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Autore: EllynPhilips    10/02/2015    1 recensioni
Azalea è un'antichissima città isolata dal resto del mondo e invisibile agli occhi di coloro che non vi abitano : è quasi impossibile trovarla se non si è a conoscenza della sua esatta posizione.
Prisca Cavendish appartiene a una delle Quattro famiglie più antiche e potenti della città; fin da piccola lei e gli altri ragazzi delle famiglie sono stati addestrati per proteggere Azalea e tutti i suoi abitanti da una minaccia a Prisca sconosciuta.
Tutto inizia a cambiare quando suo padre le annuncia di aver stretto un accordo con il capo famiglia Driskoll : si legherà a suo figlio il più presto possibile. La ragazza aveva sognato quel momento fin da piccola, ma dopo 10 anni il loro rapporto non è più lo stesso, adesso lui la odia e Azura, la sua migliore amica, è segretamente legata a lui.
Prisca si rende conto che l'unica scelta che le rimane per non incatenare se stessa e i suoi amici a un'eternità infelice e vuota è solo la fuga.
Ma ad Azalea fuggire da una promessa del genere significa solo una cosa : morte.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si allontanò dalla città, e fece quello che faceva quasi ogni sera. Andò nel bosco che circondava la parte posteriore di essa.
Adorava stare nel bosco e ascoltare tutti i rumori degli animali. O il rumore del vento tra gli alberi. Ma cio che più adorava era la notte.
Il silenzio che la circondava era irreale, così prezioso e perfetto. Si sentiva il lieve suono del vento che accarezzava dolcemente le foglie degli alberi. Si sedette sul ramo dell'albero più alto che c'era nei paraggi. Dalla sua postazione poteva vedere tutto e tutti. Spesso si sedeva li a contemplare il panorama, sorpresa dalla sua immensa bellezza, e dalle luci che si irradiavano dalla piccola città che si estendeva davanti a lei.
Alzò gli occhi al cielo e vide che, poco a poco si schiariva. La notte durava così poco... era così tristemente corta.
Avrebbe dovuto aspettare un altro giorno per rivederla. Certe volte, l'unica cosa che le permetteva di andare avanti, era il sapere che, alla fine di ogni giornata la notte arrivava. Era una certezza rassicurante. L'arrivare della notte era la sola cosa di cui fosse sicura, almomento. Nemmeno la sua vita le apparteneva del tutto. La notte invece era sua. La notte era di tutti e di nessuno. Di chiunque ne avesse bisogno.
Sospirando si alzò in equilibrio sul ramo dell'albero e si buttò nel vuoto. Pochi secondi dopo atterrò elegantemente a terra.
La sua adorata notte stava finendo, lasciando il posto a un altro giorno. A un'altra alba. All'eternità che l'attendeva. All'eternità che attendeva tutti loro. Troppo lunga secondo lei, per delle persone.
"Ma voi non siete persone normali" le ricordò una voce dentro di lei.
Già. Loro non erano esseri viventi qualunque. Loro erano vampiri. Antichi, spregevoli e spietati. Legati al passato e alle loro usanze. Capaci di distruggere uno della loro specie a una minima infrazione.
Uscita dal bosco, le ci vollero pochi minuti per arrivare alla città. E, come ogni volta che la vedeva, rimase un po ad osservarla, stupita dalla sua bellezza.
La loro città non era molto grande, almeno non rispetto a quelle degli umani, che si estendevano in altezza e in larghezza per centinaia e centinaia di chilometri.
La loro città non aveva niente a che fare con quelle. Vista da fuori, si poteva chiaramente capire che era stata costruita in antichità. Infatti era stata creata dai vampiri antichi, migliaia di anni prima. Essa si trovava incima a una collina, immersa nel verde.
Aveva quasi un aria eterea. A chi non era abituato, poteva incutere un po di timore, soprattutto agli umani, dato che era molto imponente, anche se dubitava fortemente che anche solo uno di loro potesse vederla in qualche modo.
Gli umani non erano in grado di vederla. Da lontano era come se non ci fosse, era invisibile, protetta da incantesimi. Se un umano si avvicinava più del dovuto, dopo poco cambiava direzione. C'era qualcosa che lo spingeva a cambiare strada. Glielo aveva raccontato un vampiro qualche tempo prima, lei non l'aveva mai visto con i suoi occhi, però ci credeva.
La città era divisa in quattro livelli concentrici, ognuno separato da mura, ma collegato agli altri con grandi e ampi portoni.
Era circondata da alte mura e protetta con degli incantesimi fatti da vecchi vampiri potentissimi. I vampiri con i poteri erano sempre di meno, si erano indeboliti con il passare degli anni, anche se nessuno aveva mai capito il motivo. Comunque, i vampiri dotati di poteri erano una cosa rarissima, adesso, e lei era una di quei pochi vampiri tanto dotati, ma nessuno lo sapeva.
Aveva cercato di tenerlo nascosto il più possibile. Non sopportava come la trattava la maggior parte di loro, se poi fossero venuti a conoscenza dei suoi poteri sarebbero stati capaci di baciarle i piedi.
Letteralmente.
Ma sarebbero anche stati capaci di sfruttarla per i loro scopi. Di usarla. Non voleva immaginare per cosa. E a lei non sarebbe andato bene. Quindi aveva preferito tenerlo nascosto.
Arrivata alla città si fermò, e fece un cenno alle guardie. In casi normali non l'avrebbero mai fatta uscire da sola, ma aveva un permesso di suo padre, quindi le guardie non dissero niente, si limitarono ad ordinare di aprire i portoni.
Potè notare con felicità che non c'era anima viva in giro, menomale. Non avrebbe sopportato di vedere qualcuno inchinarsi al suo passaggio, o altre sciocchezze simili.
Attraversò quasi tutta la città e si recò nel quarto cerchio, dove si trovava la sua casa.
Senza farsi sentire, con la forza della mente, sbloccò il portone di casa sua, che si aprì cigolando. Non fece in tempo ad appoggiare un piede oltre la soglia che il consigliere di suo padre le fu davanti.
- Bentornata principessa. - disse inchinandosi.
Cercò di non fare caso al nome con cui l'aveva chiamata. Le dava fastidio. Lei non era una principessa. Non avrebbe voluto esserlo e, cascasse il mondo, non lo sarebbe mai diventata.
La chiamavano in quel modo perchè i vampiri erano consoni chiamare così in segno di rispetto i membri delle famiglie più antiche, quelle più potenti, quelle i cui antenati avevano fondato la  città.
Ma la verità era che loro non erano i cosiddetti "regnanti", anche se ormai la pensavano tutti in modo diverso. Ad esempio, per prendere le decisioni venivano indette delle assemblee a cui partecipavano tutte le famiglie.
Ogni famiglia mandava un membro a presenziare. C'erano alcune eccezzioni, ovviamente. Nelle famiglie più antiche tutti i membri potevano parteciparvi ed era stato deciso che sarebbero state loro a decidere quando e dove si sarebbero tenute le riunioni.
Bene, forse era una balla. Dovette ricredersi.
Non erano i regnanti, quello no, però dire che erano uguali a tutti gli altri si, era una bugia. Loro erano una delle famiglie antiche, potenti. Comandavano loro. Infondo infondo, lei sapeva perchè le avevano affibbiato quel soprannome.
Era ovvio, dato che la sua famiglia e le altre due proteggevano la città. Però le dava comunque fastidio.
Lei non voleva essere speciale. Non le era mai piaciuto spiccare tra la folla. Ma non poteva farci niente. Non aveva deciso lei a quale famiglia appartenere, e quali poteri possedere.
Stava per scendere le scale e andare in biblioteca a prendere un libro, quando si sentì chiamare. Così si fermò.
- Principessa, dove va? E' ora del suo allenamento giornaliero. -
Aveva ragione! Se l'era completamente dimenticato.
- Oddio, è vero! Grazie Caden. - fece per andarsene, ma si girò un altra volta. - Quante volte ti ho detto di non chiamarmi così? E dammi del tu! Ci conosciamo da 18 anni, o sbaglio? -
- Hai ragione. Scusami. - le sorrise e la lasciò andare.
Come se avesse tutto il tempo del mondo, cosa che effettivamente aveva, si diresse in camera al piano di sopra, a mettersi la tuta che usava per allenarsi.
Non era niente di stratosferico, era composta da una cannottiera grigia aderente che le fasciava il petto, lasciando scoperto l'ombelico, e da dei pantaloni neri normalissimi, anche quelli aderenti il giusto.
Si infilò gli stivali, e si sistemò i capelli lunghi in una coda alta che le scendeva dolcemente sulla schiena. Poi si guardò allo specchio.
Ogni volta che si guardava allo specchio, non faceva altro che dispiacersi per la sua altezza. Era troppo, troppo alta, per essere una ragazza. Era alta almeno un metro e ottanta di troppo. Invidiava la sua migliore amica, Azura, che era esattamente tredici centimetri più bassa di lei.
La invidiava perchè, quando camminava non spiccava così tanto tra la folla, mentre lei, che faceva il possibile per passare inosservata, si ritrovava ad essere più alta di quasi tutte le ragazze, e anche di qualche ragazzo. Che cosa ingiusta... Ma che poteva farci?
I suoi desideri non venivano mai esauditi, se possibile, accadeva tutto il contrario di quello che voleva. Voleva passare inosservata, perchè le davano fastidio  gli sguardi insisteniti delle altre persone su di lei, voleva essere un vampiro normale, senza grandi poteri ne altro, e come si  ritorvava?
Alta un metro e settantanove (per essere precisi), appartenente a una delle tre famiglie Antiche, e custode di poteri immensi, mai visti prima.
Nemmeno a farlo apposta.
Sospirando, distolso lo sguardo dallo specchio e scese le scale.
Uscì di casa, e in pochi minuti fu davanti alla struttura dove si allenava, anch'essa costruita nel quarto cerchione. La struttura era molto particolare, e non negativamente.
Era di una forma strana, indefinita, e parecchio alta. La parete principale era fatta interamente di vetro scuro, eccetto il portone, e nella parte finale si curvava verso l'alto.  La cosa particolare era l'arco che partiva dalla parete frontale e si estendeva fino ad arrivare alla parte opposta, congiungendo i muri principali.
Spinse il portone della sala degli allenamenti che si aprì cigolando.
- Prisca, sei in ritardo! - così la salutò il suo maestro.
Evidentemente non era d'accordo sull'idea della ragazza sul fatto di prendersela con comoda, dato che loro avevano tutto il tempo del mondo. No, era chiaramente contrariato.
- Mi scusi. Non succederà più. - disse gentilmente.
I suoi compagni d'armi erano già li. Azura, Ezel e Camron.
Si rese conto di aver mimato inconsapevolmente il suo nome con le labbra non appena lo aveva visto. Beh? Che poteva farci? Non era colpa sua. Era quello l'affetto che le faceva.
I quattro ragazzi si allenavano insieme perchè appartenevano alle tre famiglie antiche. Azura era figlia unica e Camron ed Ezel erano fratelli, avevano anche un adorabile fratellino, ma era troppo piccolo per allenarsi con loro.
Gli occhi della ragazza, ovviamente, non smisero un attimo di guardarlo. Lui era li che parlava con Azura, la sua migliore amica. Era più bello che mai.
La tuta nera gli aderiva perfettamente al corpo, mettendo in risalto i suoi muscoli asciutti, dovuti alle molte ore di allenamento quotidiano. Gli occhi grigi del ragazzo percorsero brevemente la stanza e incontrarono i suoi.
Durò solo pochi secondi, ma le bastarono per sentire il suo cuore aumentare di battiti. Come faceva a farle quell'effetto?
Cercò di non pensarci e si girò verso il suo maestro, che iniziò a parlare.
- Oggi ci alleneremo con le spade, prendetene una a vostra scelta e mettetevi a coppie. -
Si avviò all'espositore, seguita dagli altri, per andare a prendere una spada. La sua amica Azura la raggiunse subito e la prese a braccietto.
- Come mai hai fatto tardi? - le chiese curiosa.
- Mhm ... per nessun motivo particolare. -
- Ammettilo, eri a divertirti con qalcuno! - disse scherzando.
- Si, certo. - rispose alzando gli occhi al cielo.
L'unica persona con cui avrebbe voluto passare del tempo praticamente la degnava zero!
Si girò a guardarlo, e incrociò i suoi occhi grigio fumo che la fissarono di rimando.
Aveva sentito di che cosa stavano parlando? Gli sarebbe interessato se lei fosse davvero stata a divertirsi con qualcuno? Con un ragazzo, magari? Era sicura di no. Perchè avrebbe dovuto interessargli, poi?
- Non ho tutto il giorno. - disse seccato il maestro.
Prisca prese una spada a caso e andò al centro della sala. Azura le si mise di fronte sorridendole, era già pronta.
- Azura oggi no. Ti alleni con Ezel. -
- E perchè? - chiese Prisca indignata. - Perchè dobbiamo cambiare proprio oggi, quando noi due facciamo coppia da sempre? -
- Perchè oggi mi va di cambiare. E per una volta vorrei fare le coppie equilibrate, quindi...-  e agitò una mano, come a voler chiarire che la questione era chiusa e che si dovevano dare una mossa.
Ma lei non poteva lasciar perdere. Forrest voleva farla allenare con Camron! Lei non ce l'avrebbe mai fatta. Sarebbe stata troppo presa a guardarlo a bocca aperta per riuscire a parare i suoi colpi.
- No! - esclamò preoccupata.
Si rese conto di averlo urlato solo quando tutti si girarono dalla sua parte e la guardarono come se fosse pazza.


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