Aurora.
Ocean
si lasciò cadere a terra, cercando ristoro sul cemento
scomodo, o
forse semplicemente incapace di reggersi ancora sulle sue tremolanti
gambe. Qualcosa era esploso dentro lei, lo sentiva bruciare e
distruggere. Si appoggiò con la schiena al muro
lì vicino, scostata
dal resto del gruppo, le braccia inermi, la testa reclinata in
avanti, gli occhi vitrei spalancati a guardare il nulla e la sola
compagnia di Max, preoccupato, e Molly, seduta accanto a sè,
come
lei, con lo sguardo vuoto fisso su chissà quale terrificante
fantasma. Due anime sole e disperate che inutilmente cercavano di
darsi calore con la vicinanza. Il foulard di Carol era ancora ben
stretto tra le sue mani. Non voleva lasciarlo andare. Non voleva
lasciarLA andare.
Niente
gruppi!
Urlava
la voce nella sua testa, ormai così remota.
Niente
più persone da piangere.
Perchè?
Perchè non si era ascoltata? Perchè ancora non
riusciva ad
accettare tutto questo? Il colpo le era arrivato così ben
assestato
da ridurla in brandelli. Max cercò di destarla, leccandole
una
guancia, lavandole via lo sporco del terreno, del sangue e delle
lacrime. Niente. Non serviva a niente. Stava annegando anche lei, di
nuovo, ancora e ancora, dentro quel maledetto Oceano.
<<
Alice. >> una voce, un sussurro, pronunciò il
suo nome
d'origine. Come si era permesso? Lei non era più Alice!
Alice era
morta! Non voleva più saperne niente. Doveva fuggire da
lì! Era
colpa di Alice se di nuovo si stava ritrovando a piangere per qualcun
altro. Alice doveva essere distrutta, non riesumata!
Alzò
lo sguardo furiosa, incontrando occhi di ghiaccio, ma avvolti da una
tenera foschia, come la brina sull'erba le mattine di primavera. Una
scena idilliaca, ma per niente suggestiva. Non in quel momento.
Riconobbe gli occhi, riconobbe il volto. Non riconobbe però
la sua
preoccupazione e la sua dolcezza.
Era
colpa sua.
Il
fuoco dentrò sè avvampò.
Era
stato lui a portarla lì. A convincerla a restare e a
strapparle di
nuovo un lembo d'anima, uno dei pochi rimasti.
<<
Ti ho detto che odio quel dannato nome!!! >>
urlò con tutta la
rabbia che aveva, nonostante il viso del ragazzo si trovasse a soli
pochi centimetri dal suo. Un animale che ringhia sul muso di un altro
con solo l'intenzione di allontanarlo, o lo avrebbe aggredito e
ucciso.
Daryl
si irrigidì. Non ne fu spaventato, nè
dispiaciuto, solo tanto
arrabbiato. Era quello il suo modo di ringraziare? Che diavolo le
prendeva ora?
<<
Mi stavo solo chiedendo se stavi bene! >>
ringhiò
soffusamente, in risposta al suo aggressore. Avrebbe intrapreso la
lotta se ci fosse stato del tempo << Ma fa' come ti pare.
>>.
<<
Va' al diavolo, Daryl! Non ho bisogno di te e della tua assillante
presenza. Devi starmi lontano, te l'ho già ripetuto altre
volte!
Lasciami in pace! >> continuò a invenire lei,
ormai fuori
controllo, in preda a una crisi d'ira, persa nei flutti del suo
personale Stige, incapace di risalire a prendere aria, affogata da
mani di cui non ne riconosceva la provenienza, evanescenti e informi.
Daryl
non aspettò ancora: si alzò in piedi e si
allontanò velocemente,
senza rivolgerle altro sguardo o altra parola se non un ultimo
<<
Puttana! >>. Odiava quel suo modo di fare. Era sempre
stata una
ragazza fastidiosa e scocciante, ma da quando si era unita
ufficialmente a loro si era calmata molto, tanto che erano arrivati
ad avere quel bellissimo rapporto che si era costruito nel tempo.
Ora, però, sembrava tornata ai primi giorni, quando bastava
niente
per farla scattare come un animale selvaggio, irriconoscente e che
vedeva il male anche nel semplice favore di farle delle frecce da
degli stupidi legnetti. Non la sopportava quando faceva
così, lei e
i suoi capricci idioti da ragazzina vittimista, come se solo lei
fosse quella che stava perdendo qualcosa in quei tempi. Anche lui
aveva perso il fratello e molti amici, eppure non faceva tutte quelle
sceneggiate isteriche. Era solo una stupida.
Glenn
e Maggie seguirono il ragazzo con altrettanta urgenza, passando
davanti a Ocean e dedicandole solo uno sguardo compassionevole. Ma
questo lei non lo vide perchè era tornata ad osservare il
foulard
che stringeva tra le mani e che giaceva sulle sue ginocchia stese.
Max
mugolò triste e si accucciò accanto a lei,
percependo il suo
dolore.
Beth
si avvicinò a Molly e le si inginocchiò accanto
<< Molly,
vieni con me? Ho bisogno del tuo aiuto. >> disse
concedendole
una carezza e un sorriso. Non era vero, ma voleva farla alzare e
aiutarla a distrarsi. La bambina alzò gli occhi dapprima
passivamente, poi improvvisamente si accese e scattò in
piedi:
velocemente corse via, inseguendo il trio che si stava avvicinando
alle auto vicino ai cancelli. Non diede loro tempo quasi di notarla
che già si era lanciata su Daryl, stringendogli la vita e
affondando
il viso nella sua camicia.
<<
Non lasciarmi di nuovo, ti prego! >>
piagnucolò senza alzare
gli occhi, soffocando le parole tra i vestiti del ragazzo. Daryl si
inginocchiò, facendola staccare da sè, per
poterla guardare in viso
<< Torno presto, promesso. >>
Molly
si coprì gli occhi con il braccio, asciugando malamente le
lacrime
che avevano cominciato a scendere copiose e lasciando parlare solo i
suoi singhiozzi e lamenti.
Beth
arrivò di corsa, trafelata e dispiaciuta di essersela
lasciata
scappare via. Si avvicinò a Molly e cercò di
portarla via
prendendola per mano, ma lei si ribellò di nuovo,
strattonandosi, e
si lanciò di nuovo contro Daryl, abbracciandolo
<< Non andare
via! >>
<<
Devo. >> disse semplicemente lui, stringendo le sue
spalle con
un braccio << Torno presto, davvero. >> poi
si illuminò
e cacciò una mano nella tasca posteriore dei jeans
<< Ehy!
Guarda chi ho trovato. >> disse porgendo alla bambina la
sua
bambola, ridotta a uno straccio, ma ancora riconoscibile.
<<
Bisognerà darle una sistemata, perchè non chiedi
a Beth di
aiutarti? >> disse.
Molly
prese la sua bambola tra le mani: sembrava essersi calmata un po',
anche se continuava a essere scossa dai singhiozzi. La presenza della
sua bambola le dava sicurezza: era l'unica che non si trasformava,
era l'unica che non moriva e mai l'avrebbe lasciata sola.
<<
Beth non è un dottore. Hershel lo è...lui sa
ricucire le persone.
>> disse.
<<
Esatto! Chiedi a Hershel di ricucirla e curarla, e nel frattempo
vedrai che sarò di ritorno. >>
cercò di dedicarle uno dei
suoi sorrisi più dolci e convincenti, anche se gli
riuscivano un po'
male, soprattutto quando era in presenza degli altri.
<<
Promesso? >> chiese lei ancora titubante e per niente
convinta.
Ma se Daddy diceva che sarebbe tornato allora lo avrebbe fatto. Lo
faceva sempre.
<<
Promesso. >> assicurò lui prima di alzarsi in
piedi <<
Andiamo. >> disse poi rivoltò a Maggie e si
mise in sella alla
sua motocicletta.
Hershel
controllò la bambina appena nata, vittima come sempre del
suo
istinto da medico: scrupoloso e attento, anche quando gli strumenti
carenti non gliene davano troppo la possibilità. Sembrava
però
stesse bene, l'unica cosa di cui aveva bisogno era cibo (e presto
sarebbe arrivato) e calore. Perciò appena Beth
tornò insieme a
Molly la chiamò a sè e gliela porse
<< Tornate dentro,
tienila al caldo in una coperta, io arrivo subito. >> la
figlia
annuì, prese la piccola e, prima di seguire le indicazioni
del
padre, si avvicinò a Carl: aveva bisogno anche lui di una
mano
amica. All'improvviso si sentì sovraccarica, piena di
preoccupazioni: Molly, Carl, la bambina...tutti contavano su di lei.
All'improvviso si sentì così sola. Prima c'erano
Lori e Carol ad
aiutarla.
Quanto
avevano perso in così poco tempo.
Si
ritrovò di nuovo a chiedersi se ce l'avrebbero fatta.
<<
Dottore! >> chiamò Molly avvicinandosi a lui,
prima di seguire
Beth, sua nuova balia per il momento << Hershel. Puoi
guarirla?
>> chiese porgendogli la sua bambola sventrata.
<<
Oh, poverina. Com'è ridotta male. >>
osservò Hershel prima di
prenderla tra le mani e osservarla da vicino, sotto l'occhio attento
e preoccupato della piccola rossa << Sarà
un'operazione
difficile, avrò bisogno di una buona assistente.
>>
<<
Posso aiutarti io! >> disse Molly istintivamente, poi si
fermò
a riflettere << Posso? >> chiese, insicura.
Lei non aveva
compiti nel gruppo, spesso passava le giornate ad annoiarsi con
qualche foglio di carta e Max che rincorreva le palline che lei
formava. Tutti sempre si affaccendavano e correvano, perfino Carl, ma
lei doveva sempre e solo "restare lì e aspettare". Avrebbe
davvero potuto fare qualcosa?
<<
Certo! >> sorrise amichevole Hershel << Vai
dentro con
Beth e prepara per me la sala operatoria. >> disse
facendole un
occhiolino e porgendole di nuovo la sua Signorina Rosie. Molly la
prese tra le braccia come fosse stata una bambina, imitando ancora
una volta chi aveva intorno a sè, e seguì Beth
verso l'interno
della prigione dove poi avrebbe allestito un tavolino con ago, filo e
qualche batuffolo di cotone che Beth avrebbe preso per lei da qualche
cuscino inutilizzato.
Hershel
li lasciò andar via e si avvicinò, sempre lento e
barcollante, a
un'altra persona che aveva bisogno del suo intervento anche se non
glielo aveva chiesto esplicitamente << Ocean.
>> disse <<
Fammi dare un'occhiata a quella spalla. >>
<<
Va' via! >> si limitò a rispondere la ragazza,
senza sforzare
nemmeno troppo la voce. La rabbia nei confronti di Hershel certo non
era come quella verso Daryl, ma non voleva più avere nessuno
attorno
a sè.
<<
Ci potrebbero volere dei punti. >> insistè
lui, fermandosi
vicino alla ragazza e guardandola severo, come un padre guarda la
propria figlia capricciosa che non vuol prendere la medicina.
<<
Lasciami in pace. >> bofonchiò lei prima di
sollevarsi in
piedi, a fatica, aiutandosi col braccio ancora buono.
<<
Ocean! Come stai? >> chiese Glenn, raggiungendo il
gruppetto in
quel momento, dopo aver lasciato la sua Maggie nelle mani di Daryl.
La ragazza, sorpresa nel sentire la sua voce, non aspettandosi
attenzioni anche da parte sua, sussultò e lo
guardò spaventata e
furiosa.
<<
Lasciatemi in pace! >> urlò più
forte mentre si allontanava
rapidamente, cercando di rendere la sua richiesta più
convincente da
un plateale gesto del braccio. I due non insistettero ancora. Quella
situazione aveva lasciato scossi un po' tutti, e li aveva quasi
distrutti. Avevano perso tre dei loro, e i pochi rimasti erano
abbattuti e arrabbiati. Carl non apriva bocca, Rick era sparito nei
corridoi della prigione con un'ascia ben stretta in mano, e ora anche
Ocean sembrava essere tornata la scontrosa che era all'inizio: schiva
e cinica. Daryl e Maggie erano corsi a cercare cibo per la bambina, e
neanche avevano avuto modo di permettere ai rimasti di preoccuparsi
in un loro eventuale ritorno: non c'era tempo nè testa.
Glenn scappò
nei corridoi della prigione a cercare Rick per tentare di riportarlo
indietro. Hershel seguì la figlia verso le loro celle: aveva
una
bambina di cui occuparsi e una bambola da rianimare. I due detenuti,
rimasti senza parole e soli, si guardarono attorno dispiaciuti e
confusi. Sembrava di trovarsi all'interno di un incubo, e i morti
intorno a loro davano la giusta atmosfera. Si guardarono tra loro,
chiedendosi cosa avrebbero fatto, ma lasciando la domanda campata per
aria. Loro avrebbero dovuto aspettare, c'era altro di cui occuparsi e
preoccuparsi. Delle persone erano morte quel giorno, era giusto dar a
loro e al lutto la priorità.
Daryl
e Maggie partirono per la cittadina che Glenn aveva indicato, diretti
all'ipermercato, nella speranza di trovare qualcosa di utile, almeno
momentaneamente, per la neonata. Ma non la raggiunsero: la strada
bloccata li costrinse a fare una deviazione, e, quasi per miracolo,
si trovarono di fronte un asilo. Decisero di tentare la sorte:
chissà
che non l'avesse messa sulla loro strada di proposito.
Maggie
fu la prima a entrare, sfondando una finestra, seguita poco dopo da
Daryl che intanto aveva dato un'occhiata nei paraggi per assicurarsi
che strane sorprese non li cogliessero impreparati. Ispezionarono
silenziosi il posto, aprendo ogni porta. Ma l'asilo sembrava
tranquillo e abbandonato, se non per un opossum che aveva trovato
rifugio (e forse cibo) in un armadio: non sarebbe uscito di
lì se
non appeso alla cintura di Daryl.
<<
Ciao, cena. >> disse lui sorridendo soddisfatto del
premio
mentre si chinava a raccoglierlo.
<<
Io non lo metto nel mio zaino. >> disse Maggie disgustata
voltandosi, ormai tirato un sospiro di sollievo, per controllare gli
scaffali e gli stipetti di quella che sembrava una cucina.
Ringraziando ancora una volta Dio per averli aiutati, trovò
quello
che cercava. Certo non erano quantità industriali, ma per un
po'
sarebbero bastate. Cominciò a riempire il suo zaino,
pensierosa.
<<
Non avresti dovuto trattarla così. >>
trovò poi il coraggio
di parlare.
<<
Trattare chi? >> chiese Daryl, non capendo da subito a
cosa si
stesse riferendo, ma intuendolo e cominciando già a provare
un forte
senso di irritazione.
<<
Sai di chi parlo. >> sospirò lei, evitando di
incrociare i
suoi occhi e continuando a lavorare al suo raccimolo, anche se ormai
aveva preso tutto quello che doveva << Ocean è
solo ferita e
spaventata. >>
<<
Lo siamo tutti. Deve crescere. >> brontolò
lui, cominciando a
mettere più forza nel suo lavoro, non tanto per
necessità, quanto
per bisogno di sfogare in qualche modo la rabbia che stava nascendo
in lui al ricordo della ragazza isterica che si era appena lasciato
alle spalle, un Ocean che insisteva nel dar colpe agli altri, senza
prendersi un briciolo di responsabilità.
Maggie
sospirò ancora e si voltò, guardandolo questa
volta << E'
fragile! >>
Daryl
si alzò in piedi, finendo di legarsi alla cintura la preda
appena
catturata, impegnando ancora i muscoli, e si voltò anche lui
a
guardare la ragazza, incrociando i suoi occhi, trasmettendo con i
suoi tutta la rabbia che covava dentro << Non
è affar mio. >>
sibilò prima di incamminarsi lungo il corridoio, diretto
alla
seconda stanza, dove avrebbero cercato altro cibo e altri beni di
prima necessità. Maggie gli andò dietro,
insistendo << Certo
che lo è! Sei la persona che al momento gli è
più cara. >>
ma Daryl questa volta non rispose, ignorandola, lascianola ai suoi
discorsi.
Maggie
sospirò ancora, prima di seguirlo all'interno di un'altra
stanza <<
Tu sei innegabilmente più forte di lei, sai attutire meglio
i colpi.
Puoi essere forte per entrambi! >>
Daryl
si fermò, guardandola di nuovo, sbuffando ma senza dire
niente, e
cominciando a rovistare tra gli scaffali della stanza appena
imboccata. Trovò un paio di scatole e le porse a Maggie che
le
infilò distrattamente nel suo zaino, senza neanche guardare
cosa
stesse prendendo, aspettando una risposta che non sembrava voler
venir fuori.
<<
Non sono suo padre. Che si arrangi. Io non mi spacco la schiena e le
palle per stare dietro a una ragazzina capricciosa che non vuole
essere aiutata. Ribadisce che può farcela da sola, che vuol
stare da
sola. Bene! Che faccia pure! >> brontolò poi
lui.
<<
Non è la verità! Lo sai tu e lo sa lei.
>> Maggie abbassò un
attimo gli occhi, anticipando l'intimità della confessione
che stava
per fargli << Quando papà è stato
morso ho creduto di averlo
perso per sempre. Ero a pezzi, completamente distrutta, e me la
rifacevo col mondo intero perchè a qualcuno dovevo pur dare
la
colpa! Me la sono presa anche con Glenn, ingiustamente. Ma lui
è
rimasto. E io non posso che ringraziarlo per averlo fatto. Avevo
bisogno di lui allora più che mai, anche se dicevo il
contrario solo
perchè arrabbiata col mondo. >>
Daryl
la guardò ancora, senza rispondere e uscì di
nuovo dalla stanza,
diretto alla successiva. Maggie continuò ad andargli dietro
come un
cagnolino, nella speranza capisse cosa stava cercando di dirgli.
Ma
ancora senza soddisfazione. Era testardo e orgoglioso!
<<
Daryl, per favore! >> disse lei, stufa di corrergli
dietro
inutilmente, fermandolo per un braccio e costringendolo a voltarsi.
<<
Stalle tu dietro visto che ci tieni tanto! >> disse lui
incazzato nell'istante in cui fu costretto a voltarsi dalla sua mano.
Con un colpo del braccio si staccò con violenza dalla
leggera presa
della ragazza, lasciando fosse quel gesto a farle capire che doveva
lasciarlo in pace.
<<
Lei non ha bisogno di me, ha bisogno di te! >>
<<
Stronzate! >> brontolò ancora riprendendo il
suo percorso.
<<
E' la verità! Tu sei più che un semplice amico...
>> ma venne
interrotta bruscamente da un << Cosa?! >>
stizzito e
ancora più furioso e si voltò a guardarla con la
fronte aggrottata.
<<
Io cosa?! >> sbuffò, trattenendo risate
sarcastiche. Aveva il
fuoco negli occhi << Hai letto troppi romanzi d'amore,
principessa. Io e lei non stiamo insieme. Non sono nessuno, ok?
>>
Maggie
ne fu quasi spaventata, si leggeva chiaramente nel suo volto la
rabbia che ora nasceva anche nei suoi confronti: forse per aver
insistito tanto, o forse per aver insinuato che tra i due ci fosse
chissà quale rapporto. Cercò di pensare a cosa
rispondergli, non
voleva farlo incazzare di più, ma ai suoi occhi era palese
che tra i
due non ci fosse il semplice affetto che poteva esserci tra amici.
Tutti avevano notato gli sguardi, i sorrisi e i toni che i due
avevano solo l'uno per l'altra. E tutti, anche loro stessi, avevano
notato il bisogno fisico che avevano di aversi vicino. Per nessun
motivo in particolare, se non quello di sentire una calda e
rassicurante presenza che scalda loro la notte e allontana gli
incubi.
<<
Vado a fuori a fumarmi una sigaretta. >> disse poi lui,
approfittando del silenzio riflessivo della ragazza: aveva bisogno di
stare solo. Doveva sbollire. << Chiama se hai bisogno.
Sono qui
fuori. >> aggiunse prima di avviarsi verso la finestra da
dove
erano entrati.
Herhsel
aveva appena concluso i suoi compiti. La bambina era al sicuro con
Beth, al caldo, anche se tormentata dalla fame e probabilmente dalla
paura. Carl con lei non le toglieva gli occhi di dosso, ma ancora non
aveva aperto bocca. Molly era stata con lui mentre ricuciva come
poteva la bambola, aggiungendo un po' d'imbottitura. Lei sembrava
felice di poterla di nuovo abbracciare, ma Hershel non potè
che
notare come l'inquietante cicatrice che ora storpiava la povera
Signorina Rosie facesse sembrare anche lei uno di loro: uno zombie.
Anche lei morta e tornata in vita storpia e imbruttita dalla sua
ferita. Anche lei non era riuscita a salvarsi da quel mondo
così
marcio che tutto prendeva e tutto uccideva. Aveva poi accompagnato la
bambina nella sua stanza, dove era stato con lei per qualche minuto,
raccontandole storie e passi della Bibbia nella speranza di
rassenerare almeno in parte il suo cuore distrutto e terrorizzato.
L'aveva appena lasciata dormire, stanca, distrutta da un pomeriggio
che non si era meritata e che mai avrebbe dovuto passare. Glenn era
tornato sui suoi passi, rientrando in cella, spaventato dal suo
incontro con Rick.
<<
E' uscito di testa. >> aveva comunicato prima di
raccontare
come l'amico l'avesse aggredito, probabilmente non riconoscendolo.
I
due detenuti si erano offerti di aiutare in un momento così
tragico,
e così si erano appostati sulla torretta, di vedetta. Era
l'unico
modo che avevano per riempire la sera che andava calando. Non
facevano parte di quella famiglia, non erano apprezzati nel loro
blocco e le loro condoglianze suonavano così vuote e inutili.
<<
Guarda. >> disse Axel all'amico, indicando un punto a
ovest
sull'ultima rete che dava all'esterno, dove erano raggruppati,
schiacciati una decina di zombie. Oscar seguì il braccio
dell'amico
fino a trovare la figura nera, ricoperta di polvere e sangue, che
aveva attirato la sua attenzione. Ocean era ferma immobile, in piedi,
ben dritta, davanti alla rete, davanti ai suoi aguzzini che
ringhiavano famelici, tanto vicina a loro da poter sentire la puzza
dei loro aliti. Sarebbe bastato che uno di loro avesse avuto un dito
più lungo e sarebbe arrivato ad afferrarla.
<<
E' lì ferma da un'ora, sicuramente. >> disse
ancora Axel senza
toglierle gli occhi di dosso: lo spaventava e inquietava. Aveva visto
i suoi occhi prima di allontanarsi, urlando contro i suoi amici:
sembravano quelli di molti criminali che erano stati chiusi con loro
per aver ammazzato in un momento di follia chissà quale
parente o
amico.
E il
fatto che da così a lungo lei stesse in quella posizione,
così
vicina a loro, quasi a provocarli, confermava la sua idea che fosse
una pazza schizzata.
Hershel
uscì di nuovo e preoccupato si avvicinò al primo
recinto, quello
che dava sul cortile. Vide Ocean e la osservò qualche
minuto. Aveva
ancora la spalla che perdeva sangue, non aveva neanche provato a
curarsi da sola. Andava controllata con urgenza. Ma soprattutto
andava aiutata. Aveva visto anche lui i suoi occhi: non erano gli
occhi di una pazza criminale, erano gli occhi di una donna distrutta
dall'esistenza e che non desidera altro che chiuderli per sempre.
Si
avvicinò a lei, percorrendo il vialetto che attraversava il
cortile,
oltre il cancello che portava all'altro viale, quello che percorreva
tutto il perimetro esterno della prigione, e senza preoccuparsi di
farsi sentire si avvicinò, ma rimase qualche metro distante,
alle
sue spalle, lasciandola sola in quello spazio che sembrava essersi
ritagliata solo per sè. Riusciva ora a vedere il suo volto.
Gli
occhi piantati selvaggiamente in quelli di uno zombie che mugolava,
ringhiava, a pochi centimetri dal suo naso. Alitava su di lei, ne
sentiva il puzzo, e irrequieto cercava di mordere la rete per
arrivare a quella carne che tanto portava bramava. La fronte
aggrottata tanto da incurvare le sopracciglia sugli occhi stessi,
facendo calare su essi un'ombra nera e spaventosa. La mascella
contratta con tale forza da far sporgere una vena sul suo collo, e i
denti lievemente scoperti. Un lupo pronto a saltare e azzannare chi
lo sta minacciando. La mano sinistra avvolgeva l'elsa della sua spada
al fianco, ancora grondande di sangue. Il petto sporto lievemente in
fuori e la schiena ben dritta sottolineavano ancora la sua
intenzionalità ad attaccare e smembrare la sua vittima,
priva di
ogni paura, accecata solo dalla furia. Aveva sentito arrivare
Hershel, era difficile non sentirlo con le stampelle che
ticchettavano a ogni passo sulla ghiaia, ma non ne aveva dato peso.
Restarono
in silenzio: Ocean persa ancora nel suo mondo dantesco, colmo di
dannati e demoni inquisitori, Herhsel triste spettatore di quel
dramma che andava verificandosi davanti ai suoi occhi ma,
ahimè, non
su un palcoscenico.
<<
Carol mancherà a tutti. E anche T-Dog. Era un bravo ragazzo.
E
Lori... >> sospese la frase sentendo un improvviso nodo
bloccargli la gola. Aveva promesso così tanto a quella donna
che ora
giaceva sventrata nei corridoi, promesse che sentiva di aver mancato.
Era incredibile, era stato l'ultimo a essere interpellato, eppure
probabilmente era quello con più sensi di colpa.
Andrà
tutto bene, vedrai.
<<
Andrà tutto bene, vedrai. >> persona diversa,
stessa promessa.
L'avrebbe infranta?
Non
sei sola.
<<
Non sei sola. >> e fu proprio quell'ultima affermazione
che
fece irrigidire Ocean, accennando per la prima volta una risposta,
seppur non verbale. Si voltò lentamente con gli occhi ancora
infuocati.
<<
Non sono sola. >> bisbigliò incredula. Il
cuore in gola non le
dava pace, martellava e bruciava: fuoco ardente, inferno in terra,
brucia questa dannata peccatrice. Colpevole per l'eternità.
Si
voltò di nuovo lentamente verso lo zombie davanti a
sè, tornò a
guardarlo e a lui ripetè in una smorzata risata sarcastica
<<
Non sono sola. >>
Fece
qualche respiro profondo. La rabbia aveva accecato i suoi occhi.
<<
No, non lo sono. >> mugolò, ancora rigida e
tesa. Poi scattò.
Diede un colpo alla rete davanti a sè con entrambi i palmi
aperti,
talmente forte da farsi male, ma che gliene importava?
<<
No, non lo sono! >> ripetè ancora lasciando
che la voce
rabbiosa uscisse gracchiante dalla sua gola, ancora rivolta al suo
aguzzino perchè era proprio a lui che si stava rivolgendo
<<
Ci siete voi con me, schifosi bastardi! Per sempre compagni di
giochi, non è così? E' bello, divertente! Oh, ma
certo, guarda come
mi diverto con i miei compagni! >> urlò ancora
e ancora,
continuando a colpire la rete, riuscendo ad evitare le dita fameliche
dei suoi interlocutori solo perchè repentinamente staccava
le mani
da lì. Un calciò colpì ancora e
Hershel sussultò, spaventato per
un attimo che l'avrebbe buttata giù. Ma rimase dov'era,
incapace
sicuramente di fermarla, ma anche perchè non ce n'era stato
più
bisogno. Lei stessa si era calmata e ora aveva cominciato a camminare
nervosamente in cerchio, avanti e indietro, continuando ad
avvicinarsi a loro, urlandogli in viso, tornando indietro e invenendo
e bestemmiando contro quelli che ormai erano i padroni del mondo.
<<
Maledizione, Hershel, guardaci! Siamo fuggiti per mesi, non dormendo
la notte, e ora, al primo rifugio sicuro, perdiamo non uno ma ben 3
dei nostri! >> disse questa volta rivolta al vecchio,
continuando a gesticolare nel folle desiderio di sfogarsi
<<
Come puoi tornare a dormire sogni tranquilli? >>
Lo
fissò qualche secondo, forte nella sua affermazione,
affogata nella
sua paura. Hershel non rispose. E lei tornò a camminare.
<<
Lì dentro c'è chi ha ancora bisogno di te.
>> disse Hershel
dopo qualche minuto di riflessione, utile più a far sbollire
i nervi
della sua compagna che a fargli pensare la risposta migliore
<<
Non è abbastanza? >>
<<
Voi avete bisogno di me? >> gli urlò contro
Ocean << E
di cosa ho bisogno io non importa? >>
<<
Nessuno ha detto questo. >> rispose con lo stesso tono
Hershel,
padre severo che non accetta il tono presuntuoso della figlia. Si
avvicinò di un altro passo, facendo un sospiro
tranquillizzante, poi
tornò ad essere il solito calmo e dolce Hershel
<< Ocean,
costa stai cercando qui fuori? >>
Incredibile
come bastò quella semplice domanda per aprire una porta, far
entrare
luce, accecando la malcapitata che girava in tondo in una stanza
completamente buia. Il fuoco dei suoi occhi si spense, lasciando
fosse solo accecante e soffocante fumo a cingerla. Le spalle si
rilassarono, abbassandosi di qualche centimetro. Si avvicinò
di
nuovo allo zombie che aveva di fronte e tornò a guardarlo,
ma non
più con aria di sfida. Stava cercando.
Stava
diventando matta.
Doveva
trovarlo.
Era
quella la verità. Cercava.
Ma
cosa?
<<
Non lo so. >> bisbigliò. Deglutì
mandando giù quel nodo che
le aveva fatto morire in gola l'ultima sillaba << La
fine.
Credo. >>
Tanti
erano i punti rimasti in sospeso. Tanti i pensieri che correvano in
lei in quel momento, tante mani che la tiravano giù, sul
fondo. La
sua famiglia. Il suo gruppo. Manu.
Tanti
addii mancati.
Tante
frasi cominciate, senza mai essere terminate, lunghe, immense, piene
di paroloni... toglievano il fiato.
Cercava
Alice. Lei era uno zombie, era come loro, lei lo sapeva. Cercava
Alice. Doveva ucciderla.
Prima
che Ocean morisse.
Indietreggiò,
quasi spaventata, incapace di sostenere quel peso. Voleva fuggire, ma
non sapeva dove. Negò con la testa e cominciò a
camminare
velocemente verso la prigione, aggiungendo un ultimo confuso
<<
Non lo so. >>
Hershel
però la fermò, afferrandola con una mano.
<<
Non lasciare che il tuo passato ti strappi via dal presente. Non so
cosa sia accaduto al tuo vecchio gruppo, non hai mai parlato con
nessuno di noi, tranne forse che con Daryl, ma qualsiasi cosa sia
stata sicuramente ti ha segnato. Sei rimasta lì con loro
troppo a
lungo, Ocean. Ora lasciali andare. >>
Ocean
volse un altro sguardo al gruppo di zombie che famelico era accalcato
alla rete, disperati e ormai invisibili. Occhi vitrei ormai privi di
vita. Aveva visto zombie che non erano zombie, aveva vissuto con
zombie che non erano zombie, ma solo ombre e fantasmi.
Doveva
lasciarli andare.
Un'espressione
di dolore deformò per un attimo il suo viso, prima che
venisse
coperto dalle sue mani.
<<
Chiedevano aiuto. >> mugolò lei tra i
singhiozzi << Sono
scappata. >> tentò di prendere aria, di
respirare, ma sembrava
che l'ossigeno quel giorno non le spettasse.
<<
Non voglio più restar sola. >> ammise infine.
Perchè
era questo che più di tutti attanagliava il suo cuore. Era
stata
abbandonata. Trascinata lontana da tutto ciò che aveva
più caro,
per poi essere lasciata sola. Manuele, quel giorno, si era
dimenticato di lei. Per la prima volta in tutta la sua vita. Era la
persona di cui più si fidava, il suo punto di riferimento,
proprio
come lo stava diventando quel gruppo. E l'aveva abbadonata.
Era
un pensiero terribilmente egoista, tanto infantile da risultare quasi
insensato.
Ma
era la verità del suo cuore.
Non
voleva più che accadesse.
Era
una sciocca bambina che aveva paura del buio!
Tutti
se ne andavano, nessuno restava. Legarsi a loro significava
aspettare, di nuovo, di essere abbandonata.
<<
Vieni, andiamo dentro. Tra poco farà buio e io voglio
controllarti
quella spalla. >> disse poi Hershel, abbandonando
lì il
discorso. Aveva tirato fuori il tizzone che l'ardeva, ora doveva solo
aspettare che il fumo si diradasse.
Percorsero
insieme il vialetto che conduceva al cortile e poi all'entrata della
prigione.
La
fece sedere al tavolino all'entrata, dove aveva radunato un po' dei
suoi attrezzi e delle medicine e cominciò ancora una volta
il suo
lavoro. Ocean, di spalle davanti a sè, attendeva con la
testa china
in avanti e la maglietta calata sulle spalle, che il dottore finisse
la sua visita.
<<
Sei stata una sciocca ad aspettare tanto prima di farmela vedere. Ora
mi toccherà il doppio del lavoro per riuscire a ripulirtela
e
cucirtela. >>
<<
Mi dispiace. >> disse apatica Ocean, distratta da
chissà quale
altro fantasma nella sua mente.
Lasciali
andare.
<<
Dimmi un po'. >> riprese a parlare Hershel, intenzionato
a non
lasciarla sola nel suo oblio << Che cosa ti ha spinto a
tornare? E' una domanda che ci siamo sempre posti ma nessuno ha mai
avuto il coraggio di porgertela. >>
<<
Non mangio nessuno, se avete delle domande potete pure farmele.
>>
rispose Ocean, ancora con tono basso e sforzato, ma non per questo
meno intenzionata a lasciar il vecchio parlare da solo.
<<
No, ma si evita sempre di far domande a chi ha dei dolorosi segreti
da nascondere. >>
<<
Era così evidente? >> chiese lei prima di
lasciarsi scappare
una smorfia di dolore, dovuta alle operazioni alla sua spalla.
<<
Solo quando Daryl ha cominciato a chiamarti Alice. >> ci
pensò
un attimo su poi aggiunse << No, in effetti c'era stato
il
sospetto anche molto prima. >>
Ocean
si ritrovò a sorridere ripensando alla sera con Daryl,
davanti al
fuoco, quando gli aveva detto di Alice. E lui le aveva invece parlato
di Merle, suo fratello stronzo ancora vivo in chissà quale
angolo di
mondo e senza una mano.
Hershel
colse il sorriso e non potè che compiacersene.
<<
E' un bravo ragazzo. Ma siete entrambi così...scostanti.
>>
aveva cercato a lungo la parola da dire, ma non era riuscito a
soddisfarlo lo stesso << Dovreste parlare un po' di
più. >>
<<
Parlare? Più di così? >>
ridacchiò Ocean. Si sentiva
diversa. Ma non ci fece caso. Era bastato nominare Daryl per
riportarla su altri binari, completamente diversi dai precedenti. E
benchè gli avesse urlato contro, poco prima, di andarsene al
diavolo, sapeva perfettamente quanto in realtà le piacesse
essere
chiamata in quel modo da lui. Solo da lui. Da nessun altro, apparte
Molly. Era il loro piccolo e intimo contatto, come le occhiate fugaci
che si erano mandati più volte nei boschi mentre tentavano
di
catturare qualche scoiattolo. O i sorriso al chiaro di luna, con una
sigaretta in mano e un tenero silenzio di compagnia.
<<
Dire qualcosa solo per intraprendere un dialogo di circostanza non
è
parlare. >>
<<
Aspetta. >> interruppe Ocean, tirando su le spalle e
voltandosi
a guardare il vecchio, costringendolo a interrompere il suo lavoro
<<
Che stai cercando di insinuare? >> arricciò il
naso. Aveva un
brutto presentimento.
<<
Ma niente, dico solo che quando il buio ti spaventa e ti senti
sola...un'abbraccio può essere un ottimo amico e alleato.
>>
disse con un pizzico di malizia negli occhi.
<<
No. >> sorrise imbarazzata Ocean e anche un pochetto
infastidita << Tra me e Daryl non c'è niente!
>>
<<
Lo so. >> ammise l'anziano amico, costringendola a
rivoltarsi
per concludere la fasciatura che aveva appena sistemato, facendola
girare intorno al braccio e sotto l'ascella << Ed
è un
peccato. >> ammise poi.
Ocean
rispose con uno sbuffo sarcastico, per niente convinto e anche
derisorio. Il vecchio stava delirando. Quante sciocchezze in
così
poco tempo. Gli voleva bene, era un ottimo amico ed era bello averlo
accanto, ma da lì a dire che avrebbero potuto stare
insieme...no.
Mai.
Non
ne voleva sapere niente dell'amore! E tanto meno con un tipo come
Daryl, che tutto avrebbe fatto tranne che portare fiori o
cioccolatini.
<<
Sei a posto. Grazie per avermi permesso di guardarti. >>
disse
Hershel raddrizzandosi sulla sedia dove si era seduto per effettuare
le sue operazioni. Ocean si tirò la camicia sulle spalle,
coprendosi
e si alzò, diretta alla sua cella, ma non senza prima
essersi
fermata a rivolgere all'anziano amico un sentito <<
Hershel...
Grazie. >>
E
non era per la spalla.
Un
lieve rumore soffuso. Onde che andavano stendendosi e ritirandosi.
Granuli bollenti tra le dita. Ma non scottavano. Erano caldi, anche
troppo, ma le dita non bruciavano. Aprì gli occhi. Il sole
era
accecante.
Si
guardò confusa attorno.
Sapeva
dov'era... e ne aveva paura.
Si
sollevò di scatto, pronta a dirigersi dove avrebbe trovato
la solita
figura nera dagli occhi vitrei sprofondare sotto il pelo dell'acqua.
Come ogni notte...tentava di salvarlo. Ma finiva con l'affogare
insieme a lui.
I
primi passi nel mare rumoreggiarono fastidiosi. La vide. Era
lì,
davanti a sè, evanescente e terrificante. Scura e
irraggiungibile.
Ma lei era testarda e l'avrebbe raggiunta. Prima o poi ce l'avrebbe
fatta.
<<
Manu! >> chiamò, ma non sentì la
sua voce.
Poi
si bloccò.
No.
Doveva
lasciarlo andare.
Abbassò
gli occhi al mare che le accarezzava i polpacci. Era rosso amaranto.
Un Oceano di sangue.
Alzò
gli occhi di nuovo alla figura davanti a sè.
Sì,
l'avrebbe lasciata andare. Non avrebbe più tentato quella
folle e
inutile corsa, che come tutte le notti si concludeva nel respiro che
mancava e l'acqua nei polmoni che rubava tutto ciò che di
più caro
aveva. E quella figura dagli occhi vitrei non l'avrebbe vista.
La
fissò.
Si
stava voltando. Avrebbe visto quegli occhi vuoti e disperati ancora
un'ultima volta.
Ma
il cuore sobbalzò quando per la prima volta non si
trovò ciò che
si aspettava. Gli occhi che aveva incrociato non erano verdi, non
erano mascherati da degli occhiali, non erano quelli che a lungo
l'avevano abbandonata.
Il
fiato le mancò e cominciò a correre.
<<
No. >> mormorò. Sforzò le gambe e
si aiutò con le braccia ad
andare più veloce.
<<
No! Ti prego, no! >> pianse. Lo raggiunse. Era riuscita!
Allungò una mano verso lui: l'avrebbe afferrato e finalmente
stretto
a sè. Mai più sola. Avrebbe vinto.
Ma
il terreno mancò improvvisamente, i suoi piedi caddero non
trovando
più un appoggio e la mano che aveva allungato
sfiorò solamente la
figura che ancora immobile la fissava, in attesa, e un ultimo grido
prima che l'acqua soffocasse ancora i suoi polmoni <<
Daryl! >>
Le
mani inutilmente si allungavano verso l'alto. Non sapeva nuotare. Non
sarebbe arrivata in cima. Non avrebbe più preso fiato.
Sarebbe
morta...come tutte le volte. Il rosso macchiava i suoi occhi. Aveva
paura.
Di
nuovo.
Li
chiuse.
Stava
piangendo? Ne sentiva il bisogno, ma l'acqua intorno a lei le
impedivano di capire cosa fosse il liquido che inumidiva le sue
guance.
Anche
lui. Sola ancora una volta.
Senza
rendersene conto aveva riposto in lui la stessa sicurezza che aveva
riposto qualche mese prima in Manuele. Il suo punto fisso, il pupazzo
da stringere la notte per non temere il buio. L'aveva trovato di
nuovo. E lo stava perdendo di nuovo.
Non
l'hai lasciato andare una
voce
brontolò dentro lei.
Non
voglio pianse
in risposta.
Qualcosa
afferrò la sua mano. Una presa ferrea, quasi da farle male.
Aprì
gli cochi appena in tempo per vederlo: la stringeva, la baciava e
insieme risalivano e sconfissero l'oceano. Gli occhi azzurri, lembi
strappati al cielo, ora erano chiusi, serrati in un'espressione
disperata.
Si
lasciò stritolare dalle sue braccia ormai troppo grosse per
le sue
minute spalle. Si abbandonò.
Poteva
farlo. Lo sapeva.
E
insieme ripresero fiato.
<<
Oh mio Dio! >> balbettò Ocean, seduta sul suo
letto, gli occhi
sbarrati in una chiara espressione allibita. Il lenzuolo ben
stretto, stritolato, tra le sue dita.
<<
Che diavolo mi ha fatto quel vecchio?! >>
brontolò spostandosi
lentamente, ancora shockata per quanto aveva appena sognato.
Lasciò
cadere le gambe penzoloni giù dal letto a castello.
Si
fermò un istante. Un altro ricordo improvviso era balenato.
La
fulminavano in continuazione. Immagini tanto assurde per la sua mente
razionale, da sfiorare l'incubo.
Che
diavolo! Aveva appena finito di dire che non avrebbe mai voluto una
storia d'amore, tanto meno con un tipo come lui e poi andava a fare
certi sogni.
<<
Mi deve aver iniettato un antidolorifico troppo forte. >>
giunse alla conclusione, non riuscendo proprio a comprendere come la
sua mente fosse riuscita a produrre un film del genere. Scese dal
letto e si rese conto solo allora delle voci che provenivano
dall'intero della prigione. Le voci del suo gruppo. Stavano parlando
tra loro all'entrata, nella prima saletta, dove c'era il tavolino che
Hershel aveva usato come sala operatoria. Uscì dalla sua
cella
stiracchiandosi e grattandosi pigramente la testa. Uno sbadiglio
uscì
dalle sue labbra, storpiando il suo volto. Porbabilmente aveva
dormito male: si sentiva a pezzi.
E
questo spigava anche il perchè di certi sogni.
<<
Sì. >> disse una voce molto dolce e
così delicata nel suo
sussurro da far venire dei dubbi a Ocean sulla sua provenienza.
Riconosceva la voce, ma non il tono. Non l'aveva mai sentito
così.
<<
Ti piace? Eh? >> chiese ancora il solito tono amorevole.
Arrivò
al cancello e da lì si affacciò, cercando di
guardare cosa stesse
succedendo.
Era
stato Daryl a parlare. Allora aveva sentito bene! Era la sua voce.
Teneva in braccio la bambina di Rick: il suo tocco su di lei era
così
leggero e la sua voce così morbida da non sembrare lui. La
stava
allattando e dondolando. Era così dolce.
<<
Piccola spaccaculi. >> il nomignolo fece ridere tutti i
presenti, Ocean compresa. Sì, era proprio lui. Non si era
sbagliata
e quello era stato il suo marchio di fabbrica.
<<
Ti piace, tesoro? Piccola Spaccaculi. >>
continuò a sussurrare
al piccolo scrigno delicato che aveva tra le braccia. Ocean non
riuscì a togliergli gli occhi di dosso: era così
diverso dal
solito. Possibile che fosse sempre lui? Non l'aveva mai visto
circondato da quell'aura così calda. Solo qualche volta,
quando
aveva parlato con Molly, ma era stato un po' diverso con lei. Forse
perchè più grandicella, o forse semplicemente
perchè solo ora
stava venendo fuori quel lato di sè.
Si
poggiò con la testa allo stipite della porta in ferro e
continuò a
osservarlo intenerita e completamente rapita da quel lato di
sè che
tanto aveva tenuto nascosto.
Era
stata una sciocca quel pomeriggio. Si era lasciata abbattere, si era
lasciata distruggere, dimenticando cosa ancora poteva stringere a
sè.
Non era ancora la fine, non doveva mollare. Lei non sarebbe stata
quel Manuele che disperato si lasciava affogare nell'Oceano,
dimenticandosi di chi ancora aveva bisogno di lui.
Sospirò
abbassando lo sguardo, pensierosa, e decise di uscire a prendere un
po' d'aria. Daryl ancora non le aveva rivolto lo sguardo e
probabilmente non l'avrebbe fatto ancora per molto. Era stata una
vera stronza quel pomeriggio, non si meritava di essere trattato
così. Se non le avesse rivolto la parola ancora a lungo lei
lo
avrebbe capito e compreso.
Si
sistemò gli abiti addosso e si avviò verso
l'uscita della prigione.
Aveva bisogno di prendere un po' d'aria: aveva bisogno di veder le
stelle.
Andò
sulla torretta di guardia dove c'era Oscar, ancora in disparte, ma
ancora impegnato nella sua campagna d'amicizia.
<<
Sto io qua >> gli disse << Vai pure a
riposare un po'. >>
sorrise cercando di essere convincente e amichevole. Oscar
accettò
la gentil concessione, era stato tutto il giorno lì, aveva
bisogno
di staccare un po'. La ringraziò e la lasciò sola
con i suoi
pensieri, gli addii ai fantasmi e le sue stelle.
Non
seppe bene quanto tempo passò, forse solo pochi minuti,
quando sentì
dei passi leggeri e quasi timidi dietro di lei. Poggiata coi gomiti
alla ringhiera di fronte si voltò, senza spostarsi di
lì,
osservando chi era andato a farle compagnia nella sua solitaria
notte.
Si
sorprese, ma fu felice, quando vide che era Daryl. Aveva lasciato la
bambina probabilmente a Carl o Beth e l'aveva raggiunta. Si
sfilò il
solito pacchetto di sigarette dalla tasca, ne estrasse una, che si
portò alle labbra e poi ne offrì un'altra alla
sua compagna, che
ben accetto. Altrettanto generoso fu nel offrire il suo accendino.
E
rimasero in silenzio. Di nuovo immersi nel loro consolatorio e dolce
silenzio che tutto diceva.
Hershel
sbagliava quando diceva che avevano bisogno di parlare. Loro
già si
dicevano tutto così.
Ma
una cosa andava detta a voce.
<<
Mi dispiace per oggi. >> disse Ocean, riuscendo a fatica
a
metter da parte l'orgoglio. Poi si voltò a guardarlo
<< Puoi
chiamarmi Alice, se ti piace. >>
Daryl
ricambiò il suo sguardo e annuì semplicemente,
senza aggiungere
altro, prima di tornare a fissare davanti a sè. Era
così
pensieroso.
Il
silenzio calò di nuovo, ma quella volta non fu dolce e
complice,
come tutti gli altri. Era strano.
Quasi...imbarazzante.
Dovreste
parlare.
Lei
è fragile.
Sei
la persona che gli è più cara in questo momento.
Noi
non stiamo insieme!
Lo
so...ed è un peccato.
Non voglio più esser sola.
<<
Senti, io... >> si voltò, e fino a quel
momento avrebbe
giurato di sapere perfettamente cosa gli stava per dire. Gli stava
per dire qualcosa di importante... ne era certa! Era qualcosa che
doveva essere detto. O forse una semplice frase di
circostanza? Una delle loro solite?
Non
lo seppe più.
Dimenticò
tutto nell'istante in cui alle sue labbra fu impedito di andare
oltre, bloccate e ammutolite da un disperato, quanto altrettanto
incazzato, bacio.
N.D.A
Aaaaaaaaaaaaaaaaaahhhhh
credevate eh!!! "Pf, questa aggiorna una volta ogni morte di
Papa, chissà quando arriverà il prossimo", ahahah
e invece stavolta vi ho fregati! Tiè beccatevi
questo capitolo nuovo di zecca (oltre al mondo nuovo di zecca e alla
ragazza nuova di zecca e...così via).
Ok, lo ammetto...ho tirato
le tre per ben 3 notti pur di scriverlo >__> E l'ho
riletto una
volta sola (quindi confido nel mio occhio addormentato di prima
mattina, pregando non mi abbia tradito o ingannato xD). Volevo
postarlo u.u non ce la facevo.
Eeeee quindi niente... BAM!
Ah!
Approfitto di questo angolin...one... per spiegarvi (almeno per 'sta
volta :P) il titolo del capitolo u.u sono tre motivi:
1) Aurora è
il nome della principessa che viene svegliata da un bacio.
2)
Aurora è il nome della fase di passaggio dalla notte al
giorno (e
quindi rieccolo il "risveglio", il passaggio dalle tenebre
alla luce ecc ecc).
E infineeeeeeeeee 3) Da wiki: "La
luce dell'aurora è di colore inizialmente lilla-lavanda, poi
tende
al pesca-arancio. La luminosità deriva dalla rifrazione
dei raggi solari: infatti i raggi, che possiamo considerare
paralleli, nell'aurora debbono attraversare strati più
profondi
dell'atmosfera." ...quindi...niente...durante l'Aurora si va
più in
profondità.
Fico è? :P
E' tutto!!
Un saluto.
Ray.