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Autore: Lady Asia_20    11/02/2015    0 recensioni
Justin ha diciassette anni, è un ragazzo intelligente e sensibile. Micol è la sua migliore amica, sono inseparabili e la loro amicizia sembra incrollabile. Gli equilibri sembrano spezzarsi quando Justin conosce Riley, un ragazzo bellissimo e affascinante, quanto freddo e arrogante. La lotta di Justin sarà su più fronti, ma in questo scontro sarà costretto a fare i conti principalmente con sé stesso e i suoi fantasmi, le sue paure.
Questa è la mia prima storia ideata completamente dalla mia testolina, spero possiate apprezzare gli sforzi per renderla avvincente e profonda, toccando anche temi delicati. Se vorrete seguirmi sarà un piacere per me.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 1

Capitolo uno.

Justin….

Mi presento. Mi chiamo Justin ho 17 anni e presto ne compirò 18. Frequento la scuola superiore in uno dei licei più esclusivi della mia città, Sydney. Non so cosa mi ha portato a iscrivermi al liceo classico con tutto lo studio che ne comporta, ma sono soddisfatto, ho poco tempo per pensare. Mi conoscerete a poco a poco nel proseguire degli eventi. Quello che mi spinge a scrivere è raccontare la mia storia, che alla fine è come quella di molti ragazzi adolescenti della mia età che imparano a vivere nella vita vera. La questione davvero importante è analizzare come vivo quello che sono adesso e come ci sono arrivato con migliaia di paure e di indecisioni. Quello che mi ha permesso di crescere e di impormi, cercando di vivere la mia vita al meglio che potevo. Gli intoppi che ho trovato nel mio cammino sono stati tanti, più o meno dolorosi. Sono arrivato a ribellarmi ai miei sentimenti, al negarli perché non potevo accettarli. Fino ad ora, che per sopravvivere all’umiliazione, dovevo lasciare libertà di spazio a chi mi stava affianco. Non avete capito nulla vero!? Ecco quello che succede quando la mia mente è libera di pensare. Mille pensieri affollano la testa e viaggiano a mille nodi da dove sono. Ma non preoccupatevi, vi racconterò ogni cosa e presto capirete.

3 novembre 2012, tutto comincia da qui in una delle giornate più strane di tutta la mia vita. Quelle giornate in cui tutto sembra andare storto e pensi “prima o poi finirà” e intanto cerchi il modo di limitare al massimo i danni. Era stata una giornata pesantissima a scuola, avevo avuto test di greco e latino e non capivo più nulla. Sempre più spesso mi chiedevo cosa servisse studiare tutte quelle materie assurde per fare il liceo bilingue, ma non c’era soluzione, dovevo tenere duro ancora per un anno e poi ogni cosa sarebbe terminata. Stavo percorrendo il quartiere di Darling Harbur, una delle baie di Port Jackson. La mia casa si trovava in Sussex Street ed è un meraviglioso attico che da sul mare, con una vista incantevole mentre di notte Sidney si accende di  tutti i colori. La vista dall’alto ti da un senso di vertigine quando vedi il mare sterminato che riflette i più bei colori caldi del tramonto, mi perdo  a osservare quel momento che attendo da tutto il giorno perché so che proprio in quell’istante si perde il giorno per fare spazio al silenzio, alle quiete e a quella brezza leggera che prende il posto del calore asciutto dei raggi del sole. Ancora oggi mi chiedo come si può abitare in una città meravigliosa come Sydney e non rimanere stupefatti della sua calda bellezza.

Mentre percorro Clarence Street mi rendo conto che nella mia solita gelateria preferita non c’è quasi nessuno, un richiamo troppo forte per proseguire la mia strada senza un piccola tappa. Rimasi nell’incertezza qualche istante ma alla fine dopo qualche secondo decisi di entrare e preso il numero attesi il mio turno.

Come al solito ero certo che a casa non ci sarebbe stato nessuno. Sospirai e mi sentii solo in fondo. Mia madre è una donna dolcissima ma estremamente impegnata nel suo lavoro, è la dirigente della più famosa azienda pubblicitaria dell’Australia e per quanto il suo lavoro andasse a gonfie vele, sentivo il peso della sua costante mancanza. Mio fratello David anch’esso lavorava in azienda e benché i suoi orari di lavoro fossero più flessibili comunque trovava sempre il modo per non essere a casa. Forse vi starete chiedendo che fine ha fatto mio padre in tutta questa storia. Beh, non c’è molto da dire, mio padre è un pazzo squinternato che ci ha abbandonato appena sono nato. In questo momento doveva essere in qualche posto sperduto dell’Italia, è all’incirca cinque mesi che non abbiamo notizie di lui. In tutta la mia vita penso di averlo visto si e no due volte. E provo talmente tanto rancore per lui che non so davvero per quale motivo dovrei farlo. Trovo quanto meno egoistico lasciare mia madre sola a crescere due bambini, con mille responsabilità mentre lui gira il mondo a fare il playboy. Ma certamente mia madre valle mille volte lui!!!

Mi guardai un attimo nella vetrina del negozio mentre aspettavo il mio turno e con malcontento mi ritrovai ad osservare un ragazzino biondo dai capelli sbarazzini che con un viso corrucciato in una smorfia disapprovava ciò che vedeva. I suoi occhi castano-verdi assomigliavano troppo a quel padre tanto lontano, mentre quelle labbra piene e pronunciate lasciarono spazio solo all’ennesima rabbia ripensando ad Anthony, quell’eterno Peter Pan senza speranza. Il fisico atletico ma poco pronunciato lo rendevano slanciato e perfettamente in armonia. Comunque in tutto questo rigiro di parole lo volete sapere il risultato!?

Semplicemente mi sentivo sempre terribilmente solo a casa e non riuscivo a colmare dentro di me quel vuoto che provavo!! Probabilmente avevo più bisogno di un padre di quanto credessi. Ovviamente pur sentendomi moralmente a terra, questo non mi aveva impedito di appassionarmi di alcuni hobby casalinghi, tra cui la cucina, se non avessi imparato, sicuramente, sarei morto di fame visto che nessuno in casa mia lo faceva. Assorbiva molto tempo cucinare qualcosa di commestibile ma negli anni la mia tecnica si era affinata e riuscivo a tirare fuori una ricetta anche dal niente. Forse dovevo considerare seriamente l’opportunità di partecipare a dei corsi di cucina…

Ma a parte queste stupide considerazioni pensai al tramonto rosso su Harbor Bridge e un brivido irrazionale mi attraversò la pelle come una brezza fresca d’inverno. Mi piaceva fermarmi a osservare ciò che mi circondava, fino a che il flusso dei miei pensieri fu interrotto dalla commessa che mi chiedeva come volessi il mio gelato. Fu tutto piuttosto veloce e dopo qualche istante uscii dal negozio felice di respirare un po’ d’aria fresca. Mentre uscivo dal negozio fui sorpreso dal riverbero del sole che mi aveva colpito in pieno viso come un pallone nella sua folle corsa. Mi riparai alla bene meglio gli occhi con una mano ma comunque,  poco dopo, combinai un pasticcio. Non so dirvi come accadde tutto, percepii chiaramente qualcosa tra i miei piedi che mi fecero inciampare e vidi una parte del mio buonissimo gelato volare a mezz’aria per finire chissà dove. Per evitare di farmi male buttai in avanti le mani e quello che ne rimaneva del mio cono gelato finì spappolato tra la mia mano destra e l’asfalto. Mi veniva da piangere dal nervoso...sollevai la mano imbrattata di cioccolato fondente e non vi dirò che brutta sensazione provai nel vederla con quel gelato molliccio che mi colava ovunque. Dopo una giornata del genere l’ultima cosa che mi ci voleva era ritrovarmi in mezzo alla gente che rideva a crepa pelle della mia figuraccia, mentre individuai le gambe che mi avevano fatto cadere e provai un motto di rabbia così violenta che avrei preso a sberle quel pancione stravaccato sulla sedia.

-Se fossi in lei non riderei tanto visto che mi ha fatto cadere..- dissi scocciato..

L’uomo si girò dall’altra parte e non mi prestò più attenzione nonostante continuassi a bofonchiare contro di lui. Poi all’improvviso mi preoccupai di vedere quale fine avesse fatto l’altra parte del mio gelato alla crema. Cercai sull’asfalto un po’ più in là, quando poco dopo notai delle risate sommesse a un tavolo lì vicino.

Credetemi…non mi sono mai sentito così male in vita mia. Non poco lontano un ragazzo dalla stazza decisamente più prorompente stava armeggiando con del gelato in faccia e sulla sua bella camicia di lino firmata. Sarei voluto sprofondare mentre vedevo i suoi amici chiaramente divertiti e che mi guardavano con una certa curiosità.

Mi alzai lentamente e pulitomi le mani alla bene meglio mi avvicinai timidamente per rimediare all’accaduto. Il ragazzo cercava di pulirsi la maglia ma il risultato che otteneva era certamente non quello che si desiderava, la macchia continuava ad allargarsi e sembrava tanto assorbito dai pensieri col suo viso corrucciato che non si era nemmeno accorto di me. Presi la bottiglietta di acqua frizzante che mi stava porgendo una signora con il suo sorriso gentile, il liquido contenutovi era quasi terminato ma mi sarebbe bastato per rimediare il danno che avevo fatto. Gli sorrisi riconoscente e poi ritornai timidamente a guardare quel gruppo florido di ragazzi che sghignazzavano.

-Scusami…- dissi guardando improvvisamente a terra mentre sentivo le orecchie avvampare.. –Ma un cretino mi ha fatto lo sgambetto e…-

-Vattene…- disse lui scocciato.. –Per stasera hai già fatto fin troppi danni moccioso..-

-Ho qui dell’acqua frizzante..- dissi con aria mortificata.. –Posso aiutarti..-

Non so dirvi perché ho avuto l’impulso di avvicinarmi al suo viso, forse perché con tutto quel gelato colante sembrava buffo. Cercai di asciugare un piccolo rivolo di gelato che aveva sulla guancia col mio fazzoletto, ma la reazione che ne venne fuori, benché appropriata, mi lasciò senza fiato. Nello stesso istante in cui gli sfiorai la guancia per evitare che si sporcasse il colletto della camicia, lui girò lo sguardo furioso per dirmi sicuramente qualcosa.

-Senti…ora mi hai…- ma la frase non terminò.

Aspettai che proseguisse, arrossendo dall’imbarazzo mentre i suoi occhi blu mi trafiggevano con terribile intensità. Mi sembrava che stesse frugando nei miei pensieri e provai fastidio, rabbia, mentre quegli occhi mi confondevano la mente. Lui scrutava il mio viso come nessuno aveva mai fatto e guardando il suo volto mi venne spontaneo pensare che, se fossi stata una donna, avrei sicuramente considerato di avere davanti un ragazzo di una rara bellezza sconvolgente. Tutto in lui sembrava…perfetto, ecco si perfetto. Dalle sue sopracciglia definite e con gli occhi furbi e incredibilmente blu, contornati da folte ciglia nerissime come i suoi capelli spettinati e sbarazzini. Le labbra sembravano dipinte da un pittore troppo bravo per sembrare reali, tanto erano piene e morbide. Non avevo mai visto un ragazzo così in vita mia, sembrava un modello. Rimasi così ancora qualche secondo senza parole mentre sentivo chiaramente il mio volto in fiamme dall’agitazione, perché…perché guardarmi così!? I suoi occhi erano sgranati, come se qualcosa l’avesse sconvolto a tal punto da non riuscire più a staccare gli occhi da qualcosa. In lontananza le parole di una canzone echeggiavano nella mia mente e all’improvviso, non so per quale motivo, fui preso dal panico.

“I won’t let you go” di James Morrison non mi aveva mai inquietato tanto quanto oggi. Cos’era quella sensazione di tremendo disagio che provavo in quello strano quadretto insolito!?

E ancora la canzone:

“Open up, open up your heart to me now
Let it all come pouring out

There’s nothing I can’t take..”

“Apri, apri il tuo cuore a me ora..

Lascia che fiorisca,

non c’è niente che io non possa prendere…”

Lui seguitava a guardarmi ma questa volta il suo sguardo era chiaramente irrisorio. Questo improvviso cambiamento mi turbò ancora di più e cercando di trattenere il fastidio che sentivo, cercai di riprendere il mio posto sforzandomi di borbottare qualcosa in segno di scuse. Lui sembrava…stupito… Perché?!?!

Non potevo capirlo!! I suoi occhi si piegarono distrattamente in un cipiglio di disapprovazione e dopo qualche istante, con un sorriso mozzafiato e provocante si alzò quasi volesse dimostrare qualcosa.

-Mi dispiace..- dissi brusco e irritato per qualcosa che non compresi.. –Se posso rimediare in qualche modo sarei felice di farlo..-

-Ah si!??!- mi chiese guardando i suoi amici e sorridendomi.. –Allora sentiamo…cosa saresti disposto a fare?!!?-

Lo guardai confuso. Era decisamente al di sopra della mia comprensione e irrimediabilmente arrossii violentemente, cercai di limitare il rossore che sentivo salirmi alle guance ma senza risultato. Non riuscivo a guardarlo in faccia perché ero consapevole che si sarebbe nuovamente preso gioco di me, facendo leva sulla mia timidezza.

-Beh..- dissi nella confusione più totale.. –Se posso vorrei potermi occupare della tua camicia, mi preoccuperò personalmente di fartela lavare in modo che non si sciupi..-

Non so cosa accadde poi. Sentii solo una mano forte e fresca che aveva preso il mio braccio e che mi aveva attirato a sé. Fu così che il mio rossore peggiorò costantemente da quel momento. Mi ritrovai a un palmo da quel viso magnetico, mentre l’altra mano mi teneva forte il mento tra pollice ed indice.

-Sei piuttosto adorabile con questo dolcissimo color cremisi…- mi disse mentre il suo sorriso si apriva in un ghigno, oserei dire quasi diabolico.

-Lasciami…- dico con aria rabbiosa cercando di divincolarmi.. –Cosa cavolo vuoi da me!!?!?!? Ti ho già chiesto scusa..-

Riesco a staccare il mio viso da quelle spire che sembrava volessero avvilupparmi per tenermi in trappola e con furia crescente ansimo a causa dello sforzo.

-Tu non sai chi sono io..- disse lui con un sorriso rassegnato, come se volesse avvertirmi di qualcosa..

-Già…e nemmeno voglio saperlo!!- dico raccogliendo lo zaino da terra.. –Anzi arrangiatela, la camicia te la lavi da solo…-

-Sei un moccioso piuttosto strafottente..- mi dice guardandomi con quei suoi occhi provocanti e accostandosi al mio orecchio.. –Io…ottengo sempre quello che voglio!! Ricordatelo ragazzino presuntuoso…-

Scomparve dietro la porta della gelateria e guardando i suoi amici confuso cerco di riprendere il controllo della voce e del mio corpo. Mi osservavano con troppa ostinazione e non compresi fino in fondo il perché di una così costante attenzione. Cercai di sembrare indifferente e per un po’ attesi, poi mi resi conto che era inutile riparlare con quel tipo strano e decisi di andarmene. Cercai di non comportarmi da sciocco nonostante la rabbia provata poco prima e mi rivolsi così a quei ragazzi che mi sorridevano incoraggiandomi.

-Scusatemi..- dissi acquistando la mia sicurezza ora che quel ragazzo strano era fuori dalla mia portata.. –Se dovesse cambiare idea sulla camicia ditegli che mi chiamo Justin Herstrass..-

Cominciai ad allontanarmi ma dopo due passi uno dei suoi amici mi chiamò.

-Ehi Justin..- disse avvicinandosi assieme agli altri.. –Ma eventualmente come farà a trovarti!?-

-Beh…qui mi conoscono praticamente tutti.. Abito in Sussex Street..- dissi alzando leggermente le spalle.. –Ora devo andarmene, mi spiace avervi rovinato la serata..-

-Nessun problema..- disse uno di loro alzando la mano.. –Piacere di averti conosciuto! E non prendertela, lui è fatto così…-

Sorrisi debolmente e mi lasciai alle spalle quella terrificante mezz’ora. Ero in ritardo ma non me ne preoccupai granché, mi sentivo irritato e decisamente poco incline alle conversazioni questa sera. Sapevo che una volta tornato a casa avevo giusto il tempo di ripulirmi un pochino e poi dovevo cominciare a cucinare qualcosa se volevo mangiare questa sera. Mia madre e mio fratello mi avevano promesso che sarebbero tornati a casa presto per cenare tutti insieme, ma ovviamente non ci credevo. Era sempre così, promesse che non potevano sempre mantenere e quindi mi misi il cuore in pace aspettando un’altra serata solo.

Arrivai alla porta blindata senza accorgermene, quando infilai la chiave mi resi conto che i giri non c’erano, segno che qualcuno doveva essere rincasato prima di me. Aprendo la porta  mi investì il profumo di pasta e il salone illuminato del rosso del tramonto sembrava surreale, così tiepido e accogliente. Il salone della mia casa era immenso con divani grandissimi che non avrebbero mai accolto così tanta gente come si ci aspettava nel vederli. Il loro colore panna risplendeva in contrasto con il color ambra delle pareti, che accoglievano meravigliose imitazioni del Monet. Le vetrate scorrevoli che portavano su un terrazzo immenso si affacciavano di fronte al mare dove in tutta la sua bellezza sorgeva Harbour Bridge. 

-Tesoro..- disse mia madre affacciandosi dalla cucina.. –Bentornato!-

-Mamma…sei già a casa!?- dissi stupito..

-Te lo avevo promesso..- disse lei sorridendo mestamente, cercando da capire se perdonavo la sua frequente assenza nella mia vita.. –So che ti trascuro molto Justin..-

-è il tuo lavoro..- mi affrettai a dire posando lo zaino sul divano.. –è giusto così! Ma sono contento di poter avere una serata…-

Non volevo far sentire in colpa mia madre, ma spesso, soprattutto in passato, avevo desiderato tante volte rientrare a casa e trovarvi mia madre intenta a qualche faccenda domestica. O che magari mi accogliesse come ogni madre con un bacio, gesti semplici ma che sentivo sempre più lontani. Quando andai in cucina per prendermi la mia bottiglia d’acqua osservai mia madre. Statura media, una donna decisamente piacente con occhi castano chiaro come i suoi capelli raccolti in una lunga coda alta. I suoi occhi castani, totalmente semplici, per me erano meravigliosi perché gentili, dolci e docili. Penso che mia madre fosse il mio punto di riferimento nonostante la sua assenza, sapevo che c’era comunque anche se ormai non parlavo più con lei come avrei voluto. Lei era stata per me un padre e una madre, mi aveva dato più di chiunque altro, ma da alcuni anni a questa parte era più distante che mai, avevo ancora molto bisogno di lei. Per me non era un momento semplice e forse mi aspettavo che ci fosse nonostante fossi cresciuto. Distolsi lo sguardo e aprii il frigo per prendere la mia bottiglia. Vuotai un bicchiere pieno d’acqua ed aspettai che mi dicesse qualcosa almeno per parlare un pò, non lo facevamo da molto tempo ormai. Ma lei sembrava indaffarata, troppo concentrata a girare e rigirare delle verdure ormai stracotte e immaginai che forse stava aspettando il momento per parlarmi di qualcosa. Mi guardai attorno immaginando che forse per arrivare a dire le cose giuste aveva bisogno di tempo, così cominciai ad osservare le fotografie che avevo attorno con strumenti musicali e principalmente foto di David, mamma e me. Mio padre figurava solo in una foto con una chitarra in mano, mentre David lo osserva rapito e mamma mi tiene in braccio, guardandomi con aria felice. Quelli sono stati i rari momenti in cui siamo stati davvero una famiglia, se così si potrebbe definire la mia situazione. Non scherzavo quando dicevo che avevo visto mio padre si o no due volte in tutta la mia vita e ogni volta che tornava, tutti ci illudevamo che potesse essere cresciuto e sarebbe rimasto con noi. Ed è finita sempre al solito modo!! Reggeva  qualche giorno e poi scompariva, ma la cosa che più mi faceva arrabbiare era che lo difendevano e continuavano ad amarlo e giustificarlo. Il modo per creargli un alibi era il solito “Lui è un musicista, quando la sua arte chiama niente può trattenerlo..”. Essere un artista talentuoso non significa dimenticarsi la propria famiglia e ricordarsene una volta ogni tanto. Era per questo che avevo imparato a escludere mio padre dalla mia vita impendendo che la sua presenza o assenza sconvolgesse la mia esistenza in positivo o negativo. Io ce l’avrei fatta…anche senza di lui!

-Justin ascolta..- disse mia madre volgendosi improvvisamente e osservandomi risoluta.. –Ho bisogno di parlarti..-

-Lo so..- gli rispondo con altrettanta sicurezza.. –Ti ascolto..-

-Oggi David ha sentito papà..- disse con un sorriso felice.. –Abbiamo anche parlato di te..-

-Non capisco…- dissi io con distacco..

-Lui si trova in Ungheria attualmente, a Budapest..- mi guardava con speranza, come se la sua felicità dipendesse da me.. –Vorrebbe che tu lo raggiungessi e che passassi i mesi di pausa scolastica con lui in Europa..-

La guardai senza parole, per comprendere se davvero fosse convinta di quello che mi diceva. Sgranai gli occhi rendendomi conto che era esattamente quello che voleva e si aspettava da me un si. Non capivo questa sua devozione per un uomo che l’aveva sempre abbandonata e ancora meno comprendevo l’amore che lo legava a lui, nonostante sapesse che aveva altre storie con altre donne all’estero. Trovavo orripilante che lei fosse devota ad un uomo che la tradiva continuamente e che calpestava la sua dignità di donna, madre e moglie ogni volta che sfiorava un’altra ragazza che non fosse mia madre Ginevra. Sentivo ogni volta una stretta al cuore quando vedevo nei suoi occhi la felicità di averlo sentito per cinque minuti e il pensiero che per cinque mesi avrebbe aspettato ogni giorno un’altra chiamata.

Non poteva chiedermelo e soprattutto non lo avrei fatto.

-Non ho nessuna intenzione di raggiungere un uomo che si dimentica di fare il marito e il padre..- rispondo secco.. –E a maggior ragione non lo farò quando, per puro caso, lui si ricorda di avere delle responsabilità..-

-Justin!!- mi risponde mia madre con un cipiglio deluso.. –Lui è un artista..-

-La so già questa storia, ma qualsiasi cosa mi dirai la risposta sarà NO ora e per sempre…- dico risoluto..

-Ma lui è tuo padre..- alza un pò la voce lei..

-E dov’era mio padre quando avevo bisogno di lui!?!?- grido io con un groppo in gola… -Dalla sua arte…quindi ora si terrà quella senza tormentarmi…-

Mia madre abbassa la testa, non può dirmi nulla, non può rimproverarmi perché nel suo cuore sa che io ho avuto davvero bisogno di lui, ma Anthony non c’era mai stato. So che molte volte dovevano averlo chiamato per la mia tristezza e sofferenza per la sua assenza, ma lui non era mai tornato. Ed ora dovevo correre da lui non appena si ricordava di avere dei figli che non conosceva!?

Sentii due forti braccia circondarmi le spalle da dietro e riconobbi l’abbraccio protettivo di mio fratello. Con lui avevo un rapporto speciale, potevo fidarmi di lui, non mi avrebbe mai ferito ne ero certo. Mi strinse con dolcezza trasmettendomi il suo calore e mi sentii subito meglio. So cosa volesse dire questo abbraccio, non ti preoccupare ci sono io qui con te e non devi avere paura di nulla Justin. Non hai papà, ma hai me ed io non ti abbandonerò mai, perché sei tutto per me, sei il mio fratellino e ti voglio bene. Il suo braccio forte mi strinse ancora le spalle e a poco a poco si affiancò a me, il suo sorriso rassicurante aveva il potere di rasserenarmi. Asciugò una lacrima sulla mia guancia e quello che pensavo del nostro rapporto venne confermato dai suoi occhi verdi che mi guardavano con amore. Trattenne ancora un pò la sua mano sulla mia guancia e abbassai leggermente lo sguardo con rispetto. David aveva 26 anni e ci assomigliavamo molto. Capelli castano chiaro e mossi, stesso mio taglio del viso e stessi occhi a cerbiatto verdi. David sicuramente era più alto di me e più muscoloso. Avevamo ereditato molto da nostro padre, uomo sicuramente talentuoso, bello e affascinante, ma nessuno dei due aveva sviluppato per lui un affetto profondo, anche se David, come la mamma, cercava alibi per difenderlo.

-Stai tranquillo Justin..- mi disse con la sua voce imperiosa.. –Non devi fare nulla che non ti vada di fare!! Se vorrà verrà lui..-

-Allora aspettatelo…- dissi rassegnato.. –Verrà di sicuro…-

Mi sedetti al solito posto a tavola e cercai di riprendere il controllo di me mentre osservavo la mia famiglia riprendersi da quel momento. Era tornato il sorriso nei loro volti e mi resi conto che il pensiero di mio padre passava come lo scorrere dell’acqua, si dissolveva e si finiva per parlare sempre meno di lui. Forse perché si sapeva che non amavo parlare di quell’argomento. Mi ci vollero venti minuti buoni per dimenticarmi che nuovamente mio padre aveva rotto i miei equilibri raggiunti con tanta fatica, ma fu piacevole quella sera cenare con mamma e David. Mi parlavano della nuove pubblicità che gli aveva commissionato uno stravagante giapponese di nome Hamahota, che pretendeva che le pubblicità fossero sempre più astruse per invogliare la gente a correre a comprare i prodotti che metteva sul mercato. Questa volta sembrava avesse ideato un nuovo chewin-gum alla rapa rossa. Decisamente fuori di testa.

Fu divertente ascoltarli e sapevo che quella sarebbe stata una rara eccezione, per forza di cose non avrei avuto modo di passare una serata così molto spesso. Sorrisi malinconico ma allo stesso tempo felice di sapere che almeno loro in qualche modo erano con me.

Dopo qualche ora uscirono nuovamente per un meeting di lavoro, probabilmente gli avrebbero commissionato altri incarichi e sarebbero tornati a casa tardissimo. Io decisi di prepararmi la roba per il mattino seguente e ritrovai al solito posto la chitarra che non usavo quasi mai. Sapevo che a mia madre piaceva sentirmi suonare ma non riuscivo ad impugnare uno strumento senza sentire la rabbia salire a dismisura.

Mi spogliai e lasciai solo gli slip per buttarmi sul letto, ero accaldato e mentre infilavo le cuffie per ascoltare un po’ di musica sento il cellulare vibrare. Leggo il mittente, è Micol, la mia migliore amica di sempre. Non sono innamorato di lei, lei è davvero un’amica speciale a cui voglio un gran bene ma niente più. Mia madre l’adora e mi dice sempre che non troverò una ragazza più adorabile di lei. Ha ragione, Micol è dolcissima ma non sento di provare sentimenti del genere per lei e nemmeno lei li sente per me.

“Sei crudele…nemmeno un messaggio oggi pomeriggio!!! Domani ti picchio…”

Sorrido, ecco…lei ha il potere di farmi tornare Justin. So che sono importante per lei e che sente la mia mancanza come io spesso sento la sua. Lei è come un sole che ti entra nelle vene e ti riscalda dopo una giornata di vento gelido.

“Scusami Mico!! Domani mi fustigherai a tuo piacimento..”

“Così va meglio!! Stai bene!?”

Aveva la capacità di capirmi al volo e sapevo che questo legame con lei non avrei potuto averlo con nessun’altro, lei era sensibile ed affettuosa, la sua natura era capirmi ed io comprendere lei.

“Ora si….è stata una giornata piuttosto pesante..”

“Voglio pensare che non sia per quello che penso..” risponde lei mentre capisco immediatamente quello che intende. Lei come me ha una pessima opinione di mio padre, forse perché la sua famiglia è totalmente diversa dalla mia. So che ha un fratello che vive fuori casa oramai da molti anni ma sono molto uniti e il padre e la madre di Mico si amano di un amore vero e sano.

“Me ne sono capitate di tutti i colori oggi. E poi si Anthony si è fatto vivo con mia madre e David ma preferirei evitare di parlarne…”

Dopo qualche secondo sento nuovamente vibrare il cuscino.

“Ok, ma domani non mi scappi!! Dormi bene sunshine e sappi che ti voglio un gran bene!! Un bacio caramelloso…”

 Scrollai la testa ma pieno di affetto per quella ragazza che mi dimostrava più affetto di tutta la mia famiglia messa insieme e pensai che domani appena l’avrei vista tutto sarebbe tornato al suo posto, gli avrei raccontato di questa giornata bizzarra magari ridendoci su, tranne che per il dettaglio di mio padre. Sarebbe ricominciata un’altra giornata piena di cose uguali, ma almeno era venerdì e significava due giorni liberi dalla scuola. Con questo pensiero in testa mi addormentai e non sentii rincasare nemmeno David. Dormii di un sonno profondo e pacifico, la mattina alle sei sentivo mamma parlare sommessamente e decisi di alzarmi qualche minuto dopo per avere il tempo di salutarli prima che andassero al lavoro. Appena uscii dalla camera fui investito dalla scia del profumo della mamma e del dopo barba di David che correvano come due furie per casa, uno da una parte e l’altro dall’altra. A turno mi arrivarono un bacio sulla guancia e un abbraccio del buongiorno da mio fratello.

Mi sedetti al tavolo che ospitava una fumante tazza di latte e mentre vidi passare per l’ennesima volta mia madre lungo il corridoio della cucina che portava alle stanze, la sentii gridare qualcosa.

-Jus…il latte è pronto sul tavolo..- disse  ripassando nuovamente..

-Si ho visto mamma…grazie!!!- risposi sorridendo e scuotendo il capo.

Dopo poco li vidi pronti in soggiorno ed erano le sette, ogni giorno era così. Si alzavano all’alba per prepararsi in fretta e furia riducendosi entrambi all’ultima mezz’ora. Ovviamente dimenticandosi ogni giorno qualcosa, come quella importantissima cartellina rossa che avevano ripetuto mille volte fosse indispensabile. Avevano appena deciso di essere pronti, aprirono la porta e si incamminarono verso l’ascensore. Io mi appoggiai allo stipite della porta blindata con la cartellina rossa.

-Non era di vitale importanza!?- dissi facendo sventolare la cartellina rossa davanti a me.

-Oh tesoro..- disse mia madre venendo a darmi un bacio schioccante col rossetto rosso.. –Come farei senza di te!!!-

Sorrisi leggermente mentre le sue labbra gentili schioccarono sulla mia guancia, mi diede una carezza e andò verso l’ascensore. Arrivò al nostro piano e dopo due secondi vidi spuntare la chioma corvina di Micol che subito salutò mia madre con profondo entusiasmo. La abbracciò affettuosamente e si fece da parte visto la fretta che sembravano avere. Le sorrisi dolcemente e lei di rimando venne ad abbracciarmi mentre le sue braccia circondavano la mia vita. Chiusi gli occhi e cercai di godermi quella sua affettuosa spontaneità inspirando affondo il suo dolce profumo di pesche selvatiche e provai un senso di familiarità e di casa meraviglioso. Lei si scostò un pò da me, mi guardò con aria interrogativa e cercò di capire il mio umore o quello che potenzialmente mi poteva infastidire. Ma stavo bene, potevo dire di sentirmi sereno e il mio sorriso spontaneo doveva averla rassicurata perché i suoi occhi, color cioccolato, prima così preoccupati ora sembravano molto più tranquilli. Le feci posto sulla porta e la feci entrare. Arrivammo in cucina e come sempre gli versai una tazza fumante di caffè che mia madre aveva preparato per il mio latte.

-Allora Jus..- disse lei posando il mento sulle mani.. –Cosa succede!?-

-Niente Mico…- dissi sedendomi di fronte a lei.. –Non cederò…-

-Cedere a cosa!?- mi disse spostando leggermente le testa sulla sua destra.. –A un ricatto!?-

-Beh forse è esagerato definirlo così..- dissi scuotendo la testa.. –Ma non divento un figlio quando lo decide mio padre. Non è una cosa che posso accettare…-

-La proposta qual’era!?- mi chiese pensierosa..

-Passare la pausa scolastica con lui in Europa..- la vidi sbattere gli occhi un paio di volte..

-Indubbiamente interessante…ma come fai senza di me quattro mesi Jus!?- disse lei sorridendo con trasporto..

-è per quello che non ho accettato..- dissi io avvicinandomi per dargli un bacio sulla guancia..

-Che bugiardo!!!- sbottò lei tirandomi il tovagliolo piagato accanto a lei, ma il suo sorriso con mezzo broncio mi misero di nuovo di un tal buon umore che andai verso la mia stanza.

Sentii i suoi passi dietro di me e la sentii sedersi sul mio letto rifatto per metà. Aspettava che uscissi dal bagno adiacente alla mia stanza canticchiando un motivetto sconosciuto. Mi piaceva sentirla così spensierata, sembrava sempre così felice. Per un po’ non sentii che il suo solfeggiare allegramente mentre sicuramente stava guardando con curiosità la mia stanza su tutte le tonalità del blu e con un delfino bellissimo come copriletto. Mi piaceva il colore del mare, del cielo mi faceva sentire libero nella natura ed io amavo perdermi nella bellezza del paesaggio. Quando tornai in camera Mico mi osservava incuriosita, la mia camera era ancora piena di molti giochi di quando ero bimbo, si trovavano sulle mensole più alte della stanza, ma erano lì a testimoniare che uno dei momenti della mia vita era trascorso ed ora ne sarebbero arrivati molti altri che finalmente mi avrebbero fatto diventare un uomo vero. Avevo però con me un peluche che mi aveva regalato la mia nonna materna che arrivava dall’Italia, il paese d’origine di mia madre. Lo custodivo gelosamente in quanto quel regalo era l’unico che mi permetteva di addormentarmi la notte solo nel mio lettino e ancora  adesso lo lasciavo sul cuscino finché non andavo a dormire. Un’abitudine un po’ strana per un ragazzo ormai maggiorenne, lo riconosco!!

-Justin…vorrei chiederti un favore..- Mico interruppe il flusso dei miei pensieri e infilati i miei jeans scuri un po’ più stretti e la mia maglia bianca a girocollo mi voltai verso di lei e prestai attenzione.

-Dimmi…- le dissi mentre prendevo lo zaino e un libro che avevo dimenticato.

-Stasera dovrei incontrare mio fratello nella discoteca dove lavora..- disse lei decisa mentre si avvicinava..

-Io c’entro qualcosa!?- chiesi incerto…

Non avevo mai conosciuto il fratello di Micol e certamente sapevo che a lei avrebbe fatto piacere, me ne parlava spesso ma per un motivo o per l’altro non c’eravamo mai incrociati visto che lui ormai da moltissimo tempo viveva da solo. Sapevo solo che si chiamava Riley e che lavorava in una discoteca piuttosto famosa in cui però non ero mai stato. Lei era particolarmente affezionata al fratello e ne parlava con amorevolezza, esattamente come io stravedevo per David.

-Vedi mia madre sarebbe più tranquilla se mi accompagnassi in questa discoteca…- disse intimidita.. –E poi…vorrei tanto farti conoscere Riley!! Siamo amici da una sacco di anni e ancora non conosci mio fratello…-

Sembrava intristita dal fatto che due persone importanti per lei in maniera diversa non si fossero ancora conosciute, così decisi che avrei fatto questo piacere alla Signora Mann, la madre di Micol che mi aveva accolto a casa sua come un figlio.

-Beh non è un problema per me..- dissi sorridendo.. –Vengo molto volentieri…-

-Davvero!?- disse lei abbracciandomi con trasporto..

-Certamente!!- dissi con decisione.. –Ma ora dobbiamo muoverci, lo sai vero che oggi ci interrogano sulla versione di latino vero?!-

Vedo Micol sbiancare e capisco immediatamente che lei nemmeno si ricordava che ci fosse una versione di latino da fare per oggi. La trascino per il braccio e cerco di farla muovere il più possibile in modo da arrivare a scuola ad un orario decente per fargliela copiare. Era da una settimana che avevamo quel compito e come al solito se n’era dimenticata. Sorrisi della sua sbadataggine e chiusa la porta di casa a chiave, cominciammo ad affrettarci per raggiungere la “Scuola italiana” che era all’incirca a un chilometro da dove abitavo io, nel centro città di Sidney. La nostra scuola era una specie di liceo linguistico che ci permetteva di studiare molto approfonditamente le lingue straniere tra cui il cinese, il giapponese, l’italiano, l’inglese e un accenno di latino e greco.

Quando arrivammo a scuola Mico si piazzò nel nostro banco e cominciò a copiare furiosamente la versione di latino. Mico ed io eravamo un po’ i secchioni della classe, dalla nostra parte avevamo il fatto che ascoltavamo le lezioni, prendevamo appunti e la nostra mente era particolarmente agevolata in quanto bastava una lettura di mezz’ora e tutto era impresso nella mente. I nostri voti molto alti erano tutto frutto della facilità di memorizzazione. A poco a poco arrivarono i nostri compagni di classe, tra cui Jennifer e Michael i nostri più cari amici. Loro stavano insieme da un anno ed erano piuttosto affiatati, solitamente io e Mico uscivamo con loro quando andavamo in discoteca e la loro compagnia era davvero piacevole. Jennifer era piccola e minuta, dalle forme davvero esili. I suoi capelli castani, lunghi e riccioli stonavano quasi con la sua figura minuscola, ma nel complesso era una bella ragazza. I suoi occhi castani con qualche spruzzo di verde infondevano sicurezza e tranquillità, capivo il punto di vista di Michael che aveva cercato da sempre una ragazza che potesse dare un senso ai giorni che trascorrevano. Lui alto come me, un fisico atletico e muscoloso abbracciava la sua ragazza quanto più poteva e i suoi occhi castani, come i capelli a spazzola, percorrevano il viso di Jennifer come una carezza. Ero contento per loro, davvero felice.

-Buongiorno..- disse Mico col suo consueto buon umore…

-Sempre a copiare i compiti di Jus…- disse Jennifer con un sorriso..

-Io odio le versioni di latino..- disse Michael roteando gli occhi..

-Chissà cosa si è inventata oggi Elvis…- dissi sorridendo di gusto..

Elvis era la nostra professoressa di latino, una donna arcigna e con una improponibile pettinatura anni venti. Era una donnina gobba, con gli occhiali che arrivavano nell’ultima parte del suo naso aquilino e con mille brufoloni terribili in tutto il viso. Come al solito la mattinata passò con le interrogazioni di fine anno, ne affrontai due, una di latino e una di algebra. Entrambe andarono bene ma la mia mente era altrove. Osservavo il grandissimo comprensorio che ospitava la nostra scuola e mentre osservavo uno scorcio di cielo blu mi tornarono alla mente quegli occhi espressivi ed intensi. Per un minuto la mente si confonde e mi sento smarrito, ancora non ho capito cosa volesse intendere con quella frase.

“Io…ottengo sempre quello che voglio!! Ricordatelo ragazzino presuntuoso…”

Scrollai la testa, mentre Mico, sorpresa mi osserva con curiosità.

-Justin, stai bene!? Sei strano…-

-No no…stai tranquilla..- dico silenziosamente.. –Senti…vieni da me oggi pomeriggio, tanto poi dobbiamo andare da tuo fratello giusto!?-

L’interrogazione di trigonometria andava per le lunghe, ma il sorriso affermativo di Mico in risposta alla mia domanda mi fece riprendere tranquillità e tornai volentieri agli argomenti che si stavano affrontando alla cattedra. Non pensai più a quello strano ragazzo conosciuto in gelateria e la giornata proseguì facilmente tra lezioni, mensa e risate con i miei compagni di classe. Eravamo in venti, dodici ragazze e otto ragazzi. Era semplice stare insieme a loro, sicuramente eravamo piuttosto affiatati nonostante ognuno di noi avesse delle preferenze nelle proprie amicizie.

Le giornate al Charles Darwin erano piuttosto impegnative, ma il venerdì si riusciva ad affrontarlo con un certo spirito sereno e goliardico, l’idea del fine settimana era sempre piacevole in ragazzi come me che aspettavano quel momento della settimana per divertirsi ed andare a spassarsela in giro. Quando uscimmo da scuola passai alla larga dalla gelateria, erano le quattro e mezza e temevo di poterci trovare ospiti sgraditi, non volevo umiliarmi nuovamente, non volevo nemmeno parlarne. Quando arrivammo a casa infilai le chiavi nella toppa e insieme a Mico ci rilassammo per qualche istante sul letto, l’uno di fronte all’altro. Lei mi osservava e ogni tanto mi accarezzava una guancia attenta a non deformarne i contorni.

-Sei arrossito…- disse socchiudendo gli occhi.. –Che c’è?!-

-Niente..- dissi semplicemente.. –Mi capita a volte quando ho caldo..-

-Qualsiasi cosa succeda puoi dirmela…non adesso, quando ti sentirai pronto!!- mi disse tranquilla..

Sorrisi riconoscente e la invitai a seguirmi in cucina, dove avevo delle polpette che avevo cucinato io stesso il giorno prima, purtroppo non avevo sempre tempo di dedicarmi spesso alla cucina e sapevo che Micol adorava quando preparavo qualcosa per lei. Misi le polpette nel microonde a scaldare e nel frattempo mettemmo la tovaglia per prepararci a mangiare, ascoltammo un po’ di musica, mentre le note di Bruce Springsteen, uno dei nostri cantanti preferiti, si diffondevano nell’aria. Non ero teso per la serata, non era certo la prima volta che andavamo in discoteca, ma conoscere una persona mi metteva sempre un po’ a disagio. Sperai di trovare una persona ben disposta nei miei confronti, ne andava per il bene di Micol a cui ero terribilmente affezionato. Avrei fatto del mio meglio per andare d’accordo con questo Riley e anche se non lo avessi trovato accomodante, lo avrei fatto per lei, solo ed esclusivamente per lei. Questa premessa che mi ficcai bene in testa mi aiutò per il resto delle ore che passammo insieme e quando venne il momento di prepararci erano ormai le nove e mezza. David e mamma rincasarono, Micol corse loro incontro e abbracciandoli gli diede il benvenuto. Erano allegri e socievoli quindi conclusi che all’agenzia tutto doveva essere andato a gonfie vele. Li sentivo parlare tutti con animazione mentre sghignazzavano, mio fratello diceva alla mia amica che per farmi capitolare doveva impegnarsi di più e che non mi capiva, per loro dovevo fidanzarmi subito con Micol e non pensarci più. Non amavo quando discutevano di questo, sapevo che lei non gli dava ascolto perché entrambi sapevamo cosa aspettarci dal nostro rapporto, però lo trovavo un po’ invadente da parte loro. Quando raggiunsi la cucina ormai pronto, mia madre e Mico approvarono i miei jeans scuri con la camicia bianca sopra una canottiera nera. Il vestito  argentato di Micol le donava in modo particolare e la sua lunga coda alta era arricchita con brillantini anch’essi color argento, sarei stato molto invidiato.

-Mi raccomando, divertitevi al vostro appuntamento..- disse mamma sbirciando dalla porta della cucina..

-Mamma..- dico guardandola di sottecchi.. –Non è un appuntamento e non è la prima volta che usciamo insieme per andare in discoteca..-

-Beh non si sa mai…- la guardo scuotendo la testa e chiudo la porta..

-Perché ho una famiglia suonata..- gli dico mentre apro la porta dell’ascensore..

-Beh loro sono un po’ suonati è vero..- rispose lei sorridendo.. –Però sono così dolci..-

Lei sapeva che a volte mi sentivo un po’ solo data la loro assenza nella mia vita, ma nonostante tutto ero consapevole che a modo loro mi amassero e si comportassero così per come era la nostra situazione familiare. Mia madre aveva un’idea tutta sua di prendersi cura di un figlio e del suo benessere, il denaro indubbiamente era importante ma avrei preferito mille volte sentirla più vicina che avere tutti gli agi materiali che hai giorni d’oggi hanno tutti i ragazzi di questo mondo. Mentre percorrevamo la strada verso la discoteca Micol era sorprendentemente silenziosa, pensava a qualcosa che mi era impossibile comprendere ma decisi di rispettare il suo essere taciturna lasciando che mi guidasse per il quartiere, ci stavamo avvicinando al centro ed eravamo all’angolo tra Park Street e Elisabeth Street, non poco lontano da Chinatown. Percorremmo  ancora mezzo chilometro forse, quando nel colorato mondo notturno di Sidney Micol si fermo e guardò di fronte a sé un imponente edificio meraviglioso dall’altro lato della strada. Non capivo la sua titubanza ma quando meno me lo aspettai lei si rivolse verso di me con sguardo truce.

-Ci sono delle cose che non ti ho mai detto..- disse seria.. –Non perché me ne vergognassi ma perché ho sempre pensato che le scelte di vita di mio fratello dovessero essere tali e a me non hanno mai creato nessun tipo di problema..-

-Non capisco…- risposi sorridendo..

-Il Black Magic…- disse voltando lo sguardo verso il locale.. –Mio fratello lavora qui come ragazzo immagine..-

-E pensi che questo mi sconvolga!?- chiesi guardandola di traverso..

-No…ma…non è solo quello..- disse tirandomi per un braccio.. –Capirai una volta dentro..-

Rimasi confuso da quella rivelazione a metà, ma non capii la vera portata di quelle parole. Io mi aspettavo una semplice discoteca piena di ragazzi e ragazze urlanti mentre cercavano di accalappiarsi rispettivamente una donna od un uomo con cui passare la serata. Quando attraversammo la porta del locale nessuno ci chiese quanti anni avessimo o se fossimo minorenni, non era mai stato così semplice entrare in una discoteca, ma dalla confidenza che Micol mostrava con i buttafuori e le persone lì nell’entrata capii che non doveva essere la prima volta che ci andava. La cosa non mi stupì perché in fondo Riley era lì che lavorava.

Una tenda color porpora divideva il locale brulicante di ragazzi urlanti scatenati a ritmo di musica, da un atrio piuttosto grande in cui c’era tranquillità relativa. Tutti parlavano, si giravano a guardarci e a commentare tra di loro. Non mi diede fastidio, non ci feci neanche caso, i loro sguardi non giudicavano, semplicemente sembravano ammirare. Quando la tenda si aprì si spalancò un mondo, ma non quello che conoscevo, non quello in cui ero abituato a vivere, un mondo fatto di persone che non avevo mai frequentato così da vicino. Rimasi bloccato sulla porta qualche istante, mi guardai intorno e pensai che non avevo mai visto ragazzi e ragazze così colorate, così felici di vivere come loro. Cantavano, ballavano con così tanta energia che oltre a rimanerne confuso ne rimasi sorpreso ed affascinato. Donne che ballavano con donne, uomini che ballavano con uomini, vicini gli uni agli altri si guardavano con amore come se fosse la cosa più normale al mondo. Ed era normale, solo lontano dalla vita in cui ero vissuto io.

Aprii leggermente la bocca mentre realizzai che quello era un locale per omosessuali e arrossi immediatamente mentre realizzavo che un gruppo di ragazzi stava guardando me con uno sguardo decisamente troppo famelico. Mi avvicinai all’orecchio di Mico e cercai parole che non avevo, poi presi coraggio e la presi per un braccio.

-Perché non me lo hai detto!?- chiesi stordito..

-Non saresti venuto se te lo avessi detto..- mi spiegò lei colpevole..

-Non sono omofobico..- dissi guardandola rattristito..

-No…cos’hai capito!?- mi disse lei prendendomi con entrambe le mani il viso.. –Sei così timido a volte Justin!! Avevo timore di metterti in difficoltà..-

Non che ora andasse meglio, mi sarei potuto preparare psicologicamente almeno!! Mi guardai un po’ attorno cercando di capire se tra le tante persone scorgessi quella che più somigliava a Micol.

-Sei arrabbiato con me!?- chiese lei mortificata..

La guardai qualche istante con i suoi occhi lucidi che stavano per cedere alle lacrime e in fondo sapevo che non potevo essere arrabbiato, gli volevo troppo bene per prendermela, solo mi spiaceva che si fosse tenuta dentro tutto per così tanto tempo.

-Certo che no..- gli dissi abbracciandola mentre la sollevavo da terra.. –Non potrei mai avercela con te..-

Lei mi strinse leggermente mentre la folla ci spingeva leggermente in mezzo alla pista. Si stava creando un cerchio intorno a noi e, nonostante il contesto inusuale, non mi sentii particolarmente a disagio, erano ragazzi come noi e ballavano, si divertivano.

-Dov’è tuo fratello!?- chiesi con curiosità..

-Non so…non lo vedo…- disse mentre cominciava a muoversi anche lei a ritmo di musica…

-Qui dentro fa caldissimo..- dissi mentre le mie guance si coloravano leggermente..

-Togliti la camicia..- disse lei mentre già era indaffarata a sfilarmela dalle braccia..

-Mico…- dico mentre cerco di divincolarmi.. –Non è il caso di dare spettacolo no!?-

Ormai le mie guance erano irrimediabilmente in fiamme e lei sorrise di gusto mentre guardandosi intorno notò un certo interesse che aleggiava intorno a noi. Lei sa quanto mi metta a disagio essere osservato ma il suo sorriso così contagioso mi riscalda il cuore e poco a poco cerco di recuperare un po’ di lucidità. So che Micol si sente a suo agio, è abituata a vivere in questo mondo lo vedo da come sorride ad alcuni che passano e la salutano. Lei mi lancia uno sguardo e si avvicina provocante mettendomi le braccia al collo.

-Hai decisamente un sacco di fans Justin..- e mentre sorride di gusto nasconde il viso nell’incavo del mio collo..

Il suo respiro caldo mi solletica la pelle e il  suo odore di fragola diventa intensissimo mentre si avvicina ancora di più per buttarmi le braccia al collo benché faccia molta fatica ad arrivarci. Si alza un po’ in punta di piedi e mi chiede di ballare. La guardo serio e si, è vero lei è davvero bella e quando vuole sa come ottenere quello che desidera. Ma non è lei che voglio, l’ho sempre saputo.

Quando inizia “Heartbreak make me a dancer” diventa incontenibile e mi trascina lungo la folla per raggiungere un  piccolo palco rialzato. Siamo circondati da una folla impazzita che provocante balla e danza sensualmente, so che Micol è un vulcano quando inizia a ballare e so già che attirerà l’attenzione. Un piccolo gruppo si discosta da noi e ci lascia dello spazio, lei mi prende le braccia e velocemente si rifugia contro il mio petto stringendosi ai miei fianchi. Non mi imbarazza sentire il suo corpo vicino al mio e tanto meno provo fastidio se gli capita che mi sfiori, non lo fa con malizia e ho già ballato altri mille balli sensuali con lei. È più forte di lei, quando balla diventa una cacciatrice e non riesce a fare a meno di avvicinarsi pericolosamente, tanto meno io sono capace di impedirglielo. Metto le mani sulla sua schiena e la tengo vicina a me mentre lei apre gli occhi e guarda dentro i miei come se fosse presa chissà da quali cose. Balliamo così, vicini, stretti l’uno all’altro mentre non ci rendiamo conto che intorno a noi la folla si fa più densa  e ci lascia sempre più spazio. Le sue anche ondeggiano dolcemente mentre il suo braccio percorre lentamente il mio petto, il mio collo e arriva tra i capelli, il suo viso è molto vicino al mio ma ora anche lei sembra un poco arrossita, mi guarda dolcemente e sorride. Percorro il suo braccio destro che era lungo il suo fianco e sento un brivido lungo la sua pelle, forse è una reazione involontaria ma appena la guardo vedo del panico nei suoi occhi e subito dopo appoggia la fronte alla mia spalla.

-Mi hai fatto il solletico..- mi dice poco dopo mentre riprende il suo atteggiamento provocante..

Ci guardiamo un po’ intorno e ci accorgiamo che molti ci osservano rapiti, estasiati mentre i nostri corpi fasciati nel vestito e nei jeans si muove con movimenti energici e seducenti, ci stacchiamo un po’ l’uno dall’altro ma sorridiamo consapevoli che stavamo attirando l’attenzione di tutti li dentro. Lei si avvicina nuovamente a me, mi butta le braccia al collo e vi posa un bacio, con le sue dolci e morbide labbra. La stringo e vorrei dirgli tante cose, che lei probabilmente sarebbe la sola giusta per me ma…appoggio solo la mia testa alla sua e la conduco lungo quella lunga danza seducente.

Dopo qualche istante mi guardo attorno e rimango per un attimo senza fiato, due ragazzi stretti l’uno vicino all’altro ballano un travolgente ballo sensuale. Se non avessi conosciuto il nostro rapporto avrei avuto qualche dubbio circa al legame che ci legava. Quando sullo schermo l’inquadratura si strinse, il primo piano del mio viso divenne qualcosa di enorme e nella sala si aprii un boato impressionante, arrossii un poco ma ebbi l’impressione di vedere il mio viso per la prima volta. I miei capelli biondi, i miei occhi verdi con quella forma a cerbiatto, la mia bocca dove il labbro inferiore era leggermente più pieno di quello superiore. Mi dicevano che avevo un viso angelico, quasi troppo bello per essere reale, quasi troppo femminile per essere come quello di un uomo. Ero davvero io!?

-Mico guarda!!- dissi per placare il flusso dei miei pensieri..

Lei si girò di scatto e alzata la testa dove gli indicavo, vide i nostri visi appiccicati l’uno all’altro e sorrise con la sua bocca dolcissima. Sorridemmo entrambi ed un altro boato si aprii ancora più feroce. Uomini e donne sembravano impazziti, ma per la prima volta potei dire di non essermi sentito particolarmente a disagio, avevo conosciuto un mondo diverso, dove tutto funzionava al contrario rispetto al mio, ma potevo dire di averlo almeno visto per una volta nella mia vita.

-Vieni Justin..- mi disse Mico tirandomi per un braccio.. –Ci sono degli amici di mio fratello…-

I colori di quella discoteca sono meravigliosi e attirano il mio sguardo ovunque. Mentre mi guardo attorno inciampo, ma  mi lascio comunque guidare da Micol. All’improvviso vedo un ragazzo su di un cubo non troppo lontano da noi. Dietro di lui una luce non mi permette di vederlo bene ma ho come l’impressione che il suo sorriso sia rivolto verso di noi e mi ricorda qualcuno. Mi fermo ad osservarlo un istante incapace di capire se fosse davvero lui oppure no. E nello stesso istante che me lo chiedo la mia mente va nel panico, non so perché mi innervosisce così il pensiero di rivederlo, forse perché in fondo non lo capivo e odiavo la sua presunzione. Eppure la curiosità di capire se era lui mi pizzicava e per un istante mollai la presa di Micol. Mi incamminai qualche passo, ma mi bloccai all’istante pensando che fosse assurdo, non lo avrei mai più incontrato e la mia immaginazione stava correndo troppo, la voglia di rispondergli a tutte quelle battute assurde di ieri mi faceva sragionare. Micol mi raggiunse subito e si avvicinò all’orecchio.

-Cos’è!? Vuoi svignartela!?- mi chiese ridendo..

-No...- dissi scuotendo la testa.. –Mi sembrava di aver visto qualcuno che conoscevo, ma mi sbagliavo..-

Lei mi guidò tra la folla, camminammo due minuti buoni prima di riuscire a schivare tutte le persone che c’erano in pista, ma finalmente cominciai a vedere più nitide le pareti rosse di fronte a me. Mi guardai ancora un secondo intorno, un pò stordito dalla confusione, dai colori, dalle emozioni provate e per un secondo mi distrassi mentre sentivo che Micol mi lasciava la mano. Non mi girai subito, troppo preso dal riordinare le idee prima dell’incontro con il famoso Riley e solo dopo qualche secondo decisi di voltarmi proprio mentre Mico mi tirava per un braccio.

-Ragazzi…vi presento il mio migliore amico..- disse raggiante.. –Lui è Justin Herstrass..-

Beh…non ci crederete ma appena mi volto, il mio volto arrossato si fa paonazzo. La mia bocca si apre leggermente incredula quando mi rendo conto che ho davanti gli stessi ragazzi di ieri, loro sono stupiti almeno quanto me e l’associazione nelle nostre menti è la stessa, o almeno credo. Se ci sono loro…c’è anche lui!! Li osservo stanco quasi rassegnato e sorrido con stento, Mico mi guarda stralunata senza comprendere visto che non sa nulla.

-Sei proprio tu!?- mi disse lo stesso ragazzo che aveva parlato con me ieri..

-Già…come nei peggiori incubi..- dico io sorridendo con timore..

-Fatemi capire…mi sono persa qualcosa..!?- mi chiede lei con aria interrogativa..

-Niente di che…- rispondo imbarazzato.. –Tranne un bagno di gelato a un tizio..-

-Chi!??!- mi chiede lei stupita… -Perché non me lo hai detto!?-

-Perché non è stato né piacevole, né divertente..- rispondo sorridendo mestamente..

-Micol come mai sei qui!?- gli chiedono con curiosità..

-Sto cercando mio fratello e poi vorrei fargli conoscere Justin..- spiega lei docilmente..

Li vedo guardarsi l’un l’altro con fare stupito, ma non commentano. Non penso al perché di quegli sguardi e semplicemente cerco di non pensare se da un momento all’altro quello strano tipo dovesse comparire davanti ai miei occhi. Sento il cuore cominciare a martellare dal panico e mi chiedo come mai questo incontro mi debba condizionare così, ovviamente non mi va di fare la figura del pollo ma il trucco sarà salutare e portare fuori i tacchi. Semplice…

Mi giro verso la folla di ragazzi che ballano senza sosta, i loro corpi sono sudati e indubbiamente molto belli da esibire. Alcuni si girano e mi rivolgono qualche sorriso audace, ricambio timidamente e cerco di distrarmi per non pensare. Il ragazzo con cui ho parlato ieri mi allunga una bottiglietta di birra, lo guardo riconoscente e gli sorrido con gratitudine. Facciamo tintennare le rispettive bottiglie e beviamo un sorso.

-Grazie…sei stato davvero gentile..- gli dico volgendomi verso di  loro..

-Figurati…ma non ci siamo presentati..- mi dice lui parlandomi all’orecchio.. –Io sono Ben, mentre loro sono Mike, Orlando, Simon, Jason e Clarke…-

Mi indicava ogni singolo ragazzo che mi era vicino e fu così che cominciai ad avvicinarmi a quel gruppo. Micol era allegra e allo stesso tempo ansiosa, si guardava attorno con impazienza. All’improvviso notai il suo viso cambiare, un enorme sorriso eclissò il broncio che aveva disegnato sul viso e vidi i suoi capelli svolazzare dietro di me.

Ecco è stato quello il momento….quello che ha cambiato completamente la mia vita!!!!

Notai lo sguardo dei ragazzi davanti a me e Ben mi fece cenno con gli occhi di girarmi, c’era qualcuno che dovevo conoscere. Rigirai per qualche secondo la birra tra le mani e alla fine, con un sospiro profondo, cominciai a voltarmi su me stesso. Il mio viso fino a qualche istante fa tranquillo, cominciò a imporporarsi leggermente mentre con gli occhi bassi percorrevo la distanza che divideva i miei piedi da quelli di Micol.

Lui è alto, sicuramente più alto del mio metro e settanta, mi supera di dieci centimetri sicuramente e i suoi capelli sono neri, neri come la pece. Il cuore palpita irregolarmente, forse non mi sentirei così agitato se non stessi per conoscere il fratello di una persona a cui voglio bene come a Mico, ma in quel momento temo che il motivo non sia solo quello. Perché quel ragazzo ha un’aria familiare, le sue mani così perfette quei capelli così sbarazzini. E i suoi occhi…non potevo certo dimenticarli dopo averli visti così da vicino!!

Si il suo  sguardo era rivolto alla sorella, questa volta nel suo viso non c’era nessun’aria di scherno. Gli sorrideva amorevolmente e datogli un bacio sulla guancia la strinse ancora un po’ a sé. Ed era totalmente assurdo che la mia testa fosse così vuota, lo guardavo con occhi sgranati senza rendermi conto che lui era Riley, lo stesso ragazzo che un giorno prima mi aveva fatto impazzire con la sua stranezza. E stasera lo ritrovo come fratello della mia migliore amica, nella discoteca omossessuale in cui lavora….ed ora capisco, lui stesso è gay.

-Non è possibile..- sussurro scuotendo la testa..

-Come nei peggiori incubi..- mi fece eco quello che doveva essere Mike..

Mi lascio sfuggire una piccola risata mentre mi volto verso quelli che dovevano essere gli amici di Riley quindi. Lo guardai ancora e più lo osservavo più mi rendevo conto che lui era un uomo virile, senza ombra di dubbio, molto diverso dal genere stereotipato di persona omosessuale che tutti pensano. Ed era esattamente bello quanto un diavolo tentatore, i ragazzi attorno se lo mangiavano con gli occhi e un ragazzo così certamente poteva avere tutti o tutte quelle che voleva. Poi alzò lo sguardo, ma nel vedermi, ecco nuovamente quel sorriso diabolico che si alzava specialmente dalla parte sinistra del suo viso. I suoi occhi mi scrutavano e nuovamente il mio colorito, controllato a fatica fino a poco tempo fa, si fece nuovamente accesso.

-Justin..- dice lui con aria provocatoria.. –Non sapevo avessi un così bel nome…-

-Riley..- rispondo io facendo cenno affermativo con la testa..

-Non dirmi…- disse Micol parandosi di fronte a me..

-è lui si quello a cui ho rovesciato addosso il gelato..- dissi scocciato..

-Oh cavolo..- disse Mico ridendo divertita…

I  suoi occhi e la sua vicinanza mi confondevano, non sapevo davvero come avrei potuto gestirla. Cercavo di non guardarlo mai in viso, il suo modo di osservare era piuttosto imbarazzante. Mi scrutava, era come se cercasse un mio punto debole per “colpirmi” ed io non ero decisamente nella posizione di ribellarmi, avrei ferito Micol,  l’avrei allontanata ed era l’ultima cosa che desideravo. Lei stava parlando con Clarke lì affianco, rideva e immaginai che gli stessero  raccontando la mia misera figuraccia. Lui era di fronte a me e poco dopo me lo ritrovai vicino, si era leggermente abbassato sul mio orecchio e aspettai che la sua voce mi ferisse le orecchie come ieri pomeriggio. La sua vicinanza, come sempre, mi provocò un misto di paure. La curiosità di capire e la voglia di non sapere nulla, di togliermi dagli impicci immediatamente.

-Speravo di rivederti..- disse con il suo sguardo furbo..

-Perché dovresti!?- gli rispondo guardando sempre dritto dinnanzi a me.. –E comunque avrei preferito evitarlo..-

-Ho fatto colpo allora..- disse con un tono malizioso..

-Forse dovresti essere meno sicuro di te..- gli rispondo inchiodandolo con lo sguardo, occhi con occhi..

Justin….rimani lucido…rimani lucido!! Non puoi perdere questo confronto, fatti valere è un ragazzo come tanti e non c’è niente che può sconvolgerti a tal punto da dover soccombere. I suoi occhi non hanno alcun potere su di me e mantieni i piedi a terra perché nè il suo profumo inebriante, nè la voce suadente e ammaliatrice possono sedurti. Tu non sei come lui e certi trucchi su di te non hanno effetto!!

-Te l’ho già detto…ottengo sempre quello che voglio Justin..- mi disse lui dopo aver sorriso a lungo guardandomi nel profondo delle iridi..

-Non capisco cosa ci sia da volere..- gli rispondo scuotendo la testa… -Ci siamo conosciuti e ti rispetterò perché sei il fratello della persona a cui sono più affezionato, ma a parte questo la nostra frequentazione termina qui!-

-Sei un ragazzino..- mi disse sorridendo.. –Non mi conosci…e cambierai idea su di me…-

Mi sorpassò velocemente mentre voltandomi vidi il suo viso puntato su di me. Cosa voleva!? E soprattutto perché si comportava così!? Sospirai pesantemente ma rasserenato dal fatto che dopo questa serata il capitolo Riley si sarebbe chiuso in un cassetto e non sarebbe mai più stato aperto. Avrei cercato accuratamente di rimanere lontano da questo tizio decisamente troppo strampalato per me e sarei tornato alla mia solita vita di sempre.

-Non ti è molto simpatico..- mi dice Ben tornandomi vicino..

-Non è quello..- dico cercando di mascherare il fastidio che provavo.. –Ho sempre avuto un rapporto contrastante con chi è troppo sicuro di se stesso…-

-Non sei certo in una buona posizione..- disse lui osservando i due fratelli…

-Che intendi dire?!- dissi socchiudendo gli occhi..

Ben sembrava confuso, mise la bottiglietta di birra alla bocca e tracannò un po’ di liquido chiaro. Sembrava ragionare sul cosa dirmi, ma dopo aver osservato un pò Micol ballare e Riley alla sua postazione sul cubo, sembrò deciso su quello che voleva dirmi.

-Beh…Micol è la tua migliore amica no?!- mi disse guardandomi.. –E per forza di cose ti toccherà frequentare Riley più di quanto ti immagini..-

La cosa ovviamente mi gettò nello sconforto più totale ma non lo diedi a vedere. Alla fine Micol con la sua allegria sfrenata ci portò tutti sotto il cubo di Riley a ballare e lì per lì la serata sembrò prendere una piega diversa. Spesso sentivo uno sguardo costante su di me e il rossore alle guance diventava molto più pronunciato, ma veniva subito plasmato dalla dolcezza di Micol che quando mi vedeva in difficoltà mi raggiungeva e ballava con me. Sentivo che quando ballavo con la sorella lo sguardo di Riley si faceva più insistente, volesse chissà scoprire quali segreti potessimo nascondere, diventava difficile ignorarlo in quei frangenti e a volte, quando ero troppo in soggezione, il mio sguardo si rivolgeva a lui ed inevitabilmente non potevo far altro che imbarazzarmi e sentire il cuore scoppiettare di rabbia.

Lui era un cacciatore, sembrava volesse incastrare le sue prede nell’angolo più stretto possibile per impedirgli di fuggire e in quel frangente io mi sentivo, probabilmente sbagliandomi, il coniglio che lui stava cercando di intrappolare. Distolsi lo sguardo cercando di controllarmi, convincendomi che mi lasciassi influenzare dalla natura dei gusti sessuali di Riley, ma sentivo che qualcosa mi stava sfuggendo di mano. Stavo reagendo nel modo sbagliato semplicemente perché i messaggi che criptavo non erano esatti. Dovevo semplicemente rendermi conto che lui stava giocando mentre la sensazione che volesse incastrarmi era solo qualcosa di inconscio, dettato dalla supposizione che lui, essendo omossessuale, potesse provarci. Mi calmai un poco dopo che pensai razionalmente che era assolutamente improbabile la possibilità di piacere a Riley e quindi mi rilassai godendomi quei momenti di libertà e di svago. Riley ballava costantemente e senza un minimo di sosta, gli uomini intorno impazzivano per lui e lo sapeva. I suoi sorrisi e movimenti erano un modo per affascinare, conquistare, ammaliare e sicuramente doveva essere un buon seduttore.

La discoteca sempre affollatissima sembrava in un momento di relax e dopo qualche istante inaugurarono i balli soft, lenti che aggiungevano romanticismo a quelle tante coppie innamorate che si guardavano occhi negli occhi. Era commuovente vederli così innamorati e sapere che vivere alla luce del sole un sentimento semplice e meraviglioso per loro era quasi impossibile. Micol era stata invitata da una ragazza molto carina che rideva e scherzava con la mia amica con naturalezza e semplicità, erano a loro agio. Dovevano conoscersi già da tempo dal modo in cui parlavano, così sciolto e amichevole. Chissà quanti altri aspetti di Micol non conoscevo e sorrisi, perché mi venne da pensare che chissà quante cose di me stesso non avevo compreso. Preso da questi pensieri passeggeri mi ero portato affianco lo spalto in cui ballava Riley, mi sentivo in una posizione riparata da sguardi nonostante il cubo non fosse poi così alto e avevo recuperato il controllo necessario. Nascondendomi pensai di essere al sicuro.

Fu subito dopo che provai un senso di vertigine tremendo mentre un braccio, con forza, mi aveva preso quasi dalla vita e con energia mi aveva tirato su, al di sopra delle teste che prima erano alla mia stessa visuale. Provai un brivido nel sentire quel corpo troppo vicino al mio, cercai di illudermi che quella mano calda che sentivo vicino alla mia pelle potesse essere di chiunque ma non la sua, non volevo fosse la sua. I miei piedi ancora non poggiavano a terra e il suo respiro lo sentivo così vicino, sapeva di menta freschissima e percorrendomi lentamente il collo mi aveva provocato un brivido.. Ahimè incontrollabile!!! Potei sentire le sue labbra, vicine ai miei capelli, aprirsi in un sorriso trionfante, la mia pelle diventò rovente dalla vergogna e cercai di liberarmi da quella stretta vigorosa e passionale. Mi sentivo imbarazzato come non mi era mai accaduto, sapevo che lì intorno ci stavano osservando e stavamo attirando l’attenzione. Quando mi liberai dalla stretta di Riley con enorme sforzo mi girai verso di lui con le guance ormai in fiamme. Sapevo che intorno non sapevano cosa stesse succedendo, ma se volevo farmi valere senza diventare una “preda” dei suoi divertimenti, questo era il momento di farlo.

-Smettila di prenderti gioco di me Riley..- dissi avvicinandomi a lui per essere più chiaro.. –Io non sono un giocattolo con cui giocare a tuo piacimento..-

-Nessuno si sta prendendo gioco di nessuno..- disse lui con tono chiaro e deciso..

-Non esercitare il tuo potere su di me…- dissi con aria determinata.. –Non funziona e odio essere preso per il culo..-

Gli Abba…”Chiquitita”… Non mi aspettavo certamente di ritrovarmi ad ascoltare questa canzone in certi frangenti, non mi stavo rendendo conto che tutto stava prendendo una piega che non sapevo controllare. Non riuscivo a gestire Riley, non sapevo come togliermi da quelle situazioni imbarazzanti, non sapevo spiegarmi la debolezza che mi colpiva quando quel ragazzo diventava terribilmente insolente e cercava di mettermi in difficoltà.

-E tu che ne sai eh!?- mi disse tirandomi di colpo a se..

Mi ritrovai a un centimetro dal suo viso con le mie mani su quel petto scolpito e sicuramente più ampio del mio. Le sue mani erano ancorate ai miei fianchi, mi teneva stretto a lui, mi sentivo così turbato da non riuscire a pensare razionalmente. Le lacrime mi salirono agli occhi mentre un misto di umiliazione, rabbia, dolore, emozione e turbamento si agitavano dentro di me con prepotenza. Cercai di ribellarmi a quel contatto serrando i pugni sul petto e provando a dimenarmi con tutta la forza che avevo, lui mi prese con forza il braccio, alzai lo sguardo e quando lo guardai ebbi l’impressione di scorgere nei suoi occhi un minimo di dolcezza.

-Smettila…ci stanno guardando tutti..- dissi pregando che mi lasciasse andare..

-Arrenditi Justin..- mi disse col tono di voce più dolce che avessi mai sentito fino ad ora con me.. –Chiunque vorrebbe ballare con me in questo momento.. Tutti ti guardano perché non capiscono per quale motivo dovresti rifiutarmi! Ho scelto te…-

Le sue braccia così gentili adesso percorsero la mia schiena, lentamente, mentre nel sentirlo un altro stupidissimo brivido mi colse impreparato e abbassai intensamente il capo per nascondere la confusione che provavo. Lo sentii sorridere dolcemente mentre le sue braccia mi avevano avvolto la vita e mi tenevano stretto a lui, con intensità, con destrezza e sensualità. Sentivo i movimenti fluidi e seducenti del suo corpo che mi guidavano, che mi trasportavano in un mondo che non conoscevo e che mi cullavano in quel tepore. Sapevo che se avessi guardato il suo viso non avrei retto e sarei nuovamente arrossito, i suoi occhi mi avrebbero incatenato e non sarei più riuscito ad uscire incolume con la testa completamente lucida.

-Guardami Justin…- mi sussurrò all’orecchio.. –Non capisco perché tu non riesca a guardarmi con quei tuoi occhi così espressivi e sinceri…-

-Non ti guardo perché so già cosa troverò sulla tua faccia..- risposi con le lacrime che pungevano ai bordi delle ciglia.. –Sembra che tu goda nel volermi umiliare…-

-Non hai capito nulla…- mi disse teneramente.. –Guardami e ti dimostrerò che ti sbagli…-

-Smettila di prenderti gioco di me Riley…smettila!!- dico alzando un poco la voce..

-Io mi prendo sempre quello che desidero…- mi sussurra ancora all’orecchio, ferendomi ancora nell’anima senza capire il significato di quelle parole..

-Non riesco a capirti…- dissi cercando questa volta il suo sguardo…

Ma quel viso così troppo vicino, quegli occhi troppo espressivi mi fecero cadere in un buco nero. Mi stava annientando il cervello, non capivo più nulla di quello che mi stava succedendo.

Cosa vedevo in quegli occhi che mi avevano così ammutolito!? Cosa voleva soprattutto lui da me?

Non so perché ma in quel momento mi arresi, ero caduto nella sua rete e quello era il suo mondo, anche volendo non ero riuscito ad oppormi. Sapevo che la mia vita non avrebbe subito cambiamenti una volta scoperto questo mondo parallelo e così lontano da me, forse non avrei mai raccontato di aver ballato con un ragazzo ma non lo trovai comunque scabroso anche se insolito. Avrei continuato ad essere Justin, a vivere la mia vita, a sentirmi solo e arrabbiato col mondo. Non importava se quel ragazzo dagli occhi del mare profondo sembrava guardarmi e stringermi promettendomi silenziosamente qualcosa che non potevo comprendere. Non avrebbe sconvolto la mia vita, era impossibile!!

Una volta che la musica cominciò a farsi più lenta e andava scemando, sentii le braccia di Riley rallentare la presa, il mio sguardo negli ultimi istanti si era fatto tenace e non aveva mai abbandonato i suoi occhi sorridenti e allo stesso tempo furbi. Non sapevo bene cosa fare in quei frangenti, lui mi teneva ancora e girando leggermente gli occhi alla mia destra notai Micol con uno sguardo di totale disapprovazione dipinto sul volto. Cercai di fare finta di nulla mentre in qualche modo allargai le mani su quel torace per cercare di allontanarmi, sentii chiaramente la resistenza delle sue braccia che ancora mi portarono verso di lui e mi tennero qualche istante ancora così, come se gli bastasse quel semplice contatto per cambiare le cose. Provai una sorta di tenerezza alla fine per quel ragazzo così arrogante e presuntuoso, ma anche se molto in fondo, qualcosa di lui mi aveva toccato il cuore.

-Devo…devo andare Riley..- dissi timidamente, la voce quasi un sussurro...

-Deve essere stato tremendo ballare con me se vuoi già andartene..- disse con la sua voce maliziosa...ma lui sapeva e aspettava solo che mi sbilanciassi in qualche modo..

-Mico mi sta aspettando e poi devo tornare a casa..- dissi superandolo e cercando di scendere dal cubo..

Non feci in tempo a raggiungere le scale che sentii la sua mano prendermi il polso sinistro.. Quante volte ancora voleva fermare il mio cuore quest’uomo, solo con la forza della sua presenza!?

-Ti rivedrò!?- mi chiese mentre lo guardavo con la coda dell’occhio..

Deglutii rumorosamente, sapevo che da come mi stava osservando non gli sarebbe sfuggito nulla delle mie reazioni e provai a controllarle il più che potevo. Tutto il tempo che avevo passato con lui avevo sentito il viso rovente, sapevo che lo aveva notato..

-Non…non credo…- dissi liberandomi dalla stretta e correndo giù a perdifiato.

Quando tornai in mezzo alla folla mi sentii più tranquillo e provai un senso di sollievo. Mico mi aveva raggiunto e non mi disse nulla, mi fece solo un gran sorriso e cominciò a ridere e scherzare. Gli amici di Riley intorno a noi ridevano anch’essi, lanciandomi ogni tanto qualche occhiata furtiva.

Cominciai a vedere Riley che raccoglieva la roba dalla sua postazione, forse segno che il suo turno era terminato. L’idea che lui potesse passare del tempo con noi mi rese nervoso, tanto che presi la decisione istantanea di tornare a casa immediatamente.

Fu difficile convincere Mico che tutto era a posto e che non mi sentivo a disagio, ma non saprei spiegare come arrivammo alla decisione di lasciare quella discoteca affollatissima insieme. Quello che non mi perdonerò mai è di essere stato troppo debole e di essermi ritrovato alla fine nella stessa macchina con Mico e Riley. Mi guardavo attorno distrattamente, le vie di Sidney erano deserte e illuminate, cercai di concentrarmi su quella  moltitudine di riflessi quando notai che Riley aveva svoltato a sinistra per portare a casa sua sorella.

-Riley…- disse Mico lamentandosi… -Per accompagnare Justin dovevi svoltare a destra!!-

-Justin ed io abitiamo vicini..- disse lui con gli occhi fissi nella notte.. –Tu sei più scomoda…-

-Posso proseguire a piedi..- dissi io con determinazione.. –Abito poco distante..-

-Non essere stupido…- rispose solamente.

Ci ammutolimmo tutti, finché non riconobbi la via in cui abitava Mico e la macchina si fermò proprio sotto il palazzo. Lei mi guardò con rancore o uno sguardo che se non era tale, gli assomigliava e provai una stretta allo stomaco mentre i suoi occhi arrabbiati percorrevano me e Riley. La salutai senza ottenere risposta, ma non mi andava di lasciarla andare così. Aprii la portiera della macchina e la raggiunsi velocemente. Quando la presi per il braccio sentii un pò di resistenza da parte sua, ma alla fine si voltò e i suoi occhi un pò lucidi mi colpirono in pieno volto.

-Perché ce l’hai con me..- dissi guardandola in viso..

-Ti sbagli..-

-Mico ti conosco..- risposi guardando il cielo un istante..

-Stai attento a mio fratello…- mi disse con sguardo perso..

Sorrisi con semplicità, facendole una carezza gentile sulla sua guancia rotonda. La tirai a me con dolcezza e la strinsi delicatamente, sentii il suo corpo rilassarsi a quel contatto e le sue mani fresche appoggiarsi alla schiena con vigore.

-Non devi temere..- dissi sussurrandole all’orecchio.. –Diciamo che preferisco le ragazze..-

-Proprio per questo devi stare attento Justin..- mi rispose lei voltandomi le spalle..

-Ehi…moccioso..- mi disse Riley dalla macchina.. –Devo ancora assistere a varie sdolcinatezze!?!-

-Taci..- dissi voltandomi verso di lui e buttandomi velocemente in macchina.

Non lo guardai minimamente in macchina, cercai di mantenere la calma senza lasciarmi tradire dalla tensione di sapermi solo con lui. Non era facile gestire un ragazzo come Riley, si era già preso fin troppe libertà. Pensai alle parole di Mico e trovai un pò eccessiva la sua preoccupazione per come poteva comportarsi suo fratello.  Forse però cominciai ad avere qualche dubbio quando invece di svoltare a destra come avrebbe dovuto, la macchina proseguì dritta nella strada parallela alla mia.

-Non abito qui..- dissi con noncuranza..

-Lo so..- mi rispose con sufficienza.. –Stiamo andando a casa mia..-

-Che cavolo stai dicendo!?- dissi guardandolo con rabbia.. –Non ho nessuna intenzione di venire a casa tua..-

La macchina si fermò al di sotto di una palazzo signorile e lui agilmente scese cercando le chiavi di casa suppongo. Mi guardò per un pò, mentre cercavo di capire cosa avrei dovuto fare.

-Allora?!- mi chiese con un ghigno.. –Hai intenzione di rimanere ancora per molto impalato lì!?-

-Beh…perché dovrei salire!? Ti aspetterò qui…voglio tornare a casa..- dissi arrossendo..

-Non ho intenzione di mangiarti Justin…- mi disse con quella sua voce bassa e sexy.. 

Per un pò lo guardai con rabbia, cercavo di misurare la sua risoluzione. Sapevo che se fossi andato a casa sua non avrei avuto completamente la padronanza di me stesso, sarei stato più vulnerabile, proprio come in discoteca. Non volevo e non avrei dovuto trovarmi solo con lui, aveva un pericoloso modo di fare. Sospirai, rassegnato dal fatto che se non fossi salito, chissà quanto avrei dovuto aspettarlo lì fuori, l’aria cominciava a farsi fresca e poco dopo mi mossi a passi decisi. Sentivo sul viso un broncio scolpito che mi accompagnò fino al portone d’ingresso.

-Dacci una botta Riley..- dissi scocciato.. –Voglio andarmene a casa…-

-E non avere più niente a che fare con me immagino..- mi disse lui avvicinando il suo viso al mio..

-Esattamente…- risposi fissando quegli occhi.. –Questa sarà la prima e l’ultima volta che ti vedrò…-

-è un piacere personale che vuoi fare alla mia sorellina?!- mi chiese lui mentre appoggiato all’ascensore mi guardava con quei suoi occhi maliziosi… -O forse…..ti turbo a tal punto da desiderare di fuggire in questo stesso istante..-

-Smettila di fare l’idiota..- gli dico trattenendo a stento la rabbia… -Preferisco le donne..-

-Allora..- dice avvicinandosi pericolosamente.. –Micol…quindi è molto più interessante di me…-

Volto lo sguardo verso la specchio e mi osservo nel riflesso. Il mio viso è in fiamme e Riley, con le sue braccia tese verso la parete mi blocca contro il muro dell’ascensore, prego che quelle porte si aprano il prima possibile perché non riesco a controllare la sua veemenza.

-Guardami Justin..- mi dice lui con quella sua voce terribilmente suadente… -Ti piace Micol?!-

-Ma che t’importa?!?!- grido spingendo il suo torace lontano da me..

Lui mi guarda con un sorriso spavaldo, cerca una risposta con insistenza e mentre le porte dell’ascensore si aprono penso che forse si aspetta delle repliche visto che è suo fratello maggiore. Quando esce dall’ascensore mi muovo anche io e nell’incertezza cerco di parlare.

-Io voglio davvero molto bene a Mico..- dico semplicemente.. –Ma non sono innamorato di lei..-

-Non mi importa sapere se te la spassi con lei..- mi risponde con un sorriso provocante..

-Tu mi hai fatto una domanda ed io ti ho risposto…- dico scocciato..

 Che strano ragazzo!! Apre la porta di casa e mi si presenta davanti un salone immenso, pieno di vetrate e ben illuminato. Predominano colori caldi e accoglienti, con dei divani bellissimi e ampi. L’appartamento è grande e arieggiato, decisamente ben tenuto per un ragazzo che abita da solo. Rimango sulla porta qualche istante mentre vedo Riley che si toglie la maglia e rimane in canottiera nera. Si siede velocemente sul divano e mi osserva con aria incuriosita.

-Entra…- mi dice con un sorriso da mascalzone sulle labbra…

Sparisce dietro una porta e poco dopo rispunta con due birre ghiacciate in mano, ne lancia una anche a me e si siede nuovamente, questa volta sulla poltrona più vicina alla porta finestra e appoggia i piedi sul tavolino di vetro di fronte a lui.

-Quindi…tu e Mico non state insieme..- mi fa eco lui dopo qualche secondo…

-Mi sembra di avertelo già detto…- dico appoggiandomi al muro di fronte a lui..

-Nonostante questo Mico si è premurata di metterti in guardia contro di me..- dice sorridendo con ilarità… -Posso sapere il perché?!-

-Lei…ti vuole bene, ma siccome tiene anche a me non vuole che litighiamo..- gli dico con lo sguardo perso..

-Dovresti imparare a dire le bugie un pò meglio..- mi dice passandomi affianco e guardandomi con la coda dell’occhio…

Rimango pietrificato per qualche istante e alla fine riprendo il controllo della  mia mente. In questo momento mi sento padrone di me stesso e controllare le mie reazioni è più semplice, quando mi sento tranquillo sono sicuro di non essere in difetto. Riley torna subito e sembra assorto in chissà quali pensieri. Poco dopo si fa serio e comincia a parlare.

-Mico ed io, abbiamo sempre avuto gli stessi gusti…- dice guardandomi con quegli occhi disarmanti.. –ci sono sempre piaciuti i casi disperati, il nostro spirito è essere cacciatori…-

-Beh non dev’essere semplice trovarsi in conflitto con la propria sorella ogni volta..- dico senza pensarci..

Lui si alza dal divano e mi osserva attentamente, il suo sguardo mi fulmina mentre i suoi occhi blu diventano talmente profondi che quasi mi fanno sprofondare in una voragine, sento la testa leggera e inebriata, penso immediatamente che ho bevuto troppa birra. Mentre cerco qualcosa per controllare l’ora mi sposto vicino alla porta, improvvisamente desideroso di andarmene via. Non riesco a sostenere quello sguardo così profondo e sincero. Non so quale verità nasconda o cosa vogliano dirmi quegli occhi tanto blu e limpidi, so solo che devo andare.

-Mi spiace ma si è fatto tardi..- dico velocemente.. –Io devo andare….-

Mi volto verso la porta, non so dire o spiegare quanto possa essere stato difficile dire quelle parole. Ma quello che mi interessava era che le avevo dette, questo era l’importante!! Non provai nemmeno a chiedermi perché lo sguardo di Riley improvvisamente mi sembrasse così…triste!!

Credo sia stato strano e inspiegabile sentire quelle stesse braccia, a volte così strafottenti, stringersi intorno alle mie spalle e sentire la sua testa appoggiarsi teneramente alla mia. Rimasi immobile qualche istante, occhi sgranati e gambe bloccate. Non avevo parole..

-Che fai…?!?!?- balbettai…

-Justin…- disse sussurrando… -Non andartene…rimani…con me questa notte…-

-Lo sai che non è possibile…- dico immediatamente..

-Mi odi così tanto!?-

-Non dire idiozie…- dico con irritazione, non avevo mai odiato nessuno in vita mia tranne mio padre..

-Allora…perché?!?!- mi dice amplificando la stretta..

-C’è bisogno che te lo spieghi!?- dissi mentre girai lo sguardo verso il suo viso a un millimetro dal mio..

-Si….devi spiegarmelo…- mi disse guardandomi fisso negli occhi..

Sentii le guance colorarsi ma non mi lasciai intimidire, su questo punto dovevo essere chiaro. Era fondamentale…

-Perché…io non posso darti quello che cerchi…- dissi sicuro delle mie parole..

E fu così che cambiò tutto…o che semplicemente cominciò. Da queste poche parole che a me erano sembrate così chiare, così determinanti nel far finire questa assurda mania di conquista da parte di Riley. Invece, non sapevo nemmeno io cosa avessero scatenato. Avevo rifiutato il ragazzo che un sacco di uomini e donne avrebbero desiderato, non faticavo a credere che in molti avrebbero dato qualsiasi cosa per essere al mio posto. Ma lui non era certo quel tipo di ragazzo da accettare tanto facilmente di essere respinto e fu quello il momento in cui vidi una scintilla nei suoi occhi e tutto venne da sé. La passione con cui mi prese il braccio, la forza piena di desiderio con cui la sua mano raggiunse il mio capo e lo spinse verso le sue labbra. Provai un intorpidimento generale nel mio corpo mentre  lo sentivo stretto al suo fisico possente, delineato perfettamente e mi sentii distintamente incastrato tra la parete e lui che con passione mi baciava profondamente. Mi stringeva a se come se fossi una tra le cose più preziose che avesse, desideroso di trattenermi per non vedermi svanire e le mie mani erano immobili su quel torace, tanto era lo shock nella mia mente mentre vedevo quegli occhi trionfare pieni di ardore. Cercai di staccarmi ma quel bacio, tanto focoso ed emozionante, mi lasciò senza fiato nonostante sentissi la sua piccola lingua entrare nella mia bocca senza preoccuparsi di come mi sarei sentito dopo, una volta che tutto questo sarebbe finito. Lasciai scivolare le mani sul suo torace, quasi arreso a quel turbine di sentimenti che provavo e lo lasciavo stringersi a me come se quell’improvvisa sensazione di vitalità che sentivo mi avrebbe cambiato completamente la vita. E pensai la cosa più assurda in quel momento, la cosa che mi avrebbe svegliato definitivamente da quel torpore e che mi avrebbe permesso di ribellarmi.

“Se solo potessi rimanere così per sempre…se solo potessi essere la sua persona speciale…”

Fu in quel momento che tutto tornò al suo posto…e tutto improvvisamente era sbagliato, perché io non potevo essere quello che lui voleva e non potevo dargli quello che desiderava!! Mi dimenai con tutta la forza che avevo e nello sforzo, il rossore sulle guance, peggiorò notevolmente. Solo dopo qualche istante la sua bocca si allontanò dalla mia. Provai un imbarazzo totale e girai lo sguardo verso le finestre che proiettavano le luci meravigliose della notte. Gli occhi sbarrati e il respiro affannato mi mandarono ancora di più nel panico.

-Mi hai appena dato quello che cercavo..- mi disse imprigionandomi nuovamente tra il suo corpo e la parete..

-Taci…- dissi ansimando.. –Non dovresti prenderti gioco delle persone solo perché ti va…-

-Justin…è…dal primo giorno che ti ho conosciuto che ti ho scelto..- disse sussurrandomi all’orecchio… -Per prenderti in giro…-

Mi sentivo umiliato…mi sentivo stupido per aver pensato cose assurde. Abbassai lo sguardo schiacciato dalla vergogna e questa volta aprii la porta per volare giù dalle scale lasciandomi ogni cosa dietro le spalle. Non avrei mai più dato fiducia a Riley…mai più!! Nel buio della notte corsi a perdifiato per le vie della mia città e nessuno mi seguì… Rimasi solo con la mia confusione e il mio turbamento.

  
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