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Autore: Shine_    13/02/2015    11 recensioni
[XII parte Car Wash; Ziam - accenni Larry e Nosh]
Pov Liam:
Il vederli come una squadra senza di lui, vedere che in un qualche modo riuscivano a cavarsela e essere ugualmente qualcosa senza il capitano gli lasciava un brutto sapore in bocca, qualcosa di amaro e simile al sostituzione, rimpiazzo; quelle parole che gli vorticavano nella testa da quando il coach aveva fischiato e dato inizio alla partita di allenamento.
Pov Zayn:
Con tutte quelle settimane passate a riflettere aveva accumulato troppo, troppe domande e troppe parole, non sapeva se, una volta trovatosi di fronte quel ragazzo, sarebbe riuscito a buttare fuori tutto. Era incazzato con lui e amareggiato, deluso da quel suo comportamento così infantile, ma allo stesso tempo gli mancava terribilmente e non riusciva a darsi pace o trovare una risposta a quel suo non volersi confidare.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Liam Payne, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Car wash e seguiti'
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Superhero

 

« 'Cause he's stronger than you know
A heart of steel starts to grow

When you've been fighting for it all your life
You've been struggling to make things right
That's how a superhero learns to fly
Every day, every hour, turn the pain into power »

- Superheroes, The Script

 

 

Non appena Zayn era sparito al piano superiore, dopo un bacio durato qualche minuto, Liam si era spostato in salotto, gli occhi che erano stati subito attirati dalle cornici poggiate sul mobile, tante fotografie di quella famiglia che gli era entrata nel cuore e il moretto con quell’espressione sempre felice e sorridente. Si stava quasi innamorando persino di quella versione del suo ragazzo, così piccolo e dall’aria sbarazzina, e non poteva credere di essere stato così fortunato dall’averlo incontrato, dall’essere riuscito a conquistarlo e poi dichiararsi. In quegli anni senza Danielle aveva avuto qualche storia, che sicuramente non era mai stata destinata a durare, e si era ubriacato più di una volta, in particolar modo agli inizi, trovandosi a scegliere ragazze che gliela ricordassero, che non lo facessero sentire così. Ma più le settimane aumentavano e più capiva di non poter fare nulla per quel vuoto che percepiva, venendo contraddetto solo quell’estate all’autolavaggio e dopo vari incontri con Zayn.

Sì, all’inizio ne era affascinato per quegli occhi così simili a quelli di Danielle; poi l’aveva colpito per la sua testardaggine e la sua stranezza nel farsi trovare con la macchina piena di fango di fronte a lui e solo dopo la terza volta aveva iniziato a notare i tratti del suo viso, a scorgere quanta bellezza fosse impressa in quegli zigomi.

Era così concentrato in quei ricordi, una vecchia fotografia raffigurante Zayn e dei suoi amici tra le dita, che trattenne il fiato nel percepire la stretta attorno ai fianchi, trovandosi intrappolato contro il petto del moro e con il suo viso premuto contro la schiena.

- Cosa stavi facendo?- lo sentì chiedere con la voce attutita contro la maglia, sollevando semplicemente il braccio sano e con quel portaritratti tra le dita, e si voltò verso di lui, indicandogli i due e mormorando: - Sono i due amici di cui mi hai parlato una volta?-

- Come mai così interessato alle mie vecchie fotografie?- ribatté invece quello, rubandogli l’oggetto prezioso e nascondendolo dietro la schiena, come se in quel modo potesse dimenticarsi di quel che aveva visto. - Questo materiale è intoccabile e dirò presto a mamma di sbarazzarsene, non puoi vedermi così e..- Non riuscì proprio a trattenerla la risata, non con Zayn che si agitava tutto per nascondere sue fotografie, e indicò il mobiletto, sussurrando con fare cospiratorio: - Se glielo dici, lei mi offrirà l’album intero. Pensaci, scricciolo. Quanto desidera metterti in imbarazzo e mostrarmi ogni lato del tuo passato?-

Vide le spalle del moretto abbassarsi, mentre rilasciava un sospiro, e si mordicchiò il labbro con gli occhi puntati su di lui, su come rimetteva a posto le vecchie fotografie e si voltava poi a fronteggiarlo con le braccia incrociate e un’espressione seria, indicando alle sue spalle e ripetendo: - Non guardare mai più quelle cose, ero.. ero una persona particolare.-

- Molto particolare.- insistette con un risolino divertito, cercando di ripararsi con il braccio sano dal pugno del minore e finendo seduto sul divano e con il viso nascosto dal gesso, mentre ripeteva le sue scuse e “Eri bellissimo, davvero” o “Non le guarderò mai più”.

Spostò appena il gesso dal volto, guardandolo attentamente mentre gli chiedeva di giurare e aggiungeva “Giuralo su Boris” con il dito puntato verso il cane accovacciato sulla poltrona; inarcò un sopracciglio con un sorrisino divertito, annuendo poi tra sé e sé e “Lo giuro sul tuo cane, non andrò più a cercare le tue vecchie foto.. ma saranno loro a venire da me”. Tenne gli occhi puntati sul ragazzino, su come si avvicinava e si buttava poi accanto a lui sul divano, portando le gambe sulle proprie e sbuffando ad occhi chiusi, raccontandogli di quanto fosse noioso stare chiuso in casa e senza nessuno, di non poter chiamare neppure Harry per via della punizione e di sentirsi più un prigioniero che un adolescente.

Liam restò semplicemente a guardarlo, mentre ascoltava i suoi sfoghi e lo vedeva agitare le braccia nella foga, per poi sporgersi verso di lui e puntare gli occhi nei suoi a quella distanza ravvicinata, spostando la mano libera contro la sua guancia e premendo le loro labbra assieme in un bacio delicato. Sentì la piega del sorriso di Zayn ancor prima di vederlo, staccandosi da lui e invitandolo a prendere posto contro il petto, muovendo le dita dai suoi capelli fino alle sue spalle in una carezza continua. Aveva poi cercato di star dietro a tutti i suoi discorsi, a quanto le sue sorelle non avessero smesso un secondo di parlare di Liam e della loro rottura, proponendosi come sue future scelte, o dell’orso bianco di peluche che Safaa aveva preso gusto a rubargli, scatenando delle vere e proprie battaglie nel pomeriggio.

- Zeeyum è un orso speciale e l’hai vinto per me, non voglio dividerlo con lei.- lo sentì borbottare con il viso premuto contro il petto e le dita che passava sul gesso, concentrandosi per grattare la superficie nel momento in cui non riusciva ad esprimersi con le parole. - Le ho detto che, quando e se avrà un ragazzo, potrà chiedere a lui di regalarle un peluche. E sai cos’ha detto? Che a te non avrebbe dato fastidio se lei lo coccolava un po’, che avete un patto e lei è la tua principessa.-

Ricacciò indietro il sorriso intenerito, indossando un’espressione severa e solenne, e appoggiò il palmo tra i suoi capelli, premendo le labbra contro la sua fronte e restando in quella posizione per una manciata di minuti, sussurrando con quanta più cautela possibile: - Puoi sempre lasciarglielo per qualche tempo, mentre tu studi o..-

- Hai parlato con mio padre?- lo interruppe subito lui, spingendo un pugno contro il suo addome e guardandolo con gli occhi ridotti a due fessure mentre borbottava: - Perché mi ha detto le stesse identiche parole, assieme ad inviti a rendere queste giornate produttive.-

- Produttive?- ripeté l’ultima parola con un tono pensieroso, percependo le labbra del moretto contro la voglia e risalire fino al mento, sentendolo ridacchiare: - Sono sicuro papà non pensava a quello che stai pensando tu. - che lo obbligò a sporgere le labbra in un broncio offeso e “Non sto pensando a nulla!

- E cosa intendevi con produttive?- lo incalzò il più piccolo, mimando l’ultima parola con le virgolette, e Liam aggrottò la fronte e si concentrò fino a schioccare le dita e affermare “Una torta”, rivolgendogli un sorrisino tutto soddisfatto mentre ripeteva l’idea dell’ultimo momento. - Vuoi fare una torta  con me, Zayn Malik?- insistette con un sopracciglio sollevato con fare accattivante, avvolgendo il braccio libero attorno alla sua vita e attirandolo in braccio a lui, mordendogli il collo e ascoltando la sua risatina e le sue suppliche a liberarlo.

Agitò una mano, non appena Zayn gli ripeté di non essere utile con quel braccio ingessato, e lo aiutò a sollevarsi, trascinandolo verso la cucina e verso quel che sarebbe stato il loro pomeriggio.

 

 

Se all’uscita dall’università gli avessero detto che si sarebbe trovato in quel modo - la farina tra i capelli, il cioccolato sulla guancia e la risata del più piccolo nelle orecchie - non ci avrebbe sicuramente creduto; perché il suo intento era andare fin lì, gridargli in faccia quanto facesse male il pensiero di essere abbandonato persino da lui e, sì, vedere quanto riuscisse a distruggerlo con delle semplici parole. Ma era andato tutto velocemente in fumo nel vederlo così fragile, nel pensare che non sarebbe stato in grado di proteggerlo per molto e poi l’ansia di un suo trasferimento, il non poter più passare delle giornate con lui, non poterlo toccare, sentire o baciare.

- Leeyum, ti sei sporcato tutto.- gli aveva detto con un risolino divertito il moretto, approfittando di quel momento di smarrimento per passare il dito pieno di cioccolato lungo la guancia del maggiore, che avvolse un braccio attorno alla sua vita e lo tenne bloccato tra il bancone e il proprio corpo. - Qualcuno dovrebbe ripulirti.- l’aveva poi sentito continuare, non dandogli nemmeno il tempo di ragionare su quella frase che avvertì il contatto della sua lingua ruvida contro la pelle. Non era riuscito a trattenere il grugnito, spingendosi contro di lui fino a ridurre le distanze tra i loro corpi, e aveva inclinato il viso, lasciando che Zayn passasse la lingua su quel punto più e più volte, facendolo rabbrividire e rafforzare la stretta di quel singolo braccio attorno a lui.

- Per fortuna ho il mio micetto.- ribatté a fatica, strizzando gli occhi in risposta al suo fiato caldo contro l’orecchio, e risalì con la mano lungo la sua schiena, premendovi contro tutto il palmo e obbligandolo a cancellare persino quei pochi millimetri che li separavano, spostando una gamba tra le sue e gracchiando: - Sempre disponibile a ripulire tutto.-

Quel “Leeyum” detto con fin troppa leggerezza e divertimento lo portò a sollevare una palpebra e abbassare appena il viso, venendo zittito da un bacio a fior di labbra e “Sei sempre il solito pervertito”. Si strinse semplicemente nelle spalle, non riuscendo a bloccare il sorrisino malizioso, e appoggiò la mano contro il bancone, premendosi contro il suo bacino e sporgendosi con il busto per poter sussurrare contro il suo orecchio: - Ma a te piace, gattino.-

Restò con un’espressione di pura sorpresa - doveva essere persino ridicolo per via degli occhi spalancati - non appena Zayn si issò per sedersi sul bancone, immerse l’indice nella bacinella piena di cioccolato e lo passò su tutto il collo, stringendo poi le dita tra i capelli mossi di Liam e riprendendo a muovere la lingua in veloci leccate contro la pelle sporca.

L’unica risposta del maggiore fu una successione di gemiti, mentre spostava il palmo tra le sue stesse gambe e cercava di massaggiarsi per alleviare la tensione, e brividi lungo il corpo, per come Zayn aveva preso a succhiare o per le dita che infilava sotto la maglia e passava contro tutti i muscoli, lungo l’addome e fino ai pettorali. Aveva poggiato la fronte contro la sua spalla, respirando in modo affannato, mentre il più piccolo gli sfiorava la pelle con il naso e riprendeva l’attimo dopo a riempirla di morsi e succhiotti, facendolo imprecare tra i gemiti e con la mano che stringeva sempre più attorno al cavallo dei pantaloni fin troppo stretti.

Non riuscì a trattenere il ringhio nel sentire i suoi sussurri - “Ho pensato sempre a te in questi giorni”, “Ero così tanto arrabbiato ma ricordavo fin troppo bene il tuo sapore”, “Mi riempi così bene, Leeyum, così bene” -, più simili a provocazioni per come gli sfiorava l’addome con i polpastrelli e scivolava sempre più giù o per quella lingua che muoveva con dedizione attorno a una porzione di pelle bollente, arricciandola poi attorno al lobo dell’orecchio e succhiandolo tra le labbra.

- Hai pensato a me.- ripeté le sue parole, un sorriso dolce sulle labbra al suo aggiungere “Sempre” contro il proprio collo, e premette i polpastrelli contro il suo fianco, spostando poi il palmo sulla sua coscia. - Anche tu sei sempre nei miei pensieri, micetto.- bisbigliò con un filo di voce, sollevando gli occhi su di lui e rivolgendogli un sorriso malizioso, inumidendosi le labbra con la lingua e vedendo il più piccolo attento a quel movimento.

Osservò in silenzio l’espressione del suo viso, come si stesse concentrando per prendere una decisione, e cercò di non farsi distrarre dalle sue dita, come le lasciava scorrere sotto la maglia, sfiorandogli i muscoli. Non riuscì tuttavia a evitare il verso sorpreso allo strattone del più piccolo, le dita che aveva stretto sull’elastico dei boxer per guidarlo ancora più tra le sue gambe, e strizzò gli occhi al suo fiato caldo contro l’orecchio e al successivo “Dovresti dimostrarlo”.

Corrugò la fronte per concentrarsi solo sulle sue parole - non sui suoi gesti, sul suo fiato e sul suo sorriso malizioso - e spostò il palmo sulla sua guancia, tenendolo fermo mentre azzerava le distanze tra i loro visi e lo baciava con delicatezza, godendo di quel piccolo e breve contatto tra loro prima di allontanarsi e fargli un cenno, ordinandogli poi di scendere dal bancone. Lo osservò attentamente quando eseguì quel che gli aveva chiesto, facendo un piccolo saltello per poggiare i piedi a terra, e non aspettò altro tempo per mettersi in ginocchio di fronte a lui e portare le dita a stringere l’elastico dei pantaloni della tuta e abbassarli con un gesto secco.

Restò per qualche minuto con gli occhi fissi sul tatuaggio sul suo fianco, premendo i polpastrelli contro la sua pelle, e li sollevò solo dopo aver deglutito, incrociando il suo sguardo e inclinando il viso per poggiare la guancia contro la sua mano. Solo al suo cenno del capo si decise a calargli i boxer e lasciarli fermi attorno alle sue caviglie, tenendo il braccio ingessato contro la sua coscia e usando l’altra mano per afferrargli il membro parzialmente eretto. Iniziò fin da subito a muovere il polso, percependo il pene del più piccolo prendere sempre più forma, e si sporse con il viso per premere un bacio contro la punta umida, risalendo con le labbra lungo la vena in risalto.

Ascoltò i suoi farfugli e balbettii, come tratteneva il fiato per ripetere poi un solo nome, e intravide le sue dita premere contro il gesso, grattare la superficie per trovare quasi un diversivo a tutto il piacere che stava provando. Lasciò che guidasse i movimenti, che si spingesse con il bacino incontro alla mano, e lo avvolse con le labbra, succhiando la punta e raccogliendo il liquido preseminale con la lingua. Tenne la spalla contro il suo fianco, cercando di posizionarsi in modo tale da non avere l’intralcio del gesso, e chinò il capo per poter prenderlo ancora più dentro la gola, rilassando le pareti per non rovinare tutto mentre sentiva le sue dita tra i capelli, talvolta piccoli tocchi che si trasformavano in strattoni.

- Leeyum.- ascoltò il suo bisbiglio, quasi una supplica a non fermarsi, e lasciò che le sue mani tra i capelli e il suo bacino dettassero il ritmo di quel rapporto orale, tenendo le dita strette alla base per toccargli la pelle lasciata libera dalla bocca. Strizzò gli occhi non appena percepì tutto il membro in bocca, deglutendo e stringendo le pareti della gola per offrirgli più piacere, e si lasciò sfuggire un mugolio che vibrò contro la pelle tesa del più piccolo, ricevendo in risposta un grido, una nuova spinta e una stretta più salda attorno alle ciocche.

Spostò le dita tra le sue gambe, massaggiandogli i testicoli, e ridacchiò al suo versetto sorpreso per la sensazione dovuta alla saliva contro la sua pelle calda. Aveva appena ripreso a calarsi lungo il suo membro, dopo essersi concentrato sulla cappella gonfia e rossa, quando sentì uno strattone più forte dei precedenti che lo lasciò con la fronte aggrottata in una smorfia sorpresa e le labbra schiuse, gonfie e lucide.

- Perché l’hai..- non riuscì a concludere la domanda che fu costretto a chiudere gli occhi, arricciare il naso e scoppiare a ridere al successivo “Non so se sei pieno più di sperma o cioccolato”. - Io direi entrambi e a pari merito.- mormorò con un broncio, percependo le sue dita sul viso a cercare di rendere la situazione ancora più disastrosa. - Ho un pessimo ragazzo.- si lamentò poi con un sospiro esasperato, tirandogli i bordi della maglia per pulirsi da tutto quell’insieme e rivolgergli poi un sorriso soddisfatto al suo versetto di disapprovazione.

- Poteva essere la mia maglietta preferita questa!- esclamò il più piccolo, sollevandosi in una sola mossa i boxer e i pantaloni della tuta, e gli diede un leggero spintone per liberarsi dall’incastro tra il bancone e il suo corpo. - Sai con quanta fatica si tolgono le macchie di cioccolato?- gli aveva poi domandato con un tono saccente e il nasino puntato verso l’alto, facendolo sbuffare e roteare gli occhi.

- Sai con quanta fatica mi sto trattenendo dal mandarti a cagare? Perché ce l’ho duro e ti lamenti del bucato.- ribatté dopo qualche minuto, tenendo una maschera impassibile in viso e vedendo il suo sguardo scrutatore, come se stesse valutando quanto effettivamente fosse serio, per poi scoppiargli a ridere in faccia e porgergli la mano con un “Forza, ragazzone, andiamo a ripagarti il favore”.

 

 

Quel che Zayn gli aveva offerto per ‘ripagargli il favore’ era stata una mano frettolosa tra le gambe, o forse era lui ad essere stato così tanto eccitato dall’aver battuto il record dei dieci minuti, e ora se ne stava con il capo contro l’addome del ragazzino, rilassandosi per il contatto delle sue dita contro i capelli umidi. Non avrebbe mai dimenticato come l’aveva costretto a spogliarsi, il sopracciglio sollevato per concentrarsi mentre muoveva abilmente il polso, e come tutto era stato più intenso per via dell’acqua calda contro la pelle e del rumore provocato dalla sua mano che percorreva tutta la lunghezza sempre più velocemente.

- Continuo a non capire il motivo.- borbottò Liam, rigirandosi nel letto del più piccolo per puntare un gomito sul materasso e poterlo così guardare dal basso. - Ti spaventa così tanto? Devi solo mandare tutti questi disegni e vedere cosa dicono.- insistette con gli occhi fissi su di lui e quel volumetto stretto tra le dita.

Non sapeva esattamente il motivo che aveva spinto Zayn ad aprirsi in quel modo con lui, era sempre stato lui il primo a chiedere di poter dare un’occhiata ai suoi disegni ma quel giorno, non appena erano rientrati dal bagno con un telo che strofinava sulla testa, l’aveva visto dirigersi a passo svelto fino alla scrivania, estrarre un quadernetto e porgerglielo con un sorriso indeciso e imbarazzato. Era rimasto sconvolto in un primo momento da quell’improvvisa fiducia e “Era il fumetto di cui ti parlavo all’autolavaggio”, accettandolo senza pensarci due volte e prendendo posto sul letto, sfogliandolo con occhi attenti e curiosi. Era come aver accesso alla mente del ragazzino, i suoi tratti erano dettati dal sentimento e grondavano di emozioni, riusciva quasi a provare quel che sentivano i personaggi e gli sembrava una delle cose più preziose che avesse mai avuto tra le mani.

- Zaaay.- cantilenò per attirare nuovamente la sua attenzione, vedendo come i suoi occhi si fossero fatti sfuggenti per l’imbarazzo, e inclinò il viso per premere un bacio al centro del suo stomaco, strofinando il naso contro la sua pelle fino a sentire la sua risatina leggera. - Non ti sto dicendo bugie, devi farli vedere a qualcuno. Sono dei personaggi davvero fighi e questo è sicuramente il mio preferito.- aggiunse, mostrandogli quel che intendeva e sorridendo con fare entusiasta alla sua risata sempre più vispa.

- Quello sei tu, Leeyum.- lo sentì ripetere quel concetto per la decima volta in quell’oretta scarsa, rispecchiando il suo sorriso e allungandosi verso di lui per poter premere le loro labbra assieme.

- Lo so, lo so.- ridacchiò contro la sua bocca, strizzando gli occhi e strofinando il naso contro il suo. - Mi sembra assurdo il fatto che tu mi abbia inserito in una squadra di supereroi.- insistette con un sorriso dedicato solo a lui, stringendosi nelle spalle e sussurrando: - Mi sento il ragazzo più figo di questa città.-, per poi lasciarsi cadere con il capo contro l’addome del più piccolo che sbuffò e borbottò contro di lui e la sua delicatezza inesistente.

- Tu sei il ragazzo più figo.- ribatté dopo qualche minuto Zayn, continuando al suo sguardo incuriosito con un: - Per me, solo per me sei il ragazzo più bello e sei il mio eroe.-

- Il tuo supereroe.- aggiunse con un cenno deciso del capo, tornando a studiare in silenzio i disegni mentre sfiorava la figura del suo alter ego con le punte delle dita e un sorriso dolce sulle labbra. - Anche se ora non posso fare nulla con questo coso.- si lamentò con uno sbuffo, cercando di sollevare il braccio ingessato per mostrargli quel che stava intendendo con quelle parole, e si ritrovò a sorridere come un perfetto imbecille al suo “Tu sarai sempre il mio supereroe, Leeyum”.

- Sono come Batman.- affermò all’improvviso il maggiore, rigirandosi nel letto per poter poggiare il mento sul suo petto e sorridergli. - Tu sei Catwoman.-

- Catwoman?- annuì con un sorriso vispo a quella domanda, mordicchiandosi il labbro mentre lo osservava strofinare la matita sotto il mento, quell’espressione da artista pensieroso che aveva iniziato a farlo fantasticare fin troppo, e scosse poi il capo al suo chiedere: - Perché non Robin?-

Tornò nella posizione precedente senza rispondergli a parole, sfogliò qualche altra pagina del fumetto e gli lanciò un’occhiata veloce, vedendolo ancora sovrappensiero alla ricerca di una soluzione ai vari interrogativi.

- Perché sei un gatto.- sussurrò con un ghigno soddisfatto al suo rossore improvviso e concentrò ancora una volta tutta l’attenzione sul fumetto, ascoltando i suoi borbottii e “Dovevo aspettarmelo”, mentre si rilassava per le dita che avevano ripreso a muoversi tra le ciocche umide. Poggiò il volumetto aperto sotto il braccio ingessato, tenendo il segno per quando avrebbe ripreso la lettura, e spinse il capo verso la sua mano, chiudendo gli occhi e non accorgendosi nemmeno di starsi addormentando in quel modo.

Gli incubi, quelli che solo qualche giorno prima lo tenevano sveglio di notte fonda, sembravano essere completamente spariti, o si erano perlomeno fatti più radi e meno crudi. Ne percepiva ancora una lieve sfumatura ma riusciva a distinguere la finzione dalla realtà, potendo così strizzare gli occhi e cambiare scenario; uno in cui Zayn era al suo fianco e non sull’asfalto con quel brutto grigiore in viso.

Non sapeva per quanto aveva dormito, non ricordava nemmeno di essersi addormentato tra le carezze del più piccolo, ma quando aveva sbattuto le palpebre si era trovato solo nel letto e nella stanza semibuia. Si era mosso in un primo momento con fare inquieto, non riuscendo a trovare Zayn al proprio fianco, e si era rilassato quand’aveva captato il suono della sua risata dal piano inferiore, premendo il viso tra i suoi cuscini e grugnendo nel dormiveglia, cercando le forze per potersi alzare e raggiungerlo.

Aggrottò la fronte non appena vide uno spiraglio di luce passare dalla porta, trattenendo la risata divertita all’entrata della bambina, come si guardava attorno sospetta e si avvicinava alla panca su cui stava il grande orso bianco che aveva vinto il giorno del luna-park e dell’incidente. Si aiutò con il braccio sano per appoggiarsi con la schiena alla testata del letto e si schiarì la voce per attirare la sua attenzione, non riuscendo a bloccare la risata al suo verso sorpreso e spaventato, come spalancava gli occhi nella penombra e lo raggiungeva con l’orso stretto tra le braccia snelle e piccole.

- Sei vivo, Lili!- la sentì esclamare con un tono allegro, vedendola prendere il suo posto accanto a lui e essere coperta interamente da quell’enorme peluche. - Zee diceva che non potevo entrare nella sua stanza, che ti eri trasformato in un mostro cattivo e mangiavi i bambini. Io non gli credevo.- aveva poi aggiunto con fare esperto e saggio, annuendo con decisione e appoggiando poi il mento tra il pelo bianco e morbido.

- Se ti piace tanto quel peluche..- cambiò discorso con un tono serio, allungando le dita per stringere l’orecchio peloso dell’orsacchiotto. -.. posso sempre comprarne uno tutto per te.- concluse con fare calmo e paziente, lanciandole una veloce occhiata e vedendo le sue sopracciglia corrugate in una smorfia infantile.

- Ma Rufus mi piace e..- scosse il capo e premette l’indice sulla punta del suo nasino, spiegando alla sua confusione: - Si chiama Zeeyum, è un regalo che ho fatto a Zayn.. mi sono quasi ucciso per vincerlo, Saf.-

Vide la sua espressione indecisa, come le sue ditina stringevano il pelo dell’animale, e poi i suoi occhi guizzare sul braccio ingessato, chiedendo: - L’hai fatto per Zee? Perché ti piace tanto e lo difenderai sempre? Come per quei bimbi cattivi che gli fanno male e tu lo salvi come una principessina?-

Scoppiò a ridere per l’insieme di tutti quei discorsi, muovendo ugualmente il capo in un cenno affermativo, e indicò il gesso con un’espressione seria, spiegando alla sua occhiata curiosa: - Il tuo Lili si è fatto molto male pur di vincere quell’orso per il suo Zee. Vuoi dirmi che non ti importa di questo?-

Solo quando vide il suo scossone del capo, i suoi occhi grandi e attenti, allungò una mano per spostarle delle ciocche di capelli dietro l’orecchio, sporgendosi verso di lei per sussurrare: - Te ne compro uno ancora più enorme, siamo d’accordo? Però questo devi lasciarlo a tuo fratello.-

Le rivolse un sorriso soddisfatto al suo annuire con decisione, lasciando che riducesse le distanze tra di loro e avvolgesse poi le braccia attorno al collo, tenendola stretta ai suoi “Sono contenta di vederti qui” e “Zee era triste senza di te”.

- Non voglio un orso però.- la sentì bisbigliare con la voce camuffata contro la maglia. - Voglio un pony gigante, così divento una principessa.- riprese a spiegare con il viso premuto contro il proprio petto, facendolo ridacchiare e annuire assieme con serietà alla sua occhiata scettica. Non riuscì ad aggiungere altro che intravide la porta aprirsi e “Safaa! Ti avevo detto di non entrare!”, sentì i brontolii del ragazzino che li raggiunse e prese posto a gambe incrociate nel letto.

- Mamma chiede se vuoi fermarti a cena.- lo informò poi il nuovo arrivato, afferrando l’orso con uno strattone e lanciando un’occhiata alla sorellina. Osservò quello scambio di sguardi con interesse, sorridendo alla bambina tra le braccia, al suo bacio contro la guancia e al suo cenno con la mano mentre li lasciava soli nella stanza, e riportò l’attenzione sul ragazzo rimasto, stringendosi nelle spalle e non sapendo come rispondere se non con un confuso “Quanto ho dormito?

- Per qualche ora, eri stanco.- gli rispose quello con un tono dolce, allungando un braccio per poter poggiare una mano sulla sua guancia e strofinare il pollice contro la leggera peluria che gli copriva la mascella. - È passato Harry a portarmi i compiti e sono riuscito a finirli tutti, a fare qualche disegno e giocare alla play. Avevo chiesto a quella di non disturbarti ma non mi ascolta nessuno qui.- si lamentò poi con uno sbuffo, spingendo un ginocchio contro il suo e sfiorandogli il collo con le dita dell’altra mano, vedendolo perdersi in quella sensazione per qualche minuto prima di chiedere nuovamente: - Vuoi fermarti a cena? Altrimenti papà si è offerto di portarti a casa, è distante da qui e tu non sei nelle condizioni di..-

- Di andare da solo.- lo interruppe per continuare quella frase al posto suo, roteando gli occhi e spingendo due dita contro il suo addome mentre borbottava: - Sono forte e un braccio ingessato non mi rende il bersaglio di nessuno, non c’è nessun pazzo in mezzo alla strada e pronto a uccidermi. Dovreste rilassarvi tutti quanti, non sono una donnina in pericolo.-

- Quindi ti fermi a cena e poi ti accompagniamo a casa?-

Roteò ancora una volta gli occhi, trattenendosi dallo sbuffare come un bambino, e chiuse il pugno per usarlo contro il petto del più piccolo e allontanarlo così da lui, grugnendo un non del tutto convinto: - Certo, come volete.-

- Siamo solo preoccupati, Leeyum.-

 Finse di non aver sentito quella frase sussurrata con un tono dolce quanto sottile, mentre si alzava dal letto e passava una mano tra i capelli mossi per sistemarli e non dar l’impressione di aver dormito per tutto il pomeriggio, o buona parte di esso. Vide una scintilla passare negli occhi nocciola del ragazzino, così veloce da non aver nemmeno il tempo di interpretarla, e lo osservò allungare una mano verso di lui, ritirarla l’attimo dopo e indicargli la porta con un semplice “Ci stanno aspettando per cenare”. Non si erano più rivolti la parola per tutta la durata della cena, rispondendo alle domande e introducendo discorsi, e non si erano toccati o guardati, nonostante fossero seduti uno di fianco all’altro. Solo quando era sceso dalla macchina Liam si era deciso a incrociare lo sguardo di Zayn, dopo un saluto veloce e imbarazzante per entrambi, e aveva cercato di scusarsi con quel breve contatto, vedendolo puntare gli occhi di fronte a lui e rendere ancora più spessa quella patina tra loro.

 

 

Aveva sempre amato la leggera brezza autunnale, quella che percepiva contro il viso sudato dopo le fatiche dell’allenamento, la maglietta che gli aderiva contro il petto e l’erba fresca a contatto con la pelle. E forse era proprio per via della mancanza di quelle ultime caratteristiche se quella volta non riusciva proprio a trovare pace e rilassarsi. Evidentemente non era stata una delle sue idee migliori raggiungere i compagni di squadra e osservarli correre per il campo, nonostante in un primo momento gli fosse sembrato tutto quello che gli mancava e di cui aveva bisogno. Il vederli come una squadra senza di lui, vedere che in un qualche modo riuscivano a cavarsela e essere ugualmente qualcosa senza il capitano gli lasciava un brutto sapore in bocca, qualcosa di amaro e simile al sostituzione, rimpiazzo; quelle parole che gli vorticavano nella testa da quando il coach aveva fischiato e dato inizio alla partita di allenamento.

Era così preso dai ragionamenti da non essersi accorto del fischio finale, venendo preso alla sprovvista dalla pacca contro la spalla e dai “Non fare la femminuccia e torna a giocare” o “Aspettiamo solo il capitano per la partita contro le civette”. Aveva risposto a tutti con sorrisi e rassicurazioni, cercando di mascherare quel che stava pensando e i “Forse riuscite a cavarvela anche senza di me” o “Non è così fondamentale la mia presenza per una vittoria”, assieme a quell’acido pensiero di rinunciare ad un sogno.

- A che pensi, Payne?- sentì la voce del compagno di squadra e amico, inclinando il viso di lato per vedere la sua figura illuminata dalle luci dello stadio, le braccia puntate sulla panca e i capelli appiccicati contro la fronte per via del sudore. - Ti stiamo aspettando tutti, lo sai. Non fare quelle facce da non tornerò mai più e voglio abbandonare.- ignorò quel tono di scimmiottamento, preferendo concentrarsi sulla sensazione del gesso a contatto con i polpastrelli, e sospirò prima di strizzare gli occhi e sussurrare: - Forse non riuscirò mai a recuperare.-

Restarono in silenzio per un tempo che gli parve infinito, deglutendo e cercando di restare al passo con i discorsi del coach e “Torna presto tra noi, capitano”, per poi grattare la superficie del gesso quasi a togliersi quell’impiccio, spostando i ciuffi di capelli dalla fronte e premendo i talloni contro il terriccio.

- Come fate a sapere che tornerò?- domandò con gli occhi fissi sulle proprie scarpe, solo quando fu sicuro di avere il coach a una certa distanza. - E se dovessi tornare.. ci sono giorni in cui la spalla mi fa malissimo e sono obbligato a prendere delle pastiglie che blocchino il dolore. Come faccio a tornare quello di prima? Non riuscirò più a essere il capitano, sarà meglio dare il compito a un altro e evitare un ritorno in campo disastroso.- continuò con un tono di voce spento, appoggiando un piede sulla panca e stringendo il ginocchio contro il petto. - Non voglio leggere del disastroso ritorno di Liam Payne, preferisco mollare prima. Se proprio devo lasciare, voglio che sia con il ricordo di quel che riuscivo a fare e non con l’immagine di un idiota che non riesce a fare un placcaggio per colpa del dolore alla spalla.-

- Non voglio farmi pregare e sentire le vostre suppliche a restare con voi, so di essere importante per la squadra ma sono realista e so che potete cavarvela senza di me. L’ho visto, Josh, e so che sarà dura per voi e per me.. ma forse è la giusta cosa da fare.- concluse con gli occhi fissi sugli spalti, ricordando di tutti i momenti in cui il boato della folla era riservato solo per lui e una sua particolare azione.

Strinse le dita sul tessuto dei jeans, ascoltando il respiro calmo di Josh, e scosse velocemente il capo al suo chiedere: - Sicuro che sia quel che vuoi?-

- È tutto quel che ho sempre sognato, lo sai anche tu. Questo è quello che ho sempre voluto, questo era il mio futuro e io.. Danielle aveva la danza, Louis era quello dei mille problemi e tu e Niall siete la coppia che resisterà a tutto quanto, che riuscirà a ottenere un matrimonio legale e l’adozione di piccoli irlandesi. Io avevo questo e mi sono impegnato, ho dato il massimo e non posso continuare sapendo di poter dare solo una parte.- spiegò velocemente, cercando di concludere tutto il discorso presente nella testa per non doversi bloccare a causa del nodo nella gola o del vuoto nel petto. - Prima di avvicinarmi a una partita ufficiale dovranno passare i mesi e io non posso permettermi di stare dietro ai tempi degli allenamenti, dei recuperi e di questo.-

- Forse è arrivato il momento di cambiare piani per il futuro e concentrarmi sullo studio, non posso sprecare la mia vita a seguire una cosa che mi sfuggirà dalle mani.- concluse il tutto con un sospiro, mentre premeva le dita contro la coscia per trasferire quel che stava provando in un dolore fisico e più pratico. - Non riesco a continuare e sapere che non sarò più io, che non sarò più il buon vecchio Payno che riesce a placcare con tre semplici mosse.- continuò a parlare l’attimo dopo, usando le parole che molto spesso aveva sentito pronunciare dal coach.

C’era un motivo se confessava le cose più importanti a Josh, se andava da lui quando aveva bisogno di qualcuno che lo ascoltasse, che lo facesse davvero. Era in grado di capirlo mentre lui sputava fuori tutto quello che sentiva, tutto quello che gli impediva di dormire serenamente la notte, e poi restava in silenzio, dandogli il tempo di riflettere su quel che era riuscito a esternare, sulle sue paure e sulle decisioni difficili. L’amicizia con Louis era tutt’altra cosa, lui era il responsabile e doveva tirare fuori l’amico dalle situazioni più assurde e strane; Louis lo ascoltava ma non riusciva a essere imparziale, lo attaccava sempre quando diceva qualcosa di incredibilmente stupido e senza senso.

- Stai solo pensando al peggio.- interruppe i suoi pensieri il ragazzo muscoloso accanto a lui, spingendo il gomito contro il suo fianco e rivolgendogli un sorriso incoraggiante. - Lo stai facendo per autodifesa e perché è più semplice decidere ora di lasciare, invece di restare in terreno incerto.- vide la sua mano muoversi, per impedirgli di intromettersi e ribadire di non star facendo tutto per timore, e ascoltò in silenzio il suo insistere con: - Ci sono persone che hanno avuto incidenti peggiori e sono riusciti a tornare in campo, altri che hanno avuto una piccola cosa da nulla e non sono riusciti a riprendersi. Dipende da quanta forza di combattere hai, Payne.-

Non ci fu bisogno di ulteriori parole, Josh aveva allungato un braccio per scompigliargli i capelli e gli aveva rivolto un cenno col capo, lasciandolo poi solo in quello stadio fin troppo grande e silenzioso. La sua testa però, tutto quel che lo stava tenendo impegnato in una serie di disastrosi pensieri, faceva più rumore di qualsiasi cosa, chiudendolo in una bolla che si portava dentro da qualche giorno.

Quando fu troppo per lui, quando il baccano aveva iniziato a premere contro le pareti per cercare di spezzarle, si alzò con movimenti lenti, infilò la mano in tasca e si diresse verso l’uscita, trovando il coach ad aspettarlo a braccia incrociate e un’espressione seria in viso.

- Volevi essere chiuso qui dentro?- lo sentì scherzare con un tono leggero, come se stesse cercando di smussare le spine di quella corazza difensiva. - Come sta il braccio? Ti hanno detto qualcosa di nuovo?- gli chiese dopo qualche minuto di silenzio, seguendolo passo a passo fuori dai cancelli e lungo la strada.

Offrì il braccio sano per aiutarlo a portare una sacca, caricandola poi sulla spalla e tenendo le dita strette al tessuto, accompagnandolo fino alla macchina mentre gli spiegava dell’incontro con il medico di giorno prima, di come fosse speranzoso in una guarigione lampo e del conto alla rovescia che stava segnando sul calendario.

- Pensi di riuscire a venire domenica questa?-

Quella semplice proposta bastò a farlo immobilizzare di fronte al baule aperto, riprendendosi con una scossa del capo e ascoltando le sue teorie su quanto fosse importante la presenza del capitano per motivare la squadra, che gli avrebbe riservato un posto sulle panchine tra i compagni e il ruolo di vice per decidere le posizioni e gli attacchi.

- Sarebbe un fattore positivo l’averti con noi.- insistette quello con un tono serio, appoggiando la mano sulla sua spalla e tenendo gli occhi puntati nei suoi. - Tieni insieme la squadra, per questo ti ho scelto come capitano.. ti abbiamo scelto. È stata una decisione di gruppo, lo sai. E nessuno si è mai pentito, ogni tanto qualche gelosia è normale.. ma la tua carica rende gli altri più forti, li carichi, li motivi, li guidi.- 

Infilò la mano in tasca, premendo i polpastrelli contro il tessuto per sfogare tutta la tensione che gli bloccava quasi il respiro, e mosse il capo in un cenno veloce e non del tutto convinto al suo insistere con frasi come “Ti vogliamo tutti in campo” e “Sei la loro guida”.

Preferì tenere per sé tutte le preoccupazioni, quelle che dall’incidente - oltre agli incubi su Zayn - lo tenevano sveglio di notte, e ricacciò in fondo alla gola i “Non riuscirò mai a tornare” o “Quanto tempo dovrà passare prima di tornare il vero capitano?”.

- Vuoi un passaggio in macchina?- gli aveva proposto, riuscendo a superare il frastuono di quei mille e più interrogativi, indicando il SUV nero e ricevendo in risposta una scossa del capo e “Preferisco camminare un po’ stasera”. - Ti avrei invitato a cena, se solo non fosse stato così tardi. Sai che i bambini chiedono nuove lezioni con te? Mentre stai con questo braccio potresti aiutarmi con quei disperati.-

- Magari la prossima volta.- ridacchiò appena con un sorriso più convinto, ricordando dell’esperienza da allenatore che aveva avuto quell’estate con bambini fin troppo agitati e chiassosi. - Cercare di tenerli a bada è come affrontare tre allenamenti.- aggiunse poi con una risata divertita, spostando le dita tra i ciuffi mossi e facendosi attento all’occhiata scrutatrice dell’uomo più grande di lui.

- Se dovesse esserci qualcosa..- lo sentì dire in un sussurro leggero, aggrottando la fronte per farsi attento alle sue parole successive e al suo “Sono disponibile per fare quattro chiacchiere, Payne”.

- Non c’è nulla che non..-

- Un coach è molto più di una persona che ti grida di correre più veloce, ricordi?- lo interruppe con un tono grave, dandogli una piccolo buffetto contro la guancia e aggiungendo: - Vedi di essere pronto domani mattina, passo a prenderti in macchina e stai con la tua squadra fino alla partita.-

Non gli diede il tempo di ribattere che aveva preso posto alla guida della jeep, lasciandolo solo nel mezzo del parcheggio deserto e con più di una domanda senza alcuna risposta. Calciò un piccolo sassolino con la scarpa, quando si rese conto di non essersi mosso per qualche minuto, e infilò la mano in tasca mentre s’incamminava verso casa.

Non appena varcò la soglia venne sommerso da troppe informazioni, oltre al solito “Zayn ha chiamato”, e rifiutò di cenare pur di non ascoltare quell’ultimo “Danielle è passata a trovarci, domani deve partire”. Si chiuse in camera, dopo aver lanciato un’occhiata a Ruth che aveva cercato di sbarrargli la strada per parlargli, e si sdraiò nel letto, recuperando il cellulare per leggere quella lunga serie di messaggi senza risposta.

Qualche settimana prima, dopo essere stato riaccompagnato a casa da Zayn, aveva ricevuto un suo: « So che non hai bisogno di nessuno per difenderti, Leeyum. Però dovresti capire che ci sono volte in cui non puoi cavartela da solo, ci sono momenti in cui devi lasciare che gli altri si preoccupino per te. Persino i supereroi cadono e si fanno male, è qualcosa che li rende più umani. »

I giorni che erano seguiti aveva cercato di passarli con la testa china sui libri, ogni volta che riusciva a trovare la giusta concentrazione il cellulare vibrava sulla scrivania e richiamava la sua attenzione con messaggi che leggeva solamente e a cui non rispondeva.

« Vuoi ignorarmi fino a quando ti passa, bene. »

« Non risolvi niente a chiuderti a riccio pur di non affrontare quel discorso. »

« La torta che abbiamo fatto l’altro giorno è la cosa più disgustosa che abbia mai mangiato. Sei negato in cucina, Liam Payne. »

« Mi annoio a casa da solo e Harry dice che sto diventando troppo acido per colpa tua. »

« Safaa mi ha detto di ricordarti del vostro patto. »

« Louis dice che non rispondi nemmeno a lui, quindi non è qualcosa che hai contro di me? »

« Sei un bambino, Payne. »

« Ruth dice che dovrei mandarti a cagare e darti dell’idiota. Mamma dice che devo smetterla di guardare il cellulare come se stesse per scoppiare. E credo tu abbia visto Doniya oggi, mi ha guardato in modo strano e ha detto che siamo due idioti. »

« Ieri non riuscivo a dormire perché oggi sarei dovuto tornare a scuola.. sono tornato a scuola e quei tipi mi hanno guardato davvero male. Non è che mi fanno paura.. mi manchi tanto, Lee. »

« Eleanor mi ha detto che Danielle deve partire. »

« Io non sono come lei, sono qui e non vado da nessuna parte. Sempre se è questo il problema, visto che mi sembra di star scrivendo messaggi a vuoto e tu non vuoi dirmi che ti prende. »

« Ti amo, Leeyum. Vieni a casa mia e sbaciucchiamoci tutto il giorno. »

« Era Waliyha, appena esce dal bagno la uccido. Tu provaci a venire fino a qui e ti ammazzo personalmente. Sono incazzato con te e, se i miei si decidessero a togliere questa stupida punizione, sarei già lì a riempirti di botte. Ho scoperto di avere un destro micidiale. »

Gli vibrò il cellulare tra le dita e sbuffò per quel che stava scritto nel messaggio, puntando la sveglia per la mattina dopo e lasciandolo sul comodino; doveva riposare perché l’indomani sarebbe stata una giornata impegnativa.

« Questa storia deve finire, domani io e te parliamo. »

 

 

 

 

 

 

 

« Cause you were all yellow
I drew a line
I drew a line for you
Oh what a thing to do
And it was all yellow

Your skin
Oh yeah your skin and bones
Turn into something beautiful
And you know
For you I'd bleed myself dry »

- Yellow, Coldplay

 

 

Si stava quasi abituando all’assenza di Liam, o meglio a quell’inviare messaggi e sapere di non ricevere nessuna risposta. La sua famiglia al contrario non sembrava pensare la stessa cosa, riservavano delle occhiate preoccupate solo per lui e erano fin troppo apprensivi, e anche Harry lo istigava a chiarire con Liam, proponendogli scuse per riuscire a scappare alla supervisione dei genitori e raggiungerlo.

Quel che l’aveva convinto a affrontare quella situazione era stata la chiamata di Niall, gli aveva raccontato tutto quel che era riuscito a far confessare a Josh e l’aveva informato della presenza di Liam alla partita, che avrebbe potuto incontrarlo lì e “Cerca di farlo ragionare” fu l’ultima cosa che sentì prima di sentirlo riagganciare.

Non aveva dormito quella notte, si era girato tra le coperte e tornava sempre con lo sguardo alla finestra, immaginando di vedere la testa del più grande spuntare con uno dei suoi soliti sorrisi allegri. Per tutta quella domenica era rimasto nella stanza, le dita strette attorno la matita e i segni fin troppo calcati sul foglio bianco, aveva rifiutato il pranzo e aveva risposto male a Doniya, quando aveva cercato di informarsi su quel che gli stava passando nella testa. Con l’avvicinarsi della sera il cuore sembrava comprimersi sempre più nel petto, le risposte diventavano più acide e il coraggio di affrontare quella discussione con Liam si azzerava completamente. Con tutte quelle settimane passate a riflettere aveva accumulato troppo, troppe domande e troppe parole, non sapeva se, una volta trovatosi di fronte quel ragazzo, sarebbe riuscito a buttare fuori tutto. Era incazzato con lui e amareggiato, deluso da quel suo comportamento così infantile, ma allo stesso tempo gli mancava terribilmente e non riusciva a darsi pace o trovare una risposta a quel suo non volersi confidare.

Ora si trovava fuori dal campo, non ci teneva a mischiarsi a quei tifosi impazziti, e aveva mandato un messaggio al ragazzo per informarlo della sua presenza e ricordargli di avere un discorso importante da affrontare; sembrava quasi una spada di Damocle pronta a ferirli, spezzarli, dividerli.

Non ebbe il tempo di riformulare quell’ultimo pensiero che intravide la sua figura avvicinarsi, la sua testa bassa e la camminata disinteressata, e strinse i pugni lungo i fianchi per non lasciarsi vincere dalla solita voglia di andare verso di lui e raggiungerlo. Aveva penato fin troppo tempo e non gliel’avrebbe data vinta in quel modo, stava continuando a ripetersi nella testa per convincersi a non fare nemmeno mezzo passo in sua direzione.

Per tutta la durata del suo avvicinamento non l’aveva degnato di una sola occhiata, teneva gli occhi bassi e non sembrava toccato dalla distanza tra loro, da quei giorni passati uno lontano dall’altro. E fu proprio quel pensiero ad accenderlo, portandolo a incidere le unghie nei palmi delle mani e le braccia rigide lungo i fianchi con la voglia di gridargli contro ogni possibile insulto, come gli aveva più volte suggerito Ruth.

- Vuoi lasciare la squadra?- gli chiese semplicemente, non riuscendo a trovare la forza di insultarlo nel vederlo già così provato. - Voglio solo sapere il motivo di questa tua decisione. Molto stupida, se vuoi un parere.- aggiunse con un tono di voce calmo quanto freddo, come se fosse un estraneo in quel loro discorso. Pensava non l’avrebbe ferito allo stesso modo quella discussione, invece gli aveva fatto quasi più male il suo grugnito di risposta e quel suo insistere per non guardarlo negli occhi.

Lo sentì introdurre la discussione con un “Tu non sai niente” e fece uno scatto verso di lui, agitando un braccio e non preoccupandosi del tono di voce mentre gridava: - Io non so niente perché tu non vuoi parlarmi!-

- L’ho dovuto sapere da Niall, ti rendi conto? Sei il mio ragazzo e mi ha chiamato Niall per riferirmi tutto quel che hai detto a Josh.- continuò, passando una mano tra i capelli in un gesto di stizza. - Preferisci parlare con una persona a caso piuttosto che con me! Voglio essere solamente il tuo ragazzo, non sono un bambino e se qualcosa ti preoccupa devi parlarmi. Pensi che ignorandomi risolvi le questioni? Mi hai fatto stare male per giorni e per cosa? Perché ancora non ho capito dov’è il problema. All’inizio pensavo fosse per colpa mia, perché cerco di aiutarti ora che hai il gesso e tu te la prendi perché sei un omone grosso e non hai bisogno dell’aiuto di nessuno. Poi ho scoperto che Danielle doveva partire, ho pensato persino dovessi partire con lei e non trovassi il coraggio di dirmelo. E ora la squadra? Che cazzo ti prende, Liam?-

Riuscì a fargli sollevare lo sguardo, vedendo come fosse perso a cercare le giuste parole, e strofinò un pugno contro il naso, percependo tutta l’ansia di quei giorni sciogliersi e trasformarsi in una patina bagnata. Non riuscì a trattenere l’ennesima esplosione di rabbia, mentre lottava contro il pianto per riuscire a ringhiare tra i denti: - Sei uno stronzo, un bastardo. E ti odio, ti odio. Mi ripeti ogni volta che io devo sfogarmi con te, che ci sei per me e mi sei accanto. Però tu non vuoi parlare con me, preferisci smettere di sentirmi, di cercarmi.. mi ignori. Pensi che io non sia abbastanza per te? Pensi che io non riesca a capirti? Non sono un bambino, Payne. Devi smetterla di far valere quel che dici solo per me. Non posso preoccuparmi per te quando hai un braccio ingessato? Quando hai fatto un incidente? Non è stato forse più grave di quelle idiozie nella mia scuola? Perché io non posso preoccuparmi per te e aiutarti? E perché preferisci far finta che io non esista e..-

Tutto il resto del discorso, o di quell’insieme di parole che stava sputando fuori, si bloccò contro il tessuto della maglia del più grande; non si era accorto dei suoi movimenti repentini, di come aveva ridotto le distanze tra loro per avvolgere il braccio sano attorno alle sue spalle e obbligarlo a premere la fronte contro il suo petto. Sentiva la consistenza dura del gesso contro lo stomaco ma non si sarebbe allontanato da lui, al contrario aveva stretto le dita sull’orlo della sua maglia e aveva strizzato gli occhi per non piangere, respirando il suo odore e percependo il suo respiro veloce tra i capelli e i suoi baci leggeri contro il capo.

Era quasi riuscito a scacciare il groppo che gli chiudeva la gola quando l’aveva sentito bisbigliare “Scricciolo”, assieme a un “Mi sei mancato” con un tono rauco, e si era aggrappato a lui per non farlo andare via, per non perdere quel piccolo sogno e non svegliarsi con la testa contro i fogli pieni di disegni frettolosi.

- Sei uno stronzo.- ripeté, sospirando di sollievo nel rendersi conto quella fosse davvero la realtà, e chiuse gli occhi per concentrarsi sul battito del suo cuore e sul suo respiro tra i capelli, sulle dita che faceva scorrere lungo la schiena e su come premeva i polpastrelli contro i fianchi a ogni nuovo insulto con cui lo apostrofava.

- Mi sei mancato davvero.- lo sentì ripetere tra i propri insulti e le mille altre parole che gli vorticavano nella testa, premendo il viso contro il suo collo e passando la mano lungo il braccio ingessato, allungandosi verso di lui per restare vicino al suo calore mentre lui bisbigliava: - Ti amo, Zay.-

- Ora vuoi dirmi cosa ti succede?- gli domandò per non farlo concentrare sulle guance rosse, impedendogli di spostare il discorso e staccandosi per guardarlo negli occhi e invitarlo a rispondere. - Per favore, Leeyum. Voglio solo.. ascoltarti.- sospirò l’ultima parola, non sapendo che altro dire per convincerlo ad aprirsi con lui, a sfogarsi e coinvolgerlo tra i suoi pensieri.

Lo osservò distogliere lo sguardo, guardarsi attorno per cercare chissà cosa e digitare velocemente sulla tastiera del telefono, infilandolo in tasca e porgendogli la mano libera con gli occhi già rivolti verso i cancelli. Incrociò le braccia al petto pur di non dargliela già vinta, vedendolo preso alla sprovvista da quel suo comportamento, e gli indicò con un cenno di fronte a loro, invitandolo a fare strada e standogli poi accanto. Aveva preferito tenere una certa distanza tra i loro corpi, non riuscendo a perdonarlo completamente per averlo lasciato tutte quelle settimane senza sue notizie, e l’aveva seguito in silenzio con la chiara idea dei suoi occhi puntati addosso, di quei continui sguardi del maggiore e di come stringeva il pugno per trattenersi dal fare qualsiasi cosa.

Non aveva nemmeno badato alla strada che stavano percorrendo, torturandosi il labbro con i denti e tenendo le dita strette al tessuto interno delle tasche della giaccia, era rimasto per un primo momento incerto nel seguirlo in quegli ultimi passi e aveva studiato il viale buio, scuotendo poi il capo e raggiungendolo con delle falcate veloci pur di non restare indietro. Aveva intravisto le sue labbra arricciarsi in un sorriso intenerito, non appena aveva cercato la sua mano in quel posto troppo scuro, e aveva puntato gli occhi sui propri piedi e sull’erba bagnata che restava appiccicata contro le scarpe.

- Ti ricordi di questo posto?- l’aveva sentito chiedere non appena si erano fermati, aveva lasciato guizzare gli occhi attorno a loro e aveva annuito, bisbigliando un frettoloso “Quando mi hai chiesto di essere il tuo nuovo sogno” e tenendo lo sguardo basso e fisso sul terreno. - Non so bene da dove cominciare, mi sembrava più semplice lasciar parlare i ricordi.-

Strinse le dita sul tessuto della giacca e mosse nuovamente il capo in un cenno, non accennando a sollevare gli occhi su di lui per non dover leggere all’interno dei suoi cose spiacevoli. Si irrigidì non appena sentì le sue dita contro il braccio, premere contro la stoffa a richiamare la sua attenzione, e strinse i denti sul labbro inferiore, deglutendo e sollevando timidamente lo sguardo su di lui.

- Ricordi quel che ti ho detto? Oltre all’appuntamento e al definirti un mio sogno?- aveva un ritmo veloce mentre faceva quelle domande, quasi si stesse obbligando a sputare fuori tutto quanto. - Il football, Zay. Io.. è tutto quello che ho, quello che amo di più. È una cosa che mi definisce, una delle costanti della mia vita. E ora che mi hai insegnato a credere ancora in quel sogno.. io non posso lasciare.-

- Ma è quello che vuoi fare.- sussurrò con un filo di voce il moretto, inclinando il viso e studiando attentamente tutte le espressione che scorrevano in quello dell’altro. - Niall ha detto che hai fatto tutto un discorso a Josh, che vuoi lasciare e non vuoi fare brutte figure. Non capisco perché pensano io sia in grado di convincerti del contrario. Sarò al tuo fianco con o senza football, m’importa solo che tu sia felice. E non dovresti pensare alla squadra o a chi ci rimette, solo a te. Il sogno è il tuo, fottitene di chi pensa di conoscerti e vuole scegliere per te.- continuò in un impeto di rabbia e protezione, non sopportava la smorfia sulle sue labbra e come si era teso in allerta.

Si avvicinò di un passo a lui, premendo una mano contro la sua guancia e una contro il gesso, e si strinse nelle spalle con le labbra arricciate in un sorriso, rilassandosi solo quando lo vide ricambiare tentativamente e annuire l’attimo dopo con più convinzione.

- Non posso lasciare ma devo.- lo sentì rompere il silenzio dopo qualche minuto, cercando di riallacciare lo sguardo col suo ma vedendolo sospirare e guardare altrove, lontano da lui e sempre più distante. - Non per fare brutte figure o.. mi dispiace di averti ignorato per così tanto.-

- Non stiamo parlando di quello ora, Liam.- lo interruppe con un tono serio, premendo i palmi sulle sue guance e obbligandolo a riportare gli occhi nei propri. - Parliamo dopo di quell’idiozia, del fatto che sei un coglione e ci sono stato davvero male. Ora stiamo dicendo della tua scelta di..-

- Ma è per quello!- esclamò il castano, prendendolo di sorpresa e lasciandolo con un’espressione di pura confusione in viso. - Mi dispiace tantissimo di averti ignorato e non averti cercato, non sapevo dove sbattere la testa e mi sono chiuso. So di aver sbagliato però.. quella notte non sono riuscito a dormire, mi faceva malissimo la spalla, davvero tanto male. Non ne ho parlato con nessuno, non volevo sentirmi ancora più.. più indifeso, però era un dolore assurdo e i miei se ne sono accorti. Mi hanno obbligato a farmi vedere da un medico e mi ha detto che era normale per una botta del genere, mi ha prescritto degli antidolorifici e ora riesco a controllare il male.-

Era pronto a aprire bocca per dir qualsiasi cosa ma vide il suo capo scuotersi, come se si stesse arrendendo al peso che gli gravava addosso, e lasciò scivolare una mano dalla sua guancia alla sua spalla, facendo una leggera pressione con tutti i sensi concentrati per non fargli del male.

- Ho solo paura di non riuscire a fare più nulla, di non poter più giocare per colpa di questo dolore atroce. Mi ha detto che può dirmi qualcosa di più solo quando toglierò il gesso. E se non riuscissi più a giocare? Io.. Zayn.- lo sentì concludere con un singhiozzo, premendo il palmo contro la sua nuca per invitarlo a poggiare la fronte contro la maglia. - Fa tanto male e ho paura che sia finita con il football, lo sogno da quando ero bambino e ora è finita.-

- Non dire così Leeyum.- riuscì a bisbigliare solo quelle parole troppo semplici, muovendo le dita tra le sue ciocche e cercando in ogni modo di fornirgli aiuto con quel gesto. - Si sistemerà tutto, devi solo crederci un po’ di più. Vedrai che tornerai a giocare e tra qualche mese sarai ancora il più forte.- continuò a sussurrare, avvolgendo meglio il braccio attorno alle sue spalle mentre ascoltava il suo pianto silenzioso. Si alzò sulle punte per poter spostare le braccia attorno al suo collo, percependo il suo palmo posizionarsi al centro della schiena, e premette le labbra contro la sua tempia, restando stretto a lui in quel modo per qualche minuto; il tempo per farlo riprendere e sentirlo bisbigliare i suoi ringraziamenti, ascoltare la sua risata felice e riflettersi poi nei suoi occhi luminosi.

- Quando devi togliere il gesso?- chiese, torturandosi il labbro inferiore con i denti, e annuì al suo “Qualche giorno ormai, vuoi venire con me?”, restando immobile con la sua mano contro la guancia e le loro bocche a una distanza ravvicinata.

Era troppo concentrato sul regolare il battito del cuore, spostare lo sguardo dalla sua bocca ai suoi occhi marroni, stringere le dita sulla sua maglia e cercare di non mostrargli quanto gli fosse mancato, di tenere a bada il rossore, quando lo sentì sussurrare “Ti amo, Zay, e non volevo farti stare male”. Passò la lingua sul labbro superiore, mordicchiandosi l’interno delle guance, e si schiarì la voce per intraprendere un discorso su quanto fosse stato ingiusto l’averlo lasciato per settimane all’oscuro di tutto, di averlo fatto sentire un idiota e di non averlo ancora completamente perdonato. Gli restò tutto nella gola quando fu costretto ad incrociare i suoi occhi, risalì con la mano lungo la sua guancia e si sporse verso di lui per premere le loro labbra assieme, gustando lentamente il suo sapore che gli era mancato fin troppo.

Avevano appena approfondito il contatto, la lingua di Liam che percorreva con dedizione i denti e il palato, quando sentì vibrare il cellulare nella tasca dei jeans, staccandosi da lui e sentendo il suo versetto di disapprovazione in contemporanea alla voce del padre e “Dove ti sei cacciato, Zayn Malik?

Fece segno al più grande di non parlare, premendo l’indice contro la sua bocca per impedirgli di esprimersi, e scosse il capo alle domande del genitore, aggiungendo: - Sono a dormire da Harry, vi avevo avvisato. No, non puoi parlare con lui.. sta dormendo!-

Riservò a Liam un’occhiata truce, avvertendo la sua risatina, e gli mostrò la lingua, rischiando di far cadere il cellulare alla domanda di Yaser, arrossendo e scuotendo il capo tra i “Non è vero!” e “Non sono con Leeyum”. Restò in silenzio a ascoltare il padre, cercando di tanto in tanto di intromettersi nel discorso, e porse il cellulare al castano, roteando gli occhi e borbottando: - Vuole te.-

Aveva cercato di captare quanto stavano dicendo ma Liam rispondeva a monosillabi e “Certo, lo farò”, rendendogli ancora più arduo quell’interpretare e ipotizzare l’argomento di discussione. Sbuffò all’occhiata curiosa che il maggiore gli aveva rivolto, assieme a un “No, non me l’aveva detto”, e incrociò le braccia al petto, mantenendo in viso un’espressione scocciata mentre il castano discuteva con suo padre dell’ultima partita di calcio trasmessa in televisione.

Riprese il cellulare con un ennesimo sbuffo non appena glielo porse e lo infilò nella tasca della giacca, tenendovi all’interno le mani, per poi stringersi nelle spalle e chiedere: - Avete parlato a sufficienza o volete un appuntamento?-, ricevendo in risposta la risata divertita di Liam e una spinta contro l’addome.

- Abbiamo parlato del tuo essere un disubbidiente.- ribatté il maggiore dopo qualche altro minuto di risata, passando le dita tra i suoi capelli neri e scendendo lungo i suoi zigomi con un sorriso sempre più dolce. - Eri in punizione, non potevi uscire. Ora mi ha ordinato di portarti immediatamente a casa, che non devo progettare nessuna fuga o allungherà la tua punizione per un’altra settimana.-

- Mi hanno tenuto in punizione per un mese, Leeyum.- si lamentò con un verso frustrato il più piccolo, stringendo le dita alla sua manica e sospirando con fare teatrale, sbattendo appena le palpebre prima di continuare con: - Non pensi sia più che sufficiente? E poi io ho ascoltato solo i tuoi consigli, dovresti essere fiero di me perché ho messo Jason al tappeto e invece ti allei con mio padre e..-

- Sai anche tu che non è quello il motivo.- lo interruppe con un tono leggero, sfiorandogli l’orecchio con i polpastrelli e intrecciando le dita tra le ciocche più lunghe della sua frangia. - Li hai fatti preoccupare, hanno tutte le ragioni per comportarsi in quel modo.. sei sparito tutto il giorno, Zee. E non è la prima volta che scappi alla loro supervisione, o ti fai trovare con un ragazzo nel letto.-

Ignorò il calore che era avvampato sulle guance, grattando la superficie del gesso pur di non guardarlo negli occhi, e grugnì: - Non sono un bambino, ho diciassette anni e sono sempre stato un figlio perfetto.-

- Stai dando la colpa a me?- lo sentì chiedere con un tono fintamente offeso, sollevando lo sguardo su di lui e annuendo con un sorriso acceso, alzandosi sulle punte e premendo le labbra contro le sue. - Ti ho corrotto e fatto diventare indisciplinato? Non dire bugie, micetto.- scoppiò a ridere a quelle ultime parole, stringendo meglio le braccia attorno al suo collo per tenere i loro corpi a contatto e non allontanarsi da lui.

- Non sono io a essere scomparso per quasi un mese intero.- ribatté, in parte ancora offeso per tutte quelle settimane di silenzio completo, e si apprestò ad aggiungere: - Sei tu il ragazzo davvero cattivo, Leeyum. Qualcuno dovrebbe metterti in castigo.- non appena vide una strana sfumatura passare dai suoi occhi, qualcosa di molto simile al rimorso.

Si strinse nelle spalle con un ghigno alla sua occhiata sorpresa e confusa, intrecciando le dita tra i suoi capelli fini alla base della nuca, e appoggiò la guancia contro la sua spalla, chiudendo gli occhi e premendo le labbra contro la pelle calda del suo collo mentre si rilassava per la mano che Liam faceva scorrere lungo la schiena.

- Ti riporto a casa, va bene?-

Annuì senza accennare a staccarsi da lui a quella domanda, strofinando il naso contro la sua spalla, e mugugnò solamente al suo: - Se non siamo a casa tua entro mezz’ora, sarai in punizione a vita.- per poi sbuffare tra i “Ancora qualche minuto” e “Mi sei mancato troppo, Leeyum”.

- Anche tu, scricciolo.- lo sentì ribadire ancora una volta quel concetto, sciogliendosi per la sua stretta contro il fianco, e mosse i polpastrelli contro la sua cute al suo insistere con: - Non volevo ignorarti per così tanto, perdonami. Non volevo parlarne con nessuno, non volevo che diventasse ancora più vero e non sapevo come gestire tutta questa situazione. Pensavo di fare la cosa più giusta, più facile, a evitare quell’argomento e sapevo che se ci fossimo sentiti non sarei riuscito a fingere. Non volevo farti soffrire, però è andata ugualmente così.-

- Perché sei uno stupido.- borbottò, non appena lo sentì lasciarsi andare a un sospiro affranto, e appoggiò la fronte contro la sua per guardarlo negli occhi e sussurrare: - Andrà tutto bene, fidati di me. Qualunque cosa accada io ci sarò per te, ma tu non devi chiudermi fuori o non so come aiutarti.-

- Cosa intendi per punizione?- lasciò che cambiasse il discorso in quel modo, sfiorandogli il dorso della mano con i polpastrelli e mormorando: - Ripetizioni in matematica, senza alcuna distrazione.-

Scoppiò a ridere all’occhiata e al verso del più grande, annuendo con serietà e ripetendo più volte “Ripetizioni e basta”. Strinse le dita sulla sua guancia, tirandogliela appena tra le risatine, e vi schioccò contro un bacio, prendendolo per mano e guidandolo verso il punto da cui erano arrivati. Continuò a camminare mentre ascoltava i suoi lamenti e i suoi “Non puoi obbligarmi a tenere le mani a posto, quella è una tortura!”, dando degli strattoni al suo braccio per fargli aumentare il passo, e fissò un punto di fronte a loro al suo improvviso interesse per la giacca che indossava e “Ormai è più tua che mia, stavo pensando di regalartela”.

- Non ti sembra stupido il fatto che mi senta quasi invincibile nell’indossarla?- domandò con un filo di voce, sperando quasi di non essere ascoltato dal ragazzo che gli camminava accanto. Tenne gli occhi piantati di fronte a sé, rafforzando la stretta attorno alla sua mano, e si mordicchiò il labbro inferiore, sentendo la sua risposta, quel suo “Ti rende una delle persone più belle che abbia mai avuto accanto. E una di quelle che non dovrei farmi scappare”, che gli fece arricciare le labbra in un sorriso felice.

 

 

 

Era finita con un’altra settimana di reclusione per Zayn, né Yaser né Trisha avevano accettato alcun tipo di compromesso, e aveva passato quei pomeriggi con il blocco di fogli bianchi e una matita stretta tra le dita, mentre cercava di riportare alla memoria particolari del viso del castano per raffigurarli poi con dei semplici tratti.

Aveva cercato di farsi bastare dei semplici messaggi o le chiamate serali, nonostante l’idea di progettare un’ennesima fuga fosse sempre presente in un angolo remoto della testa, e aveva sorriso contro il cuscino per ogni “Mi manchi, scricciolo” prima di addormentarsi con la parlantina di Liam contro l’orecchio; la mattina dopo trovava sempre il solito messaggio - « Non è buona educazione dormire quando una persona ti sta parlando, micetto. » - e gli rispondeva con una serie di emoticon e il buongiorno.

A scuola la situazione era fin troppo stabile, oltre alle volte in cui si era dovuto nascondere nei bagni pur di non ascoltare i racconti di un Harry fin troppo innamorato, e il gruppetto dei suoi persecutori gli lanciava solo occhiate da lontano, Jason sbatteva contro di lui nei corridoi e gli rivolgeva un’occhiata sprezzante. Ma non doveva farsi intimidire da lui, o almeno era quello che gli ripetevano un po’ tutti - i suoi genitori, Doniya, Harry e persino Eleanor - mentre Liam restava in silenzio fino a quando non decideva di cambiare discorso.

Quel venerdì pomeriggio, mentre si concentrava per disegnare il suo ragazzo nei panni di un supereroe, aveva sentito vibrare il cellulare contro il legno della scrivania e aveva letto con un sorriso il nome “Leeyum”, per poi aggrottare la fronte in un’espressione preoccupata a quel che stava scritto nel messaggio.

« Mi hanno tolto il gesso oggi, devo fare qualche visita ancora e non mi hanno fatto sapere nulla. Sono in palestra con Dominic e mi sono trovato quel coglione negli spogliatoi. »

Erano due minuti che stava cercando di scrivere l’abbozzo di una risposta, cancellando ripetutamente il risultato finale e mangiucchiandosi le unghie tra tutte le preoccupazioni; sospirò di sollievo all’arrivo di un nuovo messaggio del ragazzo - « Abbiamo parlato e dovevi vedere la sua faccia, era spaventato come un bambino. Se ti tocca ancora, deve vedersela con me. » - e scosse il capo con uno sbuffo, rispondendo solo al successivo messaggio e al suo invito a raggiungerlo il sabato pomeriggio per le ripetizioni.

Era riuscito a convincere i genitori con la promessa di prendere almeno una B nel successivo compito in classe, aveva preso l’autobus e era stato accolto dalla madre del ragazzo, si era fatto accompagnare nella sua stanza e le aveva detto di poter aspettare lì il figlio, di non disturbarsi per tutto quello che gli stava offrendo e sorridendo felice al suo “Ci sei mancato, Zayn”.

Si era quindi seduto al centro del letto, il blocco di fogli puliti sul ginocchio, e aveva tenuto il labbro stretto tra i denti mentre si concentrava sui particolari di un disegno che stava portando avanti da qualche giorno, distogliendo di tanto in tanto lo sguardo per guardarsi attorno in quella stanza ormai così famigliare. Era preso nel rifinire i tratti decisi del mantello, quando sentì la voce di Liam sulle scale e il suo rifiutare qualsiasi cosa gli stesse offrendo la madre, per poi aprirsi in un sorriso enorme nel vederlo aprire la porta e raggiungerlo fino a stendersi sopra di lui, baciandolo con insistenza e portando entrambi i palmi sulle sue guance.

- Mi sei mancato, scricciolo.- percepì le sue labbra muoversi contro le proprie più che sentirne il suono, si mosse appena sotto di lui e risalì con le dita lungo le braccia con cui si teneva sollevato. - Il coach mi ha trattenuto per parlare di cose stupide, sono ancora sudato per l’allenamento ma mi sei mancato troppo per aspettare un minuto di più.-

Arricciò il naso in una smorfia e scoppiò subito dopo a ridere, avvolgendo le braccia e le gambe attorno a lui per averlo ancora più addosso, passando la lingua contro il suo labbro sporgente mentre cercava di far scivolare la sua felpa lungo le spalle in gesti frettolosi. Spostò quelle attenzioni sul suo collo, succhiando fino a lasciargli un segno rosso, e premette le dita contro la sua nuca, riprendendo a baciarlo e scoppiando a ridere contro di lui al suo verso frustrato.

- Non mi piace il mantello.- lo sentì dire in un borbottio, indicandogli con un cenno il disegno che aveva lasciato abbandonato nel letto. Roteò semplicemente gli occhi e sussurrò: - Tutti i più belli hanno il mantello.-, spiegando poi al suo insistere con le lamentele che “Batman ha il mantello, anche Superman”.

- Capitan America invece no.-

- Preferisci quello a Batman?- gli chiese velocemente non appena lo sentì concludere, guardandolo dal basso con un’espressione di pura confusione, e osservò le varie emozioni che passavano dai suoi occhi prima di arrendersi con un “Il mantello va bene” che lo fece scoppiare in una nuova risatina divertita.

Stava percorrendo tutto il suo braccio con le dita, perdendosi completamente in quel contatto, quando venne preso alla sprovvista dal suo chiedere: - Per la festa di Halloween vuoi essere la mia Catwoman?-

- Louis non riesce a partire per l’Irlanda, come ci aveva proposto Niall, quindi possiamo restare qui con lui.. e Harry?- lo sentì spiegare con un tono basso e incerto, per poi proporre nuovamente della festa e “Non è obbligatorio, ma possiamo passare due giorni assieme a casa di Louis”.

- E tu vuoi che io venga vestito da.. da gatto?- gli domandò con la voce più alta di un’ottava, cercando di ignorare il suo sorriso divertito al proprio rossore, e si concentrò sullo sfiorargli la porzione di pelle scoperta dalla maglia per non pensare ai suoi occhi accesi di malizia e al suo sussurrare “Ci saranno tutti i nostri amici, qualcuno ti conosce già e gli altri te li presenterò”.

Non aveva avuto modo di rispondere che aveva sentito le labbra del castano lungo le guance, sul collo e contro l’orecchio per bisbigliare: - Ci saranno anche quasi tutte le mie ex, sarà l’occasione giusta per tirare fuori gli artigli.-

 

 

 

Liam non si era arreso fino a quando non aveva ricevuto una risposta positiva a quell’invito, ripetendogli un elenco di nomi e “Le sue mani, Zay, era qualcosa di favoloso”, facendolo irritare a tal punto da rispondere in malo modo a ogni persona si trovasse davanti. Lo faceva ingelosire e ridere al tempo stesso, mentre gli ripeteva che era bello quand’era geloso e muoveva le dita lungo i suoi fianchi fino a farlo supplicare con le lacrime agli occhi di smetterla. Il giorno della festa però non si sentiva pronto, l’idea di star per affrontare quella valanga di nomi lo terrorizzava e lo rendeva inquieto. Come si sarebbe dovuto comportare con loro? Doveva preparare qualche tipo di risposta acida, come suggeriva Harry, o far vedere loro che Liam era suo, come invece proponeva Eleanor?

Aveva passato il pomeriggio precedente la festa con Harry, lanciando di tanto in tanto occhiate alla casa di fronte per vedere Liam e Louis destreggiarsi con fin troppe casse di birra, e aveva ascoltato di sfuggita il ricciolino e il suo ripetergli di calmarsi, che era una di quelle feste importanti e che ci sarebbero stati tutti quanti. Non capiva come tutte quelle informazioni servissero per farlo calmare, lo facevano solamente agitare sempre di più.

Era riuscito a convincere Harry di aspettare il momento giusto per andare alla festa, ovvero quando tutti gli invitati sarebbero stati presi dalla musica per badare a loro, e aveva quasi cercato di scappare via prima che Louis aprisse la porta e li prendesse entrambi per le braccia con un “Lee stava per venire a prelevarti, quanto ci avete messo?

Era rimasto sempre al fianco di Harry, rifiutando qualsiasi cosa gli offrissero da bere e “Vuoi ballare, dolcezza?”, aveva cercato di ricordare tutti i nomi che Liam gli aveva fornito mentre stringeva mani di sconosciuti, ma la musica era troppo alta e l’ansia di restare solo lì in mezzo lo portava a stringere la maglia dell’amico tra le dita.

Aveva quasi lanciato un grido quando si era sentito afferrare per i fianchi, lasciandosi voltare e spingendo un pugno contro l’addome del castano, riducendo gli occhi a due fessure per fermare la risata divertita di Liam. Era rimasto sorpreso quando aveva annullato le distanze in un bacio, tenendo le braccia avvolte attorno alla sua vita, ma si era lasciato coinvolgere con un sorriso più rilassato ai suoi sussurri e “Sono felice di vederti”, “Mi fai impazzire” e “Ora vuoi fare vedere a tutti che Leeyum è solo del suo gattino?”.

Era riuscito a rilassarsi completamente solo quando anche l’ultimo invitato era uscito barcollando, premendosi contro il fianco di Liam e ascoltando la sua risata, come descriveva per la terza volta di seguito l’espressione sbigottita di una delle tante ragazze, di cui non ricordava assolutamente il nome, quando l’aveva baciato nel mezzo del salone pieno di gente.

- Non farò mai più una cosa del genere, sei pazzo.- borbottò con una smorfia, lasciando che avvolgesse le braccia attorno alla propria vita e finendo sdraiato sopra di lui, mentre quello non smetteva un secondo di ridere e ripetere di quanto fosse stato grandioso.

Stava ascoltando i discorsi tra Louis e Harry, tenendo una mano puntata accanto al viso del castano per non gravargli addosso, e lo sentì biascicare con la voce impastata dal sonno: - Sono felice che tu sia qui, è stata la festa migliore di tutte.-

- Solo perché c’ero io?- lo prese in giro con un sorriso intenerito, spostandogli le ciocche di capelli dalla fronte, e vide il suo cenno del capo, il suo sbadiglio e “Rendi tutto più bello”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo Shine:

Allora, anzitutto le mie più sentite scuse (suppliche a perdonarmi) per il ritardo pazzesco. Potrei elencare una serie di motivi che mi hanno tenuto molto spesso lontano dal computer e/o dalla scrittura, però non voglio annoiarvi o aprire un discorso immenso. L’importante è che sia tornata con la nuova parte, spero. Come spero possa aver soddisfatto tutte le aspettative che vi siete fatte/i in questi mesi di assenza, dita incrociate.

Avendo riletto tutta la serie per poter ributtarmi su questa parte, ho inserito qua e là dei richiami a tutto questo lavoro massiccio e complicato che mi sto portando avanti da più di un anno. C’è più di un richiamo alle prime parti (Car wash, Teach me how to dream..) con la storia del fumetto, dei sogni di Liam e del “compito” di Zayn di aiutare a recuperarli.

Spero di non aver fatto un disastro totale, perché - personalmente - ci sono scene che non mi convincono granché.

Ora, non so quanto di voi leggono qui sotto, ma ci terrei a dire due cosine su Liam. Ho cercato di spiegare il suo punto di vista al meglio, le ragioni del suo ignorare Zayn, ma ci sono volte in cui più mi sforzo, più il risultato è disastroso. Ci sono persone che riescono a capire immediatamente quando qualcosa non va, Zayn ha questo misterioso potere su Liam, e l’unica soluzione che viene in mente al piccolo Leeyum è l’evitarlo. Evitarlo così non deve spiegargli il motivo, può fingere che vada tutto bene e nascondere ogni cosa. Non odiatelo, ha solo cercato di rimandare il più possibile il momento dell’accettare la sua condizione fisica (se ci riferiamo alle fasi per affrontare un qualsiasi dolore/perdita: negazione; rabbia; contrattazione; depressione e accettazione).

Avviso fin da ora che dovrete aspettare due/tre mesi per una tredicesima parte - se ancora la vorrete - perché sono impegnata con le altre one-shot che sto portando avanti e che dovrei pubblicare in questo luuungo lasso di tempo.

Dato il clamoroso ritardo di quasi due settimane dall’ultima data di scadenza (Va davvero in fretta il tempo quando sei in ritardo) ho deciso di offrirvi due “piccoli” spoiler di quel che sto attualmente scrivendo.

 

La Diabolik!AU, tema già affrontato nello spin-off/missing moment “We’re lost in a Masquerade

 

Non era riuscito ad impedire ai propri occhi d’incrociare quelli dello sconosciuto, aggrottando la fronte nel vederlo annuire e mormorare: - Problemi di cuore?- mentre poggiava il bicchiere pulito sul bancone e recuperava la bottiglia di liquido dorato, mostrandogliela come a chiedergli un’ulteriore conferma.

- Ti pagano per ascoltare le lagne dei clienti o per farti i fatti tuoi?- gli domandò con un tono freddo, indicandogli il bicchiere con gli occhi ridotti a fessure, e restò sorpreso nel vedere una strana sfumatura nei suoi, come se si stesse trovando in una situazione esilarante. (..)

- Ricordavo di averti chiesto del Whiskey con tanto ghiaccio, non dovresti soddisfare tutte le richieste dei clienti?- gli domandò con un sorriso strafottente sulle labbra, vedendo come si stesse sforzando di mantenere una facciata fredda nel riempirgli nuovamente il bicchiere e aggiungere tre cubetti di ghiaccio, porgendoglielo con un “Tutto per lei, signore”.

Non riuscì a bloccarsi dal ridacchiare: - Non sono così vecchio!- e restò impassibile di fronte a quel ragazzino e al suo ribattere “Hai pagato per il drink o per flirtare con me? Perché il prezzo si alza”, lasciandolo con la bocca schiusa dallo stupore e gli occhi increduli fissi sulla sua schiena, su come gli dava le spalle e si allontanava verso il nuovo cliente.

 

 

Una specie di sirenetta moderna con un Liam impacciato e i Larry che sembrano tanto coppietta sposata

 

- Ascolta, Li.- riprese il discorso Harry, passando il tovagliolo contro le labbra e sistemandolo poi con cura sul tavolo. - Oramai non possiamo cambiare questa situazione e non mi sembra salutare per nessuno quel che stai facendo, non puoi stare chiuso in casa perché questo posto non ti piace. Siamo qui e dobbiamo farcelo piacere.- concluse con un tono solenne quanto lapidario, ottenendo dei lamenti da parte sia di Liam che di Louis. (..)

- Voi volete che io..- sussurrò dopo qualche minuto di silenzio, concentrandosi sulla forchetta stretta tra le dita e che mosse tra quei cibi strani, per poi aggrottare le sopracciglia nel ripetere: - Volete che io esca da questa casa? Mi state cacciando?-

Non sapeva cosa ci trovasse Louis di tanto divertente, aveva lanciato un’occhiata nella sua direzione e l’aveva visto continuare a ridere, non fermandosi nemmeno sotto quelle minacce, e invece Harry fissava il ragazzo dagli occhi azzurri con un sorriso dolce sulle labbra. Riuscì ad ottenere una risposta solo dopo cinque minuti, dopo aver incrociato le braccia e aver rivolto loro un’espressione scocciata, concentrandosi sul “Ti peserà meno questa separazione, se inizi ad accettare i ritmi di questa città” e ignorando il “Tu non ti sei fatto problemi a cacciarci da casa nostra”. Rivolse una breve occhiata di sufficienza a Louis, evitando di ricordargli che non si era opposto a quella scelta, e aveva pensato alle parole di Harry, al fatto che forse non aveva tutti i torti e che, se era stato scelto come suo consigliere, era in grado di gestire meglio di lui situazioni analoghe.

 

Ora torno a scrivere, al solito, e il capitolo della long (You’re my end and my beginning) ritarda ancora un pochino.

 

Grazie a tutti dell’incredibile pazienza, a presto!

   
 
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