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Autore: mask89    14/02/2015    2 recensioni
Dal famoso bacio sulla spiaggia sono passate diverse settimane ma Sarah continua a non ricordare, Chuck decide di partire in missione solitaria per trovare i piani di costruzione dell'Intersect così da riottenere la sua vecchia vita ma qualcosa va male. Il team Bartowski riunito si ritroverà a incrociare la strada di un uomo dal passato misterioso, che per vendetta dichiara guerra a diversi governi.
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IN REVISIONE 02/2021
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il viaggio in ambulanza sembrava non finire mai. Chuck sentiva i due medici che stavano con lui nell'abitacolo parlarsi e muoversi febbrilmente, ma non li vedeva. Davanti ai suoi occhi scorreva ininterrotta l'immagine di Sarah che si piegava sulle sue ginocchia, che si portava le mani alla testa. Avverti il mezzo fare una brusca frenata. Finalmente erano arrivati all'ospedale. Non riusciva a pensare lucidamene, quell'evento lo aveva talmente sconvolto, ogni briciolo di razionalità, ogni tentativo di fare qualcosa di sensato era andato a farsi benedire. Si muoveva per inerzia. Non si accorgeva dove stava andando, l'unica cosa che gli importava era stare vicino a Sarah. Sentì un braccio sbarrargli la strada. Cercò di forzare quella specie di blocco ma chi lo bloccava non recedeva di millimetro. Chuck lo guardò con aria di sfida.
“Signore, mi dispiace, ma lei qui non può entrare” disse impassibile l'uomo.
“Lasciami passare” rispose con un tono pieno di rabbia.
“Signore, qui può entrare solo lo staff autorizzato.”
“Fammi entrare, c'è mia moglie li dentro” urlò.
“Signore, abbassi la voce e si calmi.”
Quelle parole ebbero l'effetto contrario su Chuck. Possibile che quell'uomo non capisse? Sua moglie era li dentro priva di sensi e lui cosa gli diceva? Di aspettare. Sarebbe entrato li dentro che lo volesse o meno. Fece un respirò profondo e lasciò che l'intersect caricasse il programma per la lotta corpo a corpo. Stava per scagliare un pugno diretto allo stomaco dell'uomo quando sentì le sue forze venire meno. Vide il suo bersaglio diventare sempre più sfuocato, poi più nulla.
“A quanto pare abbiamo fatto appena in tempo. Bartowski stava per fare una stronzata” disse Casey con la pistola a tranquillanti ancora puntata verso il corpo di Chuck.
“Ma era proprio il caso di stordirlo con dei tranquillanti John” disse Morgan ”quella roba potrebbe provocargli dei danni.”
“Danni li avrebbe subiti quel poveraccio che cerca di svolgere soltanto il suo lavoro. Ora aiutami a portarlo in una stanza.”

Stordito, ecco come si sentiva. Dischiuse gli occhi, intorno a se vide due teste indistinte. Sbatte le palpebre più volte, cercò di mettere a fuoco quelle immagini.
“Morgan, Casey? Dov'è Sarah? Devo stare vicino a lei!” e provò ad alzarsi. Casey bloccò quel movimento mettendogli una mano sul petto, poi lo spinse sulla letto nuovamente.
“Sta buono Bartowski oppure vuoi che ti narcotizzi di nuovo?”
“Perché? Non capisci? Sarah sta male io devo...”
“Chiudi la bocca. Stavi per mandare al tappeto un civile che stava svolgendo il suo lavoro. Te ne rendi conto?”
“Io devo stare accanto e lei.”
“Chuck capisco quello che provi ma al momento non puoi fare niente, ok? Lascia lavorare in pace i medici, solo così potrai aiutarla. Che ne dici se ora usciamo fuori da questa stanza e andiamo nella sala di attesa? ” disse Morgan.
“Va bene amico. John...”
“È sempre un piacere farti da balia Bartowski. Ora andiamo.”
Chuck perse il conto di quanto tempo dovette aspettare in quella sala. Vedeva medici e infermieri passare di lì ma nessuno di loro lo degnava di uno sguardo. Si sedette. Guardò l'orologio, segnava quasi le tre, Sarah era li dentro da quasi tre ore. Si alzò di nuovo e cominciò a vagare per la stanza. Probabilmente avrebbe fatto innervosire le altre persone, ma gli importava ben poco, camminare era l'unico mezzo che aveva per scaricare la tensione. Si fermò un attimo a guardare il suo amico Morgan, si era appisolato sulla sedia. Si trovò a ringraziarlo mentalmente, nei momenti più duri della sua vita lui era stato sempre presente per confortarlo. Casey invece era andato a casa, o per meglio dire lui aveva insistito perché tornasse a casa. Il giorno dopo avrebbe dovuto incontrare la Beckman per fare rapporto su tutte le novità che avevano. Passare la serata in un ospedale non era molto indicato, visto gli impegni che doveva affrontare. Stava pensando a quelle cose quando senti qualcuno che gli toccava la spalla.
“Il signor Bartowski?” disse il medico.
“Si, sono io. Come sta mia moglie?”
“La sua è una situazione molto particolare. Mi creda non ho mai visto una cose del genere in tutta la mia carriera. Sua moglie ha una attività cerebrale pazzesca ma non risponde a nessun stimolo esterno. Sembra una specie di coma.”
“Si riprenderà?”
“Non le voglio mentire, non lo so. Dipende tutto da lei. Le prossime ventiquattro saranno cruciali.”
“Capisco, la ringrazio dottore. Posso andare nella sua stanza?”
“Certo. Arrivederci.”
Chuck entrò nella stanza. Vedere Sarah distesa su quel letto, priva di sensi, lo fece sentire male. L'ultima volta che l'aveva vista in quello stato fu quando Vivian Volkof l'avvelenò. Gli vennero in mente tutte le sue peripezie per salvarla. Ma questa volta era diverso. Si sentiva inutile. Non c'era nulla che lui potesse fare per aiutarla, per salvarla. Un senso di disperazione si impossessò di lui. Cominciò a piangere.

L'aereo atterrò puntualmente alle otto all'aeroporto Bob Hope di Burbank, gli scossoni dovuti all'atterraggio svegliarono di soprassalto Diane Beckman, uno strano senso di inquietudine si fece largo in lei. Il suo non era stato un sonno facile, le parole di Chuck, il suo strano modo di comportarsi l'avevano messo in agitazione. Erano anni che non si sentiva così. Sentiva le stessa precarietà di quando era una spia durante la guerra fredda in Germania. Si girò a guardare l'uomo che l'accompagnava in quel viaggio, si trovò a invidiarlo con tutte le sue forze. Roan Montgomery dormiva beatamente. Quell'uomo riusciva a mantenere la calma a dispetto di qualsiasi situazione. Si chiese come mai loro due, che erano completamente agli antipodi come caratteri, si fossero messi insieme. La spia che segnava la possibilità di slacciarsi la cinta di sicurezza si illuminò. Senza perdere nessun tempo Diane la slacciò e si alzo poi si chinò verso l'uomo per svegliarlo.
“Roan, svegliati. Dobbiamo andare.”Roan aprì gli occhi e controvoglia decise di seguire quell'ordine. Conosceva fin troppo bene le conseguenze di una sua eventuale disubbidienza. Scesero dall'aereo ad aspettarli c'era John Casey.
“Casey non doveva a venirci a prendere Chuck?” disse la donna.
“È successo un imprevisto. Purtroppo Sarah si è sentita male, Chuck è rimasto da lei in ospedale.”
“Cosa le è successo?”
“Sembra che sia in una specie di coma. I medici non sanno se e quando si riprenderà...”
“Dannazione. E per quanto riguarda la missione?”
“Chuck mi ha detto tutto. Possiamo occuparcene tranquillamente noi, generale. Saliamo in macchina vi dirò cosa Chuck ha scoperto.”

Chuck si risvegliò accanto a Sarah in quella stanza di ospedale. Per un attimo aveva sperato che lei si fosse finalmente risvegliata ma purtroppo durante quelle ore di sonno la situazione non era cambiata. Decise di uscire fuori dalla stanza a prendere una boccata d'aria. Aveva la necessità i parlare, di sfogarsi con qualcuno. Prese il telefono e fece partire una chiamata.
“Ellie.”
“Chuck, è successo qualcosa? Il tuo tono di voce non mi piace.”
“Sarah...stavamo parlando...è in ospedale...non risponde a nessuno stimolo esterno...ho paura...”
“Chuck ti prego calmati. Non riesco a capire. Mi stai facendo preoccupare.”
“Sarah e io stavamo discutendo ieri sera e ad un certo punto è svenuta. La sua attività cerebrale è molto alta ma non risponde a nessun stimolo esterno. Non sanno sé e quando si risveglierà.”
“Oh mio dio Chuck è terribile, proprio ora che lei era ritornata da te...di cose stavate parlando?” chiese insospettita.
“Ieri sera ho vissuto una situazione di pericolo e Sarah mi stava rinfacciando il fatto che non l'avessi avvisata, poi è svenuta.”
“La situazione che stavate vivendo era molto stressante? Lei ti sembrava particolarmente emotiva?”
“Si è andata proprio così. Ellie a cosa stai pensando?”
“Chuck il cervello è una macchina complessa. Però credo che le emozioni che Sarah stava provando in quel momento abbiano indotto il cervello a ridurla in quello stato di incoscienza. Una specie di autodifesa per evitare danni maggiori.”
“Dici che si può risvegliare?”
“Non lo so Chuck, ma tu devi starle vicino. Anche se lei non può risponderti sono sicura che riesce a sentire la tua presenza. Prova a parlarle o a farle ascoltarle qualcosa.”
“Mi fido di te Ellie. Ora torno da lei. Grazie per avermi confortato” e chiuse la chiamata. Chuck entrò nella stanza non si sarebbe staccato da Sarah nemmeno per un attimo.

Diane Beckman stava ripassando gli ultimi dettagli di quella missione con Roan in quella stanza di albergo a Roma. Doveva andare tutto perfettamente, un piccolissimo errore e la possibilità di giungere all'italiano sarebbero sfumate del tutto. Ripensò a alla scoperta che lei, Roan e Casey avevano fatto quarantotto ore prima nel castello. Nella valigia di Shaw avevano trovato vari dossier, glieli aveva forniti un agente doppiogiochista. Era la loro occasione. L'avevano immediatamente contattato, usando il telefono di Shaw, inventando una scusa sul perché lui non si potesse presentare a quell'incontro. Aveva deciso di lasciare Casey al castello, gli serviva un uomo che registrasse tutte le loro azioni e inoltre quella missione era talmente importante che un suo coinvolgimento diretto era più che giustificato. La voce di Roan la fece tornare alla dimensione reale.
“Diane, sei pronta?” chiese premurosamente l'uomo. Sentì che la donna ebbe un soprassalto al suo tocco. “Stai bene?”
“Certo Roan, ero solo sovrappensiero. Andiamo.”
Man mano che si avvicinavo al punto di incontro sentiva sempre più la tensione salire, si sarebbe fatta molto volentieri un goccetto di whisky, ma la situazione lo sconsigliava pesantemente. Le servivano tutti i suoi sensi al massimo e l'alcool, anche se in piccola quantità, non l'avrebbe aiutata di certo. Finalmente arrivarono al luogo prestabilito. Erano in anticipo di un bel po' sul loro contatto, ne approfittarono per fare un sopralluogo, in modo da identificare una rapida via di fuga in caso le cose si fossero messe male. Si guardarono intorno, era un vecchio capannone industriale ormai in disuso alla periferia di Roma. Visionarono i vari macchinari che ancora giacevano li, a una prima analisi quell'edificio doveva essere adibito alla produzione di materiale edilizio. Fecero vagare lo sguardo per tutta l'area, c'era una visibilità ottima, se qualcuno avesse tentato di fargli una imboscata loro se ne sarebbero accorti immediatamente, quel luogo non offriva posti in cui nascondersi, di contro non sarebbe stato l'ideale per un conflitto a fuoco visto che offriva poche zone in cui ripararsi. Guardarono gli orologi il loro contatto sarebbe arrivato entro pochi minuti. Si misero gli auricolari.
“John ci senti” disse Roan.
“Perfettamente” rispose l'uomo dal castello “Signore, credo che non portarmi li con voi sia stato un grave errore.”
“John quante volte te lo devo ripetere? Ci serve un uomo di cuoi ci possiamo fidare, che controlli tutto dalla distanza. Ricorda che non siamo due sprovveduti” rispose la donna “Chiudiamola qui il nostro uomo si sta avvicinando.”
Dall'auto uscì un uomo che poteva avere una cinquantina d'anni, ma nonostante questo sembrava avere un fisico abbastanza atletico, il suo modo di muoversi era molto elegante e disinvolto. Ad accompagnarlo c'era un uomo più giovane, molto atletico, dal modo di muoversi sembrava che avesse ricevuto una educazione di tipo militare.
“Signori” disse l'uomo con un perfetto accento americano.
“Lei è il signor Ettore, giusto?” rispose la Beckman.
“Sono io. Come mai il signor Shaw non è qui?”
“Come le ho già detto, il signor Shaw ha avuto un imprevisto e ha mandato noi al suo posto.”
“Bene, che ne dite di saltare tutti i convenevoli e di passare direttamente allo scambio? Avete portato i documenti e i soldi?”
“Si, i documenti che ha richiesto e i soldi sono in questa valigia. E i suoi?”
“Sono in quella valigia” e indicò l'oggetto che era in mano al suo accompagnatore.
Effettuarono lo scambio. Ettore stava per rientrare nella sua auto con il suo assistente, quando Diane e Roan sentirono una di sibilo, si voltarono videro un razzo colpire la macchina del loro contatto. Il corpo dell'uomo e del suo assistente furono sbalzati via dall'esplosione. I due si precipitarono nella loro auto. Roan mise in moto l'auto.
“Roan, cosa succede?” chiese Casey.
“Siamo sotto attacco. Un missile ha colpito la macchina del nostro contatto e ora ci stanno piovendo proiettili addosso.”
“Vi guido io fuori di li, ho le vostre coordinate”
“Ok, John all...”
Casey non sentì più nulla. Un missile aveva colpito l'auto, per i due non c'era stato scampo. In tutta la sua vita John Casey non si era mai sentito così impotente.

 

Ciao ragazzi, non so come ma sono riuscito a postare questo capitolo. Scusate per gli eventuali errori non ho avuto moltissimo tempo per correggerlo. Come al solito spero che sia di vostro gradimento. Aspetto le vostre opinioni. A presto!!!

 

 

 

 

 

   
 
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