Capitolo uno.
Justin….
Mi presento. Mi chiamo Justin ho
17 anni e presto ne compirò 18. Frequento la scuola superiore in uno dei licei
più esclusivi della mia città, Sydney. Non so cosa mi ha portato a iscrivermi
al liceo classico con tutto lo studio che ne comporta, ma sono soddisfatto, ho
poco tempo per pensare. Mi conoscerete a poco a poco nel proseguire degli
eventi. Quello che mi spinge a scrivere è raccontare la mia storia, che alla
fine è come quella di molti ragazzi adolescenti della mia età che imparano a
vivere nella vita vera. La questione davvero importante è analizzare come vivo
quello che sono adesso e come ci sono arrivato con migliaia di paure e di
indecisioni. Quello che mi ha permesso di crescere e di impormi, cercando di
vivere la mia vita al meglio che potevo. Gli intoppi che ho trovato nel mio
cammino sono stati tanti, più o meno dolorosi. Sono arrivato a ribellarmi ai
miei sentimenti, al negarli perché non potevo accettarli. Fino ad ora, che per
sopravvivere all’umiliazione, dovevo lasciare libertà di spazio a chi mi stava
affianco. Non avete capito nulla vero!? Ecco quello che succede quando la mia
mente è libera di pensare. Mille pensieri affollano la testa e viaggiano a
mille nodi da dove sono. Ma non preoccupatevi, vi racconterò ogni cosa e presto
capirete.
3 novembre 2012, tutto comincia da qui in una delle giornate più strane di tutta la
mia vita. Quelle giornate in cui tutto sembra andare storto e pensi “prima o
poi finirà” e intanto cerchi il modo di limitare al massimo i danni. Era stata
una giornata pesantissima a scuola, avevo avuto test di greco e latino e non
capivo più nulla. Sempre più spesso mi chiedevo cosa servisse studiare tutte
quelle materie assurde per fare il liceo bilingue, ma non c’era soluzione,
dovevo tenere duro ancora per un anno e poi ogni cosa sarebbe terminata. Stavo
percorrendo il quartiere di Darling Harbur, una delle baie di Port Jackson. La
mia casa si trovava in Sussex Street ed è un meraviglioso attico che da sul
mare, con una vista incantevole mentre di notte Sidney si accende di tutti i colori. La vista dall’alto ti da un
senso di vertigine quando vedi il mare sterminato che riflette i più bei colori
caldi del tramonto, mi perdo a osservare
quel momento che attendo da tutto il giorno perché so che proprio in
quell’istante si perde il giorno per fare spazio al silenzio, alle quiete e a
quella brezza leggera che prende il posto del calore asciutto dei raggi del
sole. Ancora oggi mi chiedo come si può abitare in una città meravigliosa come
Sydney e non rimanere stupefatti della sua calda bellezza.
Mentre
percorro Clarence Street mi rendo conto che nella mia solita gelateria preferita
non c’è quasi nessuno, un richiamo troppo forte per proseguire la mia strada
senza un piccola tappa. Rimasi nell’incertezza qualche istante ma alla fine
dopo qualche secondo decisi di entrare e preso il numero attesi il mio turno.
Come
al solito ero certo che a casa non ci sarebbe stato nessuno. Sospirai e mi
sentii solo in fondo. Mia madre è una donna dolcissima ma estremamente
impegnata nel suo lavoro, è la dirigente della più famosa azienda pubblicitaria
dell’Australia e per quanto il suo lavoro andasse a gonfie vele, sentivo il
peso della sua costante mancanza. Mio fratello David anch’esso lavorava in
azienda e benché i suoi orari di lavoro fossero più flessibili comunque trovava
sempre il modo per non essere a casa. Forse vi starete chiedendo che fine ha
fatto mio padre in tutta questa storia. Beh, non c’è molto da dire, mio padre è
un pazzo squinternato che ci ha abbandonato appena sono nato. In questo momento
doveva essere in qualche posto sperduto dell’Italia, è all’incirca cinque mesi
che non abbiamo notizie di lui. In tutta la mia vita penso di averlo visto si e
no due volte. E provo talmente tanto rancore per lui che non so davvero per
quale motivo dovrei farlo. Trovo quanto meno egoistico lasciare mia madre sola
a crescere due bambini, con mille responsabilità mentre lui gira il mondo a
fare il playboy. Ma certamente mia madre valle mille volte lui!!!
Mi
guardai un attimo nella vetrina del negozio mentre aspettavo il mio turno e con
malcontento mi ritrovai ad osservare un ragazzino biondo dai capelli sbarazzini
che con un viso corrucciato in una smorfia disapprovava ciò che vedeva. I suoi
occhi castano-verdi assomigliavano troppo a quel padre tanto lontano, mentre
quelle labbra piene e pronunciate lasciarono spazio solo all’ennesima rabbia
ripensando ad Anthony, quell’eterno Peter Pan senza speranza. Il fisico
atletico ma poco pronunciato lo rendevano slanciato e perfettamente in armonia.
Comunque in tutto questo rigiro di parole lo volete sapere il risultato!?
Semplicemente
mi sentivo sempre terribilmente solo a casa e non riuscivo a colmare dentro di
me quel vuoto che provavo!! Probabilmente avevo più bisogno di un padre di
quanto credessi. Ovviamente pur sentendomi moralmente a terra, questo non mi
aveva impedito di appassionarmi di alcuni hobby casalinghi, tra cui la cucina,
se non avessi imparato, sicuramente, sarei morto di fame visto che nessuno in
casa mia lo faceva. Assorbiva molto tempo cucinare qualcosa di commestibile ma
negli anni la mia tecnica si era affinata e riuscivo a tirare fuori una ricetta
anche dal niente. Forse dovevo considerare seriamente l’opportunità di
partecipare a dei corsi di cucina…
Ma
a parte queste stupide considerazioni pensai al tramonto rosso su Harbor Bridge
e un brivido irrazionale mi attraversò la pelle come una brezza fresca
d’inverno. Mi piaceva fermarmi a osservare ciò che mi circondava, fino a che il
flusso dei miei pensieri fu interrotto dalla commessa che mi chiedeva come
volessi il mio gelato. Fu tutto piuttosto veloce e dopo qualche istante uscii
dal negozio felice di respirare un po’ d’aria fresca. Mentre uscivo dal negozio
fui sorpreso dal riverbero del sole che mi aveva colpito in pieno viso come un
pallone nella sua folle corsa. Mi riparai alla bene meglio gli occhi con una
mano ma comunque, poco dopo, combinai un
pasticcio. Non so dirvi come accadde tutto, percepii chiaramente qualcosa tra i
miei piedi che mi fecero inciampare e vidi una parte del mio buonissimo gelato
volare a mezz’aria per finire chissà dove. Per evitare di farmi male buttai in
avanti le mani e quello che ne rimaneva del mio cono gelato finì spappolato tra
la mia mano destra e l’asfalto. Mi veniva da piangere dal nervoso...sollevai la
mano imbrattata di cioccolato fondente e non vi dirò che brutta sensazione
provai nel vederla con quel gelato molliccio che mi colava ovunque. Dopo una
giornata del genere l’ultima cosa che mi ci voleva era ritrovarmi in mezzo alla
gente che rideva a crepa pelle della mia figuraccia, mentre individuai le gambe
che mi avevano fatto cadere e provai un motto di rabbia così violenta che avrei
preso a sberle quel pancione stravaccato sulla sedia.
-Se
fossi in lei non riderei tanto visto che mi ha fatto cadere..- dissi
scocciato..
L’uomo
si girò dall’altra parte e non mi prestò più attenzione nonostante continuassi
a bofonchiare contro di lui. Poi all’improvviso mi preoccupai di vedere quale
fine avesse fatto l’altra parte del mio gelato alla crema. Cercai sull’asfalto
un po’ più in là, quando poco dopo notai delle risate sommesse a un tavolo lì
vicino.
Credetemi…non
mi sono mai sentito così male in vita mia. Non poco lontano un ragazzo dalla
stazza decisamente più prorompente stava armeggiando con del gelato in faccia e
sulla sua bella camicia di lino firmata. Sarei voluto sprofondare mentre vedevo
i suoi amici chiaramente divertiti e che mi guardavano con una certa curiosità.
Mi
alzai lentamente e pulitomi le mani alla bene meglio mi avvicinai timidamente
per rimediare all’accaduto. Il ragazzo cercava di pulirsi la maglia ma il
risultato che otteneva era certamente non quello che si desiderava, la macchia
continuava ad allargarsi e sembrava tanto assorbito dai pensieri col suo viso
corrucciato che non si era nemmeno accorto di me. Presi la bottiglietta di
acqua frizzante che mi stava porgendo una signora con il suo sorriso gentile,
il liquido contenutovi era quasi terminato ma mi sarebbe bastato per rimediare
il danno che avevo fatto. Gli sorrisi riconoscente e poi ritornai timidamente a
guardare quel gruppo florido di ragazzi che sghignazzavano.
-Scusami…-
dissi guardando improvvisamente a terra mentre sentivo le orecchie avvampare..
–Ma un cretino mi ha fatto lo sgambetto e…-
-Vattene…-
disse lui scocciato.. –Per stasera hai già fatto fin troppi danni moccioso..-
-Ho
qui dell’acqua frizzante..- dissi con aria mortificata.. –Posso aiutarti..-
Non
so dirvi perché ho avuto l’impulso di avvicinarmi al suo viso, forse perché con
tutto quel gelato colante sembrava buffo. Cercai di asciugare un piccolo rivolo
di gelato che aveva sulla guancia col mio fazzoletto, ma la reazione che ne
venne fuori, benché appropriata, mi lasciò senza fiato. Nello stesso istante in
cui gli sfiorai la guancia per evitare che si sporcasse il colletto della
camicia, lui girò lo sguardo furioso per dirmi sicuramente qualcosa.
-Senti…ora
mi hai…- ma la frase non terminò.
Aspettai
che proseguisse, arrossendo dall’imbarazzo mentre i suoi occhi blu mi
trafiggevano con terribile intensità. Mi sembrava che stesse frugando nei miei
pensieri e provai fastidio, rabbia, mentre quegli occhi mi confondevano la
mente. Lui scrutava il mio viso come nessuno aveva mai fatto e guardando il suo
volto mi venne spontaneo pensare che, se fossi stata una donna, avrei
sicuramente considerato di avere davanti un ragazzo di una rara bellezza
sconvolgente. Tutto in lui sembrava…perfetto, ecco si perfetto. Dalle sue
sopracciglia definite e con gli occhi furbi e incredibilmente blu, contornati
da folte ciglia nerissime come i suoi capelli spettinati e sbarazzini. Le
labbra sembravano dipinte da un pittore troppo bravo per sembrare reali, tanto
erano piene e morbide. Non avevo mai visto un ragazzo così in vita mia,
sembrava un modello. Rimasi così ancora qualche secondo senza parole mentre
sentivo chiaramente il mio volto in fiamme dall’agitazione, perché…perché
guardarmi così!? I suoi occhi erano sgranati, come se qualcosa l’avesse
sconvolto a tal punto da non riuscire più a staccare gli occhi da qualcosa. In
lontananza le parole di una canzone echeggiavano nella mia mente e
all’improvviso, non so per quale motivo, fui preso dal panico.
“I
won’t let you go” di James Morrison non mi aveva mai inquietato tanto quanto
oggi. Cos’era quella sensazione di tremendo disagio che provavo in quello
strano quadretto insolito!?
E ancora la canzone:
“Open up, open up your heart to me now
Let it all come pouring out
There’s nothing I can’t take..”
“Apri,
apri il tuo cuore a me ora..
Lascia
che fiorisca,
non
c’è niente che io non possa prendere…”
Lui
seguitava a guardarmi ma questa volta il suo sguardo era chiaramente irrisorio.
Questo improvviso cambiamento mi turbò ancora di più e cercando di trattenere
il fastidio che sentivo, cercai di riprendere il mio posto sforzandomi di
borbottare qualcosa in segno di scuse. Lui sembrava…stupito… Perché?!?!
Non
potevo capirlo!! I suoi occhi si piegarono distrattamente in un cipiglio di
disapprovazione e dopo qualche istante, con un sorriso mozzafiato e provocante si
alzò quasi volesse dimostrare qualcosa.
-Mi
dispiace..- dissi brusco e irritato per qualcosa che non compresi.. –Se posso
rimediare in qualche modo sarei felice di farlo..-
-Ah
si!??!- mi chiese guardando i suoi amici e sorridendomi.. –Allora sentiamo…cosa
saresti disposto a fare?!!?-
Lo
guardai confuso. Era decisamente al di sopra della mia comprensione e
irrimediabilmente arrossii violentemente, cercai di limitare il rossore che
sentivo salirmi alle guance ma senza risultato. Non riuscivo a guardarlo in
faccia perché ero consapevole che si sarebbe nuovamente preso gioco di me,
facendo leva sulla mia timidezza.
-Beh..-
dissi nella confusione più totale.. –Se posso vorrei potermi occupare della tua
camicia, mi preoccuperò personalmente di fartela lavare in modo che non si
sciupi..-
Non
so cosa accadde poi. Sentii solo una mano forte e fresca che aveva preso il mio
braccio e che mi aveva attirato a sé. Fu così che il mio rossore peggiorò
costantemente da quel momento. Mi ritrovai a un palmo da quel viso magnetico,
mentre l’altra mano mi teneva forte il mento tra pollice ed indice.
-Sei
piuttosto adorabile con questo dolcissimo color cremisi…- mi disse mentre il
suo sorriso si apriva in un ghigno, oserei dire quasi diabolico.
-Lasciami…-
dico con aria rabbiosa cercando di divincolarmi.. –Cosa cavolo vuoi da me!!?!?!?
Ti ho già chiesto scusa..-
Riesco
a staccare il mio viso da quelle spire che sembrava volessero avvilupparmi per
tenermi in trappola e con furia crescente ansimo a causa dello sforzo.
-Tu
non sai chi sono io..- disse lui con un sorriso rassegnato, come se volesse
avvertirmi di qualcosa..
-Già…e
nemmeno voglio saperlo!!- dico raccogliendo lo zaino da terra.. –Anzi
arrangiatela, la camicia te la lavi da solo…-
-Sei
un moccioso piuttosto strafottente..- mi dice guardandomi con quei suoi occhi
provocanti e accostandosi al mio orecchio.. –Io…ottengo sempre quello che
voglio!! Ricordatelo ragazzino presuntuoso…-
Scomparve
dietro la porta della gelateria e guardando i suoi amici confuso cerco di
riprendere il controllo della voce e del mio corpo. Mi osservavano con troppa
ostinazione e non compresi fino in fondo il perché di una così costante
attenzione. Cercai di sembrare indifferente e per un po’ attesi, poi mi resi
conto che era inutile riparlare con quel tipo strano e decisi di andarmene.
Cercai di non comportarmi da sciocco nonostante la rabbia provata poco prima e
mi rivolsi così a quei ragazzi che mi sorridevano incoraggiandomi.
-Scusatemi..-
dissi acquistando la mia sicurezza ora che quel ragazzo strano era fuori dalla
mia portata.. –Se dovesse cambiare idea sulla camicia ditegli che mi chiamo
Justin Herstrass..-
Cominciai
ad allontanarmi ma dopo due passi uno dei suoi amici mi chiamò.
-Ehi
Justin..- disse avvicinandosi assieme agli altri.. –Ma eventualmente come farà
a trovarti!?-
-Beh…qui
mi conoscono praticamente tutti.. Abito in Sussex Street..- dissi alzando
leggermente le spalle.. –Ora devo andarmene, mi spiace avervi rovinato la
serata..-
-Nessun
problema..- disse uno di loro alzando la mano.. –Piacere di averti conosciuto!
E non prendertela, lui è fatto così…-
Sorrisi
debolmente e mi lasciai alle spalle quella terrificante mezz’ora. Ero in
ritardo ma non me ne preoccupai granché, mi sentivo irritato e decisamente poco
incline alle conversazioni questa sera. Sapevo che una volta tornato a casa
avevo giusto il tempo di ripulirmi un pochino e poi dovevo cominciare a
cucinare qualcosa se volevo mangiare questa sera. Mia madre e mio fratello mi
avevano promesso che sarebbero tornati a casa presto per cenare tutti insieme,
ma ovviamente non ci credevo. Era sempre così, promesse che non potevano sempre
mantenere e quindi mi misi il cuore in pace aspettando un’altra serata solo.
Arrivai
alla porta blindata senza accorgermene, quando infilai la chiave mi resi conto
che i giri non c’erano, segno che qualcuno doveva essere rincasato prima di me.
Aprendo la porta mi investì il profumo
di pasta e il salone illuminato del rosso del tramonto sembrava surreale, così
tiepido e accogliente. Il salone della mia casa era immenso con divani
grandissimi che non avrebbero mai accolto così tanta gente come si ci aspettava
nel vederli. Il loro colore panna risplendeva in contrasto con il color ambra
delle pareti, che accoglievano meravigliose imitazioni del Monet. Le vetrate
scorrevoli che portavano su un terrazzo immenso si affacciavano di fronte al
mare dove in tutta la sua bellezza sorgeva Harbour Bridge.
-Tesoro..-
disse mia madre affacciandosi dalla cucina.. –Bentornato!-
-Mamma…sei
già a casa!?- dissi stupito..
-Te
lo avevo promesso..- disse lei sorridendo mestamente, cercando da capire se
perdonavo la sua frequente assenza nella mia vita.. –So che ti trascuro molto
Justin..-
-è
il tuo lavoro..- mi affrettai a dire posando lo zaino sul divano.. –è giusto
così! Ma sono contento di poter avere una serata…-
Non
volevo far sentire in colpa mia madre, ma spesso, soprattutto in passato, avevo
desiderato tante volte rientrare a casa e trovarvi mia madre intenta a qualche
faccenda domestica. O che magari mi accogliesse come ogni madre con un bacio,
gesti semplici ma che sentivo sempre più lontani. Quando andai in cucina per
prendermi la mia bottiglia d’acqua osservai mia madre. Statura media, una donna
decisamente piacente con occhi castano chiaro come i suoi capelli raccolti in
una lunga coda alta. I suoi occhi castani, totalmente semplici, per me erano
meravigliosi perché gentili, dolci e docili. Penso che mia madre fosse il mio
punto di riferimento nonostante la sua assenza, sapevo che c’era comunque anche
se ormai non parlavo più con lei come avrei voluto. Lei era stata per me un
padre e una madre, mi aveva dato più di chiunque altro, ma da alcuni anni a
questa parte era più distante che mai, avevo ancora molto bisogno di lei. Per
me non era un momento semplice e forse mi aspettavo che ci fosse nonostante
fossi cresciuto. Distolsi lo sguardo e aprii il frigo per prendere la mia
bottiglia. Vuotai un bicchiere pieno d’acqua ed aspettai che mi dicesse
qualcosa almeno per parlare un pò, non lo facevamo da molto tempo ormai. Ma lei
sembrava indaffarata, troppo concentrata a girare e rigirare delle verdure
ormai stracotte e immaginai che forse stava aspettando il momento per parlarmi
di qualcosa. Mi guardai attorno immaginando che forse per arrivare a dire le
cose giuste aveva bisogno di tempo, così cominciai ad osservare le fotografie
che avevo attorno con strumenti musicali e principalmente foto di David, mamma
e me. Mio padre figurava solo in una foto con una chitarra in mano, mentre
David lo osserva rapito e mamma mi tiene in braccio, guardandomi con aria
felice. Quelli sono stati i rari momenti in cui siamo stati davvero una
famiglia, se così si potrebbe definire la mia situazione. Non scherzavo quando
dicevo che avevo visto mio padre si o no due volte in tutta la mia vita e ogni
volta che tornava, tutti ci illudevamo che potesse essere cresciuto e sarebbe
rimasto con noi. Ed è finita sempre al solito modo!! Reggeva qualche giorno e poi scompariva, ma la cosa
che più mi faceva arrabbiare era che lo difendevano e continuavano ad amarlo e
giustificarlo. Il modo per creargli un alibi era il solito “Lui è un musicista,
quando la sua arte chiama niente può trattenerlo..”. Essere un artista
talentuoso non significa dimenticarsi la propria famiglia e ricordarsene una
volta ogni tanto. Era per questo che avevo imparato a escludere mio padre dalla
mia vita impendendo che la sua presenza o assenza sconvolgesse la mia esistenza
in positivo o negativo. Io ce l’avrei fatta…anche senza di lui!
-Justin
ascolta..- disse mia madre volgendosi improvvisamente e osservandomi risoluta..
–Ho bisogno di parlarti..-
-Lo
so..- gli rispondo con altrettanta sicurezza.. –Ti ascolto..-
-Oggi
David ha sentito papà..- disse con un sorriso felice.. –Abbiamo anche parlato
di te..-
-Non
capisco…- dissi io con distacco..
-Lui
si trova in Ungheria attualmente, a Budapest..- mi guardava con speranza, come
se la sua felicità dipendesse da me.. –Vorrebbe che tu lo raggiungessi e che
passassi i mesi di pausa scolastica con lui in Europa..-
La
guardai senza parole, per comprendere se davvero fosse convinta di quello che
mi diceva. Sgranai gli occhi rendendomi conto che era esattamente quello che
voleva e si aspettava da me un si. Non capivo questa sua devozione per un uomo
che l’aveva sempre abbandonata e ancora meno comprendevo l’amore che lo legava
a lui, nonostante sapesse che aveva altre storie con altre donne all’estero.
Trovavo orripilante che lei fosse devota ad un uomo che la tradiva
continuamente e che calpestava la sua dignità di donna, madre e moglie ogni
volta che sfiorava un’altra ragazza che non fosse mia madre Ginevra. Sentivo
ogni volta una stretta al cuore quando vedevo nei suoi occhi la felicità di
averlo sentito per cinque minuti e il pensiero che per cinque mesi avrebbe
aspettato ogni giorno un’altra chiamata.
Non
poteva chiedermelo e soprattutto non lo avrei fatto.
-Non
ho nessuna intenzione di raggiungere un uomo che si dimentica di fare il marito
e il padre..- rispondo secco.. –E a maggior ragione non lo farò quando, per
puro caso, lui si ricorda di avere delle responsabilità..-
-Justin!!-
mi risponde mia madre con un cipiglio deluso.. –Lui è un artista..-
-La
so già questa storia, ma qualsiasi cosa mi dirai la risposta sarà NO ora e per
sempre…- dico risoluto..
-Ma
lui è tuo padre..- alza un pò la voce lei..
-E
dov’era mio padre quando avevo bisogno di lui!?!?- grido io con un groppo in
gola… -Dalla sua arte…quindi ora si terrà quella senza tormentarmi…-
Mia
madre abbassa la testa, non può dirmi nulla, non può rimproverarmi perché nel
suo cuore sa che io ho avuto davvero bisogno di lui, ma Anthony non c’era mai
stato. So che molte volte dovevano averlo chiamato per la mia tristezza e
sofferenza per la sua assenza, ma lui non era mai tornato. Ed ora dovevo
correre da lui non appena si ricordava di avere dei figli che non conosceva!?
Sentii
due forti braccia circondarmi le spalle da dietro e riconobbi l’abbraccio
protettivo di mio fratello. Con lui avevo un rapporto speciale, potevo fidarmi
di lui, non mi avrebbe mai ferito ne ero certo. Mi strinse con dolcezza
trasmettendomi il suo calore e mi sentii subito meglio. So cosa volesse dire
questo abbraccio, non ti preoccupare ci sono io qui con te e non devi avere
paura di nulla Justin. Non hai papà, ma hai me ed io non ti abbandonerò mai,
perché sei tutto per me, sei il mio fratellino e ti voglio bene. Il suo braccio
forte mi strinse ancora le spalle e a poco a poco si affiancò a me, il suo
sorriso rassicurante aveva il potere di rasserenarmi. Asciugò una lacrima sulla
mia guancia e quello che pensavo del nostro rapporto venne confermato dai suoi
occhi verdi che mi guardavano con amore. Trattenne ancora un pò la sua mano
sulla mia guancia e abbassai leggermente lo sguardo con rispetto. David aveva
26 anni e ci assomigliavamo molto. Capelli castano chiaro e mossi, stesso mio
taglio del viso e stessi occhi a cerbiatto verdi. David sicuramente era più
alto di me e più muscoloso. Avevamo ereditato molto da nostro padre, uomo
sicuramente talentuoso, bello e affascinante, ma nessuno dei due aveva
sviluppato per lui un affetto profondo, anche se David, come la mamma, cercava
alibi per difenderlo.
-Stai
tranquillo Justin..- mi disse con la sua voce imperiosa.. –Non devi fare nulla
che non ti vada di fare!! Se vorrà verrà lui..-
-Allora
aspettatelo…- dissi rassegnato.. –Verrà di sicuro…-
Mi
sedetti al solito posto a tavola e cercai di riprendere il controllo di me
mentre osservavo la mia famiglia riprendersi da quel momento. Era tornato il
sorriso nei loro volti e mi resi conto che il pensiero di mio padre passava
come lo scorrere dell’acqua, si dissolveva e si finiva per parlare sempre meno
di lui. Forse perché si sapeva che non amavo parlare di quell’argomento. Mi ci
vollero venti minuti buoni per dimenticarmi che nuovamente mio padre aveva
rotto i miei equilibri raggiunti con tanta fatica, ma fu piacevole quella sera
cenare con mamma e David. Mi parlavano della nuove pubblicità che gli aveva
commissionato uno stravagante giapponese di nome Hamahota, che pretendeva che
le pubblicità fossero sempre più astruse per invogliare la gente a correre a
comprare i prodotti che metteva sul mercato. Questa volta sembrava avesse
ideato un nuovo chewin-gum alla rapa rossa. Decisamente fuori di testa.
Fu
divertente ascoltarli e sapevo che quella sarebbe stata una rara eccezione, per
forza di cose non avrei avuto modo di passare una serata così molto spesso.
Sorrisi malinconico ma allo stesso tempo felice di sapere che almeno loro in
qualche modo erano con me.
Dopo
qualche ora uscirono nuovamente per un meeting di lavoro, probabilmente gli
avrebbero commissionato altri incarichi e sarebbero tornati a casa tardissimo.
Io decisi di prepararmi la roba per il mattino seguente e ritrovai al solito
posto la chitarra che non usavo quasi mai. Sapevo che a mia madre piaceva
sentirmi suonare ma non riuscivo ad impugnare uno strumento senza sentire la
rabbia salire a dismisura.
Mi
spogliai e lasciai solo gli slip per buttarmi sul letto, ero accaldato e mentre
infilavo le cuffie per ascoltare un po’ di musica sento il cellulare vibrare.
Leggo il mittente, è Micol, la mia migliore amica di sempre. Non sono
innamorato di lei, lei è davvero un’amica speciale a cui voglio un gran bene ma
niente più. Mia madre l’adora e mi dice sempre che non troverò una ragazza più
adorabile di lei. Ha ragione, Micol è dolcissima ma non sento di provare
sentimenti del genere per lei e nemmeno lei li sente per me.
“Sei
crudele…nemmeno un messaggio oggi pomeriggio!!! Domani ti picchio…”
Sorrido,
ecco…lei ha il potere di farmi tornare Justin. So che sono importante per lei e
che sente la mia mancanza come io spesso sento la sua. Lei è come un sole che
ti entra nelle vene e ti riscalda dopo una giornata di vento gelido.
“Scusami
Mico!! Domani mi fustigherai a tuo piacimento..”
“Così
va meglio!! Stai bene!?”
Aveva
la capacità di capirmi al volo e sapevo che questo legame con lei non avrei
potuto averlo con nessun’altro, lei era sensibile ed affettuosa, la sua natura
era capirmi ed io comprendere lei.
“Ora
si….è stata una giornata piuttosto pesante..”
“Voglio
pensare che non sia per quello che penso..” risponde lei mentre capisco
immediatamente quello che intende. Lei come me ha una pessima opinione di mio
padre, forse perché la sua famiglia è totalmente diversa dalla mia. So che ha
un fratello che vive fuori casa oramai da molti anni ma sono molto uniti e il
padre e la madre di Mico si amano di un amore vero e sano.
“Me
ne sono capitate di tutti i colori oggi. E poi si Anthony si è fatto vivo con
mia madre e David ma preferirei evitare di parlarne…”
Dopo
qualche secondo sento nuovamente vibrare il cuscino.
“Ok,
ma domani non mi scappi!! Dormi bene sunshine e sappi che ti voglio un gran
bene!! Un bacio caramelloso…”
Scrollai la testa ma pieno di affetto per
quella ragazza che mi dimostrava più affetto di tutta la mia famiglia messa
insieme e pensai che domani appena l’avrei vista tutto sarebbe tornato al suo
posto, gli avrei raccontato di questa giornata bizzarra magari ridendoci su,
tranne che per il dettaglio di mio padre. Sarebbe ricominciata un’altra
giornata piena di cose uguali, ma almeno era venerdì e significava due giorni
liberi dalla scuola. Con questo pensiero in testa mi addormentai e non sentii
rincasare nemmeno David. Dormii di un sonno profondo e pacifico, la mattina
alle sei sentivo mamma parlare sommessamente e decisi di alzarmi qualche minuto
dopo per avere il tempo di salutarli prima che andassero al lavoro. Appena
uscii dalla camera fui investito dalla scia del profumo della mamma e del dopo
barba di David che correvano come due furie per casa, uno da una parte e l’altro
dall’altra. A turno mi arrivarono un bacio sulla guancia e un abbraccio del
buongiorno da mio fratello.
Mi
sedetti al tavolo che ospitava una fumante tazza di latte e mentre vidi passare
per l’ennesima volta mia madre lungo il corridoio della cucina che portava alle
stanze, la sentii gridare qualcosa.
-Jus…il
latte è pronto sul tavolo..- disse
ripassando nuovamente..
-Si
ho visto mamma…grazie!!!- risposi sorridendo e scuotendo il capo.
Dopo
poco li vidi pronti in soggiorno ed erano le sette, ogni giorno era così. Si
alzavano all’alba per prepararsi in fretta e furia riducendosi entrambi all’ultima
mezz’ora. Ovviamente dimenticandosi ogni giorno qualcosa, come quella
importantissima cartellina rossa che avevano ripetuto mille volte fosse
indispensabile. Avevano appena deciso di essere pronti, aprirono la porta e si
incamminarono verso l’ascensore. Io mi appoggiai allo stipite della porta
blindata con la cartellina rossa.
-Non
era di vitale importanza!?- dissi facendo sventolare la cartellina rossa davanti
a me.
-Oh
tesoro..- disse mia madre venendo a darmi un bacio schioccante col rossetto
rosso.. –Come farei senza di te!!!-
Sorrisi
leggermente mentre le sue labbra gentili schioccarono sulla mia guancia, mi
diede una carezza e andò verso l’ascensore. Arrivò al nostro piano e dopo due
secondi vidi spuntare la chioma corvina di Micol che subito salutò mia madre
con profondo entusiasmo. La abbracciò affettuosamente e si fece da parte visto
la fretta che sembravano avere. Le sorrisi dolcemente e lei di rimando venne ad
abbracciarmi mentre le sue braccia circondavano la mia vita. Chiusi gli occhi e
cercai di godermi quella sua affettuosa spontaneità inspirando affondo il suo
dolce profumo di pesche selvatiche e provai un senso di familiarità e di casa
meraviglioso. Lei si scostò un pò da me, mi guardò con aria interrogativa e
cercò di capire il mio umore o quello che potenzialmente mi poteva infastidire.
Ma stavo bene, potevo dire di sentirmi sereno e il mio sorriso spontaneo doveva
averla rassicurata perché i suoi occhi, color cioccolato, prima così
preoccupati ora sembravano molto più tranquilli. Le feci posto sulla porta e la
feci entrare. Arrivammo in cucina e come sempre gli versai una tazza fumante di
caffè che mia madre aveva preparato per il mio latte.
-Allora
Jus..- disse lei posando il mento sulle mani.. –Cosa succede!?-
-Niente
Mico…- dissi sedendomi di fronte a lei.. –Non cederò…-
-Cedere
a cosa!?- mi disse spostando leggermente le testa sulla sua destra.. –A un
ricatto!?-
-Beh
forse è esagerato definirlo così..- dissi scuotendo la testa.. –Ma non divento
un figlio quando lo decide mio padre. Non è una cosa che posso accettare…-
-La
proposta qual’era!?- mi chiese pensierosa..
-Passare
la pausa scolastica con lui in Europa..- la vidi sbattere gli occhi un paio di
volte..
-Indubbiamente
interessante…ma come fai senza di me quattro mesi Jus!?- disse lei sorridendo
con trasporto..
-è
per quello che non ho accettato..- dissi io avvicinandomi per dargli un bacio
sulla guancia..
-Che
bugiardo!!!- sbottò lei tirandomi il tovagliolo piagato accanto a lei, ma il
suo sorriso con mezzo broncio mi misero di nuovo di un tal buon umore che andai
verso la mia stanza.
Sentii
i suoi passi dietro di me e la sentii sedersi sul mio letto rifatto per metà.
Aspettava che uscissi dal bagno adiacente alla mia stanza canticchiando un
motivetto sconosciuto. Mi piaceva sentirla così spensierata, sembrava sempre
così felice. Per un po’ non sentii che il suo solfeggiare allegramente mentre
sicuramente stava guardando con curiosità la mia stanza su tutte le tonalità
del blu e con un delfino bellissimo come copriletto. Mi piaceva il colore del
mare, del cielo mi faceva sentire libero nella natura ed io amavo perdermi
nella bellezza del paesaggio. Quando tornai in camera Mico mi osservava
incuriosita, la mia camera era ancora piena di molti giochi di quando ero
bimbo, si trovavano sulle mensole più alte della stanza, ma erano lì a
testimoniare che uno dei momenti della mia vita era trascorso ed ora ne
sarebbero arrivati molti altri che finalmente mi avrebbero fatto diventare un
uomo vero. Avevo però con me un peluche che mi aveva regalato la mia nonna
materna che arrivava dall’Italia, il paese d’origine di mia madre. Lo custodivo
gelosamente in quanto quel regalo era l’unico che mi permetteva di
addormentarmi la notte solo nel mio lettino e ancora adesso lo lasciavo sul cuscino finché non
andavo a dormire. Un’abitudine un po’ strana per un ragazzo ormai maggiorenne,
lo riconosco!!
-Justin…vorrei
chiederti un favore..- Mico interruppe il flusso dei miei pensieri e infilati i
miei jeans scuri un po’ più stretti e la mia maglia bianca a girocollo mi
voltai verso di lei e prestai attenzione.
-Dimmi…-
le dissi mentre prendevo lo zaino e un libro che avevo dimenticato.
-Stasera
dovrei incontrare mio fratello nella discoteca dove lavora..- disse lei decisa
mentre si avvicinava..
-Io
c’entro qualcosa!?- chiesi incerto…
Non
avevo mai conosciuto il fratello di Micol e certamente sapevo che a lei avrebbe
fatto piacere, me ne parlava spesso ma per un motivo o per l’altro non
c’eravamo mai incrociati visto che lui ormai da moltissimo tempo viveva da
solo. Sapevo solo che si chiamava Riley e che lavorava in una discoteca
piuttosto famosa in cui però non ero mai stato. Lei era particolarmente
affezionata al fratello e ne parlava con amorevolezza, esattamente come io
stravedevo per David.
-Vedi
mia madre sarebbe più tranquilla se mi accompagnassi in questa discoteca…-
disse intimidita.. –E poi…vorrei tanto farti conoscere Riley!! Siamo amici da
una sacco di anni e ancora non conosci mio fratello…-
Sembrava
intristita dal fatto che due persone importanti per lei in maniera diversa non
si fossero ancora conosciute, così decisi che avrei fatto questo piacere alla
Signora Mann, la madre di Micol che mi aveva accolto a casa sua come un figlio.
-Beh
non è un problema per me..- dissi sorridendo.. –Vengo molto volentieri…-
-Davvero!?-
disse lei abbracciandomi con trasporto..
-Certamente!!-
dissi con decisione.. –Ma ora dobbiamo muoverci, lo sai vero che oggi ci interrogano
sulla versione di latino vero?!-
Vedo
Micol sbiancare e capisco immediatamente che lei nemmeno si ricordava che ci
fosse una versione di latino da fare per oggi. La trascino per il braccio e
cerco di farla muovere il più possibile in modo da arrivare a scuola ad un
orario decente per fargliela copiare. Era da una settimana che avevamo quel
compito e come al solito se n’era dimenticata. Sorrisi della sua sbadataggine e
chiusa la porta di casa a chiave, cominciammo ad affrettarci per raggiungere la
“Scuola italiana” che era all’incirca a un chilometro da dove abitavo io, nel
centro città di Sidney. La nostra scuola era una specie di liceo linguistico
che ci permetteva di studiare molto approfonditamente le lingue straniere tra
cui il cinese, il giapponese, l’italiano, l’inglese e un accenno di latino e
greco.
Quando
arrivammo a scuola Mico si piazzò nel nostro banco e cominciò a copiare
furiosamente la versione di latino. Mico ed io eravamo un po’ i secchioni della
classe, dalla nostra parte avevamo il fatto che ascoltavamo le lezioni,
prendevamo appunti e la nostra mente era particolarmente agevolata in quanto
bastava una lettura di mezz’ora e tutto era impresso nella mente. I nostri voti
molto alti erano tutto frutto della facilità di memorizzazione. A poco a poco
arrivarono i nostri compagni di classe, tra cui Jennifer e Michael i nostri più
cari amici. Loro stavano insieme da un anno ed erano piuttosto affiatati,
solitamente io e Mico uscivamo con loro quando andavamo in discoteca e la loro
compagnia era davvero piacevole. Jennifer era piccola e minuta, dalle forme
davvero esili. I suoi capelli castani, lunghi e riccioli stonavano quasi con la
sua figura minuscola, ma nel complesso era una bella ragazza. I suoi occhi
castani con qualche spruzzo di verde infondevano sicurezza e tranquillità,
capivo il punto di vista di Michael che aveva cercato da sempre una ragazza che
potesse dare un senso ai giorni che trascorrevano. Lui alto come me, un fisico
atletico e muscoloso abbracciava la sua ragazza quanto più poteva e i suoi
occhi castani, come i capelli a spazzola, percorrevano il viso di Jennifer come
una carezza. Ero contento per loro, davvero felice.
-Buongiorno..-
disse Mico col suo consueto buon umore…
-Sempre
a copiare i compiti di Jus…- disse Jennifer con un sorriso..
-Io
odio le versioni di latino..- disse Michael roteando gli occhi..
-Chissà
cosa si è inventata oggi Elvis…- dissi sorridendo di gusto..
Elvis
era la nostra professoressa di latino, una donna arcigna e con una
improponibile pettinatura anni venti. Era una donnina gobba, con gli occhiali
che arrivavano nell’ultima parte del suo naso aquilino e con mille brufoloni
terribili in tutto il viso. Come al solito la mattinata passò con le
interrogazioni di fine anno, ne affrontai due, una di latino e una di algebra.
Entrambe andarono bene ma la mia mente era altrove. Osservavo il grandissimo
comprensorio che ospitava la nostra scuola e mentre osservavo uno scorcio di
cielo blu mi tornarono alla mente quegli occhi espressivi ed intensi. Per un minuto
la mente si confonde e mi sento smarrito, ancora non ho capito cosa volesse
intendere con quella frase.
“Io…ottengo
sempre quello che voglio!! Ricordatelo ragazzino presuntuoso…”
Scrollai
la testa, mentre Mico, sorpresa mi osserva con curiosità.
-Justin,
stai bene!? Sei strano…-
-No
no…stai tranquilla..- dico silenziosamente.. –Senti…vieni da me oggi
pomeriggio, tanto poi dobbiamo andare da tuo fratello giusto!?-
L’interrogazione
di trigonometria andava per le lunghe, ma il sorriso affermativo di Mico in
risposta alla mia domanda mi fece riprendere tranquillità e tornai volentieri
agli argomenti che si stavano affrontando alla cattedra. Non pensai più a
quello strano ragazzo conosciuto in gelateria e la giornata proseguì facilmente
tra lezioni, mensa e risate con i miei compagni di classe. Eravamo in venti,
dodici ragazze e otto ragazzi. Era semplice stare insieme a loro, sicuramente
eravamo piuttosto affiatati nonostante ognuno di noi avesse delle preferenze
nelle proprie amicizie.
Le
giornate al Charles Darwin erano piuttosto impegnative, ma il venerdì si
riusciva ad affrontarlo con un certo spirito sereno e goliardico, l’idea del
fine settimana era sempre piacevole in ragazzi come me che aspettavano quel
momento della settimana per divertirsi ed andare a spassarsela in giro. Quando
uscimmo da scuola passai alla larga dalla gelateria, erano le quattro e mezza e
temevo di poterci trovare ospiti sgraditi, non volevo umiliarmi nuovamente, non
volevo nemmeno parlarne. Quando arrivammo a casa infilai le chiavi nella toppa
e insieme a Mico ci rilassammo per qualche istante sul letto, l’uno di fronte
all’altro. Lei mi osservava e ogni tanto mi accarezzava una guancia attenta a
non deformarne i contorni.
-Sei
arrossito…- disse socchiudendo gli occhi.. –Che c’è?!-
-Niente..-
dissi semplicemente.. –Mi capita a volte quando ho caldo..-
-Qualsiasi
cosa succeda puoi dirmela…non adesso, quando ti sentirai pronto!!- mi disse
tranquilla..
Sorrisi
riconoscente e la invitai a seguirmi in cucina, dove avevo delle polpette che
avevo cucinato io stesso il giorno prima, purtroppo non avevo sempre tempo di
dedicarmi spesso alla cucina e sapevo che Micol adorava quando preparavo
qualcosa per lei. Misi le polpette nel microonde a scaldare e nel frattempo
mettemmo la tovaglia per prepararci a mangiare, ascoltammo un po’ di musica,
mentre le note di Bruce Springsteen, uno dei nostri cantanti preferiti, si
diffondevano nell’aria. Non ero teso per la serata, non era certo la prima
volta che andavamo in discoteca, ma conoscere una persona mi metteva sempre un
po’ a disagio. Sperai di trovare una persona ben disposta nei miei confronti,
ne andava per il bene di Micol a cui ero terribilmente affezionato. Avrei fatto
del mio meglio per andare d’accordo con questo Riley e anche se non lo avessi
trovato accomodante, lo avrei fatto per lei, solo ed esclusivamente per lei.
Questa premessa che mi ficcai bene in testa mi aiutò per il resto delle ore che
passammo insieme e quando venne il momento di prepararci erano ormai le nove e
mezza. David e mamma rincasarono, Micol corse loro incontro e abbracciandoli
gli diede il benvenuto. Erano allegri e socievoli quindi conclusi che
all’agenzia tutto doveva essere andato a gonfie vele. Li sentivo parlare tutti
con animazione mentre sghignazzavano, mio fratello diceva alla mia amica che
per farmi capitolare doveva impegnarsi di più e che non mi capiva, per loro
dovevo fidanzarmi subito con Micol e non pensarci più. Non amavo quando
discutevano di questo, sapevo che lei non gli dava ascolto perché entrambi sapevamo
cosa aspettarci dal nostro rapporto, però lo trovavo un po’ invadente da parte
loro. Quando raggiunsi la cucina ormai pronto, mia madre e Mico approvarono i
miei jeans scuri con la camicia bianca sopra una canottiera nera. Il vestito argentato di Micol le donava in modo
particolare e la sua lunga coda alta era arricchita con brillantini anch’essi
color argento, sarei stato molto invidiato.
-Mi
raccomando, divertitevi al vostro appuntamento..- disse mamma sbirciando dalla
porta della cucina..
-Mamma..-
dico guardandola di sottecchi.. –Non è un appuntamento e non è la prima volta
che usciamo insieme per andare in discoteca..-
-Beh
non si sa mai…- la guardo scuotendo la testa e chiudo la porta..
-Perché
ho una famiglia suonata..- gli dico mentre apro la porta dell’ascensore..
-Beh
loro sono un po’ suonati è vero..- rispose lei sorridendo.. –Però sono così
dolci..-
Lei
sapeva che a volte mi sentivo un po’ solo data la loro assenza nella mia vita,
ma nonostante tutto ero consapevole che a modo loro mi amassero e si
comportassero così per come era la nostra situazione familiare. Mia madre aveva
un’idea tutta sua di prendersi cura di un figlio e del suo benessere, il denaro
indubbiamente era importante ma avrei preferito mille volte sentirla più vicina
che avere tutti gli agi materiali che hai giorni d’oggi hanno tutti i ragazzi
di questo mondo. Mentre percorrevamo la strada verso la discoteca Micol era
sorprendentemente silenziosa, pensava a qualcosa che mi era impossibile
comprendere ma decisi di rispettare il suo essere taciturna lasciando che mi
guidasse per il quartiere, ci stavamo avvicinando al centro ed eravamo
all’angolo tra Park Street e Elisabeth Street, non poco lontano da Chinatown.
Percorremmo ancora mezzo chilometro
forse, quando nel colorato mondo notturno di Sidney Micol si fermo e guardò di
fronte a sé un imponente edificio meraviglioso dall’altro lato della strada.
Non capivo la sua titubanza ma quando meno me lo aspettai lei si rivolse verso
di me con sguardo truce.
-Ci
sono delle cose che non ti ho mai detto..- disse seria.. –Non perché me ne
vergognassi ma perché ho sempre pensato che le scelte di vita di mio fratello
dovessero essere tali e a me non hanno mai creato nessun tipo di problema..-
-Non
capisco…- risposi sorridendo..
-Il
Black Magic…- disse voltando lo sguardo verso il locale.. –Mio fratello lavora
qui come ragazzo immagine..-
-E
pensi che questo mi sconvolga!?- chiesi guardandola di traverso..
-No…ma…non
è solo quello..- disse tirandomi per un braccio.. –Capirai una volta dentro..-
Rimasi
confuso da quella rivelazione a metà, ma non capii la vera portata di quelle
parole. Io mi aspettavo una semplice discoteca piena di ragazzi e ragazze
urlanti mentre cercavano di accalappiarsi rispettivamente una donna od un uomo
con cui passare la serata. Quando attraversammo la porta del locale nessuno ci
chiese quanti anni avessimo o se fossimo minorenni, non era mai stato così
semplice entrare in una discoteca, ma dalla confidenza che Micol mostrava con i
buttafuori e le persone lì nell’entrata capii che non doveva essere la prima
volta che ci andava. La cosa non mi stupì perché in fondo Riley era lì che
lavorava.
Una
tenda color porpora divideva il locale brulicante di ragazzi urlanti scatenati
a ritmo di musica, da un atrio piuttosto grande in cui c’era tranquillità
relativa. Tutti parlavano, si giravano a guardarci e a commentare tra di loro.
Non mi diede fastidio, non ci feci neanche caso, i loro sguardi non
giudicavano, semplicemente sembravano ammirare. Quando la tenda si aprì si spalancò
un mondo, ma non quello che conoscevo, non quello in cui ero abituato a vivere,
un mondo fatto di persone che non avevo mai frequentato così da vicino. Rimasi
bloccato sulla porta qualche istante, mi guardai intorno e pensai che non avevo
mai visto ragazzi e ragazze così colorate, così felici di vivere come loro.
Cantavano, ballavano con così tanta energia che oltre a rimanerne confuso ne
rimasi sorpreso ed affascinato. Donne che ballavano con donne, uomini che
ballavano con uomini, vicini gli uni agli altri si guardavano con amore come se
fosse la cosa più normale al mondo. Ed era normale, solo lontano dalla vita in
cui ero vissuto io.
Aprii
leggermente la bocca mentre realizzai che quello era un locale per omosessuali
e arrossi immediatamente mentre realizzavo che un gruppo di ragazzi stava
guardando me con uno sguardo decisamente troppo famelico. Mi avvicinai
all’orecchio di Mico e cercai parole che non avevo, poi presi coraggio e la
presi per un braccio.
-Perché
non me lo hai detto!?- chiesi stordito..
-Non
saresti venuto se te lo avessi detto..- mi spiegò lei colpevole..
-Non
sono omofobico..- dissi guardandola rattristito..
-No…cos’hai
capito!?- mi disse lei prendendomi con entrambe le mani il viso.. –Sei così
timido a volte Justin!! Avevo timore di metterti in difficoltà..-
Non
che ora andasse meglio, mi sarei potuto preparare psicologicamente almeno!! Mi
guardai un po’ attorno cercando di capire se tra le tante persone scorgessi
quella che più somigliava a Micol.
-Sei
arrabbiato con me!?- chiese lei mortificata..
La
guardai qualche istante con i suoi occhi lucidi che stavano per cedere alle
lacrime e in fondo sapevo che non potevo essere arrabbiato, gli volevo troppo
bene per prendermela, solo mi spiaceva che si fosse tenuta dentro tutto per
così tanto tempo.
-Certo
che no..- gli dissi abbracciandola mentre la sollevavo da terra.. –Non potrei
mai avercela con te..-
Lei
mi strinse leggermente mentre la folla ci spingeva leggermente in mezzo alla
pista. Si stava creando un cerchio intorno a noi e, nonostante il contesto
inusuale, non mi sentii particolarmente a disagio, erano ragazzi come noi e
ballavano, si divertivano.
-Dov’è
tuo fratello!?- chiesi con curiosità..
-Non
so…non lo vedo…- disse mentre cominciava a muoversi anche lei a ritmo di
musica…
-Qui
dentro fa caldissimo..- dissi mentre le mie guance si coloravano leggermente..
-Togliti
la camicia..- disse lei mentre già era indaffarata a sfilarmela dalle braccia..
-Mico…-
dico mentre cerco di divincolarmi.. –Non è il caso di dare spettacolo no!?-
Ormai
le mie guance erano irrimediabilmente in fiamme e lei sorrise di gusto mentre
guardandosi intorno notò un certo interesse che aleggiava intorno a noi. Lei sa
quanto mi metta a disagio essere osservato ma il suo sorriso così contagioso mi
riscalda il cuore e poco a poco cerco di recuperare un po’ di lucidità. So che
Micol si sente a suo agio, è abituata a vivere in questo mondo lo vedo da come
sorride ad alcuni che passano e la salutano. Lei mi lancia uno sguardo e si
avvicina provocante mettendomi le braccia al collo.
-Hai
decisamente un sacco di fans Justin..- e mentre sorride di gusto nasconde il
viso nell’incavo del mio collo..
Il
suo respiro caldo mi solletica la pelle e il
suo odore di fragola diventa intensissimo mentre si avvicina ancora di
più per buttarmi le braccia al collo benché faccia molta fatica ad arrivarci.
Si alza un po’ in punta di piedi e mi chiede di ballare. La guardo serio e si,
è vero lei è davvero bella e quando vuole sa come ottenere quello che desidera.
Ma non è lei che voglio, l’ho sempre saputo.
Quando
inizia “Heartbreak make me a dancer” diventa incontenibile e mi trascina lungo
la folla per raggiungere un piccolo
palco rialzato. Siamo circondati da una folla impazzita che provocante balla e
danza sensualmente, so che Micol è un vulcano quando inizia a ballare e so già
che attirerà l’attenzione. Un piccolo gruppo si discosta da noi e ci lascia
dello spazio, lei mi prende le braccia e velocemente si rifugia contro il mio
petto stringendosi ai miei fianchi. Non mi imbarazza sentire il suo corpo
vicino al mio e tanto meno provo fastidio se gli capita che mi sfiori, non lo
fa con malizia e ho già ballato altri mille balli sensuali con lei. È più forte
di lei, quando balla diventa una cacciatrice e non riesce a fare a meno di avvicinarsi
pericolosamente, tanto meno io sono capace di impedirglielo. Metto le mani
sulla sua schiena e la tengo vicina a me mentre lei apre gli occhi e guarda
dentro i miei come se fosse presa chissà da quali cose. Balliamo così, vicini,
stretti l’uno all’altro mentre non ci rendiamo conto che intorno a noi la folla
si fa più densa e ci lascia sempre più
spazio. Le sue anche ondeggiano dolcemente mentre il suo braccio percorre
lentamente il mio petto, il mio collo e arriva tra i capelli, il suo viso è molto
vicino al mio ma ora anche lei sembra un poco arrossita, mi guarda dolcemente e
sorride. Percorro il suo braccio destro che era lungo il suo fianco e sento un
brivido lungo la sua pelle, forse è una reazione involontaria ma appena la
guardo vedo del panico nei suoi occhi e subito dopo appoggia la fronte alla mia
spalla.
-Mi
hai fatto il solletico..- mi dice poco dopo mentre riprende il suo
atteggiamento provocante..
Ci
guardiamo un po’ intorno e ci accorgiamo che molti ci osservano rapiti,
estasiati mentre i nostri corpi fasciati nel vestito e nei jeans si muove con
movimenti energici e seducenti, ci stacchiamo un po’ l’uno dall’altro ma
sorridiamo consapevoli che stavamo attirando l’attenzione di tutti li dentro.
Lei si avvicina nuovamente a me, mi butta le braccia al collo e vi posa un
bacio, con le sue dolci e morbide labbra. La stringo e vorrei dirgli tante
cose, che lei probabilmente sarebbe la sola giusta per me ma…appoggio solo la
mia testa alla sua e la conduco lungo quella lunga danza seducente.
Dopo
qualche istante mi guardo attorno e rimango per un attimo senza fiato, due
ragazzi stretti l’uno vicino all’altro ballano un travolgente ballo sensuale.
Se non avessi conosciuto il nostro rapporto avrei avuto qualche dubbio circa al
legame che ci legava. Quando sullo schermo l’inquadratura si strinse, il primo
piano del mio viso divenne qualcosa di enorme e nella sala si aprii un boato
impressionante, arrossii un poco ma ebbi l’impressione di vedere il mio viso
per la prima volta. I miei capelli biondi, i miei occhi verdi con quella forma
a cerbiatto, la mia bocca dove il labbro inferiore era leggermente più pieno di
quello superiore. Mi dicevano che avevo un viso angelico, quasi troppo bello
per essere reale, quasi troppo femminile per essere come quello di un uomo. Ero
davvero io!?
-Mico
guarda!!- dissi per placare il flusso dei miei pensieri..
Lei
si girò di scatto e alzata la testa dove gli indicavo, vide i nostri visi
appiccicati l’uno all’altro e sorrise con la sua bocca dolcissima. Sorridemmo entrambi
ed un altro boato si aprii ancora più feroce. Uomini e donne sembravano
impazziti, ma per la prima volta potei dire di non essermi sentito
particolarmente a disagio, avevo conosciuto un mondo diverso, dove tutto
funzionava al contrario rispetto al mio, ma potevo dire di averlo almeno visto
per una volta nella mia vita.
-Vieni
Justin..- mi disse Mico tirandomi per un braccio.. –Ci sono degli amici di mio
fratello…-
I
colori di quella discoteca sono meravigliosi e attirano il mio sguardo ovunque.
Mentre mi guardo attorno inciampo, ma mi
lascio comunque guidare da Micol. All’improvviso vedo un ragazzo su di un cubo
non troppo lontano da noi. Dietro di lui una luce non mi permette di vederlo
bene ma ho come l’impressione che il suo sorriso sia rivolto verso di noi e mi
ricorda qualcuno. Mi fermo ad osservarlo un istante incapace di capire se fosse
davvero lui oppure no. E nello stesso istante che me lo chiedo la mia mente va
nel panico, non so perché mi innervosisce così il pensiero di rivederlo, forse
perché in fondo non lo capivo e odiavo la sua presunzione. Eppure la curiosità
di capire se era lui mi pizzicava e per un istante mollai la presa di Micol. Mi
incamminai qualche passo, ma mi bloccai all’istante pensando che fosse assurdo,
non lo avrei mai più incontrato e la mia immaginazione stava correndo troppo,
la voglia di rispondergli a tutte quelle battute assurde di ieri mi faceva
sragionare. Micol mi raggiunse subito e si avvicinò all’orecchio.
-Cos’è!?
Vuoi svignartela!?- mi chiese ridendo..
-No...-
dissi scuotendo la testa.. –Mi sembrava di aver visto qualcuno che conoscevo,
ma mi sbagliavo..-
Lei
mi guidò tra la folla, camminammo due minuti buoni prima di riuscire a schivare
tutte le persone che c’erano in pista, ma finalmente cominciai a vedere più
nitide le pareti rosse di fronte a me. Mi guardai ancora un secondo intorno, un
pò stordito dalla confusione, dai colori, dalle emozioni provate e per un
secondo mi distrassi mentre sentivo che Micol mi lasciava la mano. Non mi girai
subito, troppo preso dal riordinare le idee prima dell’incontro con il famoso
Riley e solo dopo qualche secondo decisi di voltarmi proprio mentre Mico mi
tirava per un braccio.
-Ragazzi…vi
presento il mio migliore amico..- disse raggiante.. –Lui è Justin Herstrass..-
Beh…non
ci crederete ma appena mi volto, il mio volto arrossato si fa paonazzo. La mia
bocca si apre leggermente incredula quando mi rendo conto che ho davanti gli
stessi ragazzi di ieri, loro sono stupiti almeno quanto me e l’associazione
nelle nostre menti è la stessa, o almeno credo. Se ci sono loro…c’è anche lui!!
Li osservo stanco quasi rassegnato e sorrido con stento, Mico mi guarda
stralunata senza comprendere visto che non sa nulla.
-Sei
proprio tu!?- mi disse lo stesso ragazzo che aveva parlato con me ieri..
-Già…come
nei peggiori incubi..- dico io sorridendo con timore..
-Fatemi
capire…mi sono persa qualcosa..!?- mi chiede lei con aria interrogativa..
-Niente
di che…- rispondo imbarazzato.. –Tranne un bagno di gelato a un tizio..-
-Chi!??!-
mi chiede lei stupita… -Perché non me lo hai detto!?-
-Perché
non è stato né piacevole, né divertente..- rispondo sorridendo mestamente..
-Micol
come mai sei qui!?- gli chiedono con curiosità..
-Sto
cercando mio fratello e poi vorrei fargli conoscere Justin..- spiega lei
docilmente..
Li
vedo guardarsi l’un l’altro con fare stupito, ma non commentano. Non penso al
perché di quegli sguardi e semplicemente cerco di non pensare se da un momento
all’altro quello strano tipo dovesse comparire davanti ai miei occhi. Sento il
cuore cominciare a martellare dal panico e mi chiedo come mai questo incontro
mi debba condizionare così, ovviamente non mi va di fare la figura del pollo ma
il trucco sarà salutare e portare fuori i tacchi. Semplice…
Mi
giro verso la folla di ragazzi che ballano senza sosta, i loro corpi sono
sudati e indubbiamente molto belli da esibire. Alcuni si girano e mi rivolgono
qualche sorriso audace, ricambio timidamente e cerco di distrarmi per non
pensare. Il ragazzo con cui ho parlato ieri mi allunga una bottiglietta di
birra, lo guardo riconoscente e gli sorrido con gratitudine. Facciamo
tintennare le rispettive bottiglie e beviamo un sorso.
-Grazie…sei
stato davvero gentile..- gli dico volgendomi verso di loro..
-Figurati…ma
non ci siamo presentati..- mi dice lui parlandomi all’orecchio.. –Io sono Ben,
mentre loro sono Mike, Orlando, Simon, Jason e Clarke…-
Mi
indicava ogni singolo ragazzo che mi era vicino e fu così che cominciai ad avvicinarmi
a quel gruppo. Micol era allegra e allo stesso tempo ansiosa, si guardava
attorno con impazienza. All’improvviso notai il suo viso cambiare, un enorme
sorriso eclissò il broncio che aveva disegnato sul viso e vidi i suoi capelli
svolazzare dietro di me.
Ecco
è stato quello il momento….quello che ha cambiato completamente la mia vita!!!!
Notai
lo sguardo dei ragazzi davanti a me e Ben mi fece cenno con gli occhi di
girarmi, c’era qualcuno che dovevo conoscere. Rigirai per qualche secondo la
birra tra le mani e alla fine, con un sospiro profondo, cominciai a voltarmi su
me stesso. Il mio viso fino a qualche istante fa tranquillo, cominciò a
imporporarsi leggermente mentre con gli occhi bassi percorrevo la distanza che
divideva i miei piedi da quelli di Micol.
Lui
è alto, sicuramente più alto del mio metro e settanta, mi supera di dieci
centimetri sicuramente e i suoi capelli sono neri, neri come la pece. Il cuore
palpita irregolarmente, forse non mi sentirei così agitato se non stessi per
conoscere il fratello di una persona a cui voglio bene come a Mico, ma in quel
momento temo che il motivo non sia solo quello. Perché quel ragazzo ha un’aria
familiare, le sue mani così perfette quei capelli così sbarazzini. E i suoi
occhi…non potevo certo dimenticarli dopo averli visti così da vicino!!
Si
il suo sguardo era rivolto alla sorella,
questa volta nel suo viso non c’era nessun’aria di scherno. Gli sorrideva
amorevolmente e datogli un bacio sulla guancia la strinse ancora un po’ a sé.
Ed era totalmente assurdo che la mia testa fosse così vuota, lo guardavo con
occhi sgranati senza rendermi conto che lui era Riley, lo stesso ragazzo che un
giorno prima mi aveva fatto impazzire con la sua stranezza. E stasera lo
ritrovo come fratello della mia migliore amica, nella discoteca omossessuale in
cui lavora….ed ora capisco, lui stesso è gay.
-Non
è possibile..- sussurro scuotendo la testa..
-Come
nei peggiori incubi..- mi fece eco quello che doveva essere Mike..
Mi
lascio sfuggire una piccola risata mentre mi volto verso quelli che dovevano
essere gli amici di Riley quindi. Lo guardai ancora e più lo osservavo più mi
rendevo conto che lui era un uomo virile, senza ombra di dubbio, molto diverso
dal genere stereotipato di persona omosessuale che tutti pensano. Ed era
esattamente bello quanto un diavolo tentatore, i ragazzi attorno se lo mangiavano
con gli occhi e un ragazzo così certamente poteva avere tutti o tutte quelle
che voleva. Poi alzò lo sguardo, ma nel vedermi, ecco nuovamente quel sorriso
diabolico che si alzava specialmente dalla parte sinistra del suo viso. I suoi
occhi mi scrutavano e nuovamente il mio colorito, controllato a fatica fino a
poco tempo fa, si fece nuovamente accesso.
-Justin..-
dice lui con aria provocatoria.. –Non sapevo avessi un così bel nome…-
-Riley..-
rispondo io facendo cenno affermativo con la testa..
-Non
dirmi…- disse Micol parandosi di fronte a me..
-è
lui si quello a cui ho rovesciato addosso il gelato..- dissi scocciato..
-Oh
cavolo..- disse Mico ridendo divertita…
I suoi occhi e la sua vicinanza mi
confondevano, non sapevo davvero come avrei potuto gestirla. Cercavo di non
guardarlo mai in viso, il suo modo di osservare era piuttosto imbarazzante. Mi
scrutava, era come se cercasse un mio punto debole per “colpirmi” ed io non ero
decisamente nella posizione di ribellarmi, avrei ferito Micol, l’avrei allontanata ed era l’ultima cosa che
desideravo. Lei stava parlando con Clarke lì affianco, rideva e immaginai che
gli stessero raccontando la mia misera
figuraccia. Lui era di fronte a me e poco dopo me lo ritrovai vicino, si era
leggermente abbassato sul mio orecchio e aspettai che la sua voce mi ferisse le
orecchie come ieri pomeriggio. La sua vicinanza, come sempre, mi provocò un
misto di paure. La curiosità di capire e la voglia di non sapere nulla, di
togliermi dagli impicci immediatamente.
-Speravo
di rivederti..- disse con il suo sguardo furbo..
-Perché
dovresti!?- gli rispondo guardando sempre dritto dinnanzi a me.. –E comunque
avrei preferito evitarlo..-
-Ho
fatto colpo allora..- disse con un tono malizioso..
-Forse
dovresti essere meno sicuro di te..- gli rispondo inchiodandolo con lo sguardo,
occhi con occhi..
Justin….rimani
lucido…rimani lucido!! Non puoi perdere questo confronto, fatti valere è un
ragazzo come tanti e non c’è niente che può sconvolgerti a tal punto da dover
soccombere. I suoi occhi non hanno alcun potere su di me e mantieni i piedi a
terra perché nè il suo profumo inebriante, nè la voce suadente e ammaliatrice
possono sedurti. Tu non sei come lui e certi trucchi su di te non hanno
effetto!!
-Te
l’ho già detto…ottengo sempre quello che voglio Justin..- mi disse lui dopo
aver sorriso a lungo guardandomi nel profondo delle iridi..
-Non
capisco cosa ci sia da volere..- gli rispondo scuotendo la testa… -Ci siamo
conosciuti e ti rispetterò perché sei il fratello della persona a cui sono più
affezionato, ma a parte questo la nostra frequentazione termina qui!-
-Sei
un ragazzino..- mi disse sorridendo.. –Non mi conosci…e cambierai idea su di
me…-
Mi
sorpassò velocemente mentre voltandomi vidi il suo viso puntato su di me. Cosa
voleva!? E soprattutto perché si comportava così!? Sospirai pesantemente ma
rasserenato dal fatto che dopo questa serata il capitolo Riley si sarebbe
chiuso in un cassetto e non sarebbe mai più stato aperto. Avrei cercato
accuratamente di rimanere lontano da questo tizio decisamente troppo
strampalato per me e sarei tornato alla mia solita vita di sempre.
-Non
ti è molto simpatico..- mi dice Ben tornandomi vicino..
-Non
è quello..- dico cercando di mascherare il fastidio che provavo.. –Ho sempre
avuto un rapporto contrastante con chi è troppo sicuro di se stesso…-
-Non
sei certo in una buona posizione..- disse lui osservando i due fratelli…
-Che
intendi dire?!- dissi socchiudendo gli occhi..
Ben
sembrava confuso, mise la bottiglietta di birra alla bocca e tracannò un po’ di
liquido chiaro. Sembrava ragionare sul cosa dirmi, ma dopo aver osservato un pò
Micol ballare e Riley alla sua postazione sul cubo, sembrò deciso su quello che
voleva dirmi.
-Beh…Micol
è la tua migliore amica no?!- mi disse guardandomi.. –E per forza di cose ti
toccherà frequentare Riley più di quanto ti immagini..-
La
cosa ovviamente mi gettò nello sconforto più totale ma non lo diedi a vedere.
Alla fine Micol con la sua allegria sfrenata ci portò tutti sotto il cubo di
Riley a ballare e lì per lì la serata sembrò prendere una piega diversa. Spesso
sentivo uno sguardo costante su di me e il rossore alle guance diventava molto
più pronunciato, ma veniva subito plasmato dalla dolcezza di Micol che quando
mi vedeva in difficoltà mi raggiungeva e ballava con me. Sentivo che quando
ballavo con la sorella lo sguardo di Riley si faceva più insistente, volesse
chissà scoprire quali segreti potessimo nascondere, diventava difficile
ignorarlo in quei frangenti e a volte, quando ero troppo in soggezione, il mio sguardo
si rivolgeva a lui ed inevitabilmente non potevo far altro che imbarazzarmi e
sentire il cuore scoppiettare di rabbia.
Lui
era un cacciatore, sembrava volesse incastrare le sue prede nell’angolo più
stretto possibile per impedirgli di fuggire e in quel frangente io mi sentivo,
probabilmente sbagliandomi, il coniglio che lui stava cercando di intrappolare.
Distolsi lo sguardo cercando di controllarmi, convincendomi che mi lasciassi
influenzare dalla natura dei gusti sessuali di Riley, ma sentivo che qualcosa
mi stava sfuggendo di mano. Stavo reagendo nel modo sbagliato semplicemente
perché i messaggi che criptavo non erano esatti. Dovevo semplicemente rendermi
conto che lui stava giocando mentre la sensazione che volesse incastrarmi era
solo qualcosa di inconscio, dettato dalla supposizione che lui, essendo
omossessuale, potesse provarci. Mi calmai un poco dopo che pensai razionalmente
che era assolutamente improbabile la possibilità di piacere a Riley e quindi mi
rilassai godendomi quei momenti di libertà e di svago. Riley ballava
costantemente e senza un minimo di sosta, gli uomini intorno impazzivano per
lui e lo sapeva. I suoi sorrisi e movimenti erano un modo per affascinare,
conquistare, ammaliare e sicuramente doveva essere un buon seduttore.
La
discoteca sempre affollatissima sembrava in un momento di relax e dopo qualche
istante inaugurarono i balli soft, lenti che aggiungevano romanticismo a quelle
tante coppie innamorate che si guardavano occhi negli occhi. Era commuovente
vederli così innamorati e sapere che vivere alla luce del sole un sentimento
semplice e meraviglioso per loro era quasi impossibile. Micol era stata
invitata da una ragazza molto carina che rideva e scherzava con la mia amica
con naturalezza e semplicità, erano a loro agio. Dovevano conoscersi già da
tempo dal modo in cui parlavano, così sciolto e amichevole. Chissà quanti altri
aspetti di Micol non conoscevo e sorrisi, perché mi venne da pensare che chissà
quante cose di me stesso non avevo compreso. Preso da questi pensieri passeggeri
mi ero portato affianco lo spalto in cui ballava Riley, mi sentivo in una
posizione riparata da sguardi nonostante il cubo non fosse poi così alto e
avevo recuperato il controllo necessario. Nascondendomi pensai di essere al
sicuro.
Fu
subito dopo che provai un senso di vertigine tremendo mentre un braccio, con
forza, mi aveva preso quasi dalla vita e con energia mi aveva tirato su, al di
sopra delle teste che prima erano alla mia stessa visuale. Provai un brivido
nel sentire quel corpo troppo vicino al mio, cercai di illudermi che quella
mano calda che sentivo vicino alla mia pelle potesse essere di chiunque ma non
la sua, non volevo fosse la sua. I miei piedi ancora non poggiavano a terra e
il suo respiro lo sentivo così vicino, sapeva di menta freschissima e
percorrendomi lentamente il collo mi aveva provocato un brivido.. Ahimè
incontrollabile!!! Potei sentire le sue labbra, vicine ai miei capelli, aprirsi
in un sorriso trionfante, la mia pelle diventò rovente dalla vergogna e cercai
di liberarmi da quella stretta vigorosa e passionale. Mi sentivo imbarazzato
come non mi era mai accaduto, sapevo che lì intorno ci stavano osservando e
stavamo attirando l’attenzione. Quando mi liberai dalla stretta di Riley con
enorme sforzo mi girai verso di lui con le guance ormai in fiamme. Sapevo che
intorno non sapevano cosa stesse succedendo, ma se volevo farmi valere senza
diventare una “preda” dei suoi divertimenti, questo era il momento di farlo.
-Smettila
di prenderti gioco di me Riley..- dissi avvicinandomi a lui per essere più
chiaro.. –Io non sono un giocattolo con cui giocare a tuo piacimento..-
-Nessuno
si sta prendendo gioco di nessuno..- disse lui con tono chiaro e deciso..
-Non
esercitare il tuo potere su di me…- dissi con aria determinata.. –Non funziona
e odio essere preso per il culo..-
Gli
Abba…”Chiquitita”… Non mi aspettavo certamente di ritrovarmi ad ascoltare
questa canzone in certi frangenti, non mi stavo rendendo conto che tutto stava
prendendo una piega che non sapevo controllare. Non riuscivo a gestire Riley,
non sapevo come togliermi da quelle situazioni imbarazzanti, non sapevo
spiegarmi la debolezza che mi colpiva quando quel ragazzo diventava
terribilmente insolente e cercava di mettermi in difficoltà.
-E
tu che ne sai eh!?- mi disse tirandomi di colpo a se..
Mi
ritrovai a un centimetro dal suo viso con le mie mani su quel petto scolpito e
sicuramente più ampio del mio. Le sue mani erano ancorate ai miei fianchi, mi
teneva stretto a lui, mi sentivo così turbato da non riuscire a pensare
razionalmente. Le lacrime mi salirono agli occhi mentre un misto di
umiliazione, rabbia, dolore, emozione e turbamento si agitavano dentro di me
con prepotenza. Cercai di ribellarmi a quel contatto serrando i pugni sul petto
e provando a dimenarmi con tutta la forza che avevo, lui mi prese con forza il
braccio, alzai lo sguardo e quando lo guardai ebbi l’impressione di scorgere
nei suoi occhi un minimo di dolcezza.
-Smettila…ci
stanno guardando tutti..- dissi pregando che mi lasciasse andare..
-Arrenditi
Justin..- mi disse col tono di voce più dolce che avessi mai sentito fino ad
ora con me.. –Chiunque vorrebbe ballare con me in questo momento.. Tutti ti
guardano perché non capiscono per quale motivo dovresti rifiutarmi! Ho scelto
te…-
Le
sue braccia così gentili adesso percorsero la mia schiena, lentamente, mentre
nel sentirlo un altro stupidissimo brivido mi colse impreparato e abbassai
intensamente il capo per nascondere la confusione che provavo. Lo sentii
sorridere dolcemente mentre le sue braccia mi avevano avvolto la vita e mi
tenevano stretto a lui, con intensità, con destrezza e sensualità. Sentivo i
movimenti fluidi e seducenti del suo corpo che mi guidavano, che mi
trasportavano in un mondo che non conoscevo e che mi cullavano in quel tepore.
Sapevo che se avessi guardato il suo viso non avrei retto e sarei nuovamente
arrossito, i suoi occhi mi avrebbero incatenato e non sarei più riuscito ad
uscire incolume con la testa completamente lucida.
-Guardami
Justin…- mi sussurrò all’orecchio.. –Non capisco perché tu non riesca a
guardarmi con quei tuoi occhi così espressivi e sinceri…-
-Non
ti guardo perché so già cosa troverò sulla tua faccia..- risposi con le lacrime
che pungevano ai bordi delle ciglia.. –Sembra che tu goda nel volermi
umiliare…-
-Non
hai capito nulla…- mi disse teneramente.. –Guardami e ti dimostrerò che ti
sbagli…-
-Smettila
di prenderti gioco di me Riley…smettila!!- dico alzando un poco la voce..
-Io
mi prendo sempre quello che desidero…- mi sussurra ancora all’orecchio,
ferendomi ancora nell’anima senza capire il significato di quelle parole..
-Non
riesco a capirti…- dissi cercando questa volta il suo sguardo…
Ma
quel viso così troppo vicino, quegli occhi troppo espressivi mi fecero cadere
in un buco nero. Mi stava annientando il cervello, non capivo più nulla di
quello che mi stava succedendo.
Cosa
vedevo in quegli occhi che mi avevano così ammutolito!? Cosa voleva soprattutto
lui da me?
Non
so perché ma in quel momento mi arresi, ero caduto nella sua rete e quello era
il suo mondo, anche volendo non ero riuscito ad oppormi. Sapevo che la mia vita
non avrebbe subito cambiamenti una volta scoperto questo mondo parallelo e così
lontano da me, forse non avrei mai raccontato di aver ballato con un ragazzo ma
non lo trovai comunque scabroso anche se insolito. Avrei continuato ad essere
Justin, a vivere la mia vita, a sentirmi solo e arrabbiato col mondo. Non
importava se quel ragazzo dagli occhi del mare profondo sembrava guardarmi e
stringermi promettendomi silenziosamente qualcosa che non potevo comprendere.
Non avrebbe sconvolto la mia vita, era impossibile!!
Una
volta che la musica cominciò a farsi più lenta e andava scemando, sentii le
braccia di Riley rallentare la presa, il mio sguardo negli ultimi istanti si
era fatto tenace e non aveva mai abbandonato i suoi occhi sorridenti e allo
stesso tempo furbi. Non sapevo bene cosa fare in quei frangenti, lui mi teneva
ancora e girando leggermente gli occhi alla mia destra notai Micol con uno
sguardo di totale disapprovazione dipinto sul volto. Cercai di fare finta di
nulla mentre in qualche modo allargai le mani su quel torace per cercare di
allontanarmi, sentii chiaramente la resistenza delle sue braccia che ancora mi
portarono verso di lui e mi tennero qualche istante ancora così, come se gli
bastasse quel semplice contatto per cambiare le cose. Provai una sorta di
tenerezza alla fine per quel ragazzo così arrogante e presuntuoso, ma anche se
molto in fondo, qualcosa di lui mi aveva toccato il cuore.
-Devo…devo
andare Riley..- dissi timidamente, la voce quasi un sussurro...
-Deve
essere stato tremendo ballare con me se vuoi già andartene..- disse con la sua
voce maliziosa...ma lui sapeva e aspettava solo che mi sbilanciassi in qualche
modo..
-Mico
mi sta aspettando e poi devo tornare a casa..- dissi superandolo e cercando di
scendere dal cubo..
Non
feci in tempo a raggiungere le scale che sentii la sua mano prendermi il polso
sinistro.. Quante volte ancora voleva fermare il mio cuore quest’uomo, solo con
la forza della sua presenza!?
-Ti rivedrò!?- mi chiese mentre
lo guardavo con la coda dell’occhio..
Deglutii
rumorosamente, sapevo che da come mi stava osservando non gli sarebbe sfuggito
nulla delle mie reazioni e provai a controllarle il più che potevo. Tutto il
tempo che avevo passato con lui avevo sentito il viso rovente, sapevo che lo
aveva notato..
-Non…non
credo…- dissi liberandomi dalla stretta e correndo giù a perdifiato.
Quando
tornai in mezzo alla folla mi sentii più tranquillo e provai un senso di
sollievo. Mico mi aveva raggiunto e non mi disse nulla, mi fece solo un gran
sorriso e cominciò a ridere e scherzare. Gli amici di Riley intorno a noi
ridevano anch’essi, lanciandomi ogni tanto qualche occhiata furtiva.
Cominciai
a vedere Riley che raccoglieva la roba dalla sua postazione, forse segno che il
suo turno era terminato. L’idea che lui potesse passare del tempo con noi mi
rese nervoso, tanto che presi la decisione istantanea di tornare a casa
immediatamente.
Fu
difficile convincere Mico che tutto era a posto e che non mi sentivo a disagio,
ma non saprei spiegare come arrivammo alla decisione di lasciare quella
discoteca affollatissima insieme. Quello che non mi perdonerò mai è di essere
stato troppo debole e di essermi ritrovato alla fine nella stessa macchina con
Mico e Riley. Mi guardavo attorno distrattamente, le vie di Sidney erano
deserte e illuminate, cercai di concentrarmi su quella moltitudine di riflessi quando notai che
Riley aveva svoltato a sinistra per portare a casa sua sorella.
-Riley…-
disse Mico lamentandosi… -Per accompagnare Justin dovevi svoltare a destra!!-
-Justin
ed io abitiamo vicini..- disse lui con gli occhi fissi nella notte.. –Tu sei
più scomoda…-
-Posso
proseguire a piedi..- dissi io con determinazione.. –Abito poco distante..-
-Non
essere stupido…- rispose solamente.
Ci
ammutolimmo tutti, finché non riconobbi la via in cui abitava Mico e la
macchina si fermò proprio sotto il palazzo. Lei mi guardò con rancore o uno
sguardo che se non era tale, gli assomigliava e provai una stretta allo stomaco
mentre i suoi occhi arrabbiati percorrevano me e Riley. La salutai senza
ottenere risposta, ma non mi andava di lasciarla andare così. Aprii la portiera
della macchina e la raggiunsi velocemente. Quando la presi per il braccio
sentii un pò di resistenza da parte sua, ma alla fine si voltò e i suoi occhi
un pò lucidi mi colpirono in pieno volto.
-Perché
ce l’hai con me..- dissi guardandola in viso..
-Ti
sbagli..-
-Mico
ti conosco..- risposi guardando il cielo un istante..
-Stai
attento a mio fratello…- mi disse con sguardo perso..
Sorrisi
con semplicità, facendole una carezza gentile sulla sua guancia rotonda. La
tirai a me con dolcezza e la strinsi delicatamente, sentii il suo corpo
rilassarsi a quel contatto e le sue mani fresche appoggiarsi alla schiena con vigore.
-Non
devi temere..- dissi sussurrandole all’orecchio.. –Diciamo che preferisco le
ragazze..-
-Proprio
per questo devi stare attento Justin..- mi rispose lei voltandomi le spalle..
-Ehi…moccioso..-
mi disse Riley dalla macchina.. –Devo ancora assistere a varie
sdolcinatezze!?!-
-Taci..-
dissi voltandomi verso di lui e buttandomi velocemente in macchina.
Non
lo guardai minimamente in macchina, cercai di mantenere la calma senza
lasciarmi tradire dalla tensione di sapermi solo con lui. Non era facile gestire
un ragazzo come Riley, si era già preso fin troppe libertà. Pensai alle parole
di Mico e trovai un pò eccessiva la sua preoccupazione per come poteva
comportarsi suo fratello. Forse però
cominciai ad avere qualche dubbio quando invece di svoltare a destra come
avrebbe dovuto, la macchina proseguì dritta nella strada parallela alla mia.
-Non
abito qui..- dissi con noncuranza..
-Lo
so..- mi rispose con sufficienza.. –Stiamo andando a casa mia..-
-Che
cavolo stai dicendo!?- dissi guardandolo con rabbia.. –Non ho nessuna
intenzione di venire a casa tua..-
La
macchina si fermò al di sotto di una palazzo signorile e lui agilmente scese
cercando le chiavi di casa suppongo. Mi guardò per un pò, mentre cercavo di
capire cosa avrei dovuto fare.
-Allora?!-
mi chiese con un ghigno.. –Hai intenzione di rimanere ancora per molto impalato
lì!?-
-Beh…perché
dovrei salire!? Ti aspetterò qui…voglio tornare a casa..- dissi arrossendo..
-Non
ho intenzione di mangiarti Justin…- mi disse con quella sua voce bassa e
sexy..
Per
un pò lo guardai con rabbia, cercavo di misurare la sua risoluzione. Sapevo che
se fossi andato a casa sua non avrei avuto completamente la padronanza di me
stesso, sarei stato più vulnerabile, proprio come in discoteca. Non volevo e
non avrei dovuto trovarmi solo con lui, aveva un pericoloso modo di fare.
Sospirai, rassegnato dal fatto che se non fossi salito, chissà quanto avrei
dovuto aspettarlo lì fuori, l’aria cominciava a farsi fresca e poco dopo mi
mossi a passi decisi. Sentivo sul viso un broncio scolpito che mi accompagnò
fino al portone d’ingresso.
-Dacci
una botta Riley..- dissi scocciato.. –Voglio andarmene a casa…-
-E
non avere più niente a che fare con me immagino..- mi disse lui avvicinando il
suo viso al mio..
-Esattamente…-
risposi fissando quegli occhi.. –Questa sarà la prima e l’ultima volta che ti
vedrò…-
-è
un piacere personale che vuoi fare alla mia sorellina?!- mi chiese lui mentre
appoggiato all’ascensore mi guardava con quei suoi occhi maliziosi… -O
forse…..ti turbo a tal punto da desiderare di fuggire in questo stesso
istante..-
-Smettila
di fare l’idiota..- gli dico trattenendo a stento la rabbia… -Preferisco le
donne..-
-Allora..-
dice avvicinandosi pericolosamente.. –Micol…quindi è molto più interessante di
me…-
Volto
lo sguardo verso la specchio e mi osservo nel riflesso. Il mio viso è in fiamme
e Riley, con le sue braccia tese verso la parete mi blocca contro il muro
dell’ascensore, prego che quelle porte si aprano il prima possibile perché non
riesco a controllare la sua veemenza.
-Guardami
Justin..- mi dice lui con quella sua voce terribilmente suadente… -Ti piace
Micol?!-
-Ma che t’importa?!?!- grido
spingendo il suo torace lontano da me..
Lui
mi guarda con un sorriso spavaldo, cerca una risposta con insistenza e mentre
le porte dell’ascensore si aprono penso che forse si aspetta delle repliche
visto che è suo fratello maggiore. Quando esce dall’ascensore mi muovo anche io
e nell’incertezza cerco di parlare.
-Io
voglio davvero molto bene a Mico..- dico semplicemente.. –Ma non sono
innamorato di lei..-
-Non
mi importa sapere se te la spassi con lei..- mi risponde con un sorriso
provocante..
-Tu
mi hai fatto una domanda ed io ti ho risposto…- dico scocciato..
Che strano ragazzo!! Apre la porta di casa e
mi si presenta davanti un salone immenso, pieno di vetrate e ben illuminato.
Predominano colori caldi e accoglienti, con dei divani bellissimi e ampi.
L’appartamento è grande e arieggiato, decisamente ben tenuto per un ragazzo che
abita da solo. Rimango sulla porta qualche istante mentre vedo Riley che si
toglie la maglia e rimane in canottiera nera. Si siede velocemente sul divano e
mi osserva con aria incuriosita.
-Entra…-
mi dice con un sorriso da mascalzone sulle labbra…
Sparisce
dietro una porta e poco dopo rispunta con due birre ghiacciate in mano, ne
lancia una anche a me e si siede nuovamente, questa volta sulla poltrona più
vicina alla porta finestra e appoggia i piedi sul tavolino di vetro di fronte a
lui.
-Quindi…tu e Mico non state
insieme..- mi fa eco lui dopo qualche secondo…
-Mi sembra di avertelo già
detto…- dico appoggiandomi al muro di fronte a lui..
-Nonostante
questo Mico si è premurata di metterti in guardia contro di me..- dice
sorridendo con ilarità… -Posso sapere il perché?!-
-Lei…ti
vuole bene, ma siccome tiene anche a me non vuole che litighiamo..- gli dico
con lo sguardo perso..
-Dovresti
imparare a dire le bugie un pò meglio..- mi dice passandomi affianco e
guardandomi con la coda dell’occhio…
Rimango
pietrificato per qualche istante e alla fine riprendo il controllo della mia mente. In questo momento mi sento padrone
di me stesso e controllare le mie reazioni è più semplice, quando mi sento
tranquillo sono sicuro di non essere in difetto. Riley torna subito e sembra
assorto in chissà quali pensieri. Poco dopo si fa serio e comincia a parlare.
-Mico
ed io, abbiamo sempre avuto gli stessi gusti…- dice guardandomi con quegli
occhi disarmanti.. –ci sono sempre piaciuti i casi disperati, il nostro spirito
è essere cacciatori…-
-Beh
non dev’essere semplice trovarsi in conflitto con la propria sorella ogni
volta..- dico senza pensarci..
Lui
si alza dal divano e mi osserva attentamente, il suo sguardo mi fulmina mentre
i suoi occhi blu diventano talmente profondi che quasi mi fanno sprofondare in
una voragine, sento la testa leggera e inebriata, penso immediatamente che ho
bevuto troppa birra. Mentre cerco qualcosa per controllare l’ora mi sposto
vicino alla porta, improvvisamente desideroso di andarmene via. Non riesco a
sostenere quello sguardo così profondo e sincero. Non so quale verità nasconda
o cosa vogliano dirmi quegli occhi tanto blu e limpidi, so solo che devo
andare.
-Mi
spiace ma si è fatto tardi..- dico velocemente.. –Io devo andare….-
Mi
volto verso la porta, non so dire o spiegare quanto possa essere stato
difficile dire quelle parole. Ma quello che mi interessava era che le avevo
dette, questo era l’importante!! Non provai nemmeno a chiedermi perché lo
sguardo di Riley improvvisamente mi sembrasse così…triste!!
Credo
sia stato strano e inspiegabile sentire quelle stesse braccia, a volte così
strafottenti, stringersi intorno alle mie spalle e sentire la sua testa
appoggiarsi teneramente alla mia. Rimasi immobile qualche istante, occhi
sgranati e gambe bloccate. Non avevo parole..
-Che
fai…?!?!?- balbettai…
-Justin…-
disse sussurrando… -Non andartene…rimani…con me questa notte…-
-Lo
sai che non è possibile…- dico immediatamente..
-Mi
odi così tanto!?-
-Non
dire idiozie…- dico con irritazione, non avevo mai odiato nessuno in vita mia
tranne mio padre..
-Allora…perché?!?!-
mi dice amplificando la stretta..
-C’è
bisogno che te lo spieghi!?- dissi mentre girai lo sguardo verso il suo viso a
un millimetro dal mio..
-Si….devi
spiegarmelo…- mi disse guardandomi fisso negli occhi..
Sentii
le guance colorarsi ma non mi lasciai intimidire, su questo punto dovevo essere
chiaro. Era fondamentale…
-Perché…io
non posso darti quello che cerchi…- dissi sicuro delle mie parole..
E
fu così che cambiò tutto…o che semplicemente cominciò. Da queste poche parole
che a me erano sembrate così chiare, così determinanti nel far finire questa
assurda mania di conquista da parte di Riley. Invece, non sapevo nemmeno io
cosa avessero scatenato. Avevo rifiutato il ragazzo che un sacco di uomini e
donne avrebbero desiderato, non faticavo a credere che in molti avrebbero dato
qualsiasi cosa per essere al mio posto. Ma lui non era certo quel tipo di
ragazzo da accettare tanto facilmente di essere respinto e fu quello il momento
in cui vidi una scintilla nei suoi occhi e tutto venne da sé. La passione con
cui mi prese il braccio, la forza piena di desiderio con cui la sua mano
raggiunse il mio capo e lo spinse verso le sue labbra. Provai un intorpidimento
generale nel mio corpo mentre lo sentivo
stretto al suo fisico possente, delineato perfettamente e mi sentii
distintamente incastrato tra la parete e lui che con passione mi baciava
profondamente. Mi stringeva a se come se fossi una tra le cose più preziose che
avesse, desideroso di trattenermi per non vedermi svanire e le mie mani erano
immobili su quel torace, tanto era lo shock nella mia mente mentre vedevo
quegli occhi trionfare pieni di ardore. Cercai di staccarmi ma quel bacio,
tanto focoso ed emozionante, mi lasciò senza fiato nonostante sentissi la sua
piccola lingua entrare nella mia bocca senza preoccuparsi di come mi sarei
sentito dopo, una volta che tutto questo sarebbe finito. Lasciai scivolare le
mani sul suo torace, quasi arreso a quel turbine di sentimenti che provavo e lo
lasciavo stringersi a me come se quell’improvvisa sensazione di vitalità che
sentivo mi avrebbe cambiato completamente la vita. E pensai la cosa più assurda
in quel momento, la cosa che mi avrebbe svegliato definitivamente da quel
torpore e che mi avrebbe permesso di ribellarmi.
“Se solo potessi rimanere così per sempre…se solo potessi essere la
sua persona speciale…”
Fu
in quel momento che tutto tornò al suo posto…e tutto improvvisamente era
sbagliato, perché io non potevo essere quello che lui voleva e non potevo
dargli quello che desiderava!! Mi dimenai con tutta la forza che avevo e nello
sforzo, il rossore sulle guance, peggiorò notevolmente. Solo dopo qualche
istante la sua bocca si allontanò dalla mia. Provai un imbarazzo totale e girai
lo sguardo verso le finestre che proiettavano le luci meravigliose della notte.
Gli occhi sbarrati e il respiro affannato mi mandarono ancora di più nel
panico.
-Mi
hai appena dato quello che cercavo..- mi disse imprigionandomi nuovamente tra
il suo corpo e la parete..
-Taci…-
dissi ansimando.. –Non dovresti prenderti gioco delle persone solo perché ti
va…-
-Justin…è…dal
primo giorno che ti ho conosciuto che ti ho scelto..- disse sussurrandomi
all’orecchio… -Per prenderti in giro…-
Mi
sentivo umiliato…mi sentivo stupido per aver pensato cose assurde. Abbassai lo
sguardo schiacciato dalla vergogna e questa volta aprii la porta per volare giù
dalle scale lasciandomi ogni cosa dietro le spalle. Non avrei mai più dato
fiducia a Riley…mai più!! Nel buio della notte corsi a perdifiato per le vie
della mia città e nessuno mi seguì… Rimasi solo con la mia confusione e il mio
turbamento.