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Autore: hikaru83    07/02/2015    7 recensioni
"Sono giorni che non dormo, il mio corpo è esausto, ma a quanto pare alla mente e al cuore non basta questo per farmi dormire. Anche se è per questo che il manager mi ha fatto tornare, devo riposarmi ma sembra che non ne sia capace."
[EunHae] all'inizio ci doveva essere solo Hae, ma come sapete se c'è Hae...io non sono in grado di tenerli lontani che cosa posso farci?
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Donghae, Eunhyuk
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono tornataaaaaaaa vi sono mancata da morire lo so lo so u.u... come avrete fatto senza le mie fic smielose? Amanti del fluff come? Questa fic un po’ di fluff ce l’ha, non subito, ma c’è tranquille. Ora vi lascio alla lettura, a dopo!
 


Alba  
 


La stanza è buia.
Il silenzio mi avvolge.
Sono tornato a Mokpo dopo mesi e tutto questo silenzio non mi permette di dormire.
Non ci sono più abituato.
È fastidioso, più del rumore delle auto che sfrecciano a ogni ora a Seul, più del ticchettio incessante delle dita di Kyu sulla tastiera o sul joystick, più della musica tenuta al minimo senza la quale Hyuk non riesce a dormire. Sorrido pensando a lui in questo momento a casa dei suoi, Hyuk non fa nulla senza la musica, è più forte di lui.

Mi rigiro per l’ennesima volta, non riesco a prendere sonno.

Sono giorni che non dormo, il mio corpo è esausto, ma a quanto pare alla mente e al cuore non basta questo per farmi dormire. Anche se è per questo che il manager mi ha fatto tornare, devo riposarmi ma sembra che non ne sia capace.

Eppure non è successo nulla, il lavoro va alla grande, con i ragazzi vado più che d’accordo, con Hyuk sono felice, non c’è niente che non vada, ma questo non cambia il fatto che sono qui, con gli occhi sbarrati ad aspettare che un'altra notte passi.

Mi concentro sui piccoli rumori della casa, che una volta mi erano tanto familiari, ma che ora non lo sono più.

Gli scricchiolii tipici delle vecchie case le rendono simili a creature viventi che ogni tanto si stiracchiano. Il picchiettare familiare e tanto amato della pioggia sul tetto di casa, sui vetri, che tenta di calmare il mio cuore che inquieto, asseconda la mente, asseconda i ricordi, riportati nella mente da questa pioggia.

Eravamo piccoli io e Donghwa quando aspettavamo a casa il ritorno di papà, a volte lui faceva i compiti e io accanto disegnavo imitando la sua faccia seria sotto lo sguardo divertito della mamma mentre il rumore della pioggia ci faceva compagnia. Altre volte troppo impazienti ci infilavamo gli stivali di gomma  e gli impermeabili colorati e correvamo schizzandoci con la pioggia gelata fino alla pensilina del pullman e tornati a casa con papà ci aspettavano asciugamani morbidi e caldi e due tazze fumanti di cioccolata.

Mi mancano quei momenti, quel calore, quella totale assenza di dolore, quella sicurezza che hanno i bambini, o che dovrebbero avere, che tutto vada sempre nel modo migliore, che non c’è niente che faccia davvero paura, nessun drago che papà non possa sconfiggere a mani nude, nessun’ombra che la mamma non possa cancellare con un sorriso. Sono quei momenti che tutti hanno vissuto senza capire che quella è la felicità, e che quello è ciò rincorreranno sempre. Ma quella felicità non si potrà mai provare un’altra volta, se sei fortunato, come lo sono stato io, troverai qualcuno che ti renda felice, con cui ti sentirai completo, a cui affidarsi totalmente e di cui diventare il sostegno. Ma quella è un altro tipo di felicità, una felicità diversa, perché si è conosciuto il dolore, quella dei bambini invece è differente. È quella felicità unica che solo loro possono provare.

Sposto le coperte infastidito. Le scalcio con rabbia, come se la colpa della mia insonnia sia loro. È da così tanto tempo che non ho una stanza solo per me e questo maledetto silenzio non mi da pace.

Mi siedo un mezzo al letto, prendo il cellulare appoggiato sul comodino accanto a me e accendo il display. La luce per un instante mi ferisce gli occhi, tanto che li sento riempirsi di lacrime. Li chiudo e cerco di abituarmi alla luce bianca dello schermo. Guardo l’ora, 4:45, bene devo resistere solo altre due ore prima di fingere di essermi svegliato per andare a fare un po’ di jogging.  Anche se non so per quanto mia madre fingerà di non vedere le occhiaie scure sotto i miei occhi.

Mi accorgo di aver lasciato la chat con Hyuk aperta, ci clicco sopra e rileggo con un sorriso l’ultimo messaggio che mi ha lasciato.

‘Mettiti a dormire adesso, e da la buonanotte alla mamma da parte mia.’

Non ricordo neanche quando ha iniziato a chiamare mamma mia madre, e quando io ho iniziato a chiamare mamma la sua, a loro due so che fa piacere, a volte mia madre sembra più felice di sentire lui per telefono che me, e sua madre ogni volta che mi presento al Chocolate Bon Bon mi riempie di tutte le cose che amo e solo dopo si ricorda di suo figlio.

Non abbiamo dei genitori molto normali, non possono mica dirci nulla se siamo così io e lui.

Anche suo padre è una persona piacevole, è simpatico, intelligente, pratico, una di quelle persone a cui chiedere consiglio senza temere di non essere ascoltati. Mi piace passare del tempo con la famiglia di Hyuk, che alla fine è anche un po’ la mia.

Richiudo il cellulare e il buio sembra più denso di prima.

Mi ristendo sul letto coprendomi di nuovo e faccio un bel respiro. Chiudo gli occhi sperando che il sonno si decida a venirmi a trovare.
Quando ero piccolo, le rarissime volte in cui non dormivo, sgattaiolavo in camera dei miei e mi infilavo nel lettone. Adesso capita spesso che non dormo, ma semplicemente perché amo stare sveglio la notte, amo tutto della notte, specialmente poter sprofondare dell’abbraccio di Hyuk e godermi il profumo della sua pelle senza che nessuno possa disturbarmi.

Ma senza di lui la notte perde molto del suo fascino.

Nulla non riesco proprio a dormire, mi alzo per l’ennesima volta, la gola mi brucia, decido di andarmi a prendere un bicchiere d’acqua. Apro piano la porta della mia stanza, arrivo in cucina senza distruggere nulla, persino senza farmi male e la cosa ha del portentoso, e bevo. L’acqua fredda spegne il bruciore immediatamente, così me ne ritorno in camera.

Prima di rinchiudermi di nuovo nella mia stanza, mi affaccio in quella che una volta era la stanza dei miei genitori, dove ora invece riposa mia madre solamente. A malapena distinguo la sua figura nel letto sempre solo nella sua parte di letto mentre l’altra è perfetta. Vedere mia madre sola in quel letto fa male, mi ricorda ogni istante della mancanza di mio padre, sentire solo il respiro regolare della mamma, invece dei due respiri è una delle cose più strazianti per me. È in queste cose piccole sconosciute alla maggior parte delle persone, che il dolore si fa più presente. Richiudo la porta della stanza di mia madre senza fare rumore e ritorno nella mia.

Dopo poco un raspare alla mia porta mi fa riaprire gli occhi, sorrido pensando a quella palla di pelo bianca di Yuki, mi alzo, il parquet mai freddo sotto le piante dei piedi scalzi, apro la porta e le zampettine di quella peste mi camminano sui piedi, le sue unghiettine graffiano leggermente la pelle, vuole essere presa in braccio, con le zampe davanti cerca di darsi la spinta sui pantaloni della tuta che uso per dormire. La prendo in braccio, e subito il suo nasino bagnato e freddo è sulla mia guancia. Ridacchio, mi fa il solletico mentre mi riempie il viso di mille piccole lappatine veloci. Mi avvicino al letto e mi rimetto sotto le coperte con lei. Sto seduto, la schiena appoggiata alla testiera, le gambe piegate e il mio cane che felice come pochi se ne sta sul mio torace scodinzolando come una matta.

“Buona buona, fai la brava dai.” Ovviamente non mi da retta. Anzi al suono della mia voce si agita ancora di più. “Che esagerata, tanto lo so che lo fai solo perché sono l’unico sveglio, basta che ti facciano le coccole a te...”  Razza di cane viziato, come se non la riempissero di coccole tutto il giorno. “Io non capisco tutta questa necessità di coccole, oramai sei un cane adulto tu.” I suoi occhioni neri risaltano ancora di più al buio grazie al pelo bianco. “Un cane adulto... già... tu sei un cane adulto, io sono un uomo, ma le coccole continuano a piacerci a noi due, eh?”  Come se riuscisse a capirmi riprende a leccarmi il viso.

Anche questa notte non dormirò, ma almeno non sono solo.


Appena il cielo si colora di quel bianco lattiginoso tipico della mattinate nuvolose adagio Yuki sulle coperte, mentre ronfa placidamente, e mi alzo. Mi faccio una doccia veloce e sono pronto per farmi una bella corsetta.

“Donghae anche questa mattina?” Mi volto, mia madre sveglia appoggiata allo stipite della porta della cucina mi osserva seria.

“Si mamma, lo sai noi idol dobbiamo essere sempre perfetti, le mie ELF si meritano il meglio da me.” Sorrido cercando di nascondere la stanchezza ma ovviamente...

“Le tue elf gradirebbero avere un ultimate o un bias in salute, magari se dormissi sarebbe meglio. Cosa c’è che non va Donghae?”

“Nulla mamma, nulla. Davvero, sarà l’agitazione per il nuovo tour...” Le dico cercando di essere convincente, e lei continua per me.

“Oppure il troppo silenzio, un letto diverso...” mi ritrovo ad annuire felice che accetti la spiegazione che ho dato, anche perché davvero non so che ho in questi giorni “...o il fatto che non ci sia Hyuk nel tuo letto...” annuisco in automatico fino a quando il significato dell’ultima frase viene recepito dal mio cervello.

“MAMMA!” Urlo mentre sento le guance diventare bollenti, sarò rosso come un peperone.

“Cos’hai da urlare Donghae, ci sento benissimo.” Mi dice lei tranquilla.

“Ma-ma-ma-” Cerco di trovare un senso a quello che mi ha detto, non può davvero sapere di me e Hyuk, giusto?

“Figlio mio smettila di boccheggiare e stai tranquillo, su, calmo, non ti pare di stare un po’ esagerando?”

“Ma-ma-ma-” Ok lo so dovrei dire cose un tantino più intelligenti ma in questo momento ho un po’ di problemi, molti più del solito e direi che sta volta sono giustificato.

“Donghae, adesso basta. Ma cosa ti prende? E soprattutto che razza di opinione hai della tua povera mamma? Credevi che non lo sapessi? Sono dieci anni mica dieci giorni, su, cerchiamo di essere razionali. Stai con un uomo, ok non è stato facile all’inizio accettarlo, ma cavolo stiamo parlando di Hyuk, quella povera anima che ti sopporta da una vita intera.”

“Lui povera anima? Ma se mi tocca vederlo fare lo scemo con qualsiasi cosa respiri.” Rispondo piccato.

“Quello è Won.” Dice lei, che al contrario di me, è del tutto a suo agio in questa discussione...

“Mamma, Won ci proverebbe anche con un semaforo.” Dico io nella speranza di non sembrare il perfetto imbecille a cui probabilmente assomiglio, visto che ancora non mi sono ripreso dallo scoprire che mia madre non solo  sa di me e Hyuk ma che ne è pure felice.

“Ah già quel ragazzo è una sagoma, e poi che sorriso...” Mia madre però è senz’altro più brava di me in questo gioco.

“Mamma potrebbe essere tuo figlio.” Non devo scherzare con mia madre, non riuscirò mai a superarla.

“Oh lo so, cosa credi, ma gli occhi sono fatti per guardare e Siwon ha proprio un signor cor...” E no, adesso questo no, non voglio sapere che ha di bello Won, non lo voglio sapere.

“Ti prego mamma non parlare così di Siwon!” La interrompo.

“Quanti problemi che ti fai”

“Io non mi faccio problemi...”Lo so sono bordeaux ho le orecchie bollenti, segno che oramai il rossore si è esteso dalle guance a tutto il viso. No, non sono io a farmi problemi, e che certi argomenti non si dovrebbero discutere con la propria madre. Cioè sa che sto con Hyuk, e fa apprezzamenti sul fisico di Wonnie... non sono pronto a cose del genere...

“Tutto tuo padre... non c’è nulla da fare sei tutto tuo padre...” Mi dice sollevando gli occhi al cielo teatralmente, ma un sorriso si disegna sulle sue labbra.

“Davvero?” Non posso evitare di chiedere.

“Davvero. C’erano certi argomenti su cui sembrava cadere dalle nuvole, i doppi sensi non li capiva quasi mai, e quando li capiva era uno spasso da guardare perché... beh diventava rosso come te. E soprattutto non era in grado di mentire. Quindi signorino non dirmi che va tutto bene, sei decisamente sgamabile...”

“Questo è un guaio mamma, sono un attore, il fatto che non sappia mentire è un guaio.” Dico di fintamente sconvolto nella speranza di cambiare discorso.

“Tu sai recitare, e che non sai mentire, c’è una bella differenza tra le due cose.”

“Meglio così, allora io adesso vado, ho proprio voglia di farmi una corsetta...”

“Nella neve Donghae?”

“Eh?”

“Immagino che non hai ancora guardato fuori...”Apro la porta di casa e il panorama è un soffice ammasso bianco che ricopre ogni cosa.

“Non credo sia il caso di correre...” io non parlo, rimango con gli occhi fissi sulla neve, la pioggia deve essersi trasformata in neve durante la notte, che scende copiosa e ricopre tutto. “...ma visto che tanto uscirai lo stesso copriti bene.” Mi dice sorridendomi, sa quanto amo la neve.

Ci metto un nano secondo a cambiare le scarpe e infilarmi cose più calde e adatte a camminare nella neve. Mi infilo un cappello di lana ben calato in testa e, dopo aver salutato la mamma, esco di casa.

All’improvviso mi rendo conto di stare respirando davvero dopo tanto. Camminare da solo nella neve mi fa bene, ne ho bisogno come gli altri hanno bisogno dell’aria. Amo tutto della neve, dal profumo che si spande nell’aria, a quel freddo secco, allo scricchiolio della neve calpestata, al silenzio ovattato che mi circonda. Cammino nelle stradine che conosco tanto bene, poco trafficate normalmente, completamente deserte ora. Faccio decine di foto con la mia fidata Leica e ne faccio una con il cellulare da mandare alle mie ELF. Non faccio neanche in tempo a metterla on-line che migliaia di cuori arrivano sul mio instagram, sorrido pensando alle mie ELF che probabilmente vivono costantemente attaccate a sti aggeggi tecnologici per avere sempre notizie su di noi.

Mentre faccio foto mi torna in mente mio padre. Con lui quando eravamo piccoli io e mio fratello andavamo spesso a fare passeggiate per la città, o anche fuori, arrivavamo in spiaggia o ci perdevamo in qualche boschetto, che per me e mio fratello pareva immenso e scattavamo un sacco di foto con la vecchia macchina fotografica di papà. Credo che in qualche cassetto a casa ci sono ancora centinaia di rullini mai sviluppati. Mi viene quasi la curiosità di recuperarle e farle stampare, ma in realtà non mi serve, so già come sono, terribili, terribili è il minimo. Decine e decine di foto di particolari insulsi, a volte pure sgranati, ma a noi non importava tanto le foto, ma il fatto di stare insieme. Sento le guance bagnate, le sfioro e mi sorprendo di riconoscere il calore delle lacrime. E all’improvviso capisco. Continuo a cercare di nascondere i ricordi perché pensavo che mantenendoli tutti rinchiusi dentro di me avrei smesso di soffrire, ma invece la cosa ha sortito l’effetto opposto.

In queste notti, complice il fatto che ero nella mia vecchia casa, senza il gruppo, senza Hyuk, hanno cercato di ritornare a galla, mandando in tilt il mio sistema nervoso e facendomi stare sveglio tutte le notti.  La consapevolezza del sapere quello che mi impediva di dormire mi fa sentire molto stupido per non averlo capito prima. In fondo non era una cosa tanto difficile.

Comincio a sentire freddo in testa, probabilmente il cappello ormai è fradicio e non riesce più a proteggere la mia testa dalla neve. Decido allora di tornarmene a casa. Sto meglio ora, aver capito cosa mi assillava mi fa sentire meglio, è come semplicemente fossi tornato a respirare.  

Arrivo a casa e mi getto sotto l’acqua bollente della doccia.

Ogni volta che mi faccio la doccia mi viene in mente mistery six e quella puntata che iniziava con me sotto la doccia e quel demente di Hyuk che mi fa prendere un colpo... sorrido come uno scemo, ma è possibile che ogni cosa che faccio, ogni momento della mia giornata io lo passo pensando a Hyuk? Che cavolo mi ha fatto quel ragazzo, anzi ormai dovrei dire quell’uomo?

Quando esco mi sento davvero bene, mi infilo una tuta comoda, mi asciugo i capelli e mi sdraio sul letto. Fatico a credere che in questi giorni sono davvero libero da tutto. Nessun appuntamento di lavoro, e posso godermi ogni istante in pace. Sarebbe perfetto se con me ci fosse Hyuk, e ci fossero anche gli altri, quella massa di idioti sono la mia famiglia, ho bisogno di loro, a volte li vorrei strozzare, ma se non ci sono mi mancano.

Sento suonare il telefono di casa, dopo pochi istanti qualcuno bussa alla porta, e la mamma che mi porge il telefono.

“Indovina chi è?” Mi dice con un tono complice. “E dai il mio genero chiama e tu fai quella faccia? Dovresti essere contento.” Le prendo il telefono velocemente dalle mani, sconvolto da come mia madre reagisca al fatto che io sto con lui, e in un secondo sento la risata di Hyuk dall’altra parte dell’apparecchio mentre mia madre esce dalla stanza .

“Hyuk come mai mi chiami a casa?” Chiedo. Che sia successo qualcosa?

“Sono a casa e uso il telefono dei miei, così risparmio e siccome sono bravo faccio risparmiare anche loro.”

“Scusa signor tirchio non capisco come faresti a farli risparmiare, giuro la cosa mi sfugge”

“Se chiamavo sul cellulare pagavano di più, semplice no?” Il ragionamento di Hyuk è semplice in effetti.

“Non fa una grinza” Magari se chiamavi con il tuo cellulare...tirchio sto con un tirchio. Anche se devo ammettere che per me non si è mai risparmiato.

“Lo so”

“Hyuk?”

“Si?”

“Perché hai chiamato?” Gli chiedo serio.

“Volevo sentirti, ti sembra così strano?” Lo so che ora sta guardando per terra e ha le guance rosse, si vergogna quello stupido, si vergogna nell’ammettere che era preoccupato per me.

“Hyuk sto bene... ora” Gli dico sincero.

“Ora? Allora avevo ragione qualcosa non andava, vuoi che venga a prenderti?” Eccolo pronto a scattare subito per me. Come quella volta che avevo un disperato bisogno di tornare a casa, e lui in quella serata piovosa mi ha preso per mano mi ha fatto salire in macchina e mi ha accompagnato da Seul a Mokpo senza dire nulla. Gli era bastato guardarmi in viso per capire che avevo bisogno di tornare a casa.

“Hyuk nella frase: sto bene ora, quale significato ti è oscuro?” Gli dico tentando di nascondere la dolcezza che il suo comportamento protettivo nei miei riguardi fa nascere in me.

“E io che volevo essere gentile.” Riesco a vederlo mentre  sicuramente starà facendo quell’espressione fintamente arrabbiata, riesco a vedere il broncio che creano quelle labbra perfette, lo vedo tanto bene nella mia testa che vorrei essere con lui per baciargliele.

“Lo sei, scemo, ma è inutile che ti fai tutti questi chilometri, domani sera parto e torno a Seul, torno a casa.”

“Torni da me.”  Dice sicuro, e anche felice.

“Sì, torno da te!”  Rispondo con un sorriso.

Ho la sensazione che questa notte dormirò come un bambino finalmente, anche se potrei sognare Hyuk... e, se sogno Hyuk, i miei sogni non saranno quelli di un bambino...

Mi sento sereno ora, come se avessi appena visto l’alba dopo una notte buia. Forse avevo davvero bisogno di questi giorni a casa, ma adesso non vedo l’ora di tornare da lui, non vedo l’ora di ritornare e ritrovare i miei fratelli non  vedo l’ora di salire sul palco e perdermi nell’oceano  blu zaffiro.

Non  vedo l’ora di ritornare a essere Lee Donghae dei Super Junior.
 

Fine
 

Note: Benissimo cominciamo con il dire che non ho idea se a Mokpo possa nevicare, ma visto che ha nevicato pure sulle coste Siciliane questo inverno direi che può anche succedere, no? E se non è così voi me lo concedete, vero? Siiii lo so che me lo concedete. Seconda cosa, Hyuk ha davvero accompagnato Donghae a Mokpo una notte piovosa, il perché non lo so, ma l’ha fatto. Lo ha anche detto in radio una volta, quando era con Teuk, ovviamente ora che mi serve non trovo il link, ma se lo trovo lo inserisco.  Terza cosa, vi ringrazio per averla letta, e, per chi l’ha fatto, per aver commentato le altre fic. Grazie davvero, se vorrete lasciare un pensiero anche qui ne sarò felice. Ora vi lascio, alla prossima, spero presto. Baci.
  
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