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Autore: _Aly95    13/02/2015    2 recensioni
(REVISIONE in corso capitoli)
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"Durante quel racconto aveva ricordato ciò che il corpo non aveva mai dimenticato: la sua pelle, le sue mani fredde, che si infilavano sotto la propria carne, quel suo sangue di ghiaccio, da predatore paziente e calcolatore, implacabile. E quel suo senso di superiorità e di potere che sprigionava con ogni parte del suo essere, la sua natura possessiva e misteriosa: sbagliato, forse morboso, ma era ugualmente eccitante. [...] Era rabbrividita, con un certo timore: un essere del genere, avrebbe mai trovato la pace, in particolare nella sua folle vendetta..?
Si stava sciogliendo. Sciogliendo tra la neve."
[Pre-Thor] / [Post-Avengers] - [Thor: The Dark World] - [Post- Thor: The Dark World]
Il destino mescola le carte e noi giochiamo _ Arthur Schopenhauer
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Thor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mosse l’indice in cerchio, sulle lenzuola di seta chiara, si morse il labbro inferiore. Osservò il suo re magnifico, circondato da quell’aura magnetica e sensuale che poco aveva a che fare con la bellezza classica dell’altro figlio di Odino. La pelle eburnea che contrastava con le sue morbide ciocche corvine, sottili, tra cui far scorrere le proprie dita ambrate, ospite di due freddi smeraldi, luccicanti per l’idea malevola e sibillina che trasmettevano in maniera fiera ed egualmente subdola. L’incarnazione della bellezza e dell’attrazione del male.
I suoi modi cortesi ed educati si sposavano stranamente col tono vagamente tagliente e distaccato che assumevano le sue parole, che rasentavano in ogni circostanza ordini secchi e indiscutibili.
Il Dio del Caos aveva un fascino tutto suo, e lei era soddisfatta delle attenzioni che le riservava. Un tempo credeva di averlo perso per sempre, quando l’aveva minacciata perché i suoi occhi avevano in mente un’altra donna, la sua lingua parole che voleva gettare sfrontato solo su un altro paio di labbra, che non erano le sue.
Ma era tornato da lei poi, avrebbe detto con la coda tra le gambe, se soltanto quell’ affermazione non l’avesse fatto adirare ancor di più.
“Fammi dimenticare che esisto” le aveva comandato una sera, tornando all’improvviso, una maschera impassibile e il volto affilato; e lei non aveva fatto domande, lo aveva spogliato lentamente, aveva coperto ogni lembo di pelle con la sua sapiente bocca, con le sue mani esperte su quel corpo che sarebbe sempre stato suo; d’altronde, conosceva ogni suo più perverso desiderio, ogni sua più strana ed erotica fantasia. Lei lo conosceva come non lo conosceva nessuno.
Eppure, da quel giorno, una parte della sua mente non le prestava attenzione, anzi, sembrava pensare ad altro che non fosse lei. E la gelosia la pungeva nell’immaginare chi o cosa fosse più importante da considerare che non gli facesse godere a pieno il piacere che gli dava.
Da quando era tornato poi, quella parte della sua mente che le aveva negato da anni si era allargata spropositatamente fino a rubargli ogni barlume di attenzione.
‹‹A che cosa pensate, mio re?››
Il Dio dell’Inganno e del Caos continuò a sedere appena un po’ scomposto sul bordo della grande finestra ad arco, e a guardare fuori, apparentemente assorto. Le preziose vesti di lino verde scuro risaltavano la sua carnagione pallida, il suo fisico asciutto ma ben proporzionato. Un bellissimo angelo delle tenebre coperto da un paio di grandiose ali verdi e nere.
Uscì da sotto le coperte, si diresse ancheggiando verso il dio, i folti capelli rossi che seguivano i movimenti; si piegò su di lui, gli solleticò maliziosamente il petto, poi si diresse verso le labbra fredde e sottili per stamparci sopra un bacio provocatorio. Ma non appena unì le loro labbra, il re la fulminò infastidito, lanciandole uno sguardo carico di disprezzo.
‹‹Sai che non accetto queste sciocche effusioni di affetto; da una sgualdrina vuota come te è semplicemente ridicolo e disgustoso..››
Quante storie per un bacio a stampo; e non si scordava mai di aggiungere offese rivestite da nomignoli poco affettuosi e che distribuiva in maniera gratuita, senza prenderla sul serio.
Sorvolò sulla sua freddezza, tanto era lei ad averlo in pugno.
‹‹Mio re, volevo solo sapere che cosa vi spinge ad ignorarmi quando mi trovo nel vostro letto››
Un sorrisetto derisorio gli si dipinse sul volto. ‹‹I re non vanno a letto con le comuni sgualdrine, e queste sono le stanze dei regnanti se non erro››
Fu lei a sorridere, questa volta. ‹‹Peccato che io non sia una comune sgualdrina››
Si mise a sedere sul letto, accavallò le gambe, portando dietro le spalle la cascata di capelli di fuoco.
‹‹Io continuerò a mantenere il segreto sul fatto che siate sopravvissuto, e non rivelerò il luogo dove si trova Odino›› lo fulminò, alzando teatralmente un sopracciglio ‹‹Mi sembra che voi siate in debito››
Loki ghignò senza preoccuparsi minimamente. ‹‹Hai ancora la tua vita, se non erro››
Sospirò, annoiata. Era inutile restare ulteriormente in quella stanza, non avrebbe fatto altro che irritarlo, con la propria presenza: ma il giorno in cui avrebbe indossato la corona, allora Loki si sarebbe piegato ai suoi voleri, e l’avrebbe resa felice, nolente o volente.
Si alzò di nuovo, si diresse verso la porta, coprendosi il corpo formoso con veli leggeri.
Era tutta colpa di quella donna, ci avrebbe scommesso; ma sarebbe arrivato il momento in cui non sarebbe servita più. E se non l’avesse fatto lui, l’avrebbe uccisa lei.
Bastava aspettare.
Sarai mio, mio principe delle tenebre. E io sarò la tua regina.
 
 
 
‹‹Che cosa ci faccio chiusa qui dentro..?›› sussurrò a fil di labbra. Si trovava tra le coperte scure e calde del dio, poteva sentire il suo buon odore attraverso la stoffa pregiata.
Si nascose sotto di esse, lasciando fuori solo gli occhi, intenti a immaginarsi la spiegazione dinanzi agli eventi che si erano abbattuti sul palazzo troppo velocemente per poter essere accettati senza cognizione di causa.
Loki era giunto per vendicarsi, quello era chiaro; e lei era prevista nel disegno di quella trama punitiva gelosamente conservata nella sua mente.
Tirò verso di sé la pelliccia di lupo bianco, volendosi nascondere anche gli occhi. Morbida al tatto, prese ad accarezzarla apparentemente distratta.
Avrebbe scommesso con se stessa sulla realtà del suo supplizio: aspettare il nulla, diventando pazza per l’angoscia sulla propria sorte e per quella, imminente se non già in atto, delle vittime della vendetta del dio, e per il dolore al cuore, spezzato dalla bugia disintegratasi di fronte alla vera essenza dell’uomo che aveva amato.
Al pensiero, gli occhi non le si riempivano più di lacrime; ma non poteva fare a meno di cullarsi in un, per quanto piccolo e forse sciocco, gesto di affetto verso se stessa. Si strinse nelle braccia, ignorando i suoi veri desideri.
Non era completamente sola, in quella prigione mascherata come una stanza di albergo.
Ogni tanto una vecchia signora giungeva per portarle i pasti o nuovi abiti puliti, addirittura si offriva di prepararle la vasca o di sistemarle i capelli; aveva provato a scambiarci qualche parola, ma pareva sorda oltreché muta. Perlomeno era gentile.
Proprio in quel momento entrò, chiudendosi subito la porta alle spalle, come ogni buona volta.
Balzò fuori dal letto, non curandosi del proprio aspetto un poco trasandato.
‹‹Lasci stare, oggi non ne ho voglia..›› le disse parandosi davanti. Ma quella la superò dopo averle fatto qualche cenno con la testa, e andò a riempire l’enorme vasca di marmo del vecchio principe.
Dopo che ebbe finito, le porse delle vesti dall’intenso colore azzurro del cielo. Sospirò rassegnata e le prese, mentre la donna si inchinava svelta e lasciava la stanza.
Gettò l’abito e il corsetto di ferro correlato sul letto, mentre si lasciò scivolare a terra, appoggiando la testa ai piedi del talamo e guardando il soffitto.
Quanti giorni dovevano trascorrere prima che la situazione subisse una svolta?
Anzi: quanti giorni erano passati da quando era stata chiusa là dentro?
Preferì non pensarci, e guardò fuori, spossata.
Una magnifica vista delle lande erbose e verdi del regno si diramava davanti ai suoi occhi, donandole la visione di un panorama stupendo e rilassante. Loki amava il silenzio, e soprattutto la solitudine, come aveva provveduto a farle notare tempo addietro, quando la guardava storto ogni qualvolta si presentava in biblioteca invadendo il suo territorio; e quelle distese di foreste e selve incontaminate trasmettevano perfettamente la pace e la tranquillità cui bisogna chi cerca la concentrazione e scava dentro di sé, cercandosi: la giusta atmosfera per chi pratica la magia, immaginava.
Si avvicinò alla finestra, passò un dito sul bordo; la polvere si trovava anche lì.
All’inizio non si era accorta dello stato in cui versava la stanza –era abbastanza occupata ad assimilare la sua nuova situazione da rinchiusa- ma poi, andandone a studiare i vari dettagli, aveva scorto tristemente la tetra conseguenza dell’abbandono e dell’indifferenza.
Uscì sulla terrazza, ma si vide costretta ad arretrare sull’uscio, a causa della stessa forza che la respingeva indietro rispetto alla porta della camera.
Era impossibile fuggire, solo la vecchietta sembrava avere il pass per entrare e uscire a suo piacimento. Ma se anche ci fosse riuscita, pensava, il Bifröst era chiuso e sotto la sorveglianza del Dio del Caos, e di raggiungere Thor non c’era altro modo che lei conoscesse.
Thor..
Chissà se immaginava tutto quello che stava succedendo alle sue spalle, come a quelle di tutti gli abitanti di Asgard. Sospirò; probabilmente si stava prendendo cura di Jane e del pianeta che, come Apollo, amava. Un flebile sguardo alla sua vecchia terra, chissà se gli capitava di darlo, qualche volta, anche di sfuggita.
Si riappoggiò alla finestra, la spolverò prima di sedersi, dando le spalle alla terrazza.
Quella stanza era enigmatica come la mente del suo proprietario, ne era lo specchio proiettato in scala più grande. Guardò il letto, dove di notte non poteva fare a meno di stringersi nel suo profumo, che l’avvolgeva come un mantello.
Voleva davvero andare fino in fondo al suo piano di vendetta?
Loki..
Nel silenzio interrotto da lontani ronzii di insetti a lavoro e di cinguettii melodiosi di alcuni usignoli, udì anche un sonoro rumore di cadenzati passi metallici.
Una guardia.
Si nascose velocemente dietro la parte del letto opposta alla porta, e sbirciò verso lo specchio, cercando di appiattirsi. Il soldato aprì la porta, ma non dette alcun segno di volersene allontanare.
‹‹Il re richiede la vostra presenza nei sotterranei››
Non si mosse, preferiva non fidarsi; essere rinchiusa nelle celle non era poi un gran bel..
‹‹Vuole che facciate visita a un prigioniero accusato di alto tradimento››
Balder..?
Senza pensarci si tirò su, individuando due occhietti neri e vispi, che le fecero cenno di seguirli.
 
 
                                                                                        ***
 

‹‹Ha eretto una barriera attorno l’intero palazzo, non ci è possibile entrare senza venire scoperti. E se anche riuscissimo miracolosamente a guadagnare tempo, sarebbe del tutto inutile: ha isolato il luogo in cui la tiene prigioniera rendendola impossibile da localizzare velocemente, dovremmo aprire ogni santa porta a mano prima di trovarla. Non abbiamo idea di che razza di trucchetti stia usando.. ››
‹‹Se spaccassimo la barriera esterna, quella del palazzo, allora l’unica stanza soggetta ad un campo magico brillerebbe in mezzo a tutte come una stella nell’oscurità, e potremmo sapere dove se ne stia rintanata. Ma servirebbe comunque un diversivo per tenerlo impegnato.. tu cosa ne pensi, Chi?››
Silenzio.
Gabriel si allontanò, salutando il collega con cui aveva scambiato informazioni.
Sachiel lo pedinava a braccia incrociate e teneva lo sguardo fisso sulla sua schiena. Sapeva quello che gli stava comunicando: che a dispetto del loro Signore, secondo lui la colpa del ritorno di quella donna era proprio sua, per averle semplicemente raccontato una massima che sembrava essersi persa nel tempo. Per il pugnale di cui non si erano accorti, invece, sembrava fare orecchie da mercante –non fosse mai che Sachiel avesse colpa di qualcosa.
Cercò di ignorarlo, ma i suoi occhi pungevano più della sua spada.
C’era un gran fermento intorno al palazzo, tutti parlottavano tra di loro, a bassa voce, dando spago a dicerie volgari e presumibilmente falsate. Quando si tratta di sparlare, ogni razza ed ogni essere è buono a diffondere le infamie, pettegolezzi e tutto ciò che può far sentire meglio gli interlocutori, poco tranquilli nel loro animo.
 Tra tutte queste voci, si distingueva in particolare la notizia circa il pericolo in cui li stava mettendo quell’Anirei: a detta di molti, che le davano addirittura appellativo di strega o demonio, se il Dio dell’Inganno e quella donna si fossero alleati, avrebbero scatenato un puro Caos, molto più potente del caos che il Dio aveva prestabilito nel suo sistema di armonia tra male e bene, distruzione e rinascita. La conseguente vittoria di quest’ultimo –il Male, il Caos- avrebbe fatto scivolare l’equilibrio su cui si reggeva il cosmo, lo avrebbe affondato nelle tenebre in modo permanente; il sistema non sarebbe stato spezzato, ma, peggio, sarebbe rimasto valido a metà, non permettendo all’Universo di rinnovarsi, e abbandonandolo quindi a una lenta ma inesorabile fine, spenta, senza pulsazione di vita.
Gabriel aveva deciso di non dare ascolto a nessuna diceria, non era nella sua natura criticare gli altri. In particolare visto che non credeva di sapere più cosa fosse giusto o sbagliato.
Si voltò, con un sospiro sulle labbra. ‹‹Senti, Chi, non farne un dramma, non sta mica succedendo nulla di grave..››
‹‹Giuro che se ti fermi, Gabriel, ti riempio di mazzate; ti conviene continuare a camminare finché non ti senti più le gambe››
 
 
                                                                                       ***
 
 
“Balder!”
Il dolore alla schiena si fece di nuovo pungente, più doloroso a mano a mano che riprendeva conoscenza.
“Che ti hanno fatto..?”
La stessa voce che prima gli risuonava nella testa, squarciava il buio dietro le sue palpebre abbassate. Stentava a riconoscerla tra tutti gli impulsi martellanti che la carne tagliata e deturpata gli inviava per avvisarlo della propria malridotta condizione; le unghie mezze strappate bruciavano con la pelle scoperta e cruda, le ferite sul dorso poteva immaginarsele rosse e incrostate di sangue rappreso, che ad ogni movimento si sarebbe spaccato procurandogli nuove fitte cruente.
Il tocco energico di velluto che percepiva sul volto contribuiva a infastidirlo nel permanere nella sua incoscienza.
Quella tortura durò poco, poi si sentì abbracciare al collo, con molta attenzione, una stretta calda, addolcita ancor più da un tenue profumo leggero. Aprì gli occhi, si trovò a fissare lo scuro pavimento, mentre la sua guancia era accolta nell’incavo del collo della stessa persona che lo stava tenendo tra le braccia.
‹‹Balder..! Come ti senti..?››
Due occhi scuri quasi come il pavimento presero il posto di quest’ultimo, e il suo cuore si fermò.
 
 
 
‹‹Perché mi hai fatto venire qui?... Cosa vuoi da lui… da noi?››
L’ultima parola incrinò come una nota stonata. Sorrise. ‹‹Sono onorato di assistere a tanto attaccamento al consorte, ma mi duole precisare che ti comporti come un disco rotto››
Anirei mantenne le ginocchia ben attaccate al pavimento, senza la minima intenzione di allontanarsi dal giovane che Loki, sbucando dal nulla, aveva fatto svenire appena pochi istanti prima, conducendolo nuovamente ad un sonno tormentato.
I suoi occhi faticavano per la quasi totale assenza di luce, ma riconobbero immediatamente i contorni di quella figura adesso tanto temuta. La stanza sarebbe stata immersa nella più completa oscurità, se non fosse stato per un barile poco distante dal prigioniero, dove un fiammella scarsamente attizzata scoppiettava piano in attesa di spegnersi in silenzio: una fonte di calore che aveva tutt’altro scopo rispetto al riscaldamento dell’ambiente, e una decina di stecche di metallo carbonizzate, appuntite, ne costituivano un indizio evidente.
Solo una minuscola finestrella posta in alto, troppo in alto per poter fornire davvero un aiuto agli occhi dei presenti, faceva entrare sottili raggi di luce e aria nuova, fresca.
‹‹Ti rendi almeno conto di quello che stai facendo?›› domandò avvilita. Si alzò, si diresse verso di lui, il coraggio di fronteggiarlo l’aveva trovato vedendo le condizioni del guerriero. ‹‹Lascialo andare, ti ha aiutato a fuggire..››
‹‹Con la promessa di rispedirmi nel buco da cui sono scappato››
Scosse la testa, convinta. ‹‹Sapevamo tutti che avresti trovato un modo per non tornare››
Loki le si avvicinò, un sorriso sbilenco e provocatorio. Si mise in guardia, irrigidendosi. ‹‹Anche tu credevi che non sarei tornato?››
Percepì il suo respiro sulla guancia, tremò. In quel momento si rese davvero conto della situazione in cui si era ritrovata, giungendo in una stanza di tortura. E se anche non fosse stato per quella serie di macchine e strumenti infernali, non avrebbe avuto sorte tanto migliore: bastava il ricordo della mano di Loki sul suo polso, per scoprirsi completamente indifesa e succube della sua forza. Avrebbe piegato il suo corpo come fosse un fuscello con una sola stretta ben piazzata.
Avvertì le sue dita gelide scenderle lungo la manica del vestito, cercarle le mani.
La voce le vibrò, di una paura che non riuscì a decifrare. ‹‹Vorrei solo che tu fossi felice, e non che vivessi tutto questo rancore del passato..››
Un sussurro nell’orecchio, dal tono deluso. ‹‹Non ti impegni a dimenticare, Anirei..››
Si ritrovò tra le mani una boccetta di vetro vuota. Basita, si spostò verso la fioca luce, per studiarla; non le ci volle molto a riconoscerla dopo averla messa a fuoco per bene.
Tremò.
Era il filtro di Lorelei, Loki doveva averlo trovato addosso a Balder. Si voltò verso quest’ultimo, una maschera di pura sofferenza, di ghiaccio sudore.
E capì.
‹‹Sai di cosa si tratta›› osservò indifferente, come se non stessero parlando di una faccenda seria.
Si voltò verso di lui, fiammeggiante di rabbia, gli relegò uno sguardo furente. ‹‹Se volevi che si innamorasse di me.. che bisogno c’era di farmi venire qui? Potevi benissimo prendere il mio posto come hai fatto con Odino! O volevi soltanto divertirti a guardare la mia reazione?››.
Era fuori di sé, si sentiva giocata e tradita. Che sciocca. Come poteva provare ancora sensazioni del genere dopo tutto quello che lui stava facendo?
Spostando lo sguardo su quella boccetta, riversò più odio verso di sé, che verso di lui. La speranza che quella visita le fosse stata concessa per far provare un po’ di sollievo a lei e al prigioniero le sembrò ridicola oltre ogni limite. Lei, era semplicemente ridicola. Doveva immaginarselo, sarebbe dovuta rimanere sotto quel letto, senza riporre in lui alcuna fiducia.
La voce di Loki la riscosse dalla frustata di crudeltà psicologica che si stava rivolgendo. ‹‹I filtri d’amore funzionano solo alla presenza dei diretti –e veri- interessati. Ergo, se avessi preso la tua forma, non avrebbe funzionato››.
Alzò la testa, incontrò i suoi occhi di ghiaccio; l’anima tenne per sé un sospiro di dolore.
Ricacciò le lacrime, ma non trovava la forza per farlo, né il motivo. Non trovò di meglio che accasciarsi di nuovo davanti a Balder, nascondendo il viso tra i lunghi capelli.
Se ti trovi in questa situazione, è solo colpa mia.
Lasciarono i suoi occhi tante lacrime quante le parole che pensò con sincero senso di colpevolezza. Gli accarezzò la guancia, studiò l’agonia che trapelava dal volto sudato e dalle palpebre, interamente abbassate, in leggera frenesia: nella mente del prigioniero si stava consumando un’illusione creata appositamente da Loki. Un’illusione rivestita da incubo, in cui veniva calpestato l’amore artificiale che provava per lei. Appoggiò la testa sulla spalla, accarezzò i capelli sporchi e sudati, che avevano perso la lucentezza che li accomunava, come del resto la sua intera figura: ricordava una lucciola morente, la cui luce si affievolisce di momento in momento.
Il dio riprese a parlare, ignorando il male che le stava infliggendo senza usare nessuno di quegli aghi appuntiti. ‹‹Vedi, per noi Dèi esistono pochi veleni in grado di danneggiarci veramente, ancora più rari sono quelli che possono condurci in Hel..››. Non voleva ascoltarlo. Voleva soltanto dimenticarsi di lui. In quel momento, avrebbe solo voluto parlare con Balder, chiedergli scusa. Promettergli che avrebbe rimediato ai suoi errori. ‹‹E l’amore, la passione, è un veleno molto potente che può condurre alla morte, che acceca il pensiero e fa saltare nella tomba››
Tenne lo sguardo fisso su Balder, ma non lo vedeva realmente. Anche senza averli davanti, aveva cucito negli occhi quei due smeraldi luccicanti. ‹‹E' davvero quello che pensi..?››.
Il tono piatto con cui lo disse si portò dietro un oscuro silenzio. Anche la piccola fiammella pareva ammortizzare il suo triste scoppiettio, carica di aspettative verso la risposta del dio.
Era troppo confusa per accorgersi del dio che l’aveva raggiunta dall’altra parte rispetto al prigioniero, troppo confusa per vederlo piegarsi sulle gambe, percepire il suo sguardo deciso e denso su di sé, che non ebbe il coraggio di ricambiare.
‹‹Alla base di un filtro d’amore vi è il vischio. Esso rappresenta l’amore tra due giovani amanti che si baciano, ma allo stesso tempo è un veleno che, se non trattato con i dovuti riguardi, può condurre alla morte. E' curioso, non trovi?››
Quella spiegazione fu una risposta più che soddisfacente. Nel cuore di Loki non era rimasto altro che odio e desiderio di vendetta, esattamente come i suoi smeraldi scintillanti; e avrebbe voluto non guardarli mai più, perché faceva male, male dentro.
‹‹Trovo solo che sono stanca Loki. Sono stanca››
Socchiuse gli occhi, si accoccolò nell’incavo del collo di Balder, cercando di non gravargli sulle ferite.
Odino aveva voluto che sposasse il guerriero; Lorelei aveva voluto che lo amasse, e adesso Loki l’aveva costretta a farlo. Perché non lo avrebbe lasciato solo in balia di un sentimento artificiale, che lo condannava ad amare una donna che non amava realmente.
Per quanto avrebbe potuto, avrebbe provato ad alleviare le sue sofferenze.
Sentì la mano gelida raggiungere la sua, sfiorarle il dorso.
‹‹Perché gli hai fatto questo…?›› sospirò accarezzando il profilo del giovane dio.
‹‹Ha delle informazioni che mi servono, che mi rivelerà solo torturando qualcuno a cui tenga molto››
Se soltanto non fosse stata in pena per Balder, avrebbe aggrottato le sopracciglia, in segno di sincero stupore: Loki le aveva rivelato qualcosa senza fare troppo il sibillino.
Una piccola parte di lei si sentì sollevata, alla notizia di quel che aveva udito; almeno Balder non veniva torturato per colpa sua, anche se tutto quello spettacolino era stato tirato su per coinvolgerla e farla soffrire.
Aprì il palmo che stringeva ancora la boccetta vuota, per restituirla; lasciò la presa nella mano che Loki teneva sulla sua, i polpastrelli di lui che le sfiorarono le dita per tutta la loro lunghezza. Si ritrasse, per portare di nuovo la completa attenzione sul prigioniero.
Gli regalò un bacio sull’angolo della bocca, nella speranza che lo facesse sentire meglio, lo strinse più forte a sé, cercando di non gravargli sulla schiena, trasmettendogli tutto il suo calore.
La voce di Loki tagliò l’aria. ‹‹Per adesso vattene, non mi servi››
Gli gettò uno sguardo carico di astio in risposta al suo tono crudele. ‹‹Lasciami rimanere con lui, ti prego››
Il dio si ritrasformò in Odino, impassibile, chiamò la guardia che l’aveva scortata là sotto; Anirei si sentì prendere per le braccia, trascinare via con poca delicatezza.
‹‹Avrò qualche diritto, sono la sua fidanzata!››
Si divincolò invano tra la stretta dell’uomo dagli occhi vispi.
‹‹Non sei sua moglie›› spiegò semplicemente il falso Padre degli Dèi, facendo un cenno alla guardia di portarla via e di non starla a sentire.
‹‹Non lo sono grazie a te, mio re›› storpiò le ultime due parole con tutta la rabbia possibile, mentre l’occhio zaffiro scompariva di nuovo dietro la porta di legno.
 
 
 
                                                                                      ***
 
 
Il sole splendeva fuori dalle grandi vetrate.
In realtà, si stava sforzando parecchio di non coinvolgere il meteo nella sua faida interna.
Non voleva che Jane si preoccupasse, né che si mettesse strane idee in testa: a fare quello, ci pensava già la sua anima in subbuglio; diversi e contraddittori sentimenti si accavallavano l’uno sull’altro come mai prima di allora.
Aveva perso Madre. E adesso anche Loki.
Come poteva definirsi un gran guerriero, protettore di Midgard e dei Nove Mondi, se non riusciva a farlo con le persone a cui teneva di più?
Frigga era morta un attimo prima che lui arrivasse, il suo scarso senso di intuizione gliel’aveva portata via: era troppo occupato a divertirsi a massacrare tutti quei mostriciattoli, sfogando il suo ardore di battaglia e inspirando l’odore del combattimento come linfa per il suo spirito da guerriero anziché ascoltare quel pensiero che gli sussurrava, perdendosi tra il clangore delle armi e le grida di incitamento, che una carneficina servita su un piatto d’argento era troppo sospetta.
Se non fosse stato per Balder, probabilmente avrebbe perso anche Jane.
Pigiò un altro tasto a casaccio, sperando di premere inavvertitamente quello giusto; invano.
Sì, Padre aveva ragione.
Era riuscito a cambiare, in quel gesto altruista del sacrificarsi per salvare amici e cittadini innocenti, aveva capito l’importanza di ogni singola vita che nasce, cresce e si libra nel vento, aveva compreso che l’arroganza e la guerra non erano la risposta.
Ma per quanto non gli piacesse più il sangue come una volta, era difficile resistere all’adrenalina che lo travolgeva in tali occasioni, soprattutto se serviva a spengere amari e bollenti spiriti, pensieri, che lo assillavano come una scarica di numerose frecce infuocate.
Lanciò quello che Jane gli aveva detto chiamarsi telecomando e che accendeva il condizionatore sopra la finestra davanti a sé, su una delle due poltrone, non riuscendo ad attivarlo: i Midgardiani e le loro trovate inconcepibili; che bisogno c’era di creare un telecomando tanto complicato per azionare un dispositivo che aveva la sola funzione di abbassare la temperatura?
Incrociò di nuovo le braccia, guardò un punto lontano del cielo, immaginandosi di trovarci Asgard, il suo regno, la sua patria.
Senza lui che combinava guai sarebbe stata più tranquilla, adesso, sotto il comando di Padre. Soprattutto dal momento che Loki non c’era più e con lui se ne andavano gli astrusi tentativi di conquista e rivalsa del trono.
Ah, Loki..
Fratello, ti avrei concesso volentieri il trono.
Già, perché quel sogno per cui aveva combattuto fin da piccolo, certo che un giorno si sarebbe avverato, era sfumato con l’incontro della sua bella, che gli aveva insegnato che poteva esserci altro, di inaspettato, a volte più importante di ciò cui si è aspirato per più di un millennio.
E a Loki, c’era qualcuno che gli avesse insegnato che il potere e la vendetta non erano tutto dalla vita? Che la felicità non dipendeva dalla pronuncia della parola che tutti eseguono senza metterla in discussione?
Era stato un pessimo fratello maggiore, era stato il primo a osannare la guerra e le lodi di conquista, il potere, l’esaltazione derivante le virtù di un guerriero forte e sano, che pensava solo all’onore e a rivendicare torti subiti; non gli aveva mostrato altro che quello: un Achille dell’Iliade.
E nemmeno quando aveva finalmente compreso quello che Padre e Madre avevano voluto insegnargli sin dall’infanzia, ma con scarso successo, era stato in grado di trasmetterglielo.
Ma alla fine, nonostante tutto, Loki aveva dato la vita per lui, morendogli tra le braccia.
Si era pentito per tutto quello che aveva fatto.
Aveva capito, finalmente.
Si scostò il colletto della camicia per il caldo opprimente, decise di rinfrescarsi alla vecchia maniera, con l’acqua fredda sul viso. Si diresse verso il bagno tappezzato di minuscole e quadrate mattonelle bianche, aprì il rubinetto d’acciaio.
Non appena il getto freddo partì, lo accolse tra le mani a coppa, per poi massaggiarsi il volto, sciacquare via ogni triste e doloroso pensiero.
Evitò di guardarsi nello specchio davanti a sé, se ne uscì dalla stanza per dirigersi in cucina, prendendo posto su uno sgabello. Rilesse la nota che gli aveva lasciato Jane quella mattina, dove si scusava per la sua assenza dovuta a una chiamata urgente di Erik.
                                              
                                                           “..Ti amo. Con affetto,
 
                                                             la tua Jane”
 
 
Riposò il foglietto di carta sul banco, incrociò le braccia, spostò il peso più in avanti.
“Perché sei così nervoso, fratello..?”
Scacciò le parole che gli aveva rivolto sulla nave spaziale mentre Jane dormiva.
“C’è qualche pensiero che ti pungola ultimamente..?”
Si alzò, aprì il frigorifero, si concentrò sul fresco che emanava, sul dolce e leggero profumo che emetteva..
“…la sua pelle..? Te lo ricordi?”
Chiuse la portellina, raggiunse il divano e ci si sdraiò sopra, guardando il soffitto.
“Hai proprio un debole per le mortali, a quel che vedo.. come farai a dirlo, Thor, o a conviverci? Fai uno scambio con Balder, una mortale per una mortale..”
Si morse un pugno, cercando di non pensare a tutte le insinuazioni che il fratello gli aveva messo nella testa: il dolore fisico avrebbe evitato di far riaffiorare i ricordi.
Il caldo tornò a farsi opprimente, così si dette un ulteriore sciacquata al viso, sempre evitando di guardarsi allo specchio, rifuggendo risposte di assurda e amara verità che avrebbe letto sul proprio volto.
Da quando era diventato così vigliacco?
Ma se voleva soffocare le ultime tentazioni di Loki, che amava mettere la pulce nell’orecchio, soprattutto laddove non c’era terreno per simili insinuazioni, ignorarle era l’unico modo per non dar spago a ignobili menzogne.
Se in quella stanza ci fosse stato anche il dio suo fratello, immaginava quel che avrebbe detto: “Speri che l’acqua fredda spenga un fuoco che credevi estinto?”.
Al che lui avrebbe risposto che fiamme non ce n’erano, per lei era rimasta solo cenere.
 
 
                                                                                    ***
 
 
‹‹Mio re›› si inchinarono i due consiglieri con cui aveva appena finito di parlare, prima che si congedassero.
Rimase impassibile fino a quando sparirono dietro le grandi porte dorate della Sala del Trono gli ultimi lembi delle loro vestaglie stuccosamente ricche ed elaborate, e anche quando si ritrovò da solo sul suo seggio.
La corruzione di Asgard lo aveva sempre disgustato. Odino non si rendeva conto della feccia che minava sempre più in profondità le basi del regno, sembrava che portasse una benda anche sull’occhio buono, per non accorgersi della gente che lo circondava: i consiglieri con cui la famiglia reale a volte si era ritrovata a condividere la stessa tavola erano solo la punta dell’iceberg. Coloro che sperperavano i tesorieri erano furbi e mansueti, dal carattere camaleontico, di così poco spessore tanto da non venire notati da nessuno, il che rendeva indisturbato il loro lavoro da parassiti.
Aveva imparato a conoscerli perché anch’essi agivano nell’ombra, e nella subdola ipocrisia, ci si era ritrovato a condividere il territorio, in un certo senso, ma certo non poteva esistere paragone.
Loro, erano veramente la morchia della società, mentre lui, per quanto frainteso da quella stessa gente che lo accusava con un dito e si macchiava l’altra mano con i peggiori tradimenti e la più perfetta tra le maschere di ipocrisia, era stato costretto a comportarsi in quella maniera vile e subdola. Nelle maniere del Dio dell’Inganno. Per sopravvivere.
Per sopravvivere nella solitudine della derisione e del pregiudizio della gente.
Sbatté Gungnir sullo scalino, per riconcentrarsi sul piano che stava attuando.
Presto, e con un po’ di pazienza, un altro poco ancora, avrebbe avuto ciò che desiderava di più.
Sif era stata mandata a prenderla su Midgard, per poi portargliela.
Immaginò la faccia che avrebbe fatto quella strega se fosse venuta a conoscenza della vera identità del suo re: semplicemente impagabile. I suoi capelli corvini sarebbero tornati biondi dalla rabbia e dall’umiliazione per non essersi accorta dell’inganno che si stava consumando sotto i suoi stessi occhi: era molto suscettibile quando si trattava di mettere in discussione le sue abilità..
Che sciocchi amici si era scelto il Dio del Tuono.
Come Balder per esempio. Solo il Dio poteva conoscere la grandezza del desiderio di piantargli una lancia in pieno petto, di spengere di propria mano la luce del guerriero che tutti amavano dopo Thor, il quale doveva la sua supremazia alle battaglie vinte in terre lontane, su Midgard, mentre l’altro faceva la guardia ad Asgard. I due beniamini del popolo, che garantivano la sicurezza nei suoi due differenti aspetti.
Abbassò lo sguardo sul pavimento davanti a sé, alle decorazioni dorate delle mattonelle si sostituirono due ragazzi adolescenti, due raggi di sole, che lo imploravano di fargli provare a sollevare Mjölnir. Quelle due paia di occhi azzurri avrebbero fatto invidia al cielo stesso, le loro chiome di paglia al sole e alle stelle.
Più fratelli loro di quanto non lo sarebbero mai stati, lui e Thor.
Gli smeraldi guizzarono verso una lontana colonna, dove un ragazzetto con i capelli scuri e la pelle poco avvezza alla luce del giorno se ne stava nascosto ad osservarli con un’espressione desiderosa e trepidante, carica di profonda e silente invidia.
La serpe che cercava di non bruciarsi dinanzi alla grandiosità delle due metà del sole, che le spiava dalla sua tana celata nell’ombra.
Abbassò le palpebre, e quei bambini sparirono dai suoi occhi; ma non dalle sue pupille, dove l’immagine si cucì per non andarsene più.
Thor..
Non aveva mai odiato così tanto Balder in vita sua; non ne aveva mai potuto sopportare la vista – così come quella dei tre guerrieri e di Sif -, quello era certo, ma non ne aveva mai agognato così tanto la morte; stavolta aveva osato troppo, nel suo continuo desiderio di mettersi sulla sua strada.
‹‹Mio signore, lady Sif chiede udienza, ha riportato un prigioniero in catene››
Fece un secco cenno di assenso, e la guerriera entrò con passi decisi all’interno della sala, conducendo con sé un’altra donna, dai capelli rosso chiaro, tendenti al ramato.
Non pareva spaventata né intimorita, semplicemente, aveva un’espressione infastidita dipinta sulla bocca, piegata in una smorfia.
Sif si inchinò, portandosi il pugno al petto. ‹‹Mio signore, vi ho portato quello che mi avevate chiesto››
Piegò il capo, appena. ‹‹Sei degna del tuo nome, lady Sif, e mi congratulo di avere scelto un valente guerriero come te per portare a termine questa missione delicata. Non chiedo di meglio, tra i miei uomini.. e tra le mie donne. Asgard è fiera di te››
Sif sorrise piena di riconoscenza, si alzò ringraziandolo per le sue lodi. Voltandosi, diede un’occhiataccia alla prigioniera, probabilmente le aveva dato molte gatte da pelare prima di farsi catturare.
Le porte infine si chiusero, lasciandoli da soli.
‹‹L’ultima volta eri tu al mio posto, non è così?››
Ghignò; lei sapeva, ovviamente, o non se ne sarebbe andata via scappando poco prima che potesse imprigionarla. ‹‹Complimenti, mia cara Lorelei, il tuo corpo è davvero splendido››
La donna si spostò soddisfatta i capelli dalle spalle, si soffiò sulle unghie. ‹‹Ha qualche difettuccio, un seno molto più piccolo rispetto a quello che avevo un tempo, ma che ci vuoi fare, è questione di abitudine››
Il suo amorevole sarcasmo, gli era mancato. ‹‹E' grandioso come tu sia riuscita a sfuggire ad Hel, mia cara. Non credo che qualcuno ci sia mai riuscito: ti faccio ancora i miei più sentiti complimenti››
‹‹Ho imparato i trucchi del mestiere dal migliore›› sorrise maliziosa a Loki, alludendo a qualche secolo prima, in cui il dio si era offerto di farle da maestro per un certo periodo di tempo.
Lorelei, gli era sempre piaciuta: scaltra e furba, pronta ad utilizzare qualsiasi sotterfugio pur di raggiungere il suo obiettivo; inoltre era una mente brillante, con un grandissimo talento e innumerevoli doti. Oltre alle nozioni magiche ed alchemiche, aveva un’abilità alquanto singolare: con la voce poteva incantare qualsiasi uomo, rendendolo un servo più fedele di un cane al suo padrone.
Ovviamente, con lui non aveva mai funzionato, la sua mente non era tanto debole da cadere in un sortilegio per sempliciotti.
‹‹Mia cara..›› esordì Loki, cercando di arrivare al punto che più gli premeva, ma senza darlo a vedere ‹‹..perché scappavi da questo palazzo? Non è stata una sorta di casa per.. quanti anni? Undici, dodici? La tua partenza è stata così improvvisa..››
‹‹I bambini prima o poi devono staccarsi dal nido›› rise di gusto.
Alzò un angolo della bocca, si sedette più scomposto. ‹‹Bambini che crescono davvero in fretta..››
Un lampo di cattiveria passò negli occhi della donna, rimase in silenzio, fissandolo.
Loki non aveva bisogno che lei parlasse, sapeva già tutto quello che necessitava sapere prima ancora che venisse mostrata a corte neonata, in braccio al suo nuovo fratello Balder.
Risuscitare dai morti, non era qualcosa di possibile, neanche per una creatura di livello pari a quello di Lorelei. Qualcuno doveva averle concesso un’altra vita, di reincarnarsi.
Qualcuno che potesse avere un potere simile. Qualcuno che avesse l’interesse a volerla in vita.
‹‹Se mi darai ciò che voglio, io ti darò ciò che vuoi››
E qualunque cosa il Dio le avesse promesso, lui l’aveva in pugno, perché Balder era suo prigioniero.







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*Finalmente aggiornò*
Salve miei cari!:D
Mi dispiace di non aver potuto aggiornare prima, ma tra le varie cose, c'era il capitolo che non mi entusiasmava molto, l'ho cambiato cento volte, ma quando non c'è modo, non c'è modo, e me ne devo fare una ragioneD: (scusate!)
Dunque, non succede nulla di che; Loki continua a tenere i suoi piani per sé, Gabriel e Sachiel sono tornati dopo molti capitoli di assenza (eeehh chissà cosa erano a fare.. *sporcaccioni -no scherzo ahah..(?) ), Balder diviene suo malgrado il campo di scontro tra quei due decerebrati (Loki e Anirei), Thor è immerso nei suoi grattacapi -Loki non poteva fare a meno di mettergli quella pulce nell'orecchio; e Lorelei? Beh, vedremo nei prossimi capitoli -credo-spero-forse-prego.
Ringrazio tutti per il supporto, soprattutto a chi mi dà la carica con le recensioni *prr <3
Al prossimo, spero di farmi perdonare (lo dico ogni volta, prima o poi ci sarà un capitolo che mi soddisfi *accende un cero)
A' la prochaine fois,
_Aly95



 
   
 
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