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Autore: DulceVoz    16/02/2015    6 recensioni
Che ne sarà di noi? Questa non è una vera e propria domanda, è piuttosto una frase vaga che si ripetono tre fratelli, da quando la loro vita è stata sconvolta da una disgrazia più grande di loro, un uragano di sofferenza che ha stravolto duramente le loro giovani esistenze. Che ne sarà di noi? Si chiede una zia amorevole, che potrebbe trovarsi costretta a vivere con loro a causa di un testamento sorprendente, il quale la vedrebbe obbligata sotto lo stesso tetto anche con il suo peggior incubo, ovvero l’uomo che si interrogherà con la medesima questione, nascondendosi dietro ad una maschera di indifferenza. Dal dolore puo’ nascere amore? E, soprattutto… l’amore puo’ aiutare a superare un dramma tale? Questo e molto altro, lo dovranno scoprire i nostri protagonisti… perché a sanare le loro profonde ferite, dovrà pensarci proprio questo potente sentimento.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Angie, Diego, Leon, Pablo, Violetta
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Ser quien soy. Cap.17
 
Diego tentennava davanti al campanello di casa La Fontaine e fece per andar via dopo pochi minuti in cui se ne era rimasto fermo, immobile, a fissare la porta, impalato come una statua di sale. Che doveva fare? Voleva vedere Francesca, voleva parlarle rispetto a quello che era successo la sera della grigliata, eppure, doveva ammetterlo, quella situazione lo metteva alquanto in imbarazzo. Perché aveva pianto tra le braccia della giovane? Perché con lei si era aperto tanto e, soprattutto… perché si era sentito così bene stretto alla sorella di Leon, la quale, gli pareva leggesse la sua mente con così tanta facilità da fargli quasi paura? Non ne aveva idea, sapeva solo che, da quando era accaduto, si sentiva come svuotato di una parte di quella sofferenza che gli celava l’anima… non che stesse meglio, ma già il fatto che avesse deciso di voler vedere la vicina era probabilmente sintomo che, in effetti, Francesca gli aveva dovuto far bene in qualche maniera, seppur non sapesse dire come. Scese alcuni gradini del portico per scappare ma si rese conto che non sarebbe stato da lui: da quando in qua Diego Castillo scappava da qualcosa? Non poteva. Voleva capire, voleva uscire da quello stato di confusione in cui la La Fontaine l’aveva gettato e ci sarebbe riuscito solo rivedendola. Senza pensarci troppo, con la paura che potesse cambiare idea, bussò e nel giro di pochi minuti si ritrovò di fronte la madre della ragazza che lo accolse sorpresa ma comunque con un sorriso. “- Diego! Che bello che sia venuto! Vieni, entra… Leon però non c’è, è andato un po’ ad aiutare Mati al supermercato…” Iniziò, guidandolo sino al salotto e invitandolo ad accomodarsi, cosa che lui subito fece, ringraziandola con un cenno del capo. “- …Però puoi aspettarlo qui senza alcun problema, lo sai.” Esclamò la bruna, vedendolo scuotere il capo con un velo di imbarazzo che alla donna non sfuggì di certo, intuitiva com’era. “- In realtà sono qui per vedere Francesca… è in casa?” Domandò Castillo, abbassando poi lo sguardo per sfuggire a quello indagatore della Parodi che rimase palesemente sorpresa da quella domanda. “- Sì… sì certo, è di sopra… puoi salire tu o vuoi che la chiami io?” Gli chiese, quasi a disagio quanto lui ma nonostante tutto felice di vedere il giovane lì dopo tanto tempo e, soprattutto, non costretto a recarsi in quella casa da Angie o da altri, ma di sua spontanea volontà. “- Non ti preoccupare, vado io se posso…” Balbettò, ancor più nervosamente lui, alzandosi e indicando le scale con un cenno del capo. “- Certo, fa’ come se fossi a casa tua!” Sorrise Marcela, precedendolo sulla gradinata per mostrargli la camera della figlia, seppure il ragazzo, di sfuggita, l’avesse già vista, quando andava a trovare l’altro gemello La Fontaine.
“- Fran, tesoro…” La moglie di Matias chiamò la giovane, bussando contemporaneamente alla sua porta. “- …Hai una visita…” Le disse ancora, sentendo la chiave girare nella serratura e intravedendo finalmente il volto stanco della giovane. “- Mamma, se è Clement che vuole ancora il mio pc digli che mi serve perché sto studian…” Francesca si interruppe solo quando la donna aprì meglio la porta e lei si ritrovò Diego di fronte… cosa ci faceva lì? Il suo primo pensiero fu per il fatto che avesse addosso un pigiama felpato non di certo all’ultimo grido e i capelli erano raccolti in una spettinata coda di cavallo… da quando poi si creava problemi per apparire carina con il vicino? “- E’ voluto venire direttamente su…” Le sussurrò ad un orecchio la Parodi, come se l’avesse letta nel pensiero, mortificata del fatto che la giovane non si fosse potuta dare una sistemata prima di incontrarlo come sicuramente avrebbe voluto. “- Clement e gli zii sono in giro per Madeira, tranquilli… e io vi lascio.” Concluse, osservando prima il bruno e poi Francesca che le fece cenno di allontanarsi senza ghignare soddisfatta, come invece stava facendo. “- Non mi aspettavo che… insomma… accomodati!” Balbettò la La Fontaine a disagio, sentendo i passi della madre ormai sulle scale e perdendosi negli occhi smeraldo del giovane che, imbarazzato quasi quanto lei, entrò e si sedette sul suo letto, cosa che lei gli accennò di fare con un gesto del capo. “- Volevo parlarti io… beh, ma se hai da fare però non fa niente…” Esclamò Diego osservando la sua scrivania stracolma di volumi e quaderni, sotto ai quali si intravedeva appena un pc portatile. “- No, figurati stavo anticipando dei compiti per la prossima settimana, io e Cami dovremmo fare una ricerca insieme e… niente di urgentissimo, ecco.” Sorrise la bruna, ravviandosi alla meno peggio la chioma corvina e trascinandosi la sedia girevole più vicina a lui, rischiando almeno due volte di inciamparvi sopra per la tensione, facendo trattenere a stento un ghigno al giovane che, per pura gentilezza, si trattenne dallo scoppiarle a ridere in faccia, ennesimo segno che con la ragazza riuscisse a distrarsi almeno un po’ dai suoi mesti pensieri. “- Attenzione!” Esclamò comunque, vedendola finalmente accomodarsi e fissarlo, rossa come un pomodoro. Cominciava decisamente male! Come diavolo poteva essere così nervosa? Era solo… l’amico di Leon, nonché fratello della sua migliore amica… poteva farcela. Inoltre, doveva focalizzarsi sulla promessa fatta a Violetta: voleva aiutarlo e, se per farlo ridere doveva cadere e fare una figuraccia colossale era disposta anche a quello pur di vederlo perdere quella vuotezza che caratterizzava il suo sguardo. “- Volevo ringraziarti per… quella sera… tu sai a cosa mi riferisco.” Iniziò Castillo, abbassando lo sguardo sulle sue scarpe e sentendo il battito accelerargli per la tensione. Francesca capì ovviamente al volo a cosa alludesse il ragazzo e sorrise dolcemente, mordendosi il labbro inferiore non sapendo, di preciso, cosa dire. “- Non c’è bisogno di ringraziarmi, Diego. Io ci sono e in qualunque momento tu dovessi avere voglia di parlare io sarà pronta ad ascoltarti, davvero.” Sussurrò, seguendo solo ciò che il suo cuore le stava dettando in quel momento. A quelle parole, il moro alzò lo sguardo e rimase alcuni secondi in silenzio a specchiarsi negli occhi castani e teneri della ragazza, con una convinzione: non era una delle solite frasi di circostanza, nello sguardo di Francesca leggeva sincerità, sentiva che davvero volesse aiutarlo e la cosa gli faceva uno strano effetto. “- Ho capito che stare con te, sfogarmi con te, come alla grigliata, mi aiuta e… voglio essere tuo amico… se tu vorrai, ovviamente.” Aggiunse il ragazzo, scompigliandosi poi il ciuffo corvino e osservandola di nuovo per studiare la sua reazione che non tardò ad arrivare: la gemella di Leon si alzò e lo affiancò sul morbido materasso, annuendo soddisfatta. “- Sì, certo che lo voglio…” Mormorò teneramente e con il suo solito tono pacato che Diego sentì fargli subito tanto bene: poteva la voce di Francesca fargli quell’effetto? Cosa diamine gli stava succedendo? Con lei si sentiva paradossalmente forte, lui, il capofamiglia, il “minicapo” di suo padre, aveva bisogno di qualcuno a cui appoggiarsi per superare il dolore? Impossibile… eppure stava accadendo, incredibilmente. “- Come sta Ambar? Vilu mi ha detto del braccio… avevo pensato di passare a trovarla ma non volevo disturbare…” Cambiò discorso la giovane, dopo che un abbondante minuto di silenzio era calato sui due, mettendoli estremamente in imbarazzo. “- Un po’ meglio, per fortuna nulla di grave. Zia Angie la sta ricoprendo di attenzioni e regali!” Esclamò il giovane, scurendosi in volto però al ricordo di Pablo che, doveva ammetterlo, stava facendo lo stesso. La Saramego aveva detto che fosse stato un incidente ma lui era convinto che il tutto fosse accaduto quando c’era solo quell’incapace di Galindo in casa… ecco perché adesso la viziava tanto anche lui. “- C’è qualcosa che non va?” Chiese la ragazza, forse notando quanto fosse diventato improvvisamente taciturno e cupo in viso di colpo. “- No, è che… quando è caduta credo ci fosse solo l’amico di mio padre in casa e… non posso sopportare che mia sorella si sia fatta male a causa della sua inettitudine.” Concluse stizzito Diego, mentre Francesca si accigliò: era chiaro come il sole che i rapporti con Pablo non fossero ancora dei migliori ma in quel caso doveva davvero essere stato un incidente e non poteva accusarlo solo perché, evidentemente, lo detestava. “- Beh, io sono stata spesso con Ambar e ho fatto da babysitter ad un mucchio di bambini… e ti posso assicurare che non puoi perderli di vista neppure un minuto che subito si sbucciano qualche ginocchio!” Sorrise la mora, portandosi una ciocca dietro all’orecchio, notando quanto lui si fosse accigliato a quelle parole. “- Appunto! Non avrebbe dovuto perderla di vista!” Borbottò, incrociando le braccia al petto, pensando che lei gli stesse dando gentilmente ragione. “- Non ho finito…” Lo redarguì però lei con la sua solita pacatezza, osservando la sua espressione corrucciata per quel rimprovero: “- Anche se comunque Pablo fosse stato poco attento… beh, è stato un incidente, non puoi accusarlo di questo… non è che se fosse stato lì, lei non sarebbe comunque caduta, poteva accadere lo stesso! E’ così vivace quella piccoletta!” Sentenziò con calma Francesca, vedendolo, seppur ancora poco convinto, annuire. Per quanto fastidio gli desse doverlo ammettere, Galindo in effetti non aveva in ogni caso troppe colpe e la figlia di Matias, anche quella volta, gli aveva spiegato qualcosa facendogliela valutare sotto un altro punto di vista, senza puntare subito il dito solo perché i suoi rapporti con l’uomo non fossero dei migliori. “- Già, forse hai ragione…” Sorrise lui più rilassato, annuendo. Quella conversazione era l’ennesima prova che Francesca gli facesse bene e che volesse passare più tempo con lei che, inaspettatamente, si era rivelata sin da subito preziosissima per lui. “- Che ne dici di bere qualcosa?” Esclamò Francesca di colpo, sorridendo e alzandosi, vedendo  anche lui fare lo stesso. “- Sì, mi farebbe molto piacere!” Asserì lui, rendendosi conto che, nel giro di giorni e con la sola presenza della ragazza avesse ripreso a sorridere e a conversare senza usare modi sgarbati… e come avrebbe potuto con quella tenera e dolce giovane che era lei comportarsi male? Impossibile. Scese le scale e venne guidato da lei in cucina dove spesso prendeva una birra con Leon parlando del più e del meno e dove, perennemente, trovavano il padrone di casa a prepararsi qualche spuntino… ora era così diverso… mai avrebbe immaginato di essere in quella casa per la sorella e non per l’amico! “- Se ne hanno lasciata… dovrebbe esserci della Coca Cola!” Rise Francesca allegramente, sparendo dietro alla porta del grande frigo e facendo sghignazzare lui che, subito, associò quella frase alla voracità degli uomini di casa. “- Se non c’è non preoccuparti, sarà per la prossima!” Esclamò il ragazzo, vedendola uscire trionfante da dove era seminascosta con in alto due lattine con aria vittoriosa. “- Le ultime e le avevano nascoste per bene! Immagino la faccia che avranno stasera a cena quando non le troveranno!” Ghignò Francesca, imitando poi una risata malefica alla quale si unì il bruno che, però, rideva per davvero. “- Non ti facevo così malvagia!” La prese in giro, sedendosi di fronte a lei al tavolo per scolarsi la bibita. “- Non mi conosci ancora bene…” Sorrise lei, prendendosi un sorso della bevanda ma osservando la sua reazione perplessa che la fece ridacchiare di gusto per quanto era divenuta buffa. Quanti segreti nascondeva Francesca? Diego non lo sapeva ma con quell’amicizia voleva scoprirlo… e poi, in fondo… era sicuro di provare solo quel sentimento per lei? Forse, eppure era confuso: lei lo faceva distrarre, star meglio, si perdeva decisamente spesso nei suoi occhi seppure l’avesse avvicinata solo da troppo poco… cosa gli stava accadendo?
“- Devo andare a studiare o zia Angie mi farà fuori a suon di libri in testa!” Scherzò dopo circa mezz’ora in cui si erano divertiti a chiacchierare del più e del meno e in cui il ragazzo aveva completamente lasciato i suoi cattivi pensieri fuori da quella cucina, cosa che per un po’ non gli era affatto dispiaciuta, anzi. Quella leggerezza che avvertiva lì dentro con quella amabile compagnia gli era mancata tantissimo, come l’aria che respirava e gli dispiaceva troppo doverla lasciare proprio ora, seppure non avesse altra scelta. “- Vai, vai! E sappi che approvo le librate se non fai il bravo!” Esclamò lei, alzandosi per accompagnarlo alla porta, vedendolo allargare le braccia e scuotere il capo. “- E io che pensavo che tu non fossi pazza come lei!” Rise, fermandosi sotto al portico di fronte alla ragazza, dopo aver varcato la soglia d’ingresso. “- Fa bene! Devi studiare e se te lo dice con insistenza ricorda che lo fa per il te, testone che non sei altro!” Sentenziò categorica, vedendolo poi farsi serio nuovamente, specchiandosi ancora una volta nei suoi occhi castani e teneri. “- Grazie.” Sussurrò, attirandola a sé con affetto, lasciandola sorpresa e felice. “- Di nulla…” Balbettò la bruna, sentendosi di nuovo percossa dai brividi a quel gesto e avvertendo il cuore accelerarle almeno di dieci battiti in quell’istante: Diego le era diventato amico, ufficialmente… ma poteva restare tale se lei si sentiva così ogni volta che lui l’abbracciava? Le sue amiche avevano ragione: era stracotta di Castillo e ne ebbe l’ennesima conferma proprio in quell’istante… ma lui cosa provava? Il fatto che l’avesse avvicinata era significativo o no? Lo osservò allontanarsi sul vialetto e lo salutò con la mano, sentendo ancora le guance andarle a fuoco e avendo un unico pensiero in testa… quando avrebbe avuto di nuovo l’occasione di stargli accanto?
 
 
“- Hai vinto di nuovo, non è giusto!” La voce risentita di Pablo proveniva dalla cameretta di Ambar che, seduta per terra di fronte a lui davanti ad una dama, ridacchiava soddisfatta. “- Non è colpa mia se sei una frana!” Sbottò la piccola, risistemando tutte le pedine al loro posto per iniziare una nuova partita. “- Ti concedo la rivincita, se vuoi perdere ancora…” Lo prese in giro con aria soddisfatta, facendolo sbuffare, annoiato. “- Non è che potremmo fare un Pokerino?” Propose ironicamente, vedendo la bambina ignorarlo del tutto, cercando un pezzo dei neri che era sparito. Angie, da fuori alla porta di poco socchiusa, osservava la scena incantata: Galindo stava facendo di tutto per farsi amare dai ragazzi e doveva ammettere che non se lo sarebbe mai aspettata, considerando il soggetto che credeva, prima di conoscere la sua vera storia, avere come unico interesse le donne e il divertimento. Da quando poi l’aveva baciato, in ospedale, aveva sempre cercato di evitarlo in casa ma per quanto ancora sarebbe riuscita a sfuggirgli? E soprattutto, cosa gli avrebbe detto quando avrebbe dovuto parlargli? D’un tratto, la porta della cameretta di Ambar si spalancò e lei per poco non cadde travolta dalla nipotina che si stava fiondando per le scale per andare a prendere qualcosa da sgranocchiare a quanto aveva urlato all’uomo, il quale, dall’interno, vide la donna e sorrise. “- Che fai prima mi eviti e poi mi spii?” Domandò ghignando, vedendola scuotere il capo. Sempre il solito presuntuoso! “- Stavo solo controllando che andasse tutto bene…” Biascicò a disagio, facendo poi per andarsene ma accorgendosi che Galindo si fosse alzato in piedi e la stesse seguendo, fino a riuscire a bloccarle il polso, costringendola a voltarsi. “- E’ mai possibile che debba fare sempre una corsa per fermarti?” Le chiese, sentendola prendere un profondo sospiro con aria afflitta. A quel semplice contatto con lui, qualcosa come una scossa le aveva fatto sentire i brividi partire dal braccio per poi propagarsi sin nelle ossa e pensò seriamente di star maledettamente bene. “- Perché mi hai dato quel bacio? E non dirmi che è stato un errore perché non puo’ esserlo. Non con quell’intensità.” La voce di Pablo era ridotta ad un sussurro serio, sicuro e il tono era basso solo perché, evidentemente, temeva che la bambina, ancora al piano di sotto, potesse sentire. “- Non capiresti e… lasciami!” Strillò lei, lasciandolo perplesso sul posto a specchiarsi nei suoi grandi occhi smeraldo, facendogli subito mollare la presa al suo polso. “- Io ho bisogno di… sapere!” Incalzò l’uomo confuso, agitando le braccia spazientito e osservandola appoggiarsi stanca con la schiena alla parete, il volto basso e triste. “- Noi non possiamo… sai a cosa mi riferisco…!” Balbettò a disagio, alludendo alla conversazione che entrambi avevano avuto con l’assistente sociale. “- Come non possiamo? Quindi tu…? Aspetta… non ci sto capendo nulla!” “- NEMMENO IO!” La voce alterata della Saramego lo spiazzò: era innamorata di lui? Possibile? O, di preciso, non lo sapeva neppure lei? “- Sto cercando di starti lontana in tutti i modi, non complicarmi la vita ulteriormente… prendiamo le distanze e sarà meglio per tutti, credimi.” Aggiunse la donna, appoggiandogli una mano sulla spalla e fissandolo intensamente negli occhi: lo sguardo di Pablo esprimeva perplessità ma era sicura che, con quelle parole, avesse capito benissimo cosa intendesse. La bionda aveva paura, e il fatto che si stesse tanto affezionando a lui e lo avesse addirittura baciato era un segno chiaro come il sole che cominciasse a provare qualcosa e doveva in tutti i modi evitarlo standogli lontana. “- Tu provi qualcosa per me?” Domandò a bruciapelo il moro, studiando la sua espressione, attento. Angie non disse nulla ma si morse il labbro a disagio: no, per lei l’amore non esisteva e infatti quello lì non poteva esserlo. Avrebbe sofferto di nuovo e poi… e poi c’erano i ragazzi, la loro convivenza forzata che avrebbe dovuto continuare, qualunque cosa sarebbe accaduta. “- Gregorio Casal aveva ragione… allontaniamoci e… andrà tutto bene.” Concluse Angie, vedendolo scuotere il capo: non gli aveva risposto ma bastavano quelle parole a fargli capire che sentisse qualcosa di forte nei suoi confronti, il quale, a sua volta, stava seriamente cominciando a capire di provare un sentimento diverso per la bionda, non la solita attrazione ma… c’era dell’altro, dell’ignoto che gli faceva paura ma che avrebbe voluto esplorare, buttandosi a capofitto in una relazione con la Saramego che, in quel senso, restava per lui un enigma per gli effetti che gli provocava. “- Non mi importa di ciò che dice quel tizio… siamo… siamo entrambi soli e io…” “- Non siamo soli! E’ proprio questo il punto!” Sbottò Angie, vedendolo annuire: già, c’erano i ragazzi e di certo lei era frenata anche da tutta quella intricatissima situazione. In quell’istante di silenzio, il cellulare di Galindo trillò vivace e lui, facendole cenno di restare lì, non essendo conclusa quella conversazione, si allontanò un po’ per rispondere. La sorella di Esmeralda rimase immobile ad osservarlo e più lo fissava più sentiva il cuore impazzirle nel petto e, seppure volesse placarlo, non riusciva in alcun modo a fargli rallentare quei battiti accelerati. Durante quel bacio  nei bagni dell’ospedale si era sentita su una nuvola, felice come mai… e continuava a chiedersi se quello potesse essere sintomo di una passione improvvisa che aveva sentito dopo aver conosciuto il vero Pablo Galindo. Non era pena, non era pietà… lei lo aveva finalmente visto, aveva capito che quell’uomo indossava una maschera costruita con strati e strati di dolore e ciò che aveva visto quando l’aveva calata le era piaciuto tanto. Pablo aveva un cuore, malato dalle tante sofferenze ma che batteva, che poteva regalarle forse anche il tanto agognato amore che mai aveva avuto e che continuava a credere, forse, di non meritare. “- Era per te…” Concluse dopo alcuni minuti il moro, riavvicinandola e riponendo in tasca il telefonino. “- Come?!” Chiese confusa la donna, vedendolo sorridere. “- Ho trovato un modo per riaprire il Restò Bar… o meglio, i soldi per saldare i debiti fatti da Beto.” Concluse soddisfatto, vedendola sbiancare di colpo. “- Cosa? No, senti non voglio che ti metta in qualche guaio e… e lascia stare, troverò un lavoretto giusto per tirare avanti ma al locale ormai ci ho già rinunciato!” Esclamò Angie, facendolo ghignare ancora, scuotendo il capo. “- E hai fatto male! Io ho la soluzione… legale, tranquilla, a tutti i tuoi problemi…” Disse con tono misterioso, analizzando la sua espressione perplessa. “- …Ma, se vuoi sapere di cosa si tratta, devi accettare di venire a cena con me sabato sera… e con Priscilla Ferro, vuole parlartene lei stessa…” Concluse l’uomo, non aggiungendo altro e lasciandola interdetta: che diamine aveva in mente ora quel folle di Galindo? Si poteva fidare di lui? E cosa c’entrava il suo capo, la direttrice di “Top”, adesso? “- …Sto aspettando una risposta…” Incalzò, canticchiando quelle parole, Pablo, vedendola annuire di colpo. “- Accetto. Ma prima voglio capire di cosa si tratta…” Ci tenne a sottolineare la donna, puntandogli un indice alla gola con decisione come per minacciarlo. “- Ovviamente… e mal che vada io mi sarò guadagnato una serata con te…” “- E con la tua datrice di lavoro!” Ridacchiò la zia dei Castillo, osservando la sua faccia quasi spaventata che era tutta un programma. “- Non ci avevo pensato… e vabbé me ne farò una ragione… tutto pur di cenare fuori insieme a te.” Sussurrò al suo orecchio con voce calda, per poi allontanarsi di colpo nell’avvertire i passi di Ambar sulle scale e, sotto al braccio una busta di caramelle trovate in dispensa e aria perplessa nel vedere i due, vicini, senza litigare come al solito. “- Zia, ti unisci a noi? Se siamo in tre però dobbiamo cambiare gioco!” Si lagnò, cominciando a riflettere quale dei migliaia di giochi da tavola potesse prendere per far sì che anche la donna si aggiungesse a loro. “- Sì dai, unisciti a noi così la smetterò di perdere a dama contro una mocciosa di otto anni!” Ridacchiò Pablo, vedendola annuire divertita. “- Non sono una mocciosa! E comunque, se perdi è perché sei tonto, io non posso farci niente!” Strepitò la rossa, facendogli una linguaccia e tornando in camera, scatenando le risate della zia che, seguendo i due, entrò nella cameretta della piccola. Sarebbe stata una lunga serata… molto lunga.
 
 
Violetta si sporgeva verso la strada, voltandosi a destra e a sinistra per sperare di veder apparire Leon dall’ennesima ondata di persone che si avviava verso le biglietterie per gli spettacoli serali. Che si fosse ricreduto sull’andare al cinema con lei? Era nervosissima eppure non poteva crederci: Francesca le aveva rimediato davvero un’uscita con il ragazzo dei suoi sogni… inoltre, a quanto le aveva detto l’amica, il gemello le era parso essere anche molto interessato a lei e non aveva neppure intenzioni poco serie! Incredibile. Chissà come sarebbe andato quell’appuntamento: era tesa come una corda di violino e ci aveva messo ore per prepararsi, chiedendo consiglio persino ad Ambar sul suo look, la quale era anche più critica di Camilla, rimasta con lei tutto il pomeriggio per aiutarla, e di Angie, contenta nel sentire che uscisse con il vicino, seppure fosse rimasta un po’ sorpresa dalla notizia. Per quanto riguardava Diego, resasi conto quasi improvvisamente che fosse l’amico del fratello colui con il quale stava per vedersi, come se l’avesse del tutto dimenticato, aveva deciso di dirglielo per correttezza, e, di sfuggita, appena lui era rientrato proprio da casa La Fontaine gliel’aveva confessato: era stata diretta e sincera e si aspettava una qualche scenata di gelosia dal maggiore ma nulla, pareva su un altro pianeta e le aveva solo detto di divertirsi e di avvertire Leon che se avesse fatto il cretino gli avrebbe spaccato il naso come aveva fatto con Pablo, facendola sghignazzare di gusto. Il più grande aveva visto Francesca, ne era sicura… lo intuì da come era tranquillo. Pareva che quella sua “terapia”  che era l’amica doveva continuare a fargli bene e la giovane, pur di vederlo in fase di ripresa, ne era estremamente felice. Avevano sofferto tanto e meritavano, seppure fossero attimi, un minimo di serenità dopo l’inferno che avevano passato e continuavano a vivere per la perdita della madre e del padre contemporaneamente. Si ricordò improvvisamente di quante volte fosse andata in quello stesso cinema con i suoi genitori e i suoi fratelli e sentì gli occhi istantaneamente cominciare a pizzicarle, probabilmente essendosi già riempiti di lacrime… per fortuna, proprio in quel momento, individuò un ragazzo correre verso di lei e, quando fu più vicino, si rese conto che fosse proprio Leon. Il giovane l’avvicinò  con un sorriso affaticato, piegandosi poi sulle ginocchia per provare a riprendere fiato, con una mano appoggiata ad un lampione accanto alla ragazza.  “- So che sono imperdonabile per il mio ritardo ma… ho dovuto aiutare mio padre in negozio per scaricare gli ultimi pacchi arrivati…” Balbettò, riprovando a recuperare fiato con non poche difficoltà. “- Abbiamo solo due dipendenti e sono entrambi in malattia! Maledetta influenza!” Sbottò, vedendola sorridere: era bellissima e non pareva affatto arrabbiata per il suo ritardo… evidentemente aveva capito la situazione in cui era Matias al suo piccolo minimarket aperto da poco al borgo, uno dei motivi per il quale si erano trasferiti dalla capitale a lì, seppure la distanza dal centro di Buenos Aires non fosse troppa, anzi. “- Non aspettavo da molto, non ti preoccupare…” mentì lei gentilmente, voltandosi poi verso la coda ormai scemata alle casse. “- Allora vada per ‘Amór y Vampiros’, che ne dici?” Domandò lui fingendosi felice della scelta, indicando la locandina enorme del film alle loro spalle nella quale era raffigurata la foto di una ragazza abbracciata ad un biondino con lunghi canini affilatissimi che era sul punto di morderle il candido collo. “- Sì, va bene! Sono mesi che aspettavo di vederlo!” Esclamò lei entusiasta, camminando al suo fianco verso le biglietterie, alla quale il giovane la precedette, pagando, da gentiluomo, anche per lei. “- Non c’è bisogno io ho…” “- No. Io ti ho invitata e tocca a me!” La fermò subito Leon con un sorriso, quando lei aveva già provato a posare le banconote davanti alla signorina dietro alla cassa che consegnò loro i biglietti. I ragazzi, un po’ in imbarazzo, entrarono nel multisala e li accolse, insieme ad un forte vociare di persone, anche un potente odore di pop corn al burro che andò prontamente ad invadere le loro narici. “- Che profumino!” Esclamò lui, facendola sogghignare divertita. “- So che siamo in ritardo per il film ma io senza quelli non vado da nessuna parte!” Sentenziò categorico La Fontaine, indicando il bar di fronte a loro e, in particolare, il più grosso contenitore di pop corn esposto in esso. “- Beh, ammetto che io, invece, non resisto ad una bibita durante il film!” Esclamò la ragazza, la quale, senza nemmeno rendersene conto, venne trascinata verso quell’enorme bancone dal ragazzo. Non appena gli aveva stretto la mano per dirigerla con lui a comprare qualcosa da sgranocchiare in sala, Violetta aveva sentito un brivido attraversarle tutto il braccio, come se avesse preso la scossa e osservava incantata il ragazzo ordinare due confezioni di quei succulenti salatini e lo stesso numero di Coca Cola. “- Per fortuna non c’è fila neppure qui!” Mormorò poi lui, nel frattempo che veniva servito dalla barista. “- Già… è perché sono già tutti dentro…” Ridacchiò la giovane, alludendo al fatto che gli spettatori fossero già tutti ai propri posti per assistere allo spettacolo serale. “- Per me solo una Coca Cola, grazie!” Gli disse di fretta, vedendolo prima accigliarsi e poi annuire e modificare la sua richiesta alla donna dietro al banco che cominciava a spazientirsi. “- Hai ragione… colpa mia, anche in questo caso!” Ammise lui, consegnandole la sua bibita, per poi afferrare il suo spuntino e avviarsi al suo fianco verso la sala. “- No, ma figurati! La prima mezz’ora sono solo trailer e spot vari… non ci perderemo nulla!” Esclamò la Castillo, vedendolo annuire ed indicarle con un cenno del capo il percorso da seguire per raggiungere il posto dove davano il loro film. L’interno era già buio e si avvertiva potente l’audio del grande schermo sul quale stavano passando un’anteprima di un pauroso horror. “- Con i posti siamo in cima, seguimi…” Sussurrò al suo orecchio Leon, facendole strada sui gradini sino alle loro poltroncine, un po’ in difficoltà per tentare di non inciampare nell’oscurità e con la lattina in mano. Leon individuò la loro fila grazie al fatto che avesse consultato in precedenza i biglietti e si sedette vedendo Violetta sistemarsi accanto a lui, il quale aveva già imbracciato la sua porzione gigante di Pop Corn. “- Se cambi idea prendine pure quanti ne vuoi!” Esclamò il giovane, vedendola annuire, alquanto imbarazzata, mentre apriva la sua bevanda e vi posizionava la cannuccia, per poi riporla nell’apposito porta bibite accanto al bracciolo della poltrona. “- Hai visto? Ancora trailer!” Sorrise lei, indicando lo schermo e vedendolo annuire. “- Questo sembra un horror con i fiocchi… dovremmo vederl…” Il castano non riuscì a concludere la frase che lei si scaraventò sulla sua spalla per una scena che l’aveva fatta sobbalzare dalla sedia. “- Non ci pensare neppure!” Si lagnò, coprendosi gli occhi e sperando di sentire che quell’incubo fosse finito. Leon sogghignò ed ebbe l’istinto di rassicurarla, accarezzandole il capo o sussurrandole qualcosa di dolce… ma non lo fece: l’avrebbe preso per uno che corre troppo? Non lo sapeva ma lasciò perdere e si limitò a mormorarle che il trailer pauroso fosse terminato vedendola sollevare di poco il capo per specchiarsi nei suoi occhi, forse per accertarsi che fosse vero. “- Ok, mi rimangio ciò che ho detto… la prossima volta ci veniamo a vedere una qualche stupida commedia! Almeno ci facciamo due risate!” Le sorrise, vedendola annuire, un po’ in imbarazzo per ciò che aveva fatto… e se lui se la fosse presa per quel gesto un po’ avventato? “- Scusami per… ecco… non avrei dovuto… io…” Iniziò la ragazza, un po’ a disagio, mentre sullo schermo passava l’ennesimo trailer, quello di un cartone animato. “- Nah, so di essere irresistibile, tranquilla!” Scherzò, facendole sgranare gli occhi perplessa. “- Scherzo, Vilu!” La rassicurò, vedendola riprendere fiato e appoggiarsi allo schienale più rilassata. Finalmente il film cominciò e, come sapeva, Leon iniziò ad annoiarsi sin da subito: la trama era banale, c’era la solita ragazza innamorata di un tizio pallido che si rivelava essere un vampiro e… il resto se l’era perso, piuttosto mangiava e rifletteva su quell’uscita con la Castillo la quale, invece, era rimasta tutta concentrata sui personaggi senza staccare gli occhi dallo schermo neppure per un secondo, rapita e ipnotizzata da quella che lui avrebbe definito “pura robaccia”. Però, in quelle due ore, ebbe tutto il tempo di capire che stare con quella che, fino a poco tempo prima, avrebbe solo definito la sorellina del suo migliore amico, non gli dispiaceva affatto: Violetta era divertente, molto carina, intelligente e matura e dovette ammettere che, quando lei, senza staccare gli occhi dal film, infilò la mano nel secchiello dei pop corn e sfiorò per puro caso la sua, sentì il cuore accelerargli di almeno dieci battiti. A quel lieve contatto, Leon la vide voltarsi con aria tesa verso di lui che era rimasto molto scosso da quella sensazione nei confronti della castana, tanto da non riuscire a far altro che abbassare gli occhi, nervoso come mai in vita sua. Dopo quel gesto rimasero zitti e, quando finì il supplizio per il La Fontaine, proprio lui aveva ancor più chiaro quanto Violetta gli piacesse ma uscirono dalla sala silenziosi, l’uno accanto all’altra, taciturni sino a quando, fuori al cinema, il giovane si avvicinò al vetro di una delle porte esterne per leggere distrattamente un grande volantino che era stato evidentemente appena affisso. “- La Fiera di Madeira… ne ho sentito parlare e quando io e Fran eravamo bambini ci venivamo quasi ogni anno, seppur non fossimo di qui!” Le disse, vedendola illuminarsi a quelle parole: adorava quell’evento che avveniva il 21 luglio, il giorno in cui cadeva la Festa Della Musica, molto sentita nel borgo, eppure, allo stesso tempo, una marea di ricordi le riaffiorarono alla mente: sua madre che preparava dolci per quell’evento, Diego e il padre allegri per lo spettacolo di fuochi d’artificio della serata conclusiva, Ambar entusiasta per l’arrivo delle giostre che si aggiungevano a quelle già presenti nel parco… una vera e propria festa. “- Già… anche io e… la mia famiglia. Non ce ne perdevamo una.” Balbettò la castana, avvicinandosi a lui per leggere meglio quella locandina, rattristando non poco anche il ragazzo che si pentì di aver aperto l’argomento. “- Quest’anno pare ci sarà una gara di musica. Caspita ci sarà il grande Emilio Marotti, il discografico di YouMix! E presenterà il mitico Rafa Palmer lo show!” Aggiunse Violetta, immaginandosi già quelle serate di festa per Madeira. “- Forte! Sarebbe bello ricomporre la band per provare a parteciparvi…” Sorrise lui, per poi abbassare gli occhi, afflitto: erano rimasti lui e Seba, Diego non avrebbe mai e poi mai deciso di ritornarvi quindi non avevano speranza, erano sconfitti in partenza. “- Io so chi potrebbe convincere mio fratello… se noi siamo qui e tu non hai il setto nasale rotto è grazie a questa persona che lo calma come una tisana!” Ammiccò la ragazza, vedendolo accigliarsi. “- Aspetta… Diego sa che io e te siamo venuti al cinema…?!” Ebbe la forza di formulare quella frase solo perché la voglia di conoscere una risposta era troppa. “- Non si è arrabbiato, fidati! E ti giuro che voi suonerete alla Fiera di quest’anno! Dobbiamo solo cercare tua sorella…” Sorrise Violetta, osservandolo sgranare gli occhi di colpo. “- E’ Fran che riesce ad interagire con tuo fratello?! Sul serio?!” Chiese perplesso il figlio di Matias, vedendola annuire, soddisfatta. “- Ti racconto tutto strada facendo…” Esclamò, incamminandosi verso casa, accanto a Leon che l’ascoltava, attento. Voleva partecipare a quel concorso e magari chissà, vincere persino un contratto discografico… ma aveva molto da lavorare e, soprattutto, sapeva che per vincere avevano bisogno del primogenito Castillo.
 
 
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Aw, capitolo ricco di Diecesca, Leonetta e Pangie! :3 Francesca  è la terapia calmante del maggiore dei Castillo, Angie è cotta ma si allontana da Pablo per paura e i Leonettosi sono dolcissimi al cinema… :3 Inoltre, i due scoprono anche della Fiera…  cosa accadrà ora? :) Grazie a tutti e alla prossima, ciao! :) DulceVoz. :)
  
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