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Autore: dreamstory    10/02/2015    6 recensioni
“-In questo momento, sei tutto ciò di cui ho bisogno.-, mi sussurrò quella frase fino a farmi venire i brividi. Il cuore mi martellava nel petto, e non riuscivo a fare altro che osservare quegli smeraldi, che, me ne resi conto, dicevano la verità. Ero un misto di emozioni strane, che non riuscivo più a tenere a freno.
-Solo in questo momento?.-, riuscii a chiedergli, ansimando.
-Sempre.- la sua voce roca e il fiato corto mi fecero avvampare, non sapevo se era giusto farlo, ma gli credevo, credevo al suo amore, credevo a noi.”
I fantasmi del passato tormentano Martina da anni ormai. Da quando suo padre non c’è più, la ragazza sembra essersi convinta che non c’è via di scampo dal dolore e ha perso ogni contatto con il pattinaggio sul ghiaccio. Ma sarà l’impenetrabile e affascinante Jorge, migliore amico del fratello di Martina, a farle cambiare idea su ogni cosa, ad aiutarla a buttarsi il passato alle spalle e ad incasinarle ancora di più l’esistenza con nuovi, pericolosi, sentimenti.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Violetta
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ecco svelato il mistero. Insieme a lei c’era il misterioso volto che disegnava durante la lezione. Le stringeva un polso e lei cercava di liberarsi, invano, Chanel piangeva, urlava ma veniva strattonata di più, lui era il doppio di lei. Sulla testa non portava il cappellino blu e la sua chioma riccia era raccolta in un disordinato chignon; e proprio sulla fronte, i lividi erano più che evidenti, ed ora spiegato il perché del suo costante cappello. 

Presi tutto il coraggio che avevo in corpo, mi alzai dalla panchina e proseguii in loro direzione. -Chanel!-, la chiamai, con l’ansia che saliva e il respiro poco regolare. Avevo paura, ma non potevo fermarmi. Si accorse della mia presenza e subito sgranò gli occhi preoccupata. Il ragazzo al suo fianco la lasciò immediatamente. Mi avvicinai di più, fino a ritrovarmi di fronte a loro. -Cosa sta succedendo?-, chiesi con voce ferma, si fa per dire.

-Non sono cazzi tuoi.-, mi rispose a tono il moro, la sua voce era fredda, esattamente come i suoi occhi neri, che mi mettevano inquietudine. -Oh, invece lo sono. Guarda com’è conciata. Cosa le hai fatto?-, tirai fuori un mezzo urlo, spaventata dalla condizione di Chanel. -Chi saresti te scusa?-, mi chiese inarcando le sopracciglia. -Martina Stoessel.-, incrociai le braccia al petto. -Ah, ora capisco. Voi Stoessel siete tutti uguali. Tutti stronzi e invadenti, aggiungerei anche ruba ragazze.-, non capii il senso delle sue parole,e lui continuò. -Ora dileguati piccola ficcanaso, non sono cazzi tuoi.-, si avvicinava di più a me ed io indietreggiavo, spaventata. -Si invece!-, urlai io. Intorno a noi, fatalità, non c’era ombra di un passante. Il suo volto diventò rosso d’ira. -Non farlo!-, la voce supplicante della rossa mi riecheggiò nelle orecchie, ma prima che potessi accorgermene lui mi colpì in faccia, facendomi cadere a terra, priva di sensi. 

 

-Martina, chi vuoi essere? Chi vuoi diventare?-, mi chiese il mio papà, mentre la parrucchiera mi sistemava lo chignon, mancavano solo pochi secondi all’inizio della gara e tutto doveva essere perfetto. -Che domande, voglio diventare pattinatrice.-

-Ma sei già una pattinatrice. Che persona vuoi essere?-

-Papà mancano dieci minuti, che domanda è?-, gli chiesi scocciata, ma lui non mollò, anzi, proseguì con la sua domanda inutile, come la definivo io. -Dai Tinita, chi vuoi essere?-

-Ok papà. Voglio essere una persona forte, una persona allegra, una buona amica, una persona che sacrificherebbe tutto per quello che ama fare e per la gente a cui tiene, vorrei essere una persona che sa perdonare, che sa essere sincera quando serve, una persona che accetta tutte le altre, con i pregi e con i difetti e sopratutto vorrei essere una persona capace di amare e di voler bene.-, mi sorrise soddisfatto e per l’ennesima volta era riuscito a farmi dimenticare la tensione pre gara con una delle sue domanda apparentemente stupide. -Questo volevo sentire dalla mia scoiattolina.-

-Papà!-, lo rimproverai io. -Dalla mia Martina volevo dire.-, gli sorrisi e lui mi abbracciò forte, per darmi carica. 

 

Mi alzai da terra e confusa mi guardai intorno, quando un dolore alla testa mi costrinse ad appoggiarmi ad un albero. Mi massaggiai le tempie e provai a camminare un po’, ma i dolori erano tanti e forti. Ero in una zona che non conoscevo, in un parco di fronte ad un cantiere abbandonato. Intorno a me era tutto vuoto, non sapevo cosa fare, il panico stava iniziando ad aumentare. Mi ci doveva aver portata il ragazzo che era insieme a Chanel, lo stronzo. Mi tastai un occhio dolorante, e mi restò sulle mani del sangue fresco. Cacciai un urlo strozzato e mi iniziarono a scendere valanghe di lacrime. Sfilai il cellulare dalla tasca del giubbotto e premettiti sull’unica persona che poteva aiutarmi in quel momento, lui. 

-Pronto.-, la sua voce mi mise un minimo di sicurezza, come sempre da quando lo avevo conosciuto seriamente. Non riuscii a sillabare mezza parola, ero fin troppo spaventata per parlare. -Martina rispondimi, cosa c’è?-, mi uscii un singhiozzo, dimenticavo che aveva il mio numero salvato in memoria. -J-Jorge…lui…mi ha lasciata sola…-, riuscii a pronunciare quelle parole. -Cosa cazzo? Dimmi subito dove sei!-, era talmente preoccupato che non ci misi più di tre secondi per dirgli il nome della via. -Stai ferma dove sei, ti vengo subito a prendere.-, dette quelle parole riattaccai e mi accovacciai al tronco di un albero, per scaldarmi, senza risultato. Mi continuavo a ripetere come facesse Chanel a stare con una persona del genere, quanto male doveva averle fatto. E chissà in quel momento, mentre io ero lì sola, quanto male le stava ancora facendo. Tutto per colpa mia e per la mia stupida impulsività di merda, dovevo aspettarmelo. Mentre altre lacrime solcavano il mio viso, mi rendevo conto che l’unica persona di cui avevo bisogno in quel momento era Jorge. Un clacson improvviso mi fece voltare, facendomi spazio alla visuale di un pick-up, tra cui intravidi il suo viso. Subito scese dall’auto e corse verso di me, con il volto marcato di preoccupazione.  

-Cazzo Martina cosa ti hanno fatto?-, sgranò gli occhi vedendomi, dovevo essere messa peggio di quanto credevo. I suoi occhi smeraldo erano scuri, cupi. Si precipitò verso di me e mi prese in braccio, stringendomi a sè con una delicatezza sovrumana, quasi avesse paura di rompermi. L’ho sempre detto io che sono di cristallo. -Oh bimba stai bene?-, mi sussurrò quella domanda e mi accovacciai di più a lui, respirando il suo profumo, che amavo tanto. -P-più o meno.-, riuscii a blaterale, mentre mi facevo caldo sul suo petto. -Adesso ti porto subito a casa, anzi no in ospedale…o cazzo.-, mi posò delicatamente a terra e si portò le mani alla testa, con fare disperato. -Non portarmi da nessuna parte, voglio stare con te e basta.-, come quasi un sussurro pronunciai quelle parole, colme di verità. Mi alzai da terra e mi buttai nuovamente tra le sue braccia, dove solo mi sentivo protetta. -Ti prego, stai con me.-, ripetei ancora. -Va bene, bimba. Andiamo.-

Mi sollevò da terra e mi portò fino alla macchina, dove mi posò sul sedile in pelle del passeggero. Lui si sedette di fianco a me, di fronte al volante, ma non mise in moto, iniziò invece a scrutare preoccupato il mio viso. Portò una mano verso il mio occhio, facendomi sobbalzare con un solo sfioro. -Scusami, non volevo.-

-Non fa niente.-, abbozzai un sorriso poco convinto. Riprese a sfiorarmi il viso, con il suo tocco delicato che mi faceva venire i brividi in tutto il corpo, e mi sentivo sotto il suo controllo, sotto la sua protezione. Era strano come potesse avere un così grande potere su di me, eppure mi faceva sentire come nessuno aveva mai fatto. Forse voleva dire quello, avere un amico maschio. Se non contiamo il mio migliore amico Ricky, che però era gay e temporaneamente si trovava in Canada. Sentii le sue labbra morbide posarsi sulla mia fronte. -Cosa ti hanno fatto piccola?-, chiese con la mascella serrata, con gli occhi chiusi e i pugni stretti. Era impossibile non notare quanto fosse incazzato e preoccupato allo stesso tempo. -J-Jorge forse non è il caso si parlarne…-, buttai giù per cercare di divagare il discorso. -Dimmelo, ti prego.-, mi chiese ancora con gli occhi chiusi, mentre cercava di mantenere la calma. 

-Promettimi che non farai a botte con nessuno.-

-Non te lo posso assicurare.-

-Jorge…-, al mio pronunciare il suo nome schiuse le palpebre, osservandomi con gli smeraldi ipnotizzanti. -…ti prego.-, finii io, mentre lo osservavo ferma. 

-Va bene, ma dimmi chi ti ha conciata così…vedrò di sfogarmi con altro.-, sospirai alle sue parole. -Non fare cazzate.-, roteò gli occhi al cielo in risposta, ma decisi di prenderla come un “ok”. -Conosci Chanel Maddison?-, chiesi calma. 

-No, chi è?-, chiese con un lungo respiro, evitando il mio sguardo. -Quella alta della mia classe, con i capelli rossi.-

-Ah si ho capito, quella che si è slinguata Fran.-, sbarrai gli occhi alla sua affermazione, e un pensiero cuocente mi bruciò in gola. Era colpa di mio fratello se il suo ragazzo si era incazzato, se lei non si presentava a scuola da un giorno e passa. Ed ecco perché mi aveva detto quelle cose strane, che noi Stoessel eravamo ruba ragazze, stronzi, invadenti. -Si sono baciati, sei sicuro?-, chiesi sperando in una risposta negativa. -Si, mi ha detto che è una bomba a baciare. Solo che subito dopo non ha fatto in tempo a spogliarla che se ne è corsa via piangendo.-

-Oh, Gesù.- borbottai tra me e me, sempre più sconvolta. -Va beh, dicevi?-, il messicano sembrava essersi calmato e questo non fece che sollevarmi. 

-Il suo ragazzo la picchia, l’ho visto mentre la teneva stretta, aveva il viso coperto di lividi. L’ho chiamata e sono andata lì…-, osservai per una frazione di secondo il suo volto, aveva lo sguardo fisso a terra. -Dimmi che non è stato lui a conciarti in questo modo ma che sei andata a sbattere contro un albero.-, disse serio, indecifrabile. -Jorge sai già che è stato lui, non penso che tu abbia bisogno di una mia conferma.-, spostò le sue iridi e mi osservò preoccupato. -Cercherò di fare finta di niente. Ora però è meglio andare.-, strinse la mascella e mise in moto la macchina. Evitai di guardarlo troppo ma notai le nocche delle mani strette sul volante. -Non portarmi a casa, ti prego.-, gli chiesi osservandolo di sottecchi. -Non ti porto a casa tua, ma a casa mia.-

-Oh…ok.-, spostai lo sguardo fuori dal finestrino, le abitazioni scorrevano veloci sotto il mio sguardo, mi chiedevo cosa avessi fatto per meritarmi tutto questo. I miei pensieri erano spesso rivolti a lui, mi rendevo conto che era la fortuna più grande che mi potesse capitare. Lui mi capiva, mi aiutava, mi proteggeva, c’era sempre per me. Una lacrima mi solcò il viso e la lasciai scendere, non cercai nemmeno di trattenermi; perché erano lacrime felici, in fondo. Nonostante quello che mi era appena capitato, mi rendevo conto che la felicità ce l’avevo al mio fianco, era lui, il mio salvatore. -Porca puttana.-, imprecò accostando in un parcheggio. Si portò la testa tra le mani, proprio come aveva fatto prima. -C-cos’è successo?-, chiesi confusa, mentre lo osservavo decisamente dubbiosa. -È colpa mia vero se piangi? Sono un coglione. La cosa peggiore è che ho ancora voglia di spaccargli le ossa a quello stronzo. Se non fossi qui con me…-, gli portai un dito alle labbra, invitandolo a tacere. -Smettila. Sto piangendo per te è vero, ma non perché lo vorresti uccidere, ma perché mi rendo conto solo ora della fortuna che ho avuto ad incontrarti. Ho chiamato te nonostante sapessi che avresti avuto una reazione brusca, ma alla fine sei l’unica persona che mi fa sentire protetta, non capisci?-, mi sorrise dolcemente, si avvicinò al mio collo e me lo sfiorò con le labbra, per poi risalire fino al mio orecchio. -Grazie.-, mi sussurrò dolcemente, con il suo respiro che si infrangeva sul mio collo, lasciandomi piccole scariche elettriche in tutto il corpo. -L’unico fortunato qui sono io.-, gli angoli delle sue labbra si alzarono, formando un sorriso a dir poco perfetto. Mi mancava quasi il respiro, quella situazione era la cosa migliore che potesse capitarmi, lui era la cosa migliore che potesse capitarmi. Un amico. Sorrisi al pensiero. -Forse sarebbe ora di parlare con Fran. É il mio migliore amico da una vita, è giusto che gli dica che ci vediamo, che siamo amici.-, mi ricordò, facendomi cambiare espressione. -Non mi sembra proprio il caso, mi ha già detto che non voleva che frequentassi uno di voi. Dice che siete stronzi con le ragazze, che ci fate sesso e poi le lasciate. Ha paura che io mi innamori e rimanga delusa.-, inarcò le sopracciglia. -Devo dire che ti ha parlato proprio bene di noi.-, disse sorridendo. -Dice anche che non sapete amare, ma secondo me non è vero. Almeno, io credo che tu sappia amare.-

-Cosa te lo fa pensare?-

-Guarda solo come tratti me, sei una specie di angelo. E io sono solo una ragazzina poco importante, se fai così con me, pensa come faresti con la persona che ami.-

-Tu sei tutt’altro che una ragazzina poco importante per me, è questo il problema.-, mi osservò, mi persi nelle sue iridi, tornate chiare e limpide. -Il problema?-, chiesi confusa. -Insomma, ha ragione tuo fratello, io non ti merito. Non so cosa ho fatto per essere così fortunato. Io non credevo che potessimo diventare amici. Da quando ho iniziato a vederti così triste, il mio unico obiettivo è farti felice, evitare che tu continui a soffrire. Mi sono attaccato troppo a te, capisci? E questo è un problema.-

-Io non la vedo esattamente come te, però fa niente.-, sorrisi e senza accorgermi ne uscì fuori un sorriso provocante, che non andava per niente bene. Arrossii subito ma mi accorsi che lui non osservava il mio volto ma bensì più in basso, verso il mio seno. Spostai anche io gli occhi verso quel punto e mi accorsi che avevo la maglietta troppo abbassata, decisamente troppo. Dovevo evitare di togliermi giubbotto e felpa, decisamente. Mi riallacciai in fretta, con lo sguardo fisso a terra.

-Stoessel, evitiamo queste cose, sono pur sempre un uomo con gli ormoni attivi, ricordatelo.-, avvampai a quell’affermazione, voleva dire che provava attrazione fisica nei miei confronti? Oh cazzo, stiamo parlando di Jorge Blanco! Evitai di farmi troppi film mentali e tornai con i piedi per terra. -Come vuoi Blanco.-, alzai le mani in segno di resa e lui rimise in moto la macchina. Dopo qualche minuto raggiungemmo la sua abitazione, la villa più bella di tutto il quartiere. Suo padre era il proprietario di diverse ditte e guadagnava una fortuna, mentre di sua madre non ne avevo mai sentito parlare. I suoi fratelli praticamente erano come Jorge e Fran, avevo anche sentito parlare di certi incontri clandestini di pugilato a cui partecipavano abitualmente, ma non ero certa, l’avevo solo sentito dire a scuola. Scendemmo dal suo pick-up e ci avviammo verso l’ingresso dell’abitazione. -I miei fratelli non ci sono, mio padre neppure. Potremmo quindi evitare di dare troppe spiegazioni, però adesso chiama tuo fratello e inventati qualche scusa.-, mi disse aprendo la porta d’ingresso. -Si, ora lo chiamo.-, confermai io, prendendo il cellulare e componendo il numero di Francisco. Mi rispose dopo qualche secondo. -Mmm…Tini?-, aveva una voce rauca, mi chiesi se l’avessi interrotto in piene attività sessuali. -Volevo dirti che torno tardi sta sera, sono con una mia compagna di classe, mi riporta a casa lei.-, inventai al momento. -Si, si…io sono da Tracee, ti vengo a prendere domani mattina per portarti a scuola, sta notte non torno.-, c’era da immaginarselo che fosse dalla Chambers. -Va bene, ci vediamo domani mattina allora.-

-A domani.-, finii la chiamata e seguii Jorge all’interno della casa, che aveva un aspetto strano. Era pulitissima, ma arredata male ed i colori erano abbinati alla rinfusa, poco curata nei dettagli. -Dai, andiamo in bagno che vedo di medicarti un po’ quell’occhio.-, annuii in risposta e ci avviammo all’interno della stanza. Aprii un cassetto e ne tirò fuori del cotone ed un disinfettante. -Sai, non sapevo che tu facessi artistico.-, dissi io, mentre bagnava il batuffolo con il liquido verde. -Beh, diciamo che non lo sbandiero ai quattro venti solitamente.-

-Ti vergogni?-

-Non proprio…solo che ho sempre preferito non parlarne troppo, ad essere il capitano di una squadra di hockey devi mantenere una certa reputazione, capisci?-, mi spiegò sorridendo, mentre portava il cotone verso il mio occhio. Lo fermai prima che potesse disinfettarmelo. -Fa male?-, alla mia domanda spaventata sul suo volto comparì un sorriso divertito. -Bimba faccio piano, brucia un po’ ma cercherò di essere il più delicato possibile, ti fidi?-, mi chiese sempre con il sorriso stampato in volto. Annuii incerta, mentre molto cautamente iniziò a sfiorare la pelle dolorante intorno al mio occhio, aveva un tocco delicato, leggero e dolce. Era qualcosa di perfetto, anche se come mi aveva detto mi bruciò un po’, ma davvero poco. -Ok, ho già finito.-, disse richiudendo il barattolo del disinfettante. -Grazie Jorge.-, mi sorrise dolcemente. -Di niente, ma mi chiedo come farai domani ad andare a scuola conciata così.-, in effetti non avevo pensato che sicuramente non sarebbe passato in meno di un giorno ma ce ne volevano minimo due. -Hai ragione, come posso fare?-, gli chiesi in cerca di aiuto, sperando che avesse qualche idea in mente. -Di a tua mamma che hai la febbre, almeno non ti farà di sicuro uscire.-, propose lui, e come idea mi sembrava ottima. -Ma Fran vorrà di sicuro vedermi.-, sbuffò scocciato. -Quante paranoie Martina! Vedrai che andrà tutto bene, ok?-

-Si, va bene.-

-Perfetto, ora però io ho fame, ti va di fare merenda?-, propose.  -Oh certo che si! Anche io ho fame.-, dissi con gli occhi che mi brillavano al pensiero, si avevo decisamente molta fame. -Figurati se la Stoessel non aveva fame!-, fece una piccola risata e io misi un finto broncio, che riuscì in un minuto a togliere, dato che mi prese in braccio e mi portò sul divano, iniziando a farmi il solletico. -Non vale!-, urlai ridendo, mentre si mise a cavalcioni su di me senza fermarsi nemmeno un secondo. -Non piaci con il broncio, sai?-, mi disse con un sorriso provocatorio stampato in volto. -Guarda, non l’avevo capito!-, dissi ironica, soffocando un’ altra risata. -Tregua, ti prego!-, lo supplicai con le lacrime agli occhi dal troppo ridere. 

-Ok, ok.-, mi prese in braccio e mi portò verso il bancone della cucina, mentre, con la testa appoggiata nell’incavo del suo collo, mi persi nel suo profumo. -Martina… vuoi scendere o annusarmi ancora un po’?-

-Dai, fammi scendere.-, risposi ancora ridendo. Mi appoggiò a terra e avanzò verso un mobiletto, dal quale estrasse un barattolo di nutella e del pane a fette. -Vuoi?-, mi chiese indicando la crema al cioccolato. -Che domande!-, esclamai ridendo. -Ok, adesso te le preparo, tu stai lì.-

Aprì il barattolo e con un coltello spalmò la nutella sul pane, me ne porse una e ne addentò un’altra per lui. -Mmm…buona. Direi che adesso potrei anche mangiarne un’altra.-, scosse la testa ridendo alla mia affermazione e mi porse la seconda fetta. 

-Mi chiedo spesso come fai ad essere così magra.-, feci le spallucce.

-Costituzione.-, alzò gli occhi al cielo, -In ogni caso tu mangi più di me!-, replicai io, incrociando le braccia sotto il seno.

-Si ma io sono un uomo che ha bisogno di cibo per avere l’energia giusta, capisci?-

-Capisco.-

-Comunque preferisco le ragazze che non si fanno troppi problemi. Ci sono certe che non mangiano un cazzo solo per rimanere magre.-

-Ti piacciono le obese insomma.-, lo presi in giro ridendo. -Si, io mi faccio sempre le obese.-, mi rispose ironico, dato che le ragazze che si portava a letto erano delle fighe pazzesche.

-Proprio come Ashley Linsey, giusto?-

-Sai, non ci vado più a letto con lei.-, mi disse tranquillamente. -Perché? Mica era il tuo passatempo abituale, tipo la Chambers per mio fratello?-, gli chiesi inarcando un sopracciglio. -Si, ma da quando ti ha detto quelle cose, non l’ho più voluta tra i piedi.-

-Oh.-, riamasi di sasso a quelle parole, non me lo sarei mai aspettata. -Dai non fare quella faccia sbigottita, lo sai che potrei uccidere tutti quelli che ti fanno del male. Ma Ashley è una donna e io non picchio le donne.-

-Ah, capisco…tu sei gentiluomo.-

-Certo, io sono molto gentile e molto uomo.-, sorrise ed aprì l’anta del frigorifero, estraendo da esso un succo di frutta e una lattina di birra. -Vuoi?-, mi chiese porgendomi il succo. -Si, grazie. È al mirtillo?-

-Si, bimba. Il tuo preferito, no?-

-Si. Come fai a saperlo?-, gli chiesi incuriosita. -Quando venivo da voi a mangiare bevevi sempre quello.-, mi stupì il fatto che si ricordasse di un particolare del genere, ma la mia reazione fu decisamente felice. Era bello sapere che si interessasse a me. -Tua mamma non c’è?-, decisi di chiedergli per smorzare il silenzio che stava calando tra di noi, ma vedendo la sua reazione mi chiesi se non avessi sbagliato qualcosa. -Lei non è qui, adesso.-, mi rispose con tono freddo, distaccato. -Ah, ok.-, avrei voluto chiedergli dove fosse, ma decisi di non continuare. Si sedette sullo sgabello di fronte a me, appoggiando i gomiti al bancone. -È da due anni che non torna più a casa.-

-In che senso?-, chiesi titubante. -Quando mio padre ha iniziato a lavorare di più e tornava a casa tardi la sera lei non è riuscita a sopportare tutta la pressione, ha iniziato a bere, non mangiava più e con il tempo è diventata alcolizzata. L’hanno quindi portata in un centro ma non è più tornata, sono già due anni ormai. Sai, spesso io mi illudo che torni, aspetto sempre che quella porta si apra e che me la ritrovi davanti.-, mi spiegò sospirando. Aprì la lattina di birra e ne bevve un sorso, si passò poi la lingua sul contorno delle labbra. -Mi dispiace Jorge, io non  lo sapevo.-, alzò una mano dopo aver bevuto un altro sorso. -Non ti preoccupare, non potevi saperlo.-, mi sorrise e io finii il mio succo. -Bene, io direi che forse è ora di andare.-, dissi alzandomi dallo sgabello. -Tu non vai da nessuna parte. Se vai a casa conciata così tua mamma capirebbe quello che è successo, non è scema.-, mi ricordò lui. -Si, in effetti capirebbe. Forse è meglio che la chiamo e le dico che torno tardi, mi accompagni te?-

-Certo bimba.-, mi fece un altro dei suoi occhiolini da sballo completo, per poi buttare via la lattina di birra e il mio succo finito. 

-Cosa vuoi fare ora? Non so, vuoi vedere un film?-, mi chiese gentilmente, e mi fece sorridere come ci tenesse. -Vada per il film.-

-Bene.-

Scegliemmo Balle Spaziali, che fra tutti era l’unico non vietato ai minorenni, mangiammo insieme e dopo mi riportò a casa.

 

Qualcuno bussò alla porta della mia camera, e sperai con tutto il cuore che non fosse mio fratello. -Chi è?-, urlai.

-Sono Fran.-, cazzo ero fregata. -Cosa vuoi?-, chiesi speranzosa che non volesse entrare. -Voglio vederti.-, peggio di così proprio non si poteva. -Non sto bene, rischio di attaccarti la febbre.-

-Non me ne frega niente, fammi entrare.-, era abbastanza chiaro che sarebbe entrato con o senza il mio consenso. -Eh va bene, entra.-

La porta si aprì e sull’uscio di essa si fece spazio Fran, che aveva indosso solo un paio di jeans a vita bassa e una t-shirt a maniche corte aderente che gli sottolineava i pettorali. Mi osservò un attimo e poi si soffermò sul mio occhio, che sicuramente era ancora rosso e nero dal livido. -Che cazzo è quel coso?-, sgranò gli occhi osservandolo meglio. -Mi vuoi rispondere?-, mi incalzò, notando il mio silenzio. -Fran, ti prego…calmati.-, lo rassicurai. Si sedette ai piedi del mio letto e mi osservò preoccupato, più o meno la stessa espressione di Blanco, ma con qualche differenza. -Non hai la febbre vero?-, mi chiese tranquillamente, notai che cercava di mantenere la calma, e mi fece decisamente piacere. -No.-, risposi. -Chi cazzo ti ha fatto quel coso?-, la differenza tra il suo tono di voce calmo e il significato delle sue parole creava uno strano controsenso, ma finché non urlava lo potevo sopportare benissimo. -Fran, io mi sono intromessa in fatti di cui non dovevo preoccuparmi.-

-Che fatti?-, mi chiese avvicinandosi di più a me. -Chanel Maddison, il suo ragazzo mi ha dato un pugno.-, risposi usando più nonchalance possibile. -Chanel?-, gli si illuminarono gli occhi all’udire il nome della ragazza, ma più per stupore e curiosità che di felicità. -Si, quella che ti sei slinguato.- 

-Si lo so ho sbagliato, ma cazzo, non ho resistito. Passiamo a te, è stato quello stronzo del suo ragazzo quindi a ridurti così Tini?-

-Si.-, abbassi lo sguardo e mi morsi un labbro, ormai lo sapeva, ormai aveva tutto il diritto di farlo a pezzi. ‘Fanculo! -Sai, quando ha dato uno schiaffo a Chanel perché ci ha visti mentre ci baciavamo l’ho quasi riportato dal creatore, come dice Blanco.-, ammise appoggiando i gomiti sopra le ginocchia e tirò un lungo sospiro. -T-ti piace Chanel vero?-, gli chiesi incerta se volevo sapere la risposta di quella domanda.

-Porca puttana, no!-, ok, quando usava quel tono era segno di una bugia in corso, merda; dopo diciotto anni di vita a mio fratello iniziava a piacere una ragazza,  l’unica ragazza, e deve essere proprio una con un fidanzato psicopatico, mi sembra normale. -Comunque sai come sta lei?-, mi chiese con tono preoccupato. -No Fran,  te l’avrei già detto se lo sapessi.-, sospirò alla mia affermazione scocciata, ma non per me, ma per la rossa, che ci stava creando più problemi del previsto.-E tu invece  sorellina?-, mi diede un buffetto sulla guancia e gli sorrisi dolcemente. -Come ti sembro?-

-Mi sembra che tu stia bene.-, rispose il mio acutissimo fratello. -Però domani vedi di venire a scuola e di rispondere alle chiamate di Lodovica.-, mi schioccò un bacio sulla guancia ed uscì dalla stanza. -Ciao coglione.-, lo salutai come ci era solito fare tra di noi. -Ciao cretina.-, contraccambiò il saluto. Presi poi il mio cellulare dal comodino, e schiacciai sul contatto della mia migliore amica. 

-Finalmente Stoessel eh!-, mi urlò quasi contro quando rispose al cellulare. 

-Scusami Lodo, è successo un casino.-, mi giustificai. 

-E la tua migliore amica non si avvisa per caso?-, mi rispose lei a tono, era sicuramente infastidita ma appena avrebbe scoperto quello che mi aveva fatto quello stronzo mi avrebbe sicuramente capita. 

-Scusami bella, ma…-, venni interrotta da un ticchettio proveniente dalla mia finestra, mi girai e mi ritrovai sconvolta. Jorge era alla mia finestra. 

-Sei morta?-, mi chiese Lodo ora molto più che scocciata 

-A-aspetta…-, portai il cellulare vicino alla coscia e proseguii verso la sagoma del ragazzo, che mi sorrideva. 

-Io non aspetto niente! Dimmi cos’è successo.-, mi riprese Lodo, ma la sentii solo di striscio, dato che non avevo più il cellulare all’orecchio.

-Ti r-richiamo i-io.-

-No!-, schiacciai il bottone rosso per la fine della chiamata e aprii la finestra. -Come hai fatto a salire?-, chiesi a Jorge mentre entrava con in mano un sacchetto, che in quel momento fu decisamente irrilevante sapere cosa contenesse data la situazione. -Sono salito sull’albero, no?-, mi rispose come se fosse la cosa più normale del mondo. -Ah, adesso hai trovato un metodo normalissimo per non dare nell’occhio.-, gli feci notare e lui subito sorrise, uno di quei sorrisi beffardi che solo lui sapeva fare. -In realtà non l’ho trovato adesso, però sono dettagli.-

-Stai scherzando?-, chiesi io palesemente confusa. -No, diciamo che ti osservo da qualche giorno.-, ammise tranquillamente e mi fece seriamente  infastidire. -Ma io ti uccido!-

-Ma dai, sei così carina quando dormi…cambi posizione trecentomila volte, poi però ti svegli da un sogno o da un incubo, non lo so.-

-Sono più incubi che sogni.-, abbassai lo sguardo verso il pavimento della mia camera. -Ehemhem, tuo fratello mi ha raccontato che gli hai detto che il figlio di puttana ti ha picchiata.-, cercò di cambiare discorso. -Si, cazzo è appena successo…voi due siete prorpio una cosa sola! Comunque non si è arrabbiato più di tanto, diciamo che credevo molto peggio.-

-Si lo so, mi ha detto che l’aveva già ridotto per le feste.-

-Già, Chanel.-, sospirò, anche lui aveva già capito tutto e sicuramente non ne era felice. -Comunque ti ho portato la cena, dato che devi fingere di non avere fame e penso che per te sia uno sforzo molto grande.-, mi sorrise e non calcolai che volesse prendermi in giro, ma solo che avesse del cibo. -Ah molto bene, cos’hai portato Blanco?-, gli chiesi curiosa e con l’acquolina in bocca, insomma era tutto il giorno che bevevo e basta, c’era da capirmi se stavo morendo di appetito. -Tranquilla bimba, con calma.-, prese il sacchetto. -Allora, sono passato da McDonald e ho preso quattro cheesburgher, due a testa, spero ti piacciano. In caso contrario puoi accontentarti dei mcnaghets, ne ho comprati quattro e i panini li mangio io. Ah, mi hanno regalato ketchup, maionese e salsa barbecue.-, mi disse estraendo infine dal fondo del sacchetto le tre bustine con all’interno le rispettive salse. -Da oggi sai che io amo i cheesburgher, mi dispiace ma ne potrai mangiare solo due, gli altri sono miei.-, mi sorrise divertito e mi porse i panini. -Dove ci mettiamo?-

-Per terra Jorge, non ho un tavolo in camera da letto.-

-Ok, grazie. Sempre gentilissima mi raccomando.-, mi scoccò uno dei suoi soliti occhiolini e si sedette per terra, seguito da me. -Allora, domani vieni a scuola?-, mi chiese addentando un pezzo del suo panino. -Si, Fran vuole che venga, cosa devo fare?-

-Si, beh, diciamo che darai un po’ nell’occhio.-, mi fece notare. 

-Questa è pessima Blanco.-, gli dissi ridendo. 

-Non era una battuta, però in effetti ci sta.-

-Hai un senso dell’umorismo che lascia senza parole.-

-Megan… o si chiamava Stace? Beh insomma una di loro dice che sono simpaticissimo. Anzi, lo dicono tutte.-

-Infatti sei simpatico, fanno un po’ cagare certe tue battute.-

-Martina, io penso che solo quando sono con te me ne viene una su sette.-, mi rispose mentre già prendeva il secondo cheesburgher. -Ah si?-, gli chiesi con la bocca un po’ piena. Figura di merda. -Si, hai troppa influenza su di me bimba.-, mi rispose, per poi posare lo sguardo sulla mia bocca, si avvicinò lentamente e con il dorso del pollice mi pulì via del ketchup. -Quanto sei carina quando ti sporchi.-, mi disse sorridendo. -Uh, immagino. Quanto te in perizoma forse.-, scoppiò a ridere alla mia affermazione. -Fidati, sei molto più bella te sporca che me in perizoma.-

-Dipende di cosa sono sporca.-, gli dissi alzando un sopracciglio. -No, ti prego bimba, queste battute sconce evitiamole. Ti ho già detto che sono un uomo anch’io.-

-Va bene, va bene uomo.-, dissi ancora ridendo pensando a Jorge con quelle due micro pezze di tessuto che vengono addirittura chiamate mutande.

-Ok, ora devo andare e tu devi chiamare Lodovica.-

-Cazzo, è vero! Me ne ero completamente dimenticata. Ora la chiamo. Ci vediamo domani.-

-A domani bimba.-, raccolse le scatole vuote ed uscii dalla finestra senza problemi. Una volta toccato il suolo, lo salutai dall’alto e scomparì nel buio della sera.


*Angolo Autrice*
Hey! Non voglio dilungarmi troppo, spero solo che il capitolo via sia piaciuto. Non succede niente di che, praticamente tutto Jortini! Alla prossima, recensite in tante...

Chia:3

   
 
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