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Autore: DAlessiana    08/02/2015    3 recensioni
L’adolescenza è quella fascia d’età che va dai 13 ai 19 anni, dove si è troppo piccoli per fare i grandi e troppo grandi per fare i piccoli. Un periodo fatto di incertezze e confusione ma, dopotutto, è un periodo indimenticabile. (Irv)
Una mia visione personale di "Everwood" come sarebbe stato se il gruppo: Ephram, Brigth, Colin e Amy si fosse formato fin dall'inizio. E' la prima fanfiction che pubblico in questo fandom, spero di fare un buon lavoro!
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amy Abbott, Andrew 'Andy' Brown, Bright Abbott, Ephram Brown, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ti criticheranno sempre, parleranno male di te e sarà difficile che incontri qualcuno al quale tu possa piacere così come sei! Quindi vivi, fai quello che ti dice il cuore, la vita è come un'opera di teatro, ma non ha prove iniziali: canta, balla, ridi e vivi intensamente ogni giorno della tua vita prima che l'opera finisca priva di applausi. (Irv)

Il professor Schuester, dopo aver assegnato i vari ruoli al resto dei ragazzi, tra le risatine delle ragazze riferite al suo fisico, diede a tutti i giovani attori un copione.
“Ragazzi, vi prego di fare un lavoro almeno discreto. Questa è una delle più grandi tragedie di tutto il teatro!” esclamò “So che ad alcuni di voi molto probabilmente non gli interessa minimamente, ma il preside e noi insegnati ci teniamo a fare bella figura.” aggiunse, con un sorriso sghembo, che fece civettare le varie ochette.
 Il professore ci aveva preso in pieno, Ephram avrebbe di gran lunga preferito stare a casa a strafogarsi sul letto ascoltando musica, anche se l’ordine del dottor Brown era quello di non mangiare sul letto, sia Ephram che Delia non lo avevano mai rispettato. Cosa c’è di meglio di mangiare al calduccio in compagnia di un film?
Ephram sorrise al pensiero dei rari momenti dolci tra lui e Delia quando, soli in casa, si mettevano nel letto di Ephram a mangiare la pizza in compagnia dei soliti film per bambini, ma che, in fondo, divertivano anche lui.
“Ehi dolce Romeo!” lo chiamò Bright, anche se aveva poco da ridire, dato che anche a lui era toccata una delle parti principali, quella di Mercuzio, uno dei più grandi amici di Romeo.
Secondo lui probabilmente la signora Roland lo aveva fatto di proposito!
“Caro Mercuzio!” lo canzonò Ephram a sua volta, beffandosi anche lui della parte che era capitata all’amico, non era un segreto che Bright odiasse qualsiasi cosa non avesse a che fare con il basket e le cheerleader.
Fortunatamente per il giovane Brown, il primo giorno si concentrò solo sull’assegnare i vari ruoli e la distribuzione dei copioni. Avevano già perso qualche ore e l’unica cosa che voleva era andare a casa e stare al caldo davanti al camino.
Bright si era offerto, per l’ennesima volta, di dargli un passaggio e, nonostante Ephram odiasse dividere la stessa auto con il silenzio imbarazzante tra lui e Laynie, stavolta aveva accettato, faceva decisamente troppo freddo per poter tornare a casa a piedi.
“Abbiamo tutti ruoli importanti!” esclamò Amy, lei amava qualsiasi cosa che avesse a che fare con l’arte: danza, musica e, ovviamente, teatro.  Forse sarebbe stata perfetta per la parte di Giulietta, ma la sua media era troppo alta secondo la signora Roland. Le era capitato il ruolo della nutrice e, secondo Ephram, le calzava a pennello. Lei era brava ad ascoltare qualsiasi dramma.
“Già! Peccato che nessuno è entusiasta quanto te!” la derise Colin. A lui era capitata la parte d Benvolio, cugino di Romeo e suo confidente, anche questa l’avevano azzeccata.
Ephram aveva guadagnato il posto davanti, per convincerlo i ragazzi lo avevano preso in giro dicendogli che Romeo doveva avere un posto d’onore, ma il giovane Brown sapeva che, in realtà, volevano mettere distanza tra lui e Laynie.
Buttò uno sguardo allo specchietto retrovisore, sperando di incrociare il suo sguardo, ma lei guardava fuori dal finestrino, come faceva ogni volta che qualche pensiero la tormentava.
***
Appena varcò la soglia di casa fu grato che suo padre non fosse ancora rincasato, non avrebbe retto la sua faccia piena di felicità per la parte che era capitata al figlio.
“I tuoi voti orribili in storia ti hanno portato qualcosa di buono!” aveva detto il dottore, quando il figlio gli aveva comunicato la scelta della sua insegnante.
Ephram aveva intuito che, con quella frase, il padre gli aveva buttato una sorta di frecciatina per il suo scarso impegno nello studio, ma fece finta di niente.
A casa, ovviamente, non c’era neanche Delia, probabilmente il padre l’aveva portata da Nina, dicendole che sarebbe andato a prenderla appena tornato.
Nella completa armonia e solitudine decise di andare a farsi una bella doccia per poi, purtroppo, mettere la testa sui libri. Tra un paio di giorni avrebbe avuto un test di matematica e, stranamente, su quell’argomento aveva capito tutto…sì sentiva un genio! Incompreso, forse, ma pur sempre un genio!
Sì dedicò allo studio per un paio di ore, facendo esercizi su esercizi di più tipi e varie difficoltà. Appena chiuse il libro per riporlo nello zaino, la serratura della porta d’ingresso scattò e il dottor Brown, insieme a Delia, entrarono.
“Ha la capacità di rientrare ogni volta che finisco! Per una volta vorrei fargli vedere che studio!” pensò Ephram, iniziando a credere che suo padre lo facesse di proposito per rinfacciarglielo ogni volta.
“Ciao! Com’è andata?” chiese il padre, sorridendogli. Quella sera era di ottimo umore, probabilmente aveva discusso con il dottor Abbott e, stavolta, era stato quest’ultimo ad arrendersi.
“Normale. Vedo che sei di ottimo umore! Magari così ci risparmierai qualche tua terribile ricetta ed ordinerai una pizza!” esclamò Ephram, non facendosi scappare l’occasione di prendere in giro il padre.
“Non è salutare mangiare pizza ogni sera. Sono pur sempre un medico!” replicò Andy.
“Sempre meglio di avvelenare i tuoi figli!” ribatté , prontamente, il ragazzo.
Scatenando le risate sia del padre che di Delia.
***
“Harold? Possiamo parlare?” domandò Linda, entrando cautamente nella stanza del fratello.
“Non abbiamo niente da dirci” rispose il dottore, senza far incrociare i loro sguardi.
“Credi che io non abbia sofferto? Che non mi sia sentita in colpa per essere stata così lontana da te e dalla mamma?” replicò la rossa, incominciava a stufarsi di quella situazione.
“La mamma? Mamma già ballava al suo secondo matrimonio mentre la tomba di papà era ancora fresca!” esclamò Harold. Possibile che nessuno capisse il suo dolore?
“Secondo te mi sono sentita la persona migliore del mondo a non essere presenta al suo funerale? A non tenerlo per mano nei suoi ultimi giorni, a non dirgli quanto gli ho voluto bene, secondo te come mi sono sentita?” replicò, con voce stanca ed impregnata di dolore, stanca perché era stufa di litigare ogni volta con suo fratello; impregnata di dolore perché quella, nonostante fossero passati anni, era una ferita ancora aperta e bruciava, più di qualsiasi altro dolore.
Harold fece incrociare i loro sguardi e Linda, in quel momento, capì che anche per lui la ferita nel cuore era ancora aperta, troppo aperta.



-Eccomi di ritorno! :)
Come sempre spero che il capitolo vi piaccia. Spero di riuscire a pubblicare più frequentemente, anche se la vedo dura! çWç
Alla prossima! :33
P.S. Mave hai visto? Ho seguito il tuo consiglio! Ahahah
  
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