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Autore: AlexEinfall    12/02/2015    4 recensioni
[Casey/Severide] Prima mia long-fic su questa coppia, che credo abbia un grosso potenziale.
Severide affronta Casey circa il suo comportamento sconsiderato, ma le cose non vanno mai come ci si aspetta. Questo è l'inizio di qualcosa oppure le resistenze e l'antico astio ostacoleranno la loro strada?
Un giorno qualunque alla Caserma 51 è destinato a cambiare ogni cosa.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Avvertenze: In questo capitolo e in alcuni dei seguenti si fa riferimento a traumi fisici e psicologici. Ho cercato di tenere il tutto sotto il limite del rating della storia, ma se qualcuno non è d'accordo o crede che io abbia sforato, me lo dica e vedrò come risistemare le cose.
Come intuibile dal capitolo precedente, si menzionano fuoco e ustioni. Se per voi sono argomenti caldi (scusate il gioco di parole), sappiate che vi ho avvertito; in ogni caso, ho cercato di non entrare troppo nei dettagli.
Altra nota: in corsivo alcuni flashback.
Okay, parte noiosa detta.
Enjoy!





7

Mille anni, o anche solo un secondo






   «Buongiorno, Matt. Cominciavo a chiedermi se ti saresti svegliato.»
  Quella voce e quella risata...Matt spalancò gli occhi e si guardò attorno frenetico. Le mura del suo soggiorno sembravano sciogliersi, la vernice colar giù e i contorni indefiniti traballare. Sbatté le palpebre, sentendole pesanti come piombo.
   Di fronte a lui Andy continuava a ridere e scuotere la testa. Sembrava lo stesso: la maschera girata sulla fronte, la giacca della divisa sulla spalla e le braccia nude intatte. La pelle non era bruciata e annerita, come l'ultima volta che l'aveva visto. Quel dannato giorno, Severide aveva preso in braccio il loro amico e  lo aveva portato di peso fuori da quella casa infernale. Matt aveva stentato a riconoscerlo.
  «Darden...che ci fai qui? Tu dovresti-»
  «Essere morto?» chiese Andy, inarcando le sopracciglia. «Amico, sei piuttosto indelicato.»
  «Sono morto?»
  Matt cercava di ricordare, ma tutto gli sembrava avvolto dalla fuliggine. Sentiva caldo e faticava a respirare, anche se non gli sembrava necessario. «Sono morto...»
  «Nha, non ancora. Potrebbe succedere tra...» fece finta di controllare l'orologio da polso, «...forse tre o quattro minuti.»
  Tre o quattro minuti...Matt non aveva idea di cosa significasse o di come quantificare quegli ultimi attimi di vita. Le finestre erano scomparse, così come l'orologio e ogni cosa che una volta riempiva lo spazio. C'erano solo quattro mura soffocanti. Non poteva essere vero.
  «Andy, tu non sei reale. Sei morto.»
  «Concetto afferrato, tenente. Sei piuttosto ripetitivo.»
  Andy scosse la testa in finto disappunto e si avvicinò.
  «No, no» mormorò Matt, alzando un braccio per mantenere le distanze. «Tutto questo è un sogno o...o un'allucinazione. Tu sei solo frutto della mia mente.»
  «Può darsi. Questo mi rende meno reale?»
  Matt guardò a terra e solo allora si accorse di avere indosso solo un paio di pantaloni.
  «Ah sì, quello» disse Andy, indicandolo. «La tua t-shirt è malandata. Le fiamme l'hanno distrutta. Peccato, ti stava bene.»
  Il petto e l'addome erano lucidi e intatti. Matt alzò uno sguardo interrogativo sull'amico. Andy sembrava sempre più reale, mentre intorno a loro la stanza si distorceva e il caldo diventava insopportabile.
  «Senti, mi piacerebbe rimanere qui a chiacchierare con te» disse Andy, facendosi serio. «Ma magari un'altra volta, uhm? Ora devi svegliarti, perché, amico, stai andando a fuoco e non ti resta molto prima che diventi come me.»
  «Come? Come faccio a svegliarmi?» chiese con un filo di voce.
  Andy si passò una mano sulla nuca, cercando le parole giuste. Alzò gli occhi su di lui e ghignò. «Ti ricordi la festa d'ammissione all'accademia? Eri ubriaco marcio e parlavi parecchio.»
  Matt era certo che da sveglio non avesse mai ricordato quella notte, mentre ora gli tornavano alla mente tutti i momenti. Mentre Andy lo portava a casa di peso, Matt aveva confessato di aver voluto ci fosse Severide al suo posto. Poi aveva pianto fino ad addormentarsi.
  «Esatto, amico, mi riferisco proprio a quella parte della festa» disse Andy, leggendogli nella mente. «Non lasciartelo sfuggire.» Sorrise, quel suo ghigno così familiare sulle labbra. «Sai, sapevo che prima o poi sarebbe successo, intendo tu e Kelly. Diamine, credo che voi siete stati gli ultimi a rendervene conto! Io l'ho sempre saputo. La metà delle volte non ero certo se sareste finiti a bastonarvi a vicenda o a rotolarvi per terra come conigli. Per me era ovvio, ma voi...tu, soprattutto, Casey, non volevi accettarlo. Sapevi che lui avrebbe potuto distruggerti e lasciarti senza nulla. Hai seri problemi d'abbandono, lo sai? Ma alla fine, per quanto ti sei sforzato di negarti la felicità, quello che era inevitabile è accaduto.»  
  «Come sai quello che è successo?»
  «Matt, io so tutto! Privilegio dei morti, suppongo.»
  «Tutto?»
  «Woa, fermo, non pensarlo neanche. Non vi spio mentre...sai. È più imbarazzante per me che per voi, fidati.»
  Matt rise. Forse davvero stava morendo, forse lo era già, ma si scoprì a non curarsene. Era stanco. Se avesse dormito solo un altro po', tutto si sarebbe sistemato.
  «Non chiudere gli occhi, Tenente» gli impose Andy. Matt sentì la sua mano sulla spalla come ghiaccio su una fiamma. Era lui la fiamma. «Prima che il fuoco arrivasse, in quella casa, ho pensato a Heater e ai ragazzi. Sapevo che sarei morto. Avrei voluto avere altri mille anni, in quel momento, o anche solo un secondo. Mi capisci?»
  Matt annuì e Andy gli strinse la spalla, prima di staccarsi.
  «Cosa succede ora?»
 «Il fuoco sta arrivando, Matt. Lascia che per una volta sia io a darti un consiglio: torna indietro. Svegliati e prenditi i tuoi mille anni o anche solo un secondo. Ne vale la pena, credimi.»
  Matt stava per chiedere altro, perché gli sembrò che le risposte fossero in questo momento più importanti della sua stessa vita. Aprì la bocca, ma una folata di cenere gli serrò la gola. Si chinò e tossì convulsamente, gli occhi rossi che bruciavano e il caldo sempre più intenso.
   Non voleva morire.
  Aveva qualcosa per cui vivere, giusto? Gli servivano altri mille anni o anche solo un secondo.
  Matt lo voleva più di quanto avesse mai voluto qualunque cosa nella sua vita.
  Alzò la testa per cercare Andy, ma vide solo una torcia umana. Come nei suoi ricordi e nei suoi incubi, Andy stava andando a fuoco. Cercò di urlare, ma la voce gli rimase nel petto.
  La figura del suo amico divenne una palla di fuoco che ringhiava pericolosamente. Poi esplose, investendolo.
  Fu allora che aprì gli occhi e il suo cervello riuscì a registrare solo un comando: corri!
 

......


   
  Fuoco...troppo caldo...brucia...
  Che succede?
  «Resta con me, Matt. Apri gli occhi.»
  Occhi blu...Kelly.
  Kelly, sono qui.
  «Bravo, amico, così. Tieni duro. Non farci spaventare, non hai idea di quanto forte possa colpirti Shay.»
  Fa male... Vado a fuoco. Oh mio Dio, aiutami.
  «Devi calmarti, amico. Stiamo andando all'ospedale, starai benone, okay? Ma devi stare fermo.»
  No no no. Kelly, guardami. Kelly, fa troppo male, basta.
  «Dowson, dagli qualcosa! Sta soffrendo!»
  «Gli ho dato tutto quello che potevo, Kelly! Può...potrebbe avere un trauma cranico.»
  La testa sta bene...sta bene...
  Datemi qualcosa!
  Fatelo smettere!
  «Tienilo fermo! E' sotto shock.»
  No no no, non sono...Guardami, Kelly, non sono...
  Blu.
  Non voglio morire.
  Mille anni...
  Un secondo...
  «Andrà tutto bene, Matt.»
  Sarai con me?
  «Sono qui, amico, andrà bene.»    

......

   L'attesa fu uno stillicidio di secondi, minuti e infine ore. Poggiato al muro, lontano da tutti e incurante degli sguardi che saettavano su di lui, Kelly sentì lo shock avere la meglio sulla ragione. Se fosse riuscito a processare un solo pensiero coerente, ne sarebbe stato grato. Non voleva provare la carrellata di emozioni che l'attendeva con le fauci spalancate, pronta a inghiottirlo. Avrebbe provato dolore, paura, rabbia. Nella sua mente c'era solo il ricordo del corpo senza vita di Andy, la pelle un mosaico di grinze, brandelli di divisa attaccati alle ferite e sangue. E c'era poi il corpo di Matt su quella barella, gli occhi che si spalcavano e il corpo che sussultava, un puzzle di pelle rossa, bianca e nera.
  «Stai bene?»
  Non rispose a Shay, non sentì le sue dita sul braccio.
  «Sei pallido.»
  La sua voce era preoccupata, soffice e rotta. Era la voce dell'affetto, della consapevolezza e di tutte quelle emozioni che lui non riusciva a provare.
  Mi sento perso, avrebbe voluto dire.
  Chinò la testa tra le mani e la scosse vigorosamente. Nessuno disse nulla e nessuno distolse lo sguardo, mentre Shay lo abbracciava e accoglieva il suo viso sulla spalla.
  «E' colpa mia...» mormorò sulle sua maglietta. «E' colpa mia, Shay. E' colpa mia» continuò a ripetere. Quello che all'inizio era un bisbiglio appena udibile a lei, divenne una imprecazione di rabbia abbastanza forte da attirare più di un paio di sguardi confusi.
  «Cosa?» mormorò Gabriella, avvicinandosi.
  Shay scosse la testa e afferrò Kelly per un braccio, trascinandolo in un corridoio adiacente. Lì cercò il bagno degli uomini, lo spinse dentro e si assicurò fosse vuoto. Chiusa la porta, si voltò e trovò il suo amico poggiato a un lavandino, intento a raccogliere con le mani getti di acqua fresca contro il viso. Gli diede il tempo di ricomporsi e gli passò un panno di carta.
  «Kelly.»
  Lui incrociò il suo sguardo nello specchio, riaprendo subito il rubinetto e sciacquando ancora le mani. Gli sembrava che il sangue di Matt non volesse più andar via. Passarono secondi e scrosci d'acqua, prima che Shay gli poggiasse una mano sul braccio, invitandolo a guardarla.
  Kelly si tese e chiuse di colpo il rubinetto, poggiando i palmi al bordo del lavello.
  «E' normale, lo sai-»
  «No, Shay!» ringhiò, liberandosi della sua stretta gentile. Davanti al cipiglio della ragazza, sospirò, portandosi una mano al volto. «Scusa...io... È colpa mia.»
  «Continui a ripeterlo...tu non hai colpe. Hai fatto quello che potevi» gli disse con tono comprensivo, prendendogli la mano. Questa volta lui accettò, intrecciando le sue dita e stringendo piano. «Parlami, Kelly. Che succede?»
  Scosse la testa in rassegnazione, usando l'altra mano per premere sugli occhi e ricacciare le lacrime.
  «Ieri notte... Sono andato da lui per parlare di...» Si interruppe, non riuscendo a finire la frase, ma la mano di Shay lo fece tornare alla realtà con una decisa stretta. «Non è stata una conversazione piacevole. Ci conosci...abbiamo litigato e...l'ho spinto contro il muro e l'ho baciato.»
  «Okay...»
  «Lui ha risposto, credo...Poi mi ha scacciato e io sono scappato.» Il pugno della mano libera si serrò intorno alla stoffa della propria divisa. «Oddio, Shay! Se fossi rimasto, se le cose fossero andate diversamente...se non fossi andato in quel club a ubriacarmi per cercare...cosa poi? Se fossi rimasto lui ora starebbe bene!»
  «Non potevi evitarlo, Kelly. Tu avevi un turno, eri a lavoro. Non puoi sapere che le cose sarebbero andate diversamente.»
  «Neanche tu.»
  Si guardarono a lungo senza riuscire a dir nulla.
  Una parte di Kelly gli ricordava che Shay aveva ragione, che non c'era modo di prevedere quello che sarebbe successo. Malgrado la razionalità di quelle parole, lui era un vigile del fuoco abituato a salvare vite ogni giorno e pensare di non poter fare la differenza, quando la vita in gioco era di una persona cara, era frustrante oltre ogni limite.
 Dopo un lungo silenzio, Shay gli pose una mano sul braccio, carezzandolo con una delicatezza che solo con lui poteva mostrare. «Casey è forte, lo sai. Ce la farà.» Gli diede una pacca per spronarlo a raccogliere le forze e, con un sorriso stanco, aggiunse: «Deve farcela, perché non voglio perdere l'unica occasione della mia vita di fare la damigella.»
  Kelly la guardò torvo, ma Shay riuscì a strappargli un sorriso.



  Il verdetto arrivò sotto forma della voce professionale di una dottoressa.
  «...ustioni moderate di secondo e terzo grado sul 20% del corpo... è interessata la metà destra del torso, gamba e braccia ... il dolore è una cosa positiva, vuol dire che le terminazioni nervose sono intatte... abbiamo asportato il tessuto necrotico su fianco e addome e ripulito le ferite...»
   Kelly ascoltava ogni parola, sforzandosi di concentrarsi su quelle essenziali. La sua mente correva indietro al momento in cui tutto sarebbe potuto essere giusto. Quell'unica notte era tutto ciò che aveva.
 
  Le sue mani corsero frenetiche lungo la linea dell'addome teso, sentendolo sciogliersi come non attendesse altro. Un gemito sfuggì alle labbra di Matt, diffondeno alchol e desiderio sulla sua guancia. Kelly saggiò con i polpastrelli la linea dell'osso del bacino, scendendo fino alle cosce bianche e lisce. Era così perfetto, così giusto, che per un attimo credette di non riuscire a muoversi.
  Il corpo di Matt si inarcò in cerca di contatto, un grugnito stretto tra i denti, mentre le dita stringevano i suoi capelli. Gli spinsero la testa nell'incavo del collo e Kelly aprì la bocca per accogliere la sua pelle.
  Matt lo voleva con tutto se stesso, con una forza e una determinazione che ricordavano un incendio poderoso.
 
  «...concussione, dovuta all'impatto con un oggetto contundente... tre punti di sutura... segni di lotta...»

   Le labbra andarono a fuoco sulla pelle già calda. Alzò il volto e lo guardò negli occhi, in quei bui e lucidi occhi azzurri. Matt aveva le labbra socchiuse e lo stava pregando di non fermarsi, di non andare via.
   Niente ripensamenti, gli disse Kelly senza parole.
  Matt gli circondò i fianchi con le gambe, le ginocchia premute contro i suoi muscoli fino a far male.

  «...lo abbiamo intubato... ha inalato molto fumo, ma non ci sono ustioni alle vie aeree...»

  Il respiro sempre più corto, rotto dai gemiti. Di dolore o piacere, Kelly non sapeva dirlo.
  Il ritmo sempre più veloce, le unghie nella carne e le labbra di Matt così voraci da sembrare ovunque nello stesso momento.
 Il battito sempre più forte, scavando gallerie di calore nel corpo.
Tutto si annullò in una luce bianca, tra l'odore del sudore e il dolce sapore del piacere.

  Tornò alla realta quando qualcuno fece quella domanda, la domanda che tutti avevano sulla punta del cuore. Kelly non seppe chi e non gli importò.
  «Sì riprenderà?»
  Un attimo di pausa e i respiri vennero trattenuti. La dottoressa strinse la cartella al petto e disse: «E' stato fortunato, malgrado tutto. Se non si fosse risvegliato e non fosse uscito da quella casa, il fumo o il fuoco lo avrebbero ucciso.» Schietta e diretta. «La concussione è moderata, nelle prossime 48 valuteremo eventuali danni.  Abbiamo dovuto indurre il coma, per il dolore. Le ustioni sono piuttosto severe e occorrà tempo per valutare una eventuale guarigione totale. Le ustioni di secondo grado andranno incontro a guarigione spontanea, se non accorranno complicanze, nell'arco dei prossimi 14 giorni. L'addome ci preoccupa: c'è un'ustione profonda, all'incirca di venticinque centimetri di diametro. Ha sfiorato di poco l'ombellico, ma potrebbe insorgere un'infezione pericolosa. Dobbiamo monitorarlo per scongiurare anche danni a carico dei reni o del sistema urinario. In generale, dobbiamo attendere dai quindici ai ventuno giorni per valutare lo stato cicatriziale e se procedere con un innesto cutaneo.  Per ora, possiamo solo aspettare che si risvegli e da lì valutare eventuali danni permanenti.»
 

   
   Gabby lo aveva capito in un secondo e tutto aveva preso un colore diverso.
   Sul retro dell'ambulanza, combattendo contro l'agitazione di Matt e le proprie lacrime, lo aveva capito. Lui l'aveva guardata e non aveva visto altro che una nebbia di dolore. Poi aveva guardato Severide e i suoi occhi si erano calmati. Con quello sguardo lo stava pregando, stava chiedendo a Kelly un aiuto che lei, invece, non poteva dargli. Kelly gli aveva sorriso attraverso la paura e le lacrime e Matt aveva chiuso gli occhi, stringendogli la mano.
  Quando Shay le poggiò tra le mani un bicchiere di caffé, sorridendole debolmente, Gabby cercò di concentrare i suoi sensi in quel sapore dolciastro.
  «Lui non ha bisogno di me» ammise con le labbra tremanti sull'orlo del bicchiere.
  Shay la guardò come se sapesse, come se fosse dispiaciuta oltre immaginazione. Si lasciò abbracciare e pianse silenziosamente nel corridoio immacolato.
  Si staccò da quella stretta confortante, asgiugandosi gli occhi, solo quando vide Antonio attraversare le porte di vetro. Non disse nulla, stringendole una spalla e dandole un cenno del capo.
  «Cos'è?» chiese Shay, indicando il fascicolo nella mano del detective.
  «Una cosa che devo mostrare a Boden» disse, cercando di oltrepassarle. Gabby gli afferrò il braccio, guardandolo con decisione. «L'incendio è stato doloso» ammise, palesando il sospetto di tutti.
  Gabby non riuscì a trattenere un singhiozzo.


  «Qualcuno ha forzato la serratura sul retro e si è introdotto in casa. Forse non si aspettava di trovarci Casey, non lo sappiamo. C'è stata una collutazione. Deve averlo colpito con qualcosa e dopo ha cosparso tutto di benzina e...bhe, il resto lo sapete.»
  Boden incrociò le braccia e lanciò un'occhiata a Kelly. I pugni del tenente erano serrati e ogni muscolo sembrava teso nel tentativo di controllare la rabbia. Lentamente, tornò a fissare Antonio e annuì.
  «Vi chiederei se Casey ha nemici, ma conosco la risposta.»
  «Casey è un brav'uomo» concordò Boden.
  Fu allora che Kelly uscì dalla sua immobilità e parlò con voce rude. «L'uomo che lo ha spinto dal ponte. È lui.»
  «Di che parli?» chiese Antonio, scrutandolo con sospetto.
  «L'uomo...il bastardo voleva ammazzarsi e ha causato l'incidente. È tornato per...per tappargli la bocca.»
  Boden si voltò verso il tenente, uno sguardo così duro che, in altre circostanze, lo avrebbe spaventato. «E' stato lui a dirtelo?»
  Kelly annuì appena.
  Antonio passò lo sguardo tra i due, poi sospirò e si massaggiò il collo. «Okay, le cose stanno così: la scientifica sta analizzando la scena, ma visti i danni credo troveranno poco. Tutti i testimoni che abbiamo ci hanno detto di aver visto la casa in fiamme e basta. Per quanto riguarda l'incidente del ponte, siamo riusciti a mettere insieme solo una descrizione molto generica dell'uomo: sulla cinquantina, bianco, camicia chiara. L'unica cosa che possiamo fare è sperare che Casey riesca a identificarlo, se è stato davvero lui, e a raccontarci esattamente cosa è successo.»
  «Tienici informati» disse Boden, senza alcun dubbio che fosse un ordine.
  Prima che potesse aggiungere altro, Kelly si voltò e si avviò lungo il corridoio, marciando con i pugni serrati lungo i fianchi. I due lo seguirono con lo sguardo e Antonio non poté fare a meno di immaginare la furia che avrebbe provato al suo posto.
  «Come sta?» chiese alla fine.
  Boden sospirò e scosse la testa.
  Antonio comprese e cercò di essere incoraggiante. «Casey è forte, si riprenderà.»
  «Lo è.»
 
......

 
  Ha bisogno di te, gli aveva detto Shay, così a bassa voce che solo lui l'aveva percepito. Non gli importava se tutto l'ospedale, la caserma, la città lo sapesse. Kelly voleva solo esserci.
  La sedia sembrava più fredda sotto di lui a ogni minuto che passava. Oltre le tapparelle sottili il sole cominciava a discendere, raffreddandosi dietro i palazzi vuoti.
  Chiuse gli occhi e finalmente li riaprì, riuscendo a guardare davvero il corpo steso sul materasso. Le coperte bianche erano state arrotolate fino alla vita e un lembo era posto sotto la gamba scoperta. La gamba e il braccio destri erano stati fasciati, metà dorso completamente nascosto da garze sterili, mentre sulla tempia una benda copriva la ferita ricucita. Il tubo era stato tolto dalla gola e sostituito da una mascherina, che rendeva in qualche modo più cocente il pallore del volto, contrastato da un grosso livido sulla guancia. Il macchinario emetteva un sordo fischio, pompando ossigeno, e il bip regolare del monitor cardiaco sembrava un usignolo metallico sospeso sulle loro teste.
  In quarantotto ore nulla era cambiato. Le medicazioni erano state cambiate, nessuna infezione era sorta e i parametri vitali erano stabili. Eppure Matt non accennava a volersi svegliare.
  Era pallido, ma per la prima volta Kelly si ritrovò a scrutare Matt con occhi diversi e a trovarlo di una bellezza sconvolgente.
  Era stato un idiota, lo sapeva. Malgrado le parole confortanti di Shay, nulla poteva cancellargli dalla mente che lui avrebbe potuto fare di più. Come con Andy. Kelly lo avrebbe difeso, avrebbe lottato e dato tutto per salvarlo.
  Troppo tardi.
  «Matt, mi dispiace» mormorò con voce spezzata.
  «Devi svegliarti, okay? Poi sistemeremo tutto...ma se tu...se non ti svegli, io non posso...» Sentì un singhiozzo strozzargli la voce e cercò di ignorare il fatto che la sua vista fosse annebbiata. «Non posso perderti.»
  Avrebbe dato tutto, ogni singola cellula di se stesso, anche il proprio distintivo, se fosse servito a tornare indietro e a non commettere gli stessi errori. Quella notte avrebbe dovuto portarlo nel suo letto, accettare che si avvicinasse a lui più di qualunque altro uomo e come ben poche donne avevano fatto. Ma la paura lo aveva tenuto a distanza. Paura che per Matt fosse solo un errore, paura di ciò che aveva provato con lui e paura, anzi terrore che le cose tra loro sarebbero esplose, distruggendo tutto ciò che avevano.
  Lui, impulsivo e facile alla perdita di autocontrollo, si era frenato l'unica volta che non avrebbe dovuto. Guardò Matt e pregò un Dio che non aveva mai invocato di fargli aprire gli occhi, anche solo per un secondo. Gli sarebbe bastato a sorridergli e dirgli che lui sarebbe rimasto, sempre, che non aveva più altra paura che quella di perderlo. Quando quegli occhi al confine tra un cielo e un prato si fossero aperti, Kelly avrebbe sentito il suo mondo ricomporsi. Ne aveva disperato bisogno.
  Strinse le dita intorno alle sbarre di ferro del letto, il suo volto tanto vicino al corpo di Matt da poter sentire l'odore del disinfettante, della pelle lesa e, in fondo a tutte quelle garze e quelle medicazioni,  il suo.
  Posò la fronte sul dorso delle mani e pianse.









Note: Hey! Come promesso, ho aggiornato prima del solito.
Vorrei precisare che non sono né un medico né effettivamente una studentessa di medicina, ma ci tengo a essere il più precisa possibile. Quindi, se il mio tentativo di non scrivere baggianate mediche è fallito, invito chi ne sa più di me a farmelo notare, così non ripeterò l'errore (:
Thank you.
See you soon, Alex.
  
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