I miei
venti metri quadrati
Capitolo
Terzo
Per
fortuna non ho il nome di una torta
Il
giorno seguente mio fratello seguì le lezioni
attentamente come al solito. Non che dovesse per forza ascoltare per capire, ma
lui ci teneva, era una di quelle tipiche persone a cui piaceva studiare.
Tipiche persone che io non capirò mai. L’indubbia intelligenza
ereditata da mio padre non gli negava di abbassarsi ad ascoltare i discorsi
noiosi dei professori. Gli piaceva soprattutto matematica, e così come
al solito dopo la lezione del professor Ruffi
uscì dall’aula facendo calcoli mentali irripetibili tra sé
e sé. Fu allora che quell’arpia di Nikka spuntò di nuovo
all’urlo di “Ehi, hacker!”, mio fratello si voltò
spaesato, sapeva di essere lui l’hacker, sapeva a chi apparteneva quella
voce, ma non era abituato al fatto che qualcuno a scuola gli desse attenzione.
Nikka
zampettò come un folletto accanto a lui, passandogli un braccio attorno
alla schiena come se si conoscessero da tempo. Era truccata, non in modo
eccessivo, nel senso che non era un trucco maleducato, tutto nei limiti
dell’eleganza, ma in dosi massicce per un bravo osservatore. Mio fratello
però non era un bravo osservatore, non lo era mai stato per nulla,
figurarsi per del fondotinta!
Mei la guardava un
po’ stupito, non era abituato a essere toccato, si sarebbe ritratto forse
se non lo avesse giudicato un gesto scortese nei confronti di Nikka. Nikka
diede un’occhiata a come era vestito, la signora Pavesi aveva sempre
cercato di conferirgli il fascino del bel
tenebroso con i suoi vestiti, ma al massimo Mei
poteva avere il fascino del nerd… sempre che i nerd abbiano un fascino.
“Che fai questo
sabato Mei? Vieni alla festa che sto organizzando al Luxury?” chiese allegra camminando con lui mentre si dirigevano al
cancello che portava alla strada, per andare a casa.
Mei balbettò un
poco, indeciso sul da farsi “Non vado mai alle feste ,
te l’ho detto…” disse poi con poca enfasi e parecchio
imbarazzo. Nikka arricciò la bocca pensierosa senza mollare la presa sul
ragazzo, mentre gli aveva afferrato stretto il maglioncino nero con le mani
dalle unghie smaltate.
“Ma a te come piace passare il tuo
tempo?” chiese poi più curiosa che
inquisitoria. Mei del canto suo avvampò, oltre
non essere abituato alle attenzioni, non era abituato al fatto che qualcuno gli
chiedesse qualche cosa della sua vita privata, che a dir la verità era
alquanto ridotta a poche attività.
“Mi piace stare al pc…”
ammise in fine.
“Questo lo so, me lo hai detto quando
sei venuto a togliere … togliere la troia..la…”
disse con un leggero tono
indisposto, soprattutto perché non era convinta di ciò che
stava dicendo, e Nikka odiava non essere convinta.
“Trojan horse…” corresse Mei.
“Sì, quello” liquidò presto lei per continuare
“Dico oltre al pc…”
Mei ci pensò un
po’ su, non pensò di mentire e quando disse “Mi piace la
matematica” Nikka ci rimase un po’ male. Si aspettava che almeno
per amore delle apparenze evitasse di dirle cose così nerd. Non si
sprecò quindi a mascherare il suo disappunto e rimase un po’ in
silenzio con l’aria imbronciata, lasciando andare il suo maglione.
“Come mai ti
chiami Mei…? Non
è molto virile, dovresti trovartene un altro…” fece dopo
seria.
“Beh…mi
chiamo così fin da piccolo…cioè prima ero Mini Mei, poi sono diventato Mei. È il nome del
primo programma che ha creato mio padre…lo chiamavano tutti
così…ma stiamo parlando di parecchi anni fa,diciamo
che il programma Mei
ora potrebbe essere il moderno…” non fece in tempo ad entrare nei
dettagli tecnici perché Nikka lo fermò sbracciandosi
“Sì, sì Ok, ho capito…comunque è un soprannome
effeminato”concluse incrociando le braccia e sbuffando come una
locomotiva. Si accese una sigaretta e lo fissò dal basso.
“E tu perché ti chiami
Nikka?” chiese Mei per la prima volta
sinceramente interessato.
Lei alzò le spalle “Perché
è bello”.
Mei dopo quei due brevi
incontri non aveva ancora capito l’essenza profondamente estetica di
Nikka, e non capì come uno potesse darsi un soprannome così, per
capriccio.
“Odio chiamarmi
Nicoletta…”disse seria guardandosi le parigine grigio fumo che
indossava. Mei dondolava mollemente avanti e indietro
sui piedi, come un bambino alla sua prima recita scolastica che sta cercando di
ricordarsi le parole della canzone da intonare.
Poi dopo un momento cupo, come il cielo che
minacciava pioggia Nikka riprese il controllo della situazione dicendo ancora
seria “Allora verrai…” sorrise e aggiunse “è una
festa privata, ci vuole l’invito…”,gli
strizzò l’occhio e scappò via con il suo spolverino beige
che svolazzava, doveva arrivare a casa prima che cominciasse a piovere, non si
poteva bagnare le ballerine nuove.
Mei non capì se
era una domanda o un’affermazione; sta di fatto che la fissò un
po’ inebetito finché non fu sparita dietro l’angolo della
casa,intonacato di un orribile arancione marcio.
Se
c’è una cosa che ricordo volentieri del mio periodo alle scuole
superiori è il bar della scuola. Il bar mi salvava da un sacco di
lezioni antipatiche, e poi facevano un gran buon cappuccino. Peccato che a
volte mi imbattessi in individui come Milly.
Milly
quel giorno si posizionò con la sua amica dalla dentatura cavallina nel
tavolo accanto al mio, dove io in pace stavo sorbendo tutta la caffeina
necessaria a farmi carburare per l’intera giornata; fui perciò
costretta ad ascoltarmi tutta la sua filippica secondo la quale era preoccupata
che Nikka non approvasse il suo nuovo top rosa shocking.
A
questo punto vorrei fare un appunto : quel cavolo di
top non lo avrebbe mai approvato nessuno. Di certo non Nikka almeno.
Per
un secondo fui colta da un brivido, pensando che se fossi stata amica di Nikka
probabilmente mi sarebbe toccato un soprannome come Rachy,
Rackie… o comunque qualche cosa che avrebbe potuto somigliare moltissimo alla parola
“Racchia”, Milly doveva il suo stupido nomignolo al cognome “Millefoglie”, come la
torta. Glielo aveva conferito Nikka ovviamente. Fortunatamente in famiglia mi
chiamavano tutti Rachele.
Comunque
fu proprio quando mi stavo arrendendo a dover ascoltare le lamentele e le
infinite sciocchezze di Milly e la sua amica Puledro che mi accorsi di Nikka , che teneva il braccio saldamente attaccato alla schiena
di Mei.
Mei stava bene da nerd all’epoca, e non dubitai neanche
per un secondo che gli importasse qualche cosa di andare alla festa di Nikka.
Rimasi
un po’ frastornata quando tornando zuppo a casa, perduto sotto la pioggia
anche qual minimo di charme che gli conferivano i vestiti di mia madre
dichiarò “Rachele, devo andare a una festa, mi aiuti?”
Sono
quasi sicura che ci volesse andare solo per cortesia.
Mei non aveva ancora capito niente, non gli interessava Nikka
e non voleva dimostrare niente a nessuno, voleva continuare a vivere la sua
vita apatica, non perché non si curasse delle opinioni degli altri, ma
perché non pensava che si potessero avere opinioni su di lui, e andando
alla festa voleva solo essere gentile.
“Sì”
risposi infine alzandomi dalla sedia a dondolo e spegnendo il mio mozzicone di
sigaretta nel portacenere in vetro di Murano che mia madre aveva comprato in
viaggio di nozze.
Dissi
“sì”, ma non credo che Mei avesse
capito in che senso “sì”, lo avrei aiutato, ma non nel modo
che intendeva lui.
Salve a tutti, spero
che questo capitolo sia degno di essere chiamato tale,perché
sono un po’ giù di corda, e questo è tutto tempo rubato
allo studio del valore di costo (che cosa appassionante!!), sono un
po’ stressata, spero che la narrazione non ne abbia risentito, e che le
frasi abbiano tutte un senso logico, anche se ho riletto non mi fido mai del
tutto della mia attenzione scarsissima!!^__^
Bene dopo questo
inutile sproloquio passo hai ringraziamenti sentitissimi
per chi ha messo la storia tra i preferiti e naturalmente a chi ha commentato:
lisettaH :sono felice che Nikka non ti stia
proprio antipatica, però ti dirò sinceramente, forse
all’inizio dovrebbe essere antipatica(non lo so neanche io!!! Lo so che
nell’altro capitolo ti ho detto di no…forse dovrebbe essere
soggettivo e basta..chissà, tanti dubbi e poche certezze!!) e per quanto
riguarda la sorella di Mei, in questo capitolo può sembrare
un’attuatrice di piani loschi e malvagi a scapito del povero fratello
ebete, ma lo fa a fin di bene!!
Rohchan: ti ringrazio
tantissimo! Si è un po’ presto per parlare dei personaggi e della
trama, ma ce la sto mettendo tutta perché si capisca qualche cosa al
più presto!!
Crimsontriforce: grazie soprattutto per i complimenti all’introduzione, mi
danno sempre un sacco di problemi perché non so mai che scrivere!!! In questo capitolo la mamma non c’è, ma
apparirà di nuovo col suo immancabile manichino!