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Autore: Lady Stark    16/02/2015    1 recensioni
"Il mondo è un luogo così crudele"
Nel profondo ventre della terra, il ruggito di un drago risveglia la notte diffondendo in essa oscuri presagi.
Il sangue della vestale macchia gli affilati artigli della bestia, le catene che trattenevano la sua furia si sono ormai spezzate.
La sacerdotessa inneggia la sua preghiera alla ricerca di una giovane donna che rimpiazzi quello sfortunato destino fatto di violenza e dolore.
La musica di un sorriso che non ha mai conosciuto, condurrà Len in un lungo viaggio alla ricerca della sorella scomparsa tanto tempo fa, quando lui era solo un bambino.
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaito Shion, Len Kagamine, Meiko Sakine, Miku Hatsune, Rin Kagamine | Coppie: Kaito/Meiko, Len/Rin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La sacerdotessa ~ Chapter XIX 
 

Il paesaggio si modificò ancora di fronte agli occhi gonfi dei viaggiatori sfiniti; le montagne sembravano non terminare mai, sollevandosi dal terreno in imbiancati picchi coperti di neve. Il ciondolo continuava ad indirizzarli con sicurezza attraverso il labirintici percorsi di roccia malgrado gli animi dei ragazzi stessero pericolosamente vacillando sotto la violenza delle intemperie e del freddo mordente.

Un giorno mentre la loro marcia si trascinava avanti, il ciondolo smise improvvisamente di pulsare, trasformandosi in un vero e proprio bozzolo di calore. Len gemette chinandosi istantaneamente in avanti per non ustionarsi, osservando spaventato il filo di fumo sollevarsi in spire impalpabili verso il cielo.

-Che cosa succede?- sussurrò Gakupo affiancandosi al compagno per appoggiargli una mano sulla spalla e controllare il suo stato di salute; il medico era terrorizzato all'idea che qualcuno potesse ammalarsi.

-A quanto pare...siamo arrivati.- la voce del giovane si strozzò in un mezzo rantolo sorridente.

Quattro paia di sguardi si appuntarono sull'enorme massiccio roccioso di fronte a loro; a differenza delle altre, questo era molto più imponente ed aveva la punta spezzata; cumuli ammassati di neve sporca ne puntellavano il crinale.

Un'immensa bocca dentata si spalancava nel fianco della montagna, sprofondando giù verso il suo ventre profondo; le aspre pietre che che ne componevano i contorni pendevano nel vuoto in derisorie ghigliottine color onice.

-E' terrificante.- constatò Meiko, reclinando il capo verso le nuvole per osservare nel complesso l'altezza del titano sassoso.

-Siamo di fronte alla porta dell'inferno.-

Gakupo strinse attorno al corpo la tunica talare dai freddi colori violetti; un lento anelito spirava dal portale, scostando dal viso dei viaggiatori i capelli sporchi ed intrecciati.

-Ora è tempo di giocarci il tutto e per tutto.-

Len fece un lento passo avanti, strusciando la suola delle scarpe contro il granuloso terreno di montagna. Il giovane inspirò una boccata d'ossigeno, sperando che il coraggio si manifestasse nel suo animo. La mano callosa si chiuse attorno all'elsa del suo acciaio, gravoso sulle spalle incurvate dalla fatica; il ciondolo continuava a bruciare, percependo la vicinanza strabiliante di Rin.

-Andiamo a distruggere questa pazzia.- ringhiò, scoprendo i denti in un'espressione rabbiosa.

Non appena i quattro entrarono nella sacra bocca della montagna, il buio sembrò fagocitarli come una famelica bestia. Len deglutì a vuoto nella speranza di allentare la pressione che avvertiva gravare sullo stomaco; l'aria era talmente immobile e silenziosa che le orecchie del ragazzo cominciarono fastidiosamente a ronzare, quasi per contrastare quel muro di quiete.

Improvvisamente, lampade dalle guizzanti fiamme blu si accesero lungo tutto il profilo del muro; uno spaventoso alone cobalto illuminò il percorso, giù verso la gola della montagna.

Un brivido di reverenziale timore si arrampicò sulla schiena di ciascun presente.

-Qualcuno sembra volerci dare il benvenuto.- commentò Kaito, flettendo nervosamente le ginocchia, pronto e scattante come le sue pantere d'aria.

-Magari, in attesa del nostro arrivo, la creatura ha preparato anche tè e pasticcini alla crema.-

Gakupo, alle spalle del principe, provò l'insano desiderio di assestare una pedata nel fondo schiena del compagno.

-Non puoi davvero far a meno di scherzare su ogni singola cosa che ti capita sott'occhio, vero?-

-Mai sentito parlare di metodi finalizzati ad alleggerire la tensione, consigliere?- ribatté acidamente Kaito, fulminando il compagno con un'occhiataccia.

-Se solo avessi modi più intelligenti di..-

-Ragazzi, smettetela. Ora.- ordinò Len lapidariamente, voltandosi di scatto verso i tre membri della compagnia. L'autorevolezza vibrante nelle sue parole ammutolì i due uomini che, per la prima volta nel corso del viaggio, smisero istantaneamente di comportarsi da poppanti.

Len sospirò, sorridendo con una stanchezza tale da credere che la sua pelle si sarebbe lacerata per lo sforzo titanico. Gli angoli delle sue labbra cominciarono a dolere, quasi come se avessero tristemente dimenticato la deliziosa arte del sorridere.

-Non ho alcuna intenzione di costringervi a seguirmi. Sapete bene quanto me che quest'operazione sarà probabilmente suicida.-

La spada del giovane cozzò a terra, stridendo sgradevolmente contro la roccia.

-Forse, domani, non rivedremo la luce dell'alba.- La sua voce si spense di fronte a quella devastante consapevolezza. Kaito si fece avanti, abbandonando così il fianco di Meiko; i suoi occhi color acquamarina scintillavano di rabbia.

-Ascoltami bene,- sibilò afferrando nel pugno la giacca logora dell'amico per trascinarlo tanto vicino al suo viso che il fiato pesante ne accarezzò i capelli, scompigliandoli.

-Se credi davvero che io abbia fatto tutta questa strada solo per vedermi scaricare sul più bello, ti sbagli di grosso.- un ghigno spavaldo arricciò le labbra di Kaito, rendendo il suo viso allegro una maschera di cinismo e fermezza.

-Io sono un principe. Cosa credi racconterà la storia se abbandono un agnellino biondo nelle fauci del lupo?- ridacchiò colpendo con la fronte il capo soffice del giovane. Len, stupito, non captò inizialmente l'ironica e bonaria presa in giro del mago.

-Siamo una squadra, ricordi?- domandò Meiko accostandosi al ragazzo per cingergli le spalle con un braccio, fasciato dall'intreccio di cinghie scure che reggevano il pettorale istoriato, unico ricordo della sua gloriosa armatura.

Len sorrise, appoggiando istintivamente la fronte contro la spalla della guerriera; per un attimo si liberò di quella finta maschera che aveva per così tanto tempo indossato, lasciando che le preoccupazioni sgorgassero sul suo viso.

Si era comportato da uomo per un numero imprecisato di giorni e settimane; aveva sopportato ferite, angoscia ed un destino dai duri denti di ghiaccio. Per quel breve attimo, fatto di silenzio e ansiosi battiti di cuore, Len lasciò che quel travestimento si sgretolasse.

Len tornò ad essere un sedicenne spaventato con in mano una spada troppo pesante per le sue braccia.

-Ehm, quella è la mia donna.- scherzò Kaito colpendolo al braccio mentre Gakupo ridacchiava sotto i baffi per l'espressione scioccata di Meiko.

-La tua.. cosa?- pigolò la guerriera mulinando le braccia in aria per colpirlo.

-Aspetta, tu prima mi hai chiamato.. agnellino?!- tuonò Len afferrando la giacca del mago mentre un ventaglio di pugni giocosi piombavano sulla sua spalla in un coro di risate trattenute. Quel piccolo bozzolo d'allegria venne però brutalmente fagocitato dal silenzio, quasi per rammentare ai viaggiatori che in quel luogo infernale, un sentimento tanto positivo non era ammesso.

-Andiamo?- domandò Len scoccando un'occhiata complice ai componenti del gruppo che, unanimemente acconsentirono. I quattro scivolarono lungo la gola facendo ben attenzione a ciascun più piccolo rumore che esplodeva tra gli spunzoni di roccia. Le ombre sibilavano come viscidi serpenti di catrame, ridendo disumanamente ogni qualvolta uno dei viaggiatori sobbalzava. I fuochi fatui continuarono ad accompagnarli lungo tutto il cammino, incendiando la strada di innaturali bagliori. L'umidità impregnava le pareti, agglomerandosi in freddissime goccioline sulle stalattiti che sporadicamente i quattro vedevano decorare il soffitto.

-Smetteremo mai di scendere?- chiese in soffio Gakupo, guardandosi nervosamente attorno quasi per paura di veder comparire alle proprie spalle un demone dai lunghi, appiccicosi denti color catrame. Le tenebre avvolgevano i viaggiatori in un abbraccio vizioso, simile a quello di un amante indesiderato.

-Siamo superstiziosi?- tubò Kaito, lanciando un'occhiata alla donna che camminava di fronte a lui, quasi per verificare la sua presenza.

-Silenzio.- sussurrò Len alzando una mano sopra la propria spalla per catturare nel palmo i bisbigli degli amici. Il cunicolo terminava bruscamente in un portale finemente istoriato, costruito dalle squisite mani di un architetto senza nome. Un paio di nere colonne intagliate nella parete sorreggevano un pesante architrave inciso da rune incomprensibili, vecchie come lo stesso respiro dell'universo. Alla base dei due pilastri, una coppia di draghi dalle fauci spalancate minacciavano tutti coloro che osavano avvicinarsi a quel sacro, misterioso luogo. I loro occhi, fossilizzati nel tempo, erano stati sostituiti da rubini grandi come perle dai riflessi scarlatti. Len represse a stento un brivido di paura nell'osservare quelle code uncinate, le corna irte sopra agli occhi malefici delle due creature che sembravano davvero sul punto di balzare avanti e divorarli.

-Devo dire che il buon gusto non manca al nostro malvagio nemico.- commentò il mago, analizzando con occhio critico il granito nero di cui erano composti i bestioni.

I quattro si avvicinarono con molta cautela al limitare della porta, schiacciando le schiene contro lo stipite roccioso; il sudore scivolò lungo i visi angosciati in un concitato inseguirsi di coagulati sbuffi, evanescenti e leggeri come fantasmi.

entriamo” mimò Len con le labbra in direzione dei compagni appostati dall'altro lato del grande portale. Kaito digrignò i denti, impugnando con più decisione i corti pugnali che sempre teneva legati alla cintura.

Veloci e coordinati come assassini, i quattro si aprirono a ventaglio nel grande spiazzo illuminato, brandendo con tremante determinazione le proprie armi.

-Ma dove siamo finiti?- sibilò Gakupo guardandosi attentamente attorno, colpito dalla differenza abissale presente tra il minuscolo cunicolo in cui erano stati costretti ad avanzare e la sala che ora li accoglieva. Le altissime, lisce pareti si sollevavano a sorreggere una bellissima cupola istoriata da decorazioni rocciose. Queste, a giudicare dalle fini incisioni, raccontavano l'avventura misteriosa di un gruppo di cavalieri vestiti delle loro scintillanti armature. Le armi degli uomini erano valorosamente puntate contro il collo squamoso di un possente dragone dalle fauci spalancate; i suoi occhi brillavano di furia devastatrice.

Gakupo impallidì quando si accorse che quel bassorilievo non era stato cesellato per celebrare la vittoria dei nobiluomini quando per valorizzare la devastante potenza del drago, i cui artigli erano brutalmente affondati nelle armature di metallo.

-Finalmente siete arrivati. Vi stavo aspettando, miei piccoli ospiti indesiderati.- trillò una delicata voce femminile dal lato opposto della sala. I fuochi fatui che prodigiosamente volteggiavano in aria, sembrarono d'improvviso incrementare la propria luce, folgorando gli occhi disabituati dei compagni.

In piedi su un'elegante piattaforma di granito scuro, la donna dai lunghi capelli azzurri sorrise brandendo il proprio scettro d'ossidiana turchese. Il viso dai tratti bellissimi e delicati era parzialmente coperto da una maschera bianca, celante il colore dei suoi occhi.

-Tu chi sei?- gridò Len, digrignando i denti di fronte all'espressione derisoria della fanciulla che, trascinandosi alle spalle la lunga gonna ricamata, fece tintinnare gli anelli dello scettro.

-Non credi che sia io a dovervelo chiedere, ragazzo?- un sorriso velenoso arricciò le sue labbra carnose.

-Sai benissimo perché sono qui.- ringhiò il giovane fendendo minacciosamente l'aria con la propria lama. La rabbia si infrangeva in cavalloni bollenti sulle pareti del suo cuore, bruciando qualsiasi briciola di buonsenso rimastogli.

-Dov'è mia sorella?!- sbraitò seguendo il palpitare infuriato del ciondolo, sospeso sul suo petto. Kaito afferrò di scatto la spalla del compagno prima che questi potesse lanciarsi al folle assalto della sacerdotessa. Con reverenziale timore affondò le unghie nel braccio incandescente del ragazzo, sperando che quel piccolo contatto potesse aiutarlo a rinsavire.

-Len, usa la testa. Non è proprio il caso di farsi persuadere dall'irragionevolezza, adesso.- lo rimproverò scoccando un'occhiata alla donna che, ridacchiando, analizzava il gruppetto dall'alto della sua piattaforma. Per quanto potesse sembrare gracile ed indifesa, il mago riusciva a percepire chiaramente l'eco della sua potenza diffondersi in ciascun granello di polvere presente in quella stanza. Lei era una Dea che operava a suo agio nel suo universo; loro invece non erano altro che mere mosche intrappolate tra i filamenti perlacei della sua ragnatela.

-Guarda guarda che bel gruppetto di emarginati.- rise la donna, indicando con un cenno della mano il mago dagli scuri capelli blu.

L'uomo si inchinò brevemente, mettendo chiaramente in mostra il suo tatuaggio turchese, pulsante di viva magia.

-Mi presento, velenosa fanciulla. Sono Kaito, principe delle terre dell'Est, inviato qui per fermare questa tua follia.- un feroce sorriso di convenienza comparve sulle labbra dello stregone orientale.

-Voi due lì dietro; avete dei visi stranamente familiari..- sussurrò la donna scendendo di un passo gli eleganti scalini che la dividevano dal terreno della grotta.

Gakupo e Meiko si irrigidirono di colpo, non appena la donna sbatté in un moto d'esultanza la base del suo scettro contro la liscia superficie nera.

-Ma certo! Tu, donna, sei la mancata vestale.- affermò puntando il dito guantato in direzione della guerriera che, immobile, stringeva sempre più forte l'elsa della sua spada da guerra.

-Non dimenticherò mai il visino spaventato di Denise! Non faceva altro che chiamare il tuo nome, cara Meiko. Davvero patetico.- sibilò la donna scuotendo il capo quasi per scacciare i fastidiosi pensieri che ronzavano nelle sue orecchie.

-MALEDETTA!- gridò la donna, brandendo di scatto l'arma in un lacerante stridio di metallo. Kaito si voltò di scatto, afferrando appena in tempo la vita della compagna.

-Meiko, fermati, dannazione! Ti sta solo provocando!- Kaito afferrò tra le mani il viso congestionato della partner, disperdendo nella caverna un'urgente preoccupazione.

Gakupo strinse tanto forte i denti da sentirli macabramente scricchiolare; sapeva benissimo quali vocaboli avrebbe utilizzato la sacerdotessa per ferirlo e niente avrebbe mai potuto prepararlo.

-Gakupo, il figlio bastardo del re.- le parole lacerarono il silenzio come frecce dalla punta infetta, colpendo il consigliere dritto al cuore.

-Tua madre, una donna così forte ed indipendente, non avrebbe mai desiderato un figlio. Figuriamoci se derivato da un rapporto tanto disgustoso. Ma, malgrado tutto, nascesti solo per ordine della regina.-

Gakupo sbiancò, stringendo tanto forte la lama celata tre le dita da sentire il metallo penetrare nella pelle e lacerarne appena la superficie.

-Figlio del capriccio di una regnante e di una madre che non lo amò mai.-

L'autocontrollo del mentore finì in mille pezzi.

-Silenzio!!- tuonò con voce roca, dilatando tanto gli occhi da assomigliare ad una belva assetata di sangue.

La sacerdotessa rise ancora, portandosi vanitosamente la mano libera di fronte alle labbra; i suoi capelli frusciarono quando, volteggiando, la donna toccò con lo scettro la parete alle sue spalle. Un lampo di luce esplose nella sala, annientando persino il bagliore dei fuochi fatui; Len gemette frustrato, coprendosi istintivamente gli occhi.

-Solo gli uomini più forti sanno accettare stoicamente le più dure delle verità.- cominciò la donna quando il fulgore si ridusse, permettendo finalmente ai compagni di riacquistare la vista. Alle spalle della donna si era magicamente spalancata una porta dai contorni sbozzati; pietre azzurre come lacrime congelate costellavano irregolarmente il nudo corridoio.

-La verità che si cela dietro questo portale è troppo dolorosa per dei poppanti come voi.-

-Lascia andare mia sorella, strega!- Len osservò il cunicolo perdersi nelle pieghe scure dell'ombra; da qualche parte lì dentro, Rin lo stava aspettando.

-Tua sorella fa parte della realtà segreta che io qui custodisco in vece di Sacerdotessa. Lei, il suo destino, la sua voce e la sua anima mi appartengono.- sussurrò alzando il mento in un cenno di sfida; il braccio sinistro si sollevò in aria, in un muto richiamo.

L'odore del pericolo si fece asfissiante.

-Ti sbagli. Rin non ti appartiene!-

-Dimostramelo, allora.- abbaiò la donna spalancando le dita verso l'esterno. Il terreno si contrasse in uno spasmo; l'aria cominciò a fremere, percorsa da centinaia e centinaia di particelle elettrice.

-Ci siamo.- bisbigliò Kaito flettendo le ginocchia; velocemente le pantere d'aria zufolarono al suo fianco in latrati confortanti.

Il fondo della caverna cominciò a sgretolarsi, braccia scheletriche si sollevarono dalle aperture, contorcendosi rigidamente tra le rocce frantumate. Il silenzio venne infranto dalle inumane strida delle creature che, cercando d'emergere dal suolo, grattavano freneticamente le unghie sulla roccia, alla ricerca di un appiglio.

-Benvenuti all'inferno, miei cari.- dichiarò amabilmente la sibilla nel momento in cui la prima creatura si alzò in piedi, mostrando le sue orride fattezze disarticolate.

Il volto privo d'espressione ruotò meccanicamente in direzione dei viaggiatori; i quattro, inorriditi, fecero un passo indietro.

Un paio di orbite vuote, simili a slabbrate ferite, si appuntarono sui presenti; Len non aveva mai visto un colore tanto profondo come quello che denotava le cavità oculari.

Quel nero aveva il sapore della disperazione, della corruzione e della più definitiva delle morti.

La creatura fiutò la loro paura ed affamata, spalancò le fauci dentate in quello che avrebbe dovuto essere un sorriso. Gocce di saliva scure colarono lungo il mento a punta, disperdendosi a terra in tante lacrime avvelenate.

-Giochiamo, vi va?- la sacerdotessa scostò i capelli dal proprio collo; nello stesso istante, il suo esercito di morti viventi spalancò le fauci in un satanico grido d'assalto. 

   
 
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