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Autore: aki_penn    03/12/2008    5 recensioni
Si è sempre parlato di gente "sfigata" che vuole diventare bella ricca e famosa, ma a nessuno è mai interessato se qualcuno sta bene nel suo bozzolo da nerd con una catenella da gabinetto attaccata alla porta? Beh, mio fratello stava bene così. E finchè se ne è stato nel suo piccolo paradiso di 20 metri quadrati nessuno ha mai avuto da ridire (a parte mia madre ovviamente), ma poi è arrivata quella tipa , ed è cambiato tutto, a partire dalla catenella del wc,e a finire col cercare di farlo diventare una specie di latin lover! E io sapevo che avrebbe portato guai, io lo sapevo, ma figurati se qualcuno mi ascolta mai in questa famiglia!
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I miei venti metri quadrati' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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I miei venti metri quadrati

Capitolo Terzo

Per fortuna non ho il nome di una torta

 

 

 

Il giorno seguente mio fratello seguì le lezioni attentamente come al solito. Non che dovesse per forza ascoltare per capire, ma lui ci teneva, era una di quelle tipiche persone a cui piaceva studiare. Tipiche persone che io non capirò mai. L’indubbia intelligenza ereditata da mio padre non gli negava di abbassarsi ad ascoltare i discorsi noiosi dei professori. Gli piaceva soprattutto matematica, e così come al solito dopo la lezione del professor Ruffi uscì dall’aula facendo calcoli mentali irripetibili tra sé e sé. Fu allora che quell’arpia di Nikka spuntò di nuovo all’urlo di “Ehi, hacker!”, mio fratello si voltò spaesato, sapeva di essere lui l’hacker, sapeva a chi apparteneva quella voce, ma non era abituato al fatto che qualcuno a scuola gli desse attenzione.

Nikka zampettò come un folletto accanto a lui, passandogli un braccio attorno alla schiena come se si conoscessero da tempo. Era truccata, non in modo eccessivo, nel senso che non era un trucco maleducato, tutto nei limiti dell’eleganza, ma in dosi massicce per un bravo osservatore. Mio fratello però non era un bravo osservatore, non lo era mai stato per nulla, figurarsi per del fondotinta!

 

Mei la guardava un po’ stupito, non era abituato a essere toccato, si sarebbe ritratto forse se non lo avesse giudicato un gesto scortese nei confronti di Nikka. Nikka diede un’occhiata a come era vestito, la signora Pavesi aveva sempre cercato di conferirgli il fascino del bel tenebroso con i suoi vestiti, ma al massimo Mei poteva avere il fascino del nerd… sempre che i nerd abbiano un fascino.

“Che fai questo sabato Mei? Vieni alla festa che sto organizzando al Luxury?” chiese allegra camminando con lui mentre si dirigevano al cancello che portava alla strada, per andare a casa.

Mei balbettò un poco, indeciso sul da farsi “Non vado mai alle feste , te l’ho detto…” disse poi con poca enfasi e parecchio imbarazzo. Nikka arricciò la bocca pensierosa senza mollare la presa sul ragazzo, mentre gli aveva afferrato stretto il maglioncino nero con le mani dalle unghie smaltate.

“Ma a te come piace passare il tuo tempo?” chiese poi più curiosa che inquisitoria. Mei del canto suo avvampò, oltre non essere abituato alle attenzioni, non era abituato al fatto che qualcuno gli chiedesse qualche cosa della sua vita privata, che a dir la verità era alquanto ridotta a poche attività.

“Mi piace stare al pc…” ammise in fine.

“Questo lo so, me lo hai detto quando sei venuto a togliere … togliere la troia..la…” disse con un leggero tono  indisposto, soprattutto perché non era convinta di ciò che stava dicendo, e Nikka odiava non essere convinta.

Trojan horse…” corresse Mei. “Sì, quello” liquidò presto lei per continuare “Dico oltre al pc

Mei ci pensò un po’ su, non pensò di mentire e quando disse “Mi piace la matematica” Nikka ci rimase un po’ male. Si aspettava che almeno per amore delle apparenze evitasse di dirle cose così nerd. Non si sprecò quindi a mascherare il suo disappunto e rimase un po’ in silenzio con l’aria imbronciata, lasciando andare il suo maglione.

“Come mai ti chiami Mei? Non è molto virile, dovresti trovartene un altro…” fece dopo seria.

“Beh…mi chiamo così fin da piccolo…cioè prima ero Mini Mei, poi sono diventato Mei. È il nome del primo programma che ha creato mio padre…lo chiamavano tutti così…ma stiamo parlando di parecchi anni fa,diciamo che il programma Mei ora potrebbe essere il moderno…” non fece in tempo ad entrare nei dettagli tecnici perché Nikka lo fermò sbracciandosi “Sì, sì Ok, ho capito…comunque è un soprannome effeminato”concluse incrociando le braccia e sbuffando come una locomotiva. Si accese una sigaretta e lo fissò dal basso.

“E tu perché ti chiami Nikka?” chiese Mei per la prima volta sinceramente interessato.

Lei alzò le spalle “Perché è bello”.

Mei dopo quei due brevi incontri non aveva ancora capito l’essenza profondamente estetica di Nikka, e non capì come uno potesse darsi un soprannome così, per capriccio.

“Odio chiamarmi Nicoletta…”disse seria guardandosi le parigine grigio fumo che indossava. Mei dondolava mollemente avanti e indietro sui piedi, come un bambino alla sua prima recita scolastica che sta cercando di ricordarsi le parole della canzone da intonare.

Poi dopo un momento cupo, come il cielo che minacciava pioggia Nikka riprese il controllo della situazione dicendo ancora seria “Allora verrai…” sorrise e aggiunse “è una festa privata, ci vuole l’invito…”,gli strizzò l’occhio e scappò via con il suo spolverino beige che svolazzava, doveva arrivare a casa prima che cominciasse a piovere, non si poteva bagnare le ballerine nuove.

Mei non capì se era una domanda o un’affermazione; sta di fatto che la fissò un po’ inebetito finché non fu sparita dietro l’angolo della casa,intonacato di un orribile arancione marcio.

 

Se c’è una cosa che ricordo volentieri del mio periodo alle scuole superiori è il bar della scuola. Il bar mi salvava da un sacco di lezioni antipatiche, e poi facevano un gran buon cappuccino. Peccato che a volte mi imbattessi in individui come Milly.

Milly quel giorno si posizionò con la sua amica dalla dentatura cavallina nel tavolo accanto al mio, dove io in pace stavo sorbendo tutta la caffeina necessaria a farmi carburare per l’intera giornata; fui perciò costretta ad ascoltarmi tutta la sua filippica secondo la quale era preoccupata che Nikka non approvasse il suo nuovo top rosa shocking.

A questo punto vorrei fare un appunto : quel cavolo di top non lo avrebbe mai approvato nessuno. Di certo non Nikka almeno.

Per un secondo fui colta da un brivido, pensando che se fossi stata amica di Nikka probabilmente mi sarebbe toccato un soprannome come Rachy, Rackie… o comunque qualche cosa che avrebbe potuto somigliare moltissimo alla parola “Racchia”, Milly doveva il suo stupido nomignolo al cognome  “Millefoglie”, come la torta. Glielo aveva conferito Nikka ovviamente. Fortunatamente in famiglia mi chiamavano tutti Rachele.

Comunque fu proprio quando mi stavo arrendendo a dover ascoltare le lamentele e le infinite sciocchezze di Milly e la sua amica Puledro che mi accorsi di Nikka , che teneva il braccio saldamente attaccato alla schiena di Mei.

Mei stava bene da nerd all’epoca, e non dubitai neanche per un secondo che gli importasse qualche cosa di andare alla festa di Nikka.

Rimasi un po’ frastornata quando tornando zuppo a casa, perduto sotto la pioggia anche qual minimo di charme che gli conferivano i vestiti di mia madre dichiarò “Rachele, devo andare a una festa, mi aiuti?”

Sono quasi sicura che ci volesse andare solo per cortesia.

Mei non aveva ancora capito niente, non gli interessava Nikka e non voleva dimostrare niente a nessuno, voleva continuare a vivere la sua vita apatica, non perché non si curasse delle opinioni degli altri, ma perché non pensava che si potessero avere opinioni su di lui, e andando alla festa voleva solo essere gentile.

“Sì” risposi infine alzandomi dalla sedia a dondolo e spegnendo il mio mozzicone di sigaretta nel portacenere in vetro di Murano che mia madre aveva comprato in viaggio di nozze.

Dissi “sì”, ma non credo che Mei avesse capito in che senso “sì”, lo avrei aiutato, ma non nel modo che intendeva lui.

 

 

Salve a tutti, spero che questo capitolo sia degno di essere chiamato tale,perché sono un po’ giù di corda, e questo è tutto tempo rubato allo studio del valore di costo (che cosa appassionante!!), sono un po’ stressata, spero che la narrazione non ne abbia risentito, e che le frasi abbiano tutte un senso logico, anche se ho riletto non mi fido mai del tutto della mia attenzione scarsissima!!^__^

Bene dopo questo inutile sproloquio passo hai ringraziamenti sentitissimi per chi ha messo la storia tra i preferiti e naturalmente a chi ha commentato:

lisettaH :sono felice che Nikka non ti stia proprio antipatica, però ti dirò sinceramente, forse all’inizio dovrebbe essere antipatica(non lo so neanche io!!! Lo so che nell’altro capitolo ti ho detto di no…forse dovrebbe essere soggettivo e basta..chissà, tanti dubbi e poche certezze!!) e per quanto riguarda la sorella di Mei, in questo capitolo può sembrare un’attuatrice di piani loschi e malvagi a scapito del povero fratello ebete, ma lo fa a fin di bene!!

Rohchan: ti ringrazio tantissimo! Si è un po’ presto per parlare dei personaggi e della trama, ma ce la sto mettendo tutta perché si capisca qualche cosa al più presto!!

Crimsontriforce: grazie soprattutto per i complimenti all’introduzione, mi danno sempre un sacco di problemi perché non so mai che scrivere!!! In questo capitolo la mamma non c’è, ma apparirà di nuovo col suo immancabile manichino!

 

 

   
 
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