchi, e la pioggia al di fuori. Sembrava che non vedesse né l’una né l’altra.
Nanao sollevò il bollitore dal fuoco e vi intinse la bustina di tè. – Già. Buffo. -


- Eccoci qui per il secondo round. -
Renji sollevò lo sguardo accompagnando il movimento con un inarcarsi del sopracciglio, e un conseguente movimento dei tatuaggi. – Secondo round? -
- Sì – annuì Ichigo. – La seconda parte del racconto. -
Quella mattina avevano deciso di passare per il bar prima. Il proprietario ormai doveva averci rinunciato, perché si era limitato a servirli con aria annoiata. Il locale era vuoto anche quel giorno e sembrava che lui lo preferisse così.
- Sembra che ti interessi di più dell’ispezione delle camere o delle domande sul posto – rilevò Renji perplesso.
- In effetti, sì. E’ così che si mettono assieme i pezzi. -
Anche quella mattina Renji stava fumando.
- E allora, che vuoi sapere oggi? -
- Be’, quella ragazza che abbiamo incontrato ieri. Hiyori, giusto? – Ichigo sollevò lo sguardo sul suo interlocutore. Renji sembrava sulla difensiva.
- Giusto. -
- Ha un fratello, esatto? E quanti anni? -
- Lei diciannove. Lui ventisette. – Renji esibì un sorriso di sfida. – Nessuno dei due ha l’età della tua Kuchiki. -
- Non vuol dire nulla – ribatté Ichigo, un po’ ingenuamente, e la cosa lo irritò, tanto che proseguì leggermente irritato: - Cosa riguardo a loro? -
Con sua sorpresa, Renji posò il polso della mano che reggeva la sigaretta sul bordo del tavolo e lo guardò per un istante, in silenzio. Sembrava che stesse per dire qualcosa, quando Ichigo lo interruppe. – Guai? -
- Sì. -
- Vi ho già detto che non mi interessano. -
Renji si portò la sigaretta alle labbra, senza parlare. Ichigo corrugò la fronte, sperando che fosse un messaggio sufficiente.
- Credo che ci sia qualcuno al quale piacerebbe sapere dove sono – chiarì Renji.
Ichigo sospirò. – Questo qualcuno si chiama Byakuya Kuchiki? -
- No. -
- Allora non mi riguarda. Che hanno fatto? -
Renji sbuffò leggermente e si decise a rispondere. – Sono scappati di casa. -
- Tutto qui? – domandò Ichigo sorpreso.
L’altro non si fece distrarre e continuò: - Il padre è un pezzo grosso, credo nella magistratura. Alzava le mani su Hiyori. – Si sentì in dovere di aggiungere: - Non so i dettagli. Shinji l’ha portata via. Penso che il padre pagherebbe bene per ritrovarli, ma lei ora è maggiorenne. -
- In realtà è maggiorenne quanto lo è questo tavolo, giusto? – lo stuzzicò Ichigo divertito, lasciandosi andare all’indietro contro lo schienale della sedia e posando i palmi sul tavolo in questione.
Renji si bloccò. – Che significa? -
- Be’, mi hai ripetuto due volte che la ragazza era più che maggiorenne. Fuggire di casa non è un crimine. Poi se il padre è violento la ragione starebbe dalla loro. Perciò l’unica è… -
- Per non essere un poliziotto, sei piuttosto stronzo – ribatté Renji, spegnendo il mozzicone, torvo.
Ichigo sorrise appena. – Così mi offendi. -
- Comunque sia, questo è tutto quello che so. Shinji se la cava abbastanza bene con il suo lavoro… anche se poi è troppo buono e fa dei “favori”, e non si fa pagare, - il tono di Renji esprimeva chiaramente quanto poco approvasse tale condotta.
- Non ti viene in mente nessun motivo per il quale potrebbero conoscere Rukia Kuchiki? -
- No. – Renji scosse la testa. – Hiyori ha frequentato scuole private. Shinji era, credo, il fratellastro trascurato. Fino a un anno fa vivevano in un ambiente molto diverso da questo. -
- Anche Rukia Kuchiki – osservò Ichigo.
- Ah, davvero? – Nel tono di Renji c’era una nota di scherno che incuriosì l’altro.
- Davvero. Suo cognato è un uomo molto facoltoso. -
- Sicuramente abbastanza da pagarti. -
- Sì. – Ichigo non raccolse la provocazione. – Sì, anche. -
- Be’, - sbottò Renji – e che ne potrei sapere io? Come faccio a immaginare una connessione se non so nulla di questa ragazza? -
- E io come faccio a condurre un’indagine, se mi lascio scappare informazioni importanti? – Ichigo si alzò, lasciando sul tavolo la sua tazzina vuota e i soldi. – Non dimenticare che so che uno di voi la nasconde o l’ha nascosta. Il mio obiettivo è trovarla, non aiutarvi. -
Renji lo seguì con gli occhi, le labbra una linea dura sul volto, lo sguardo ostile. Poi rivolse un’occhiata veloce ai resti del loro caffè sul tavolo e si voltò di nuovo verso Ichigo che aveva quasi raggiunto l’uscita.
- Ehi! E non vieni all’hotel, non fai domande? -
- No. – Ichigo scosse la testa, alzando la mano per salutarlo ma senza darsi la pena di sollevare la voce abbastanza per farsi sentire. – Oggi no. -



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Scusate il ritardo (sono in ritardo? ò.ò) ma, comunque sia. XD Ecco un capitolo che personalmente trovo depressivo da morire ç__ç
Premetto anche che siccome trattiamo temi delicati (perchè ho una piccola anima drammatica) ho cercato di essere il più rispettosa possibile delle tematiche che comportano. Nella fattispecie di Shun Shun e Shiro, posso solo immaginare; ad ogni modo, la frase che Shunsui dice a Nanao sulle scale è qualcosa che disse una volta un amico di mia madre. Ho sempre trovato che renda efficacemente quanto siano orribili i pregiudizi, specie quando vanno a interferire nella vita privata delle persone.

@Ino_Chan: *___* Ammetto, l'IshiHime mi piace da morire... e mi piaceva molto l'idea di inserirla anche se giusto di straforo. Non sono dolci? Mi piace soprattutto il fatto che Uryuu sia così protettivo nei confronti di Orihime, pur essendo un pucci bambino solo lui per primo. Ma non posso dilungarmi troppo, u_u'' Comunque grazie infinite *_* Yoruichi e Soifon sono due donne fighissime e spero di render loro giustizia nei prossimi capitoli! *_*

@valeriana: Magari sono io, ma Orihime mi è sempre sembrata adattissima per una vocazione in stile "quarta compagnia". Vale così anche per gli altri... le scelte delle loro professioni sono state molto istintive, devo dire! ^^

@AllegraRagazzaMorta: Tutti mi stanno dicendo che Ichigo li ispira, ma davvero? °_° Ammetto che io lo considero un po' neutro, tento di mantenerlo ic ma allo stesso tempo concedendo senza troppo dispiacere qualche cosa alla necessità di farne il personaggio "guida" per il lettore, almeno in certe situazioni. Sono contenta che piaccia comunque! XD
Il lavoro di Chad è adatto! *__* Non so, sono andata a naso. Ma a me piace. XD (Ma anche Uryuu che dirige il traffico XD)

@Helen Lance: *____* Bentornataaaaah. Che bellooooh. <3 *_* Ti piace la fic? *__* Wah *ç*
Okay, bene, detto questo. XD Grazie mille per i tuoi commenti estensivi (cinqueh in un colpo!), non serve che ti dica quanto mi hanno fatto piacere!
Allora, andando in ordine... entertain us è crudelissimo. XD Apprezzo moltissimo i tuoi commenti per Byakuya; so che sono io la Crudele Autrice che ha scelto di dargli un ruolo piccino (nonostante io lo ami o.o'') ma è bello vedere che viene notato *_*'' Poi che i personaggi ti piacciano (addirittura Renji! XDD) è un gran sollievo. U_U
Davvero t'è piaciuta la riunione? o.o Oddio, bene. Come tutti i pezzi in cui compaiono molti personaggi, non ci avrei messo la mano sul fuoco; è difficile gestirli tutti, ma sapevo che una riunione collettiva all'inizio della storia era necessaria per introdurre la situazione.
Hisana e Byaku: sì, anche io ho avuto una sensazione confusa su questo all'inizio, ma come spesso capita, ho realizzato scrivendo. Il vero motivo per il quale Hisana ci sembra così distante è che lo è nei confronti della persona con la quale dovrebbe essere più intima, cioè il marito. E questo in favore di un fantasma di sorella che non si sa dove sia...
Detto ciò... Kira e Tatsuki stupiscono anche me. o.o Cioè, non so, più la gente mi dice "wtf?" più anche io mi ritrovo a pensare "ma che cavolo... o.O", non so come mi siano usciti, ma mi sembravano una buona idea! XD La loro storia mi piace molto, perciò vedremo se ti convincerà! Shunsui rieccotelo in questo capitolo, spero che continui a piacerti. *_* Io lo amo e credo che nell'arco della fic renderò evidente a tutti i lettori perchè amo le Shunsui/Nanao. E' un uomo adorabile. Oltre a questo la decisione di renderlo più duro deriva dal fatto che, nella realtà, non supportato da quel "torpore diffuso" dei manga, temo lo sarebbe.
Ecco. o_o Sono l'unica autrice di EFP che scrive di più nelle risposte alle recensioni che nella storia. XD Buhu. XD

Anticipazione per la quale mi amerete (ù.ù): nel prossimo capitolo... un certo capitano della terza compagnia... <3
Grazie a tutti! XD
   
 
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