Questa che vi propongo ora è un po’ particolare, non solo per lo stile (sapete che mi piace sperimentare) ma soprattutto per il soggetto; nel capitolo IV “Un Viaggio nell’oscurità” del SdA, Aragorn, a proposito di Gandalf, fa una delle più misteriose e affascinanti osservazioni dell’intera opera tolkeniana: < E’ più sicuro nel ritrovare la via di casa in una notte cieca, che non i gatti della Regina Berúthiel”. >
Poco o niente si sa di lei, se non che fosse la moglie del re Tarannon di Gondor, una Numenoreana Nera. Ella aveva nove gatti neri e uno bianco, suoi schiavi, con i quali conversava o nelle menti dei quali leggeva, servendosene per scoprire i segreti di Gondor: utilizzava il gatto bianco per spiare i neri che tormentava. Nessuno a Gondor osava toccarli e tutti ne avevano paura e imprecavano quando li vedevano passare. Successivamente il nome di Berúthiel venne cancellato dal Libro dei Re e Tarannon la caricò su una nave, sola con i suoi gatti, e la abbandonò al vento del Nord.
La storia della regina malvagia mi ha affascinato da sempre e mi è sembrato giusto e doveroso dedicarle una poesia oscura e misteriosa proprio come lei.
Il CANTO DELLE OMBRE
Il candido gatto si muove veloce
attraversa sinuoso il cortile
ombra danzante nella notte
i suoi occhi scintillano al buio
si guarda intorno sospetto
ombra schiva nella notte
la pallida mano ne liscia il pelo
sembra d’argento e di gemme
ombra luminosa nella notte
ne carpisce i segreti sussurrati
nel silenzio della città dormiente
ombra silenziosa nella notte
un sorriso si apre sul volto
crudeli e meschini gli sguardi
ombra tenebrosa nella notte
odio che si diffonde rapido
ricordo che svanisce lento
ombra dimenticata nella notte