Capitolo 1
Come
previsto, la notte appena trascorsa era stata un inferno. Il dolore alla
caviglia, associato alla paura di non sapere ciò che le sarebbe accaduto,
l’avevano tenuta sveglia per tutto il tempo, dandole la possibilità di
rimuginare su quello che aveva fatto nei suoi anni da figlia ribelle: scherzi,
fughe notturne, ubriacature degne del peggiore degli alcolizzati, firme false e
brutti voti a scuola.
Non
che andasse fiera di tutto ciò che aveva combinato, ma se in tre anni suo padre
non aveva preso provvedimenti, perché avrebbe dovuto farlo proprio ora, tenendo
conto della sua innocenza riguardo ai fatti da poco accaduti?
Insomma,
zio Cora doveva averglielo spiegato e se Doflamingo fosse stato un uomo
intelligente l’avrebbe ritenuta una sciocchezza rispetto a certi suoi
comportamenti precedenti.
Una
parte di lei era certa che fosse così: voleva essere positiva e giurava a se
stessa che se l’avesse passata liscia si sarebbe data una regolata.
L’altra,
più realistica e negativa, sapeva che non appena si fosse trovata davanti suo
padre, tutte le sue speranze sarebbero svanite; e rimanere a letto a fissare il
soffitto serviva a poco, solo a rimandare l’inevitabile.
Scostò
quindi le coperte, alzandosi con calma e indossando le pantofole, per poi zoppicare
fino alla fine del corridoio. Scese le scale con calma, sentendo la caviglia
pulsare ogni volta che toccava il pavimento. In altre circostanze non avrebbe
esitato a scivolare lungo il corrimano, ma quel giorno non era proprio il caso
di farlo. Una volta giunta in fondo alle scale, Jora l’avvertì che la colazione
era già pronta e che i suoi genitori la stavano aspettando.
Quando
si sedette al tavolo della sala da pranzo, le si presentò una scena che ormai
conosceva nei minimi dettagli: suo padre, seduto a capotavola, leggeva il
giornale, tenendo in una mano una tazza colma di caffè fumante. Sua madre,
seduta alla destra dell’uomo, teneva lo sguardo fisso su una rivista,
lasciandosi sfuggire una smorfia di tanto in tanto, qualora una cosa le piacesse
o meno. Mancava solo zio Cora, che di solito sedeva accanto alla donna: era
quasi sempre presente durante le prediche, pronto a sostenerla con uno sguardo.
Si
avvicinò al tavolo, accomodandosi al solito posto davanti alla sedia vuota
dello zio e si mise a studiare i vari cibi davanti a lei.
“È
incredibile quanto siano veloci a divulgare certe notizie” disse Doflamingo,
rompendo il silenzio. “Si chiedono quando e se il sindaco di Green Bit prenderà
provvedimenti verso quella teppista di sua figlia” spiegò, ripiegando il
quotidiano.
“Addirittura?”
si lasciò sfuggire la ragazza.
“Puoi
dar loro torto?” le chiese sua madre, inarcando un sopracciglio.
“Sappiamo
che non sei responsabile di nulla e che ti trovavi nel posto sbagliato al
momento sbagliato. Sta di fatto che ti ostini a frequentare gente poco
raccomandabile e io non posso più lasciar correre” affermò l’uomo.
“Perfetto.
Dimmi quando me ne devo andare e mi faccio trovare pronta” disse Annabelle,
maledicendo la sua lingua lunga.
“Non
andrai molto lontano. C’è una scuola privata ad Acacia, li avevo già contattati
a inizio anno. Dopo le vacanze di Natale andrai a studiare lì”
“Va
bene”
“E
andrai a vivere da tua sorella” precisò Baby 5.
“Come,
scusa?” Annabelle pregò con tutta se stessa di aver capito male.
“Sugar
si era già offerta di ospitarti, qualora avessimo deciso di farti cambiare
scuola. Vivrai con lei e nei momenti liberi dallo studio o nel fine settimana
l’aiuterai nel lavoro. Non uscirai di casa, a meno che Sugar non ti dia il
permesso. E mi ha già promesso che non lo otterrai così facilmente. Questo
succederà fino alla fine del semestre, poi vedremo cosa fare”
“Vi
ha dato di volta il cervello? È assolutamente fuori discussione che io vada a
stare da lei!” affermò decisa, alzandosi dalla sedia.
“Tu
farai quello che ti diciamo, senza discutere. Sugar è una brava ragazza, ha
degli ottimi amici e un buon lavoro, e…”
“La
faranno santa quando passerà a miglior vita” commentò ironica.
“Non
mi stupirei se accadesse. Ora vai di sopra e raccogli le tue cose, Sugar verrà
a prenderti domani” disse l’uomo, facendole capire che la discussione non
sarebbe andata oltre.
“È
il gesto peggiore che avresti mai potuto fare. Complimenti, davvero”
Annabelle
si sforzò di trattenere le lacrime fino al momento in cui avrebbe raggiunto la
propria stanza, ma non ci riuscì. Era arrabbiata e provava un grandissimo
rancore nei confronti della sua famiglia.
Tutto
sommato, avrebbe accettato la vita in un collegio, ma l’idea di condividere
nuovamente la casa con Sugar proprio non le andava giù. Come avrebbe potuto
sopportare nuovamente tutto questo? Sugar, così bella, così brava, così cocca
di papà da far venire la nausea. Lei era l’esempio che doveva seguire e la
perfezione che non sarebbe mai riuscita a raggiungere.
Non
era pronta a sentirsi di nuovo in quel modo ogni santo giorno e più ci pensava,
più le lacrime aumentavano.
Sperava
tanto che quello fosse solo un brutto sogno, ma sapeva che non era così: era la
dura realtà, una realtà che, ne era certa, non sarebbe stata in grado di
affrontare.
Il
bicchiere giaceva vuoto sulla scrivania, in attesa di essere riempito. Era uno
snifter color arancione, un regalo che Annabelle gli aveva portato al ritorno
da una gita scolastica. A quel tempo, gli era piaciuto molto. Ne usufruiva per
qualsiasi bevanda, anche non era adatto per tutto. Con il passare degli anni,
aveva iniziato ad usarlo solo quando sua figlia combinava qualche guaio,
associato ad un particolare tipo di brandy molto costoso. Il bicchiere si stava
lentamente usurando e la sua scorta di liquore si esauriva più in fretta di
quel che credeva. Sperava con tutto se
stesso che sua figlia si sarebbe data una calmata, ma Annie non l’aveva fatto,
anzi andava di male in peggio. E lui era stanco, davvero stanco di combattere
quella che sembrava una causa persa.
“Non
sono sicuro che l’alcol ti sia d’aiuto per il tuo problema, sai?”
Doflamingo
alzò gli occhi al cielo, voltandosi verso il fratello.
“E
quale pensi che sia la soluzione?” domandò ironico.
Cora
si accomodò su una delle poltrone in pelle, sospirando. Doflamingo aveva
l’abitudine di snobbare i suoi consigli, quando si trattava di Annabelle e ciò
lo infastidiva parecchio.
“Dovresti
parlare con Annie. Con calma, senza perdere la pazienza e senza pregiudizi.
Dovresti smetterla di incolparla del fatto che non ascolta, che ha la testa
dura e tutte le cavolate che spari di solito. Perché credi che venga da me
quando qualcosa non va’?”
Doflamingo
sbuffò: “Perché sa che con te l’avrò sempre vinta. La fai facile tu, ma parlare
con Annabelle non è come parlare con Sugar e…”
Cora,
intento ad accendersi una sigaretta, si bloccò, alzando lo sguardo furente:
“Per l’amor del cielo, piantala! Non puoi fare un paragone tra di loro, sono
due persone completamente diverse! Ecco perché Annie ti odia, hai passato 17
anni a ricordarle che lei non è all’altezza di sua sorella, come credi che si
senta?”
“E
il discorso di ieri sera, allora?”
“Ho
solo detto che stare vicine avrebbe fatto bene ad entrambe. Sugar si renderà conto
che Annie non è una sciocca ragazzina superficiale, e lei capirà che sua
sorella non è così perfetta come la dipingi tu!
Non
ti rendi conto che le hai messe una contro l’altra?” lo rimproverò Cora,
sentendo la rabbia montare dentro di sé.
Doflamingo
scosse la testa: “Non dire assurdità, non è questo il punto”
“Certo
che è questo il punto!” esclamò battendo una mano sul tavolo. “Prova a pensare
a cosa sarebbe successo se al posto di Annie ci fosse stata Sugar! Ti saresti
precipitato tu da Vergo, l’avresti portata in ospedale ed entro la fine della
giornata avresti risolto la situazione!”
“Sciocchezze!
Ho perso il conto di tutte le volte in cui ho aiutato Annie! E ora mi sono
stufato, quella ragazzina non ha mai capito e non si sforzerà mai di capire. Se
il cielo vuole, Sugar riuscirà a metterla su una strada migliore… io ho già
fatto abbastanza e sinceramente ne ho le scatole piene. Ho problemi più gravi a
cui pensare, adesso”
Cora
sospirò, guardando il fratello: in cuor suo, sapeva cosa gli passava per la
testa, ma farglielo ammettere non era affatto semplice. Doflamingo era la
persona più testarda che avesse mai conosciuto in vita sua, seguito a ruota
dalla figlia. Non aveva mai creduto all’oroscopo e a cavolate simili, ma non
poteva negare che, essendo nati sotto lo stesso segno, le discussioni tra i due
erano veramente molto forti.
Lui,
però, aveva un piano preciso in mente: avrebbe dovuto ricorrere alla sua
pazienza, ci avrebbe messo del tempo, forse mesi, ma amava suo fratello, così
come amava sua nipote. E a costo di assillarli tutti i santi giorni, sarebbe
riuscito a farli riconciliare.